Capitolo X: Nirvor l'Argentea
Capitolo X: Nirvor l'Argentea
Passò un po' di tempo. Freydar si accorse d'un tratto che l'Arpia e gli armigeri erano scomparsi: non ricordava di averli visti uscire, perciò concluse d'aver dormito, ma non avrebbe potuto stabilire per quanto. Il fumo soporifero doveva essere molto potente, pensò: ne aveva inalato pochissimo rispetto a Veldhris, eppure si era addormentato come una marmotta in letargo.
Cauto, Freydar sbirciò nel magazzino, scrutando le mobili ombre proiettate dalla luce dell'unica lanterna, e non vedendo nessuno rimosse l'inferriata dello sbocco del condotto d'areazione. Era contento di aver scartato, all'ultimo momento, l'idea di nascondersi in uno dei cumuli di grano e di aver preferito quella soluzione.
Con una manovra da contorsionista, il principe si rigirò nell'angusto condotto, scivolò all'indietro e si lasciò cadere in piedi sul pavimento del deposito, poi attraversò la stanza e socchiuse la porta. Il corridoio era deserto e non si udiva alcun rumore, così sgusciò furtivamente fuori del magazzino. Fece un sopralluogo nel punto in cui Veldhris era rimasta intrappolata dalle due grate di ferro, ma non trovò nulla: i fori a livello del pavimento, da cui era fuoriuscito il fumo narcotizzante, c'erano ancora, e nel soffitto si vedevano le fessure da cui erano scese le inferriate, ma tutto era tornato come prima che scattasse la trappola.
Perplesso, Freydar osservò il corridoio nelle due direzioni: da che parte era andato il gruppetto di armigeri con l'Arpia e Veldhris? Doveva trovarla e liberarla, prima di pensare alla fuga, ma, stando alle parole dell'Arpia, era proprio questo che ci si attendeva da lui: così facendo, rischiava di finire dritto in una trappola. Eppure non poteva agire diversamente: non avrebbe certo abbandonato Veldhris in quel frangente.
Scegliendo la direzione che ritenne più probabile, quella da cui erano venuti cercando una via d'uscita, il principe si incamminò con piglio deciso.
OOO
Preoccupato, Freydar si guardò attorno: aveva camminato per ore negli interminabili corridoi, salendo e scendendo scale e cercando di passare inosservato tra i gruppi di gente che aveva incontrato lungo la via ed evitando i grandi saloni affollati, ma così facendo si era perso. Crucciato, il capitano si arrese all'evidenza: continuando a girare a vuoto in quel labirinto sotterraneo non sarebbe mai riuscito a ritrovare Veldhris. Eppure non poteva arrendersi: lei era l'Erede di Arcolen e da lei dipendeva il destino di un mondo intero. Era impensabile abbandonarla nelle grinfie delle Arpie. Ma non era certo soltanto per questo motivo, alquanto impersonale, che Freydar non si sognava neppure di lasciare la sua compagna: non ne era ancora del tutto certo, ma quella giovane donna, dopo aver vinto tutte le sue riserve, lo aveva affascinato con la sua personalità caleidoscopica e passionale. Però, se voleva davvero ritrovarla, doveva cambiare tattica.
Sentendo delle voci soffocate, il principe s'irrigidì e si mise in ascolto, pronto a darsi alla fuga se fosse stato necessario.
"...allora sarà più difficile identificarlo, ora che è vestito come un normale Suddito", disse una voce maschile da oltre la porta accanto alla quale Freydar si era fermato.
"Già, però abbiamo la sua descrizione: molto alto, aitante, bruno con occhi azzurri o grigi. Da notare che porta la barba, cosa rara tra noi."
"È armato?" chiese una terza voce.
"Pare che abbia un pugnale, stando a quanto ha riferito Miosotide. Anche Saltarello ha detto così."
Freydar corrugò la fronte: dovevano riferirsi al giovane biondo cui lui aveva sequestrato i vestiti, dato che Acrobata non aveva visto il coltello da caccia.
"Dobbiamo continuare a cercarlo?" domandò il primo uomo.
"Sì, ma senza urgenza. Le Arpie sanno che tenterà di liberare Occhibelli, con ogni probabilità durante a Cerimonia del Passaggio per la quale i due sono stati destinati."
"Bene, allora io torno in servizio, poi quand'ho finito vado direttamente da Chiomadoro", decise il terzo uomo. "Ci vediamo."
"Divertiti!" sghignazzò il secondo.
Freydar balzò dietro un angolo ed attese. Un attimo dopo, la porta venne aperta e sulla soglia comparve un armigero, che si voltò verso l'interno della stanza e disse qualcosa che il principe non capì, ma che doveva essere spiritoso, a giudicare dall'eco delle risate dei suoi compagni.
Da dietro l'angolo, Freydar udì la porta richiudersi ed i passi dell'armigero che si avvicinava. Il principe lanciò un'occhiata circolare al corridoio, ma in quel punto non c'erano né porte, né passaggi laterali in cui potersi nascondere. A livello del pavimento c'era il solito condotto dell'aria, ma non c'era il tempo di raggiungerlo, rimuovere la grata ed infilarcisi dentro. E lui non poteva permettersi di essere scoperto. Estrasse il pugnale dal fagotto degli abiti e si dispose ad assalire l'ignaro armigero.
Trenta secondi dopo era tutto finito: il soldato, colto di sorpresa, non aveva nemmeno avuto il tempo di gridare ed era caduto tra le braccia di Freydar, che lo aveva colpito in testa col manico del pugnale.
Rapido, il principe adagiò l'armigero a terra, lo spogliò dell'elmo e s'impadronì della lancia e dello scudo, posandoli contro la parete. Poi, indossato il casco di cuoio dai lunghi paraguance che nascondevano parzialmente la barba, rendendolo meno riconoscibile, si caricò l'uomo svenuto in spalla, imbracciò lo scudo e prese la lancia. Barcollando sotto il peso, Freydar s'incamminò lungo l'androne in cerca di una stanza in cui poter lasciare il malcapitato, legato e imbavagliato. Oramai il capitano aveva imparato a riconoscere le porte che indicavano le varie funzioni dei locali: azzurro per le camere da letto, marrone per le stanze degli armigeri, verde per le dispense, giallo per le cucine e via discorrendo. Una dispensa avrebbe fatto al caso suo.
Dopo poche decine di metri, incrociò un gruppetto di donne e uomini. Fingendosi ubriaco, Freydar cominciò a canticchiare una canzone da taverna piuttosto sboccata, accentuando il barcollio e quasi finendo addosso a uno degli uomini.
"Ehi!" esclamò costui, sogghignando. "Tu e il tuo amico avete fatto troppa festa, eh?"
"Già", biascicò il Principe del Fiordo, attento a coprire il proprio accento strascicando le parole. "Appena arrivo nella sua camera, lo scarico a smaltire la sbornia..."
"Dovresti fare altrettanto", rise una delle donne.
Il gruppetto passò oltre, lanciando frizzi e lazzi all'indirizzo dei due armigeri sbronzi e proseguendo per la propria meta senza il minimo sospetto.
Freydar emise un sospiro di sollievo, poi riprese il cammino, sempre ondeggiando per simulare ubriachezza. Qualche minuto dopo, che gli sembrò un tempo interminabile, scorse una porta verde; la raggiunse e, posati scudo e lancia, l'aprì, entrando rapidamente. Riprese le armi, lasciandole cadere a terra, e richiuse la porta. Svelto, trascinò l'uomo privo di sensi verso il punto dove c'erano gli scaffali con le bottiglie di vino e lo adagiò seduto contro una parete. Poi prese una delle bottiglie, aprì la gabbietta che tratteneva il tappo a fungo, lo tolse e spruzzò metà del contenuto tutt'attorno e addosso all'armigero, in modo che lui e l'ambiente odorasse di vino che se se ne fosse versato addosso mentre beveva smodatamente. Mise la bottiglia in mano al soldato, poi ne prese altre due, le aprì e versò il vino in uno scolo. Quando il soldato si sarebbe svegliato, sicuramente con un monumentale mal di testa, avrebbe creduto di essersi ubriacato. Il fatto che non potesse ricordare come fosse arrivato lì e perché sarebbe stato imputato alla sbronza, e Freydar sperò che, se si fosse chiesto che fine avessero fatto il suo equipaggiamento, avrebbe pensato che lo aveva perso o dimenticato da qualche parte.
Soddisfatto della propria opera, il capitano tornò verso la porta e riprese scudo e lancia. Socchiuse l'uscio, sbirciando nel corridoio, e non vedendo né udendo nessuno, uscì.
Decise di tornare sui propri passi, incamminandosi nella direzione da cui era venuto: doveva saperne di più sulla Cerimonia del Passaggio nominata dai compagni dell'armigero che aveva assalito. Così travestito, poteva avvicinarsi qualcuno senza rischiare di essere riconosciuto, Giunto ad una scala che saliva, strinse il fagotto dei suoi abiti, che teneva nascosto dietro lo scudo, e la imboccò, nella speranza di incrociare qualcuno al piano superiore. Arrivato in cima, un brusio di voci attrasse la sua attenzione, e senza esitare si diresse verso il luogo da cui proveniva. Dopo una dozzina di metri, sbucò in un grande salone, o meglio una grotta illuminata e decorata ad arte, piena di gente che conversava e rideva. Sul fondo della caverna, su di un alto podio circolare, una mezza dozzina di musici suonava una serie di strumenti, e parecchie coppie danzavano su di una grande piattaforma più bassa. Regnava un'allegra confusione ed era evidente che si stava festeggiando qualcosa o qualcuno. A tutta prima, Freydar sospettò che si trattasse della famosa Cerimonia del Passaggio, ma la parola cerimonia implicava una solennità che lì non si vedeva: quella era una festa, e non un qualche rito.
Una ragazza bionda dalla pelle d'alabastro, alta e slanciata, con una veste rosa e sandali d'oro, gli si aggrappò improvvisamente al braccio, facendolo sussultare allarmato.
"Ehi, bel soldato! Sei di servizio?" gli chiese, strofindandosi contro di lui.
"Ehm... sì, purtroppo", rispose lui, a disagio.
La bionda arricciò le labbra in un grazioso broncio. "Che disdetta! Ho un debole per i soldati, ma non riesco mai a trovarne uno fuori servizio... Quand'è che smonti?"
"Oh... fra non molto", rispose Freydar con fare indifferente, sperando di scoraggiarla.
"Magnifico! Sei impegnato, dopo? Sai, non ho ancora un compagno per la Cerimonia del Passaggio, e il tempo stringe."
A quell'accenno, Freydar drizzò le orecchie: non era lì che Veldhris si sarebbe trovata? Solo che lui non sapeva dove si sarebbe svolto il rito, né quando, e forse quella ragazza poteva tornargli utile.
"No, sono libero. E anche a me manca la compagna per la cerimonia", asserì.
La bionda sorrise, estasiata. "Che combinazione! Sembra che sia il destino... Ci nominiamo subito, ti va?"
Freydar esitò: cosa mai voleva dire? "Beh, forse è meglio attendere..." azzardò.
Lei scrollò la chioma dorata senza smettere di sorridere. "Oh, ma perché? Io ho già deciso come nominarti: ti chiamerò Guerriero."
Allora si trattava solo di darsi un nome, pensò Freydar con sollievo. "Va bene, allora io ti chiamerò Candida", decise, riferendosi al candore della sua pelle.
"Mi piace", annuì Candida. "Ci vediamo dopo, quando smonti, d'accordo?"
"D'accordo", rispose il principe. "Ma non allontanarti troppo, non voglio perderti di vista."
Candida arrossì di piacere a quella che credeva una manifestazione di desiderio. Per ringraziarlo, gli cinse il collo con un braccio, gli posò una mano sulla guancia e gli fece girare il viso verso il suo per baciarlo sulla bocca. Ricambiarla non fu un problema, ma quando la ragazza si allontanò, lasciandolo al suo preteso servizio, Freydar si sorprese a raffigurarsi Veldhris al posto di Candida.
Assurdo.
OOO
Durante l'ora che seguì, il capitano gironzolò per il grande salone-caverna, un po' per non perdere d'occhio Candida, un po' per curiosità. Tutti gli astanti erano allegri e parevano privi di qualsiasi preoccupazione, mentre dolciumi e bevande inebrianti circolavano senza interruzione. Freydar acchiappò al volo una fetta di torta e bevve un bicchiere di vino, tanto forte da stordirlo. Infine, dopo aver ricevuto un altro paio di proposte allettanti da alcune bellissime fanciulle, si ritrovò Candida al fianco. La ragazza era leggermente scarmigliata ed aveva il viso arrossato di chi si è dato alla baldoria senza ritegno.
"Manca molto alla fine del tuo turno?" gli domandò, ridacchiando.
Freydar capì che era brilla, il che poteva avvantaggiarlo. "No, stavo per venirti a cercare: ho finito", mentì.
Candida s'illuminò. "Benissimo! Allora andiamocene da questa confusione: ho voglia di stare con te."
Vacillò e Freydar si affrettò a sostenerla, posandole un braccio attorno alle spalle dopo essersi passato la picca dalla destra alla sinistra.
Candida gli si strinse addosso. "Uh, mi mancano le gambe! Sarà meglio che mi porti tu."
Il principe obbedì e, pur impacciato dallo scudo, dalla lancia e dal fagotto, la sollevò sulle braccia.
"Dove andiamo?" domandò, guardandosi attorno. Il salone-caverna aveva diverse uscite e Candida gli indicò la più vicina. "Di là. Troviamo una stanza e pensiamo solo a noi", sussurrò, accarezzandogli la spalla con le labbra.
Freydar trasali: erano diversi mesi che non stava con una donna, da molto prima della partenza da Zarcon, ed inoltre il vino gli aveva riscaldato il sangue, rendendolo più pronto a rispondere alle sollecitazioni dei sensi. Sotto il pannello anteriore del perizoma senti la propria reazione alla carezza di Candida, ed inghiottì a vuoto.
S'inoltrò nel corridoio indicatogli a passo di carica, con la ragazza sempre in braccio che continuava a tormentarlo deliziosamente. Una porta azzurra sulla sinistra era aperta, rivelando una camera molto simile a quella in cui Freydar si era risvegliato, e lui prontamente la occupò, chiudendosi l'uscio alle spalle con un calcio. Con tre falcate fu presso il letto e vi depose Candida, poi lasciò cadere scudo, lancia e fagotto, si liberò dell'elmo e si adagiò accanto alla sua occasionale compagna di letto, che si era già liberata dell'eterea veste di velo, rivelando un corpo stupendo, i seni piccoli e sodi coronati dai capezzoli eretti e le cosce d'alabastro, che già si stavano aprendo a rivelare la sua rosea femminilità circondata da ricci dorati.
"Ti piaccio?" gli domandò, guardandolo con occhi accesi di lussuria.
"Moltissimo", ammise lui. E come avrebbe potuto essere diversamente? Non aveva mai visto una donna dalla bellezza più perfetta.
Candida gli sorrise e, sollevandosi a mezzo, cominciò ad abbassargli il perizoma, liberando la sua virilità già quasi completamente turgida. "Niente male", commentò in tono ammirato, prima di chinarsi a baciare la punta. Freydar sussultò, e poi sussultò più forte mentre lei lo prendeva in bocca e cominciava a suggerlo avidamente. La sua verga maschile reagì prontamente, irrigidendosi completamente sotto quelle carezze erotiche.
"Così mi piace", ridacchiò Candida, ritraendosi soddisfatta del proprio operato. Si adagiò sulla schiena e spalancò le gambe, poi gli afferrò una mano e se la portò sfacciatamente all'inguine. Era calda e bagnata, e il suo aroma di libidine arrivò alle narici di Freydar, accendendo ulteriormente la sua bramosia. Accarezzò le soffici pieghe, facendola gemere di piacere; spinse una falange dentro di lei, mentre col pollice stuzzicava il clitoride.
Candida gemette più forte, godendo di quel tocco lussurioso. Le sue mani si sollevarono sui suoi seni e con le dita cominciò a stuzzicarsi i capezzoli. "Prendimi, prendimi", lo esortò, gli occhi semichiusi. Freydar obbedì, adagiandosi tra le sue cosce generosamente allargate e penetrando dentro di lei. La sentì sollevarsi verso di lui, poi ritrarsi a ritmo con le sue spinte.
"Più forte", lo pregò, ansimando.
A Freydar era sempre piaciuto accontentare le richieste delle sue compagne di letto e con Candida non fu diverso: cominciò a muoversi più velocemente e con maggior forza. In cambio, ebbe la soddisfazione di sentire i suoi lamenti di piacere farsi sempre più acuti, fino ad esplodere in un grido di godimento. Gli spasmi dei suoi muscoli interni lo proiettarono oltre il limite e, con un gemito, Freydar raggiunse la compagna nell'appagamento dei sensi.
Qualche minuto dopo, si separarono, entrambi estremamente soddisfatti. Candida guardò Freydar con un sorrisetto compiaciuto.
"Hai dello stile, Guerriero", gli disse in tono malizioso, la voce ancora leggermente strascicata a causa del troppo vino. "Credo d'aver trovato il compagno ideale per la Cerimonia del Passaggio."
A quell'accenno, il principe involontariamente si tese, tornando di colpo alla realtà. "Uhm, quanto manca alla cerimonia?" domandò in tono casuale.
Lei cominciò ad accarezzarlo, evidentemente non ancora sazia; l'idea di un altro giro sulla giostra amorosa lo eccitò molto meno di quanto aveva fatto solo poco prima: la sua attenzione si era focalizzata nuovamente sul salvataggio di Veldhris. Candida era solo un mezzo per facilitarlo... seppure un mezzo molto gradevole, ammise con sincerità, mentre il suo corpo rispondeva alle abili carezze della ragazza. Mosse le mani per ricambiarla.
"Diverse ore", mormorò Candida, sospirando e socchiudendo gli occhi nel sentire il tocco di Freydar su di sé. "Abbiamo tutto il tempo di divertirci", si mosse e gli si mise sopra. "Ho sempre desiderato cavalcare un bel soldato come te..."
OOO
Le ore erano passate rapidamente, tra un amplesso e l'altro e un sonnellino ristoratore; Freydar, piuttosto esausto ma soddisfatto degli sviluppi della situazione, stava recandosi alla Cerimonia del Passaggio, con Candida aggrappata al suo braccio che lo esibiva come un trofeo. Dagli sguardi ammirati e invidiosi delle altre donne, il principe dedusse che gli armigeri dovevano essere tenuti in grande considerazione e costituire una preda amorosa ambita.
Con l'elmo di cuoio ben calcato in testa e i guanciali stretti a nascondere parzialmente la barba – che Candida pareva non aver neppure notato nella frenesia della passione – lo scudo imbracciato e la picca, Freydar era indistinguibile dagli altri armigeri, come poté notare con sollievo via via che proseguivano, incontrando una folla sempre crescente. Candida lanciava saluti qua e là, ed il principe l'imitò, salutando a caso e ricevendo a volte anche un cenno di risposta.
La ressa andò costantemente aumentando mentre continuavano a camminare. Ben presto si ritrovarono schiacciati l'uno all'altra, tentando di avanzare, e Candida ne approfittò per baciare Freydar ancora una volta.
"Hai già visto Occhibelli, la donna designata al Passaggio?" gli chiese.
Freydar la scrutò, cercando di indovinare se dietro quelle pupille chiare si celasse una trappola, ma lei lo guardava apertamente e senza sospetto. "Ehm, sì, l'ho intravista", si arrischiò infine a dire.
Candida fece una smorfietta, fingendosi gelosa. "Ed è carina come dicono?"
"Anche di più", gli sfuggì, con sincerità. Aspettandosi che la ragazza si adombrasse, cercò qualcosa da dirle per riparare, ma lei sorrise.
"Meglio così", commentò. " Ricordo che all'ultimo Passaggio c'era una designata talmente brutta che al prescelto hanno dovuto dar da bere almeno due litri di zidar, prima che avesse il coraggio di andare con lei. Spero che il suo compagno sia altrettanto carino, nel caso dovesse scegliere me, ma di lui non ho sentito ancora nulla. Hai visto anche lui, per caso?"
"No, lui no", rispose Freydar velocemente, a disagio. Tutta quella faccenda di prescelti e di andare con gli era oscura, e lui non capiva cosa significasse. Solo più tardi, durante la Cerimonia, comprese che il rituale prevedeva l' accoppiamento dei designati al Passaggio, ossia le vittime sacrificali per il filtro della regina, tra loro oppure con dei Sudditi, prima dell'effettuazione del passaggio vero e proprio, attraverso una porta luminosa che immetteva nella zona riservata alle Signore.
Ricordandosi d'un tratto che Gaia/Miosotide aveva detto che solo i sudditi più anziani avevano visto degli stranieri partecipare alla Cerimonia del Passaggio, Freydar scrutò attentamente il volto di Candida, che aveva alluso al precedente rito come se vi avesse partecipato. Il suo viso, però, non recava traccia di rughe o di altri segni dell'età, essendo liscio e luminoso come quello di una ventenne. "Quanti anni hai, Candida?" le domandò, non riuscendo a frenare la curiosità.
Lei sollevò graziosamente le sopracciglia color del miele. "Esisto da centodue anni. L'altra volta esistevo da soltanto sette mesi, e devo dire che non è da tutti assistere a due passaggi in un solo ciclo vitale."
Centodue anni?, pensò il principe sbalordito; e come poteva avere l'aspetto di una ragazza? Forse le Arpie elargivano ai loro sudditi il filtro dell'eterna giovinezza, ma questo non spiegava l'asserzione di aver partecipato all'altra cerimonia a soli sette mesi. Una bambina in fasce? Già, ma forse non c'erano bambini tra i Sudditi, visto che, a pensarci bene, finora non aveva mai visto piccini sgambettare per i corridoi o rincorrersi nei saloni del Regno Sotterraneo. Che i Sudditi nascessero già adulti? Sempre che nascessero...
Quel turbine di pensieri e ragionamenti saettò per la mente di Freydar nel giro di pochi secondi, mentre si sforzava di rimanere impassibile.
Candida lo fissava sorridendo languida, evidentemente ricordando le ore passate insieme. "E tu, quanti anni hai?" gli chiese.
Freydar stava per risponderle la verità, ma si trattenne: e se c'era un'età minima per diventare armigero e lui, a trentadue anni, non l'aveva ancora superata?
"Tu quanti me ne dai?" rispose con una contro-domanda.
Un lampo malizioso attraversò gli occhi di Candida. "Da come fai l'amore, almeno cinquanta."
Incerto se considerarlo un complimento o meno, Freydar decise di ignorare la causa addotta alla supposizione ed annuì. "Quasi azzeccato: cinquantadue", mentì.
In quel momento la folla li spinse avanti con un moto irresistibile, trascinandoli per un centinaio di metri, poi sbucarono in un'immensa caverna a forma di arena, illuminata da una miriade di lanterne colorate appese al soffitto a guisa di volta e da bracieri disseminati sulle innumerevoli gradinate, ricoperte di cuscini. L'enorme anfiteatro, nel quale potevano trovar posto circa tremila persone come stimò Freydar, era ancora relativamente vuoto.
Candida lo condusse in basso lungo una scala e trovarono posto in seconda fila. Dagli sbocchi dei tanti corridoi continuava a giungere gente ed il flusso non cessò finché l'arena non fu gremita all'inverosimile da una folla rumorosa ma disciplinata. Freydar non vide che persone giovani e belle, a riprova della stranezza di quel popolo, dove mancavano sia i bambini sia i vecchi, e dove c'erano unicamente persone bellissime.
Tornando ad osservare la pista circolare dell'anfiteatro, il principe vide che sul fondo, alla sua sinistra, c'era una Porta Luminosa, identica a quella attraverso cui lui e Veldhris erano saltati per sfuggire al mostro Krutu, con un grande seggio imbottito davanti, mentre sulla destra c'era un cancello di ferro battuto artisticamente lavorato. Nel centro dell'arena c'erano diverse grandi pellicce disposte come un giaciglio ed alcuni cuscini.
Un rullo di tamburi e squilli di tromba annunciarono l'inizio della Cerimonia del Passaggio. Nell'arena, attraverso il cancello di ferro battuto, entrarono una dozzina di musici, recanti arpe, liuti, flauti a canna singola e doppia, sonagli, cetre ed altri strumenti ancora; andarono a disporsi a semicerchio lungo il perimetro della pista, nella metà destra, ed in perfetta sincronia intonarono una melodia sommessa, strana ed esotica all'orecchio di Freydar. Poco dopo, un lampo abbagliante si sprigionò dalla Porta Luminosa ed un'Arpia fece il suo ingresso, accolta da acclamazioni e battimani. Il principe la osservò e notò immediatamente la grande somiglianza tra di lei e l'Arpia che aveva catturato Veldhris: bellissima – nonostante le ali e le gambe da uccello – sensuale e pericolosa.
L'Arpia sollevò le braccia: il clamore si acquietò ed i musici smisero di suonare. Con voce potente, declamò: "Giunto è il tempo di risvegliare la nostra beneamata Regina. Con l'aiuto di due stranieri che si sono resi disponibili a collaborare, compieremo la Cerimonia del Passaggio, mediante la quale essi potranno richiamare la Regina a nuova vita!"
La mirabile acustica dell'anfiteatro permise alla sua voce di freddo cristallo di raggiungere finanche le gradinate più alte e lontane, così da poter essere udita da tutti gli astanti, che dal canto loro scoppiarono in un altro fragoroso applauso.
L'Arpia attese che il battimani si calmasse, poi proseguì. "La prima fase sarà iniziata dalla donna conosciuta con il nome di Veldhris, da noi nominata Occhibelli. Si cominci la Cerimonia!"
L'Arpia andò a sedersi sul seggio imbottito e Candida avvicinò la bocca all'orecchio di Freydar. "Da quando Ganàth è diventata Viceregina, noi Sudditi godiamo di più divertimenti di prima, l'hai notato?"
"Sì, certo", si affrettò a rispondere il capitano, gli occhi incollati al cancello di ferro battuto: da un momento all'altro, Veldhris avrebbe fatto la sua comparsa.
Ci fu un altro rullo di tamburi, più breve del precedente, poi i musici ricominciarono a suonare sommessamente. Il cancello venne nuovamente aperto ed apparì una lettiga portata da quattro uomini e seguita da quattro donne, che recavano una grande coppa ed una brocca, entrambe d'oro. Sulla lettiga, languidamente sdraiata su uno strato di pellicce e cuscini, c'era Veldhris, più provocante che mai. Freydar rimase a fissarla come folgorato: la veste bianca era trasparentissima e lasciava indovinare tutto del suo corpo al di sotto, nudo ad eccezione di un triangolo di stoffa argentea che copriva la giunzione delle cosce, ed i gioielli che le ornavano le braccia, il collo e la vita sottolineavano le sue forme tornite e piene. Un violento desiderio sconvolse il principe, mentre una vampata di calore gli partiva dai lombi per lambirgli le cosce, la schiena e le spalle.
Un fremito aveva percorso la folla nel vedere Veldhris, ma non ci furono applausi né grida, solo un brusio di voci eccitate.
"Avevi proprio ragione, è proprio bella."
Freydar tardò a riconoscere la luce di Candida: nel vedere Veldhris, l'aveva completamente dimenticata.
"Già", borbottò, più a se stesso che alla ragazza che gli stava seduta a fianco. Gli sembrava di vedere Veldhris per la prima volta, sotto una luce completamente diversa
I quattro portatori deposero la lettiga ed aiutarono Veldhris a discenderne, poi le donne si avvicinarono, versarono un liquido nero dalla brocca nella coppa e gliela porsero. La cantante la prese con un movimento molle e se la portò alle labbra, bevendo tutto il contenuto in un fiato. Freydar corrugò la fronte: c'era qualcosa di anormale, in quella sua arrendevolezza decisamente insolita.
"Non vedo l'ora che distribuiscano anche a noi lo zidar", gli sussurrò Candida, sfiorandogli la schiena. La carezza, invece di eccitarlo, lo infastidì, ma s'impose di non scostarsi. Dunque, pensò, quello era lo zidar: doveva trattarsi di una qualche droga dall'effetto inebriante, a giudicare da quello che seguì.
I lettighieri e le donne che accompagnavano Veldhris lasciarono l'arena, portandosi via palanchino, brocca e coppa, mentre i musici incominciavano a suonare più forte, cambiando d'un tratto genere di musica. Al ritmo scandito da due tamburi, Veldhris cominciò a ballare, intrecciando una danza aggraziata che, via via proseguendo, andò trasformandosi all'unisono con la musica: i movimenti si fecero ora languidi, ora allusivi, ora frenetici, rivestendosi di un irresistibile erotismo. La danza diventò la lusinga della femmina al maschio, il richiamo all'accoppiamento, l'invito all'estasi.
Freydar era teso fino allo spasimo, e con lui molti altri uomini tra il pubblico, mentre Veldhris girava lentamente attorno alla pista in cerca del compagno con cui concretizzare quell'esplosione di sensualità.
Con la coda dell'occhio, poiché il suo sguardo era calamitato dalla giovane donna nell'arena, Freydar vide degli uomini alzarsi ed avvicinarsi al bordo della pista, con l'evidente intenzione di offrirsi a Veldhris. Come spinto da una molla, il principe balzò in piedi, scrollandosi di dosso Candida che però non tentò nemmeno di trattenerlo, e si precipitò a sua volta, abbandonando scudo e picca e cercando di farsi notare da Veldhris senza dare troppo nell'occhio, giacché gli altri giovani nulla facevano per attirare la sua attenzione, attendendo che fosse lei a scegliere liberamente.
Con lentezza, la cantante percorse di nuovo il perimetro dell'arena a suon di musica, sempre intrecciando la sua danza di seduzione, e passò in rassegna i potenziali compagni. Arrivò anche davanti a Freydar, la cui tensione salì fino alle stelle, ma lo ignorò e continuò a ballare, fino a completare il giro. Poi tornò al centro della pista, danzò ancora per qualche minuto in un crescendo sempre più frenetico, finché la musica raggiunse il parossismo e si spense bruscamente. Il pubblico trattenne il fiato: ora sarebbe stata effettuata la scelta; se non fosse stato così, significava che la designata al Passaggio voleva accoppiarsi con l'altro designato, il che avrebbe automaticamente annullato l'esibizione dell'uomo, con grande rammarico delle donne presenti nell'anfiteatro.
Veldhris alzò verticalmente un braccio, poi lo abbassò in direzione di un punto preciso del perimetro della pista.
A Freydar balzò il cuore in gola: stava additando proprio lui? Si guardò attorno: non c'era nessuno vicino a lui, quindi l'indicazione era inequivocabile.
La musica ricominciò, di nuovo sommessa ma pronta a scatenarsi come prima, e Veldhris gli fece cenno di raggiungerla nell'arena con un sorriso invitante sulle belle labbra sensuali. Accaldata ed ancora affannata dalla danza, era il simbolo stesso della seduzione femminile. Freydar fremette, e finalmente riuscì a muoversi, scavalcando la balaustra e saltando sulla pista.
Col fiato sospeso, le si avvicinò lentamente; quando le fu di fronte, Veldhris sollevò le braccia per cingergli il collo, gli si strinse contro e, abbassandogli la nuca, gli prese le labbra. Una ventata di fuoco scorse nelle vene del principe che, irresistibilmente trascinato dal bacio, la circondò con le braccia per premere quel corpo caldo e morbido contro il proprio. Le labbra di lei erano morbide, la sua bocca calda; le loro lingue si sfiorarono, intrecciandosi in un crescendo incontrollabile di passione. Incapace di trattenersi, Freydar mosse le mani, scorrendole sulle belle curve dei fianchi, dei glutei e del seno di Veldhris. La sentì sospirare nella sua bocca e muovere il bacino per strofinarsi contro l'erezione che premeva sotto il suo perizoma.
Quando finalmente le loro labbra si separarono, erano entrambi senza fiato. Gli occhi di Veldhris, due pozze di giada liquida, lo fissarono perduti, e Freydar, ammaliato, si smarrì in quello sguardo.
Lentamente, Veldhris gli tolse l'elmo di cuoio, e lui non la fermò, dimentico che così facendo rivelava la barba, un tratto distintivo che avrebbe potuto tradirlo. Troppo tardi si rese conto del pericolo: il casco cadde a terra e Ganàth, l'Arpia, scorse la barba. Balzando in piedi, annunciò: "La designata ha scelto il designato: la fase preparatoria del rito è conclusa."
Un mormorio deluso si levò dalle gradinate, subito sedato dall'arrivo di grandi anfore colme di zidar che gli astanti presero a servirsi in abbondanza.
Improvvisamente conscio del pericolo, Freydar tentò di ritrarsi, ma Veldhris lo trattenne con inaspettata forza. Il suo sguardo brillante, il suo atteggiamento languido, tutto di lei gli gridava prendimi, e per un momento al principe balenò l'immagine dei loro corpi allacciati ed abbandonati sulle morbide pellicce, un'immagine incredibilmente nitida che gli mozzò il respiro in gola. Gli occhi di Veldhris lo avevano stregato e lo tenevano incatenato a lei, incapace di muoversi o di pensare. Lentamente, la cantante accostò la bocca alla sua, e di nuovo Freydar la baciò, avidamente, stordito, ubriaco di lei.
I musici avevano ripreso a suonare con più forza, e sugli spalti lo zidar scorreva a fiumi, precipitando tutti in uno stato di ebbrezza, di euforia sensuale che già cominciava ad esplodere in amplessi deliranti, sfrenati, frenetici. Mentre il clamore cresceva d'intensità fra grida rauche, gemiti ed esclamazioni, davanti alla porta luminosa Ganàth fece un cenno. I lettighieri rientrarono, recando stavolta la brocca e la coppa dalla quale aveva bevuto Veldhris.
Freydar, che volgeva loro le spalle, non se ne accorse finché due di loro non lo afferrarono, strappandolo dalle braccia della cantante, che rimase a fissarlo senza mutare espressione.
Bruscamente riscosso dall'incantesimo di seduzione in cui era caduto, il principe lottò per liberarsi, ma i due uomini gli avevano torto le braccia dietro la schiena e se lui si agitava troppo, minacciavano di spezzargliele.
"Veldhris!" chiamò allora, vedendola immota. "Veldhris, reagisci! Svegliati! Ti hanno drogato, Vel... Vogliono ucciderci!"
Lei non si mosse. Gli altri due uomini versarono il liquido nero dalla brocca nel calice.
"Veldhris, non permetterglielo!" gridò Freydar, cercando ancora di divincolarsi ma facendosi solo male. "Ricordati di Tamya! Non vuoi vendicare la tua gente?!"
Un calcio nelle ginocchia lo fece crollare genuflesso a terra, mentre una mano brutale lo afferrava per i capelli costringendolo a sollevare il viso verso l'alto. Non vide così l'improvviso lampo di comprensione che si era acceso negli occhi di Veldhris, che però tosto scomparve per lasciare di nuovo posto ad un'espressione vacua ed assente.
"Non lasciarglielo fare, Veldhris!" gridò ancora Freydar, facendosi a stento udire nel baccano del pubblico ormai scatenato. "Non potremo più cercare la Corona di Luce!"
Era pericoloso accennare alla loro missione a quel modo, ma il principe non aveva altri argomenti per scuotere l'apatia di Veldhris, e non aveva nessuna possibilità se non tentare il tutto per tutto.
Qualcosa si mosse nella mente annebbiata di Veldhris, che sbatté le palpebre, perplessa e confusa, senza tuttavia muoversi. Conosceva l'uomo che aveva scelto tra tanti, per questo lo aveva indicato; ma che cosa rappresentava per lei? Perché era in ginocchio a pochi passi da lei, trattenuto da due uomini? E che cosa le stava gridando?
Stavolta, il capitano vide che qualcosa si era risvegliato nella mente di Veldhris. "La Corona, Vel! Se ci sarà il Passaggio, non potrai usarla contro Rakau!"
Rakau... la Signora dei Draghi Neri. Pur non riuscendo a ricordare chi fosse, Veldhris rabbrividì di paura. Perché la Corona era tanto importante? Perché proprio lei doveva usarla contro Rakau? Chi era lei?
Freydar continuava invano a divincolarsi, ma non poteva sfuggire alla presa di quelle mani ferree. L'uomo che portava la coppa si stava avvicinando, mentre quello che aveva versato lo zidar dalla brocca, depostala a terra, allungava una mano sul suo viso e gli chiudeva il naso per costringerlo ad aprire la bocca e bere.
"Sei l'Erede di Arcolen, Veldhris!" urlò il principe, disperato. "Ricorda la tua missione!"
Fu come se un velo si squarciasse nella mente di Veldhris. Di colpo ricordò chi era e che cosa doveva fare, e con un grido acutissimo si slanciò sull'uomo che stava per versare lo zidar in gola a Freydar, dandogli una spallata tale da farlo finire lungo disteso per terra. Con un calcio mandò a rotolare lontano la coppa caduta e con un altro fece fare la stessa fine alla brocca, spargendo tutto il liquido nero in essa contenuto. L'uomo che aveva chiuso il naso a Freydar lo lasciò andare per afferrare Veldhris e bloccarla, ma lei gli si rivoltò contro come una gatta infuriata, graffiando e mordendo e scalciando. Gli assestò una violentissima ginocchiata all'inguine che lo fece piegare in due con un urlo, e già stava per precipitarsi contro i due che ancora tenevano saldamente Freydar, quando il primo uomo, quello del calice, le piombò addosso facendola ruzzolare a terra. Strabiliato, impossibilitato a muoversi se non voleva farsi rompere un braccio, il principe assistette alla lotta tra i due, con una Veldhris scatenata e furibonda che riusciva incredibilmente a tener testa all'uomo, ben più grande e grosso: la rabbia, la paura e la disperazione le davano una forza molto superiore al normale.
Lo sguardo di Freydar cadde sulle pellicce poco lontane: più in là, Ganàth era saltata in piedi all'inizio della lotta, ma quello che aveva attratto l'attenzione del capitano era un oggetto scuro di forma cubica, appoggiato su uno dei cuscini. Lo riconobbe con un moto di sorpresa: era lo yord di Veldhris. Forse lo avevano messo lì credendolo che fosse un elemento in qualche modo indispensabile alla cantante.
Tornò a guardare Veldhris, che ancora lottava con l'uomo: nonostante l'anormale forza, era indubbio che presto sarebbe stata sopraffatta. Vanamente il principe tentò di liberarsi, quasi slogandosi una spalla, poi un'ispirazione lo colse all'improvviso. "Canta, Veldhris, canta!!"
Che cosa lo spingesse ad urlare quelle frasi non lo sapeva, ma qualcosa gli diceva che era l'unico modo per trarsi d'impaccio.
Veldhris stentò a capire il messaggio, ma non appena lo decifrò nel baccano generale, al pari di Freydar comprese che era la cosa giusta da fare, pur ignorando da dove le venisse tale certezza. Con un'agile mossa, la cantante sfuggì alla stretta dell'uomo, strappando un brandello della veste che rimase in mano al suo avversario, e si precipitò sullo yord, che aveva appena visto: rapida, se lo portò al petto ed aprì bocca per cantare.
Come indipendente dalla sua volontà, la voce le sgorgò dalla gola intrecciando una melodia strana, magica, misteriosa. Parole arcane in una lingua sconosciuta le fluiranno dalle labbra, reminescenza della primissima infanzia, parole che formavano le strofe di una canzone antica come il mondo, che era stata tramandata di primogenito in primogenito nella Stirpe Eccelsa e di cui lei non aveva conservato che un ricordo inconscio, sepolto nelle profondità della mente, risalente all'epoca in cui sua madre Yunia era ancora viva e gliela cantava come ninnananna, ignorandone l'origine.
Sbalordito, Freydar la fissava a bocca aperta, mentre gli uomini che ancora lo tenevano prigioniero senza accorgersene allentavano la presa, cosa di cui il principe nemmeno si rese conto. Le note dello yord, potentemente sollecitato dalla voce di Veldhris, facevano da cornice alla canzone, creando un incantesimo irresistibile che catturava l'attenzione e l'animo dei presenti. Sugli spalti, il pubblico delirante si calmò di botto e rimase in ascolto, affascinato, ammaliato, rapito. Perfino Ganàth, l'Arpia, era rimasta bloccata, immobilizzata, incapace di sottrarsi al sortilegio del canto.
Il tono della canzone crebbe, divenne grandioso, epico, e d'un tratto un cono di luce vivissima, argentea, spiovve dall'alto, provenendo da una fonte invisibile e come attraversando la roccia nel soffitto a volta. Nel momento in cui colpì pavimento, scoccarono scintille infuocate, poi una figura andò formandosi nel mezzo del cono e la luce cominciò a decrescere. La sagoma acquistò contorni netti e riconoscibili via via che il bagliore andava scemando, finché, proprio davanti all'Arpia, apparve una donna molto alta, snella come un giunco, vestita di fluttuanti stoffe argentee e con finissimi capelli color della luna, lunghi fin quasi alle ginocchia; uno scintillio soprannaturale la circondava tutta, sebbene il cono di luce fosse ormai svanito.
Senza parlare, l'apparizione sollevò un braccio teso in direzione di Ganàth con un movimento sciolto e dalle sue dita si sprigionò un lampo accecante, che saettò verso l'Arpia, abbattendosi su di lei con un rombo di tuono. Tutto ciò che ne rimase fu un mucchietto di cenere fumante.
Il panico s'impadronì della folla stipata nell'anfiteatro; tutti balzarono in piedi e ci fu un fuggi fuggi caotico: gente che urlava, si travolgeva e si calpestava nella furia, abiti strappati, cadute, ferite, contusioni nel tentativo di raggiungere le uscite. Anche gli uomini nell'arena, contagiati dal panico dilagante, si diedero ad una fuga disordinata ed imboccarono il cancello ancora aperto, correndo a rompicollo.
Solo Veldhris, che non aveva ancora smesso di cantare, come ipnotizzata dalla propria voce rimase immobile, mente Freydar, bruscamente lasciato andare, dapprima cadde bocconi, e poi, rialzandosi, non trovò ragioni per scappare, giacché la donna dell'apparizione si era girata e li stava fissando con benevolenza. Nella sua espressione dolce non c'era traccia della feroce determinazione che aveva assunto fissando l'Arpia Ganàth prima di abbatterla.
Veldhris infine tacque ed il suo canto si spense. Sbalordita, fissava la bellissima donna dagli occhi argentei che le stava davanti e che ora avanzò verso di lei, mentre l'aura di luce che la circondava si affievoliva fino a scomparire.
Giunta a pochi passi dalla cantante, l'apparizione s'inchinò con grazia. "Mi hai chiamata, Erede di Arcolen", disse con voce melodiosa. "Sono giunta."
Sbigottita, Veldhris era incapace di dire o fare alcunché. Senza forze, si afflosciò genuflettendosi sul pavimento. "Nirvor l'Argentea..." mormorò con voce soffocata, sempre fissandola ad occhi spalancati. "La Custode della Corona!"
La donna – o qualunque cosa fosse – le afferrò le mani e la fece rialzare con dolce fermezza. "Ti prego, Veldhris Yuniadil, non devi rendermi omaggio: io sono al tuo servizio", dichiarò. "Tu mi hai chiamata in tuo soccorso e io sono arrivata."
Smarrita, Veldhris la osservava senza riuscire a mettere ordine nel turbine dei suoi pensieri confusi. Anche Freydar, più indietro, ancora ventre a terra, la guardava strabiliato, gli occhi sgranati.
"Ma..." balbettò Veldhris, finalmente in grado di parlare con coerenza. "Ma com'è possibile? Tu... al mio servizio? E come ho fatto a chiamarti?"
Nirvor sorrise lievemente, con dolcezza, comprendendo l'incredulo sbalordimento della cantante. "Il tuo canto mi ha evocata nel mondo materiale, il canto che io stessa insegnai all'Avo Fondatore della Stirpe Eccelsa, il giorno in cui gli affidai le Gemme Gemelle. Un canto che, nel momento del pericolo, il legittimo Portatore della Corona può intonare per chiamarmi, se non ha altre risorse. Finora, questa è soltanto la terza volta che accade", si guardò attorno nell'anfiteatro ormai vuoto. "Penso che sia il caso di andarcene da qui."
Freydar, che si era alzato per avvicinarsi, osservò: "Non sarà facile. Veldhris e io ci stavamo provando, quando le Arpie ci hanno catturati."
Nirvor posò su di lui lo sguardo d'argento fuso. "Non ti preoccupare, Principe del Fiordo", disse con tranquilla sicurezza, dimostrando di sapere chi lui fosse. "Il cammino per uscire dal Regno Sotterraneo è lungo e pericoloso, ma col mio aiuto sarà tutto più facile."
Indicò loro il cancello di ferro battuto, lasciato spalancato degli uomini in fuga, ed i due giovani si avviarono in quella direzione.
Fecero un lungo cammino, durante il quale non incontrarono quasi nessuno: i pochi Sudditi che intravedevano fuggivano strillando alla vista di Nirvor, che aveva ripreso a brillare di luce propria. Ad un certo punto, l'Argentea li introdusse in una stanza e, pregandoli di attenderla, si dileguò.
Per la prima volta dopo la lotta nell'arena, Veldhris e Freydar si guardarono in faccia, e la cantante, rendendosi finalmente conto delle impudiche condizioni in cui era, incrociò frettolosamente le braccia sul seno, arrossendo fino alla radice dei capelli. Freydar, a disagio per la stessa ragione, distolse gli occhi ed andò a sedersi su una sedia poco distante, e lei fece altrettanto accovacciandosi sul letto, dove si coprì con un lenzuolo.
Osservando di sottecchi il compagno, che continuava a tacere, Veldhris venne assalita dal ricordo della Cerimonia del Passaggio. Sotto l'effetto dello zidar non si era resa conto di nulla, ma ora rammentava con chiarezza ogni cosa: la danza erotica, la scelta, i baci di Freydar... soprattutto i baci di Freydar, e le sue carezze...
Senti un fremito nelle sue profondità ed arrossì nuovamente; si chiese cosa pensasse il principe di lei e del suo comportamento nell'arena, ma non ebbe il coraggio di formulare la domanda che le bruciava sulle labbra.
"Va... tutto bene, adesso?"
L'impacciata domanda di Freydar venne a spezzare il silenzio che si stava facendo intollerabile.
Dopo una breve esitazione, Veldhris annuì con decisione. "Sì, adesso sì. Mi... dispiace."
Il principe le lanciò un'occhiata, ma la cantante stava guardando altrove, a disagio. Comprendendo a cosa si stesse riferendo, tentò di rassicurarla. "Non è stata colpa tua. Eri sotto l'effetto di quella sostanza, non eri padrona delle tue azioni."
Mentre lo diceva, Freydar si rese conto che avrebbe voluto che fosse diversamente, che Veldhris si fosse comportata in quel modo con lui per sua scelta, perché attratta da lui, perché lo desiderava quanto lui desiderava lei... Ma la cantante continuò a tenere lo sguardo distolto e di nuovo il silenzio scese imbarazzante tra loro.
Fortunatamente, pochi momenti dopo tornò Nirvor. "Ho recuperato i vostri vestiti", disse, senza specificare come o dove. "Se fate presto, potremo uscire dal Regno Sotterraneo prima che il sole tramonti sul mondo esterno."
Veloci, i due giovani si cambiarono e si apprestarono a seguire l'Argentea nel labirinto di corridoi.
OOO
Avevano camminato per molti chilometri, a giudicare dai suoi piedi doloranti, decise Veldhris, guardando la Porta Luminosa davanti a loro. Avevano salito e sceso scale, attraversato saloni e caverne, percorso corridoi interminabili, ed ora, stando a quanto aveva detto Nirvor, erano giunti alla Porta Luminosa attraverso cui erano entrati nel Regno Sotterraneo.
"È proprio l'unica strada per lasciare questo posto?" stava domandando Freydar, piuttosto dubbioso. "Al di là c'è Krutu."
"Non è un problema", decretò Nirvor con un sorriso rassicurante.
Freydar si sentì come un bambino pauroso e tacque.
"Passare attraverso questa cortina di luce ci ha però storditi per parecchio tempo", obiettò Veldhris, ricordando il loro risveglio.
"Allora sarà meglio disattivarla."
Nirvor congiunse le mani a coppa e tra le sue lunghe dita affusolate si formò un globo di luce, che lei con eleganza lanciò verso la Porta Luminosa. Ci fu un lampo senza rumore ed il bagliore della cortina parve venir risucchiato nella sfera creata dall'Argentea, che si ingrandì sensibilmente e rimase sospesa a mezz'aria. Al di là apparve un lungo cunicolo buio.
"Andiamo", li sollecitò Nirvor, saltando con leggerezza oltre la soglia. Veldhris e Freydar la seguirono, e lei ripristinò la cortina di luce alle loro spalle, lasciando che il globo si dissolvesse. Nirvor li precedette e quando, poco dopo, raggiunsero la diramazione ad Y, imboccò il cunicolo dal quale i due giovani erano giunti inseguiti da Krutu. Pur non dubitando della loro guida, sia la cantante, sia il capitano ebbero una comprensibile esitazione, ma Nirvor non si fermò ed essi la seguirlo in fretta.
Camminarono a lungo, rifacendo all'inverso il percorso che Freydar e Veldhris avevano seguito fuggendo dal mostro, senza mai parlare e cercando di limitare i rumori al minimo. L'onnipresente muschio luminoso decrebbe l'intensità di luce irradiata, finché non giunsero al tratto di galleria completamente buia che Freydar e Veldhris avevano percorso tentoni all'andata.
Improvvisamente, un ruggito vicinissimo li assordò e Krutu balzò dall'oscurità del cunicolo privo di muschio fosforescente.
Veldhris lanciò un grido d'orrore ed istintivamente si buttò tra le braccia di Freydar, impedendogli così di trarre il pugnale dal fodero; del resto, la cosa non sarebbe servita, giacché Nirvor, senza scomporsi minimamente, allargò le braccia sollevandole in alto e due raggi di luce bianca scaturirono dalle sue dita, andando a colpire il mostro nel pieno di un balzo. Krutu crollò all'istante, ma non era stato ridotto in cenere come l'Arpia Ganàth nell'arena, solo pesantemente stordito. L'Argentea abbassò il braccio destro e tese il sinistro verso il mostro, dalla cui enorme mole si staccò qualcosa che, attratto dal raggio luminoso di Nirvor, andò a posarsi nella sua mano. Girandosi verso i due sbalorditissimi compagni che la fissavano ad occhi sgranati, parlò. "Ti restituisco la tua spada, Freydar."
Gli porse l'arma, la cui lama era macchiata di sangue bluastro e viscoso, ed il principe non seppe trattenere un esclamazione. "Grazie, Nirvor! Ci tenevo molto."
Prese la spada e la infilò nel fodero, dopo di che i tre ripresero il cammino, passando a stento accanto a Krutu, la cui enorme massa ostruiva il passaggio. Si addentrarono nel cunicolo buio, avendo la via rischiarata sempre dall'aura luminosa di Nirvor, e percorsero circa mezzo chilometro, poi l'Argentea si fermò accanto alla parete di destra. Veldhris e Freydar notarono nella roccia delle scanalature troppo regolari per essere naturali, che rivelavano la presenza di una porticina mimetizzata.
"Quest'uscita dà su un passaggio che conduce all'esterno", disse Nirvana. Sollevò una mano aperta che cominciò ad irradiare un bagliore pulsante, e la passò lungo le fenditure che indicavano il contorno dell'uscio.
"Se penso che ci siamo passati tanto vicini senza accorgercene...!" sbottò Veldhris.
"Avremmo evitato un buon numero di inconvenienti", concordò Freydar, pensieroso. Ipocrita, si disse, una parte di quel che è accaduto non ti dispiace affatto...
Con uno scatto, la porta di roccia si aprì, rivelando una stretta e ripida scala immersa nell'oscurità. Grazie al lucore di Nirvor, però, non avrebbero avuto difficoltà ad ascenderla.
Dopo essersi chiusi il pertugio alle spalle, presero a salire con l'Argentea in testa. S'inerpicarono per innumerevoli gradini, seguendo molte svolte, e Veldhris, che stava provando a contare gli scalini, arrivata a trecento e qualcosa perse il conto e ci rinunciò. Quando ormai stava per dichiarare che non ne poteva più, Nirvor si fermò davanti ad un muro che sbarrava loro il passo, interrompendo la scala. "Siamo arrivati", annunciò.
Veldhris si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, ed anche Freydar commentò a bassa voce: "Era ora!"
Di nuovo, Nirvor irradiò un bagliore pulsante dalla mano aperta, passandola sulla superficie della parete davanti a loro; un attimo dopo, una lama di luce penetrò nel luogo in cui erano, mentre una porticina nascosta si apriva lasciando entrare aria fresca.
In fretta, sgusciarono all'esterno, ritrovandosi ai piedi di un grosso pino nel quale era intagliato il pertugio dal quale erano appena usciti. Si trovavano sul limitare di un bosco, in quel punto alquanto rado, e davanti a loro si stendeva il piatto e desolato panorama delle Brughiere Aride. Il sole era basso sull'orizzonte, ormai prossimo al tramonto, ed i raggi radenti disegnavano per terra ombre lunghissime. Faceva freddo, dopo il tepore del Regno Sotterraneo.
"Siamo nell'oasi, vero?" domandò Veldhris, guardando Freydar e Nirvor con aria interrogativa.
La Custode della Corona annui. "Sì, a poca distanza dallo Stagnospecchio, come lo avete chiamato."
Veldhris si chiese come facesse a saperlo, ma c'erano molti interrogativi che voleva porre a Nirvor, per cui rimandò a più tardi. Ora voleva soltanto riabbracciare e rassicurare gli amici, che dovevano sicuramente essere molto preoccupati. Si diressero quindi verso il luogo dell'accampamento, dove Roden, Kareth, Kejah, Mikor e Sekor erano ancora riuniti. L'accoglienza che riservarono ai due dispersi fu festosa e chiassosa, improntata di immenso sollievo e di gioia inenarrabile. Roden sollevò in braccio la sorella adottiva per farla volteggiare, poi abbracciò l'amico Freydar, e Sekor non poté trattenersi dal baciare la cantante. Fu solo un bacio leggero ed amichevole, ma il ricordo di quelli di Freydar la fece avvampare, e Sekor interpretò quel rossore per un'emozione alquanto diversa che gli fece battere il cuore. Anche Mikor, che pure dimostrava sempre tanto astio verso Veldhris, le diede il bentornato con un'espressione genuina e partecipe, mentre Kejah non riuscì a trattenere le lacrime per la gioia, inaspettatamente imitata da Kareth, che di solito era più controllata della gemella. Rollie, poi, sembrava impazzito, e zampettava tutt'attorno alla padroncina ritrovata, abbaiando e pretendendo tante carezze.
Dopo che il turbine delle emozioni immediate si fu un poco acquietato, Veldhris presentò Nirvor, che fu accolta con sommo stupore e malcelata incredulità.
"Nirvor la Custode!" esclamò Mikor, per una volta senza diffidenza ma solo sbigottito. "Se non la vedessi con i miei occhi, non ci crederei!"
"Come al solito!" borbottò Roden, mordace, ma prudentemente aveva parlato a bassa voce, così nessuno lo sentì.
"Proprio io", confermò l'Argentea. "Temporaneamente in carne e ossa."
La strana frase rese tutti perplessi, ma in quella Kejah, che si stava occupando delle pentole prima del ritorno di Veldhris e Freydar, annunciò che la cena era pronta.
Accorgendosi di avere una fame da lupi, Veldhris si domandò quanto tempo fosse passato dall'ultimo pasto che aveva consumato, prima della Cerimonia del Passaggio, perché non avendo il riferimento del sole, non aveva potuto determinarlo. Certo doveva essere un bel po', a giudicare dalle proteste del suo stomaco.
"Ci avete fatto preoccupare tantissimo", le confidò Sekor mentre si sedevano attorno al fuoco. "Siete stati via molti giorni e cominciavamo a temere che non avreste più fatto ritorno."
"Ma quanto tempo è passato?" domandò lei, dando voce alle proprie perplessità in proposito.
"Sette giorni interi, senza contare quello in cui siete scomparsi", rispose il Principe del Vespro, sorpreso. "Ma dove siete stati?"
Non meno stupita di lui, Veldhris tardò a rispondere, e proprio allora Roden le porse il piatto pieno di carne e verdura. "A dopo le spiegazioni", decise, sentendo l'acquolina in bocca, e prese a divorare il cibo sotto lo sguardo divertito di Sekor.
Poco lontano, Nirvor rifiutò gentilmente il piatto che Roden le porgeva. "Io non mangio, grazie, non ne ho bisogno."
Stupito da quella dichiarazione, ma intimidito dallo sguardo d'argento fuso degli occhi della Custode, il boscaiolo non insistette e si allontanò impacciato.
"Avete molto da raccontarci, immagino", disse Kareth, a fine pasto. "Cosa vi è successo, in tutti questi giorni?"
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