Capitolo II: In gita alla Radura del Lago

Capitolo II: In gita alla Radura del Lago

La prima reazione di Barod Unkorden al racconto spezzettato dai singhiozzi della figlia fu una brevissima frase, detta con calma spaventosa. "Lo ammazzo."

Veldhris sollevò il viso, ancora bagnato dalle lacrime, e guardò il padre, spaurita. "No, no! Non fare sciocchezze, ti prego!"

"Nessuna sciocchezza, lo ammazzo e basta", affermò lui recisamente.

Si alzò per uscire, ma Veldhris si aggrappò al suo braccio, trattenendolo. "No, padre!" esclamò. "Era fuori di sé, non era responsabile delle sue azioni. E poi ricordati che l'ho quasi ucciso io stessa, non ti pare sufficiente? In fondo non è riuscito a farmi niente..."

"Il suo stato di ubriachezza non lo giustifica in alcun modo! Se fosse stato sobrio, tu non saresti stata in grado di colpirlo!"

"Da sobrio non si sarebbe mai sognato di fare una cosa del genere! Era completamente fuori di sé... il vino può fare di questi scherzi."

"Chiamalo scherzo!" scattò Teewa, che finora non aveva aperto bocca, troppo inorridita da quanto era capitato alla sua amatissima figlia adottiva. "Meriterebbe perlomeno una denuncia e una condanna esemplare, per quel che ha fatto."

"Ha tentato di fare", puntualizzò Veldhris. Si asciugò gli occhi con un gesto fermo e trasse un respiro misurato prima di continuare. "Sentite, penso che la lezione gli basterà. Io ho fatto credere che si sia trattato di un'aggressione e non penso che Arton smentirà. Non gli conviene denunciarmi per tentato omicidio, perché io lo denuncerei a mia volta per tentato stupro, trasformando la sua accusa in legittima difesa. Sarebbe la sua parola contro la mia..."

"Dimentichi che è una Guardia Reale, la sua parola ha un peso maggiore", osservò Teewa.

Veldhris scosse il capo. "E tu dimentichi il favore che godo agli occhi dei Signori della Foresta", ribatté. "A chi pensi che darebbero più credito, tra me e Arton, anche se lui è una guardia reale?"

Teewa tacque non sapendo come controbattere.

Barod, costretto suo malgrado a deporre – almeno per il momento – il suo proposito bellicoso, tornò a sedersi. "Quindi cosa hai intenzione di fare?" indagò, sforzandosi di controllare la voce.

"Per ora, niente", rispose Veldhris, che aveva già deciso come comportarsi. "Arton non ha fatto una buona azione, ma dobbiamo ricordare che non era in sé e che non è riuscito a portare a termine il suo intento, perciò non lo denuncerò. Sono convinta che, una volta che avrà modo di riflettere su quanto ha cercato di fare, si vergognerà da morire e che, appena potrà riprendere servizio, si farà trasferire lontano da Tamya, magari a guardia della residenza di campagna della Famiglia Reale o addirittura ai confini del regno. Quanto a me, intendo dimenticare al più presto questa brutta avventura."

Teewa si strinse le mani fino a far sbiancare le nocche. "Insomma, hai intenzione di perdonarlo", disse in tono sordo.

Veldhris la fissò con calma negli occhi chiari. "Esatto, madre. Il perdono può essere terribile quanto la vendetta: Arton, non potendo scontare la sua colpa, proverà rimorso per tutta la vita."

Nessuno dei tre, Veldhris, Barod o Teewa, avrebbe mai saputo quanto di profetico c'era nell'analisi di questa giovane donna ancora poco esperta della vita, ma già profonda conoscitrice dell'animo umano.

OOO

La reazione di Roden, il mattino seguente, fu identica a quella del padre e Veldhris faticò alquanto a convincerlo a calmarsi. Facendo leva sull'abitudine famigliare di rispettare le decisioni altrui, quali che fossero, la giovane donna riuscì infine ad imporre la propria linea di pensiero al fratello ed a fargli promettere di non combinare guai. Roden comunque andò al lavoro con un'espressone truce che gli si addiceva ben poco.

Kareth e Kejah, invece, rimasero come paralizzate, specialmente la seconda, più sensibile della prima e meno impulsiva. Veldhris dovette rassicurarle a lungo, rispondendo alle loro ansiose domande con una rilassatezza perfettamente simulata. In realtà era ancora molto scossa, e per questo aveva dormito ben poco la notte precedente, ma se lo avesse dato a vedere, le gemelle si sarebbero angosciate ancora di più, così preferì fingere una calma che non provava.

Un paio di giorni dopo, Kareth si offrì di andare a raccogliere informazioni sulla sorte di Arton e Veldhris accettò con gratitudine. La cugina tornò con notizie confortanti: il giovane era stato soccorso in tempo e portato all'ospizio della guardia reale, dov'era tuttora ricoverato. Le sue condizioni non erano gravi quanto Veldhris aveva temuto, perché il giaco di cuoio che Arton indossava la momento della colluttazione aveva attutito il colpo, impedendo al pugnale di penetrare troppo profondamente nella carne. Ora, il giovane giaceva ancora privo di conoscenza, ma il pericolo di un'infezione era stato debellato con le cure prontamente prestate dai guaritori. Considerando la sua costituzione sana e robusta, i guaritori non avevano dubbi che si riprendesse presto.

Per Veldhris fu un sollievo indicibile, offuscato solo dal timore delle eventuali conseguenze che quell'episodio funesto poteva comportare per lei, per Arton e per le loro carriere.

Quello stesso giorno, verso sera, Mastro Adyr venne a portare alla cantante il resto del compenso promesso, cinquecento talleri d'argento che si aggiungevano agli altrettanti ricevuti al momento dell'ingaggio.

"Il Re è rimasto molto soddisfatto della tua esibizione, Teewadil", le disse il Maestro di Palazzo, usando il solo matronimico per sottolineare il proprio rispetto. "Anzi, sia lui che la Regina auspicano che tu possa cantare ancora al Verde Palazzo. Inoltre, il principe Sekor mi ha incaricato di porgerti suoi omaggi e i suoi saluti."

Veldhris era confusa e lusingata da tanto entusiasmo da parte della Coppia Regnante e dall'ammirazione del principe cadetto. "Ti ringrazio, Mastro Adyr", disse. "Sono molto felice di aver incontrato il consenso dei Signori della Foresta e spero di poter essere sempre all'altezza delle loro aspettative. Certamente sono a loro completa disposizione per qualsiasi occasione possano desiderare i miei servigi."

L'anziano Maestro di Palazzo annuì con approvazione alle parole di Veldhris: la stima e la simpatia che questa giovane donna aveva suscitato in lui fin dal primo momento si stavano rivelando ben riposte. Ecco una che avrebbe fatto strada nella vita, pensò.

"Probabilmente sarai chiamata a metà settembre, per l'anniversario di matrimonio della Coppia Regnante", le confidò. "Sono certo che nel frattempo avrai ottenuto il titolo di Grande Cantante della Foresta, alla Festa di Fine Estate", aggiunse, non per cortesia ma per convinzione.

"Sei molto gentile", rispose Veldhris, compiaciuta e leggermente in imbarazzo per quella sicurezza che – per la sua natura modesta – non era sicura di meritare interamente. "Spero di non deluderti."

"Sono certo di no", sorrise Adyr, pensando che Veldhris era proprio una ragazza deliziosa. Peccato non aver quarant'anni di meno...

OOO

Passarono in fretta due settimane. Veldhris, rassicurata sullo stato di salute di Arton Flàsterden da costanti notizie fornite da un cerusico dell'ospizio amico di Kareth, lavorò con impegno per prepararsi alla Festa di Fine Estate, componendo, correggendo e riscrivendo mille volte la canzone che intendeva presentare per concorrere la titolo di Grande Cantante della Foresta, detenuto da tre edizioni, cioè da nove anni, da Talla Uryadil, che quindi era la sua rivale più temibile e fonte di apprensione per Veldhris.

Una sera, negli ultimi giorni d'agosto, vedendo che la figlia non scendeva per cena Teewa decise di intervenire e salì le scale per raggiungere lo studio di Veldhris prendendo i gradini a due a due.

"Adesso basta!" esclamò, facendo irruzione nella stanza. La scena che si presentò ai suoi occhi la bloccò appena oltre la soglia: fogli scarabocchiati gettati qua e là, appallottolati o strappati; penne d'oca spuntate dall'uso o spezzate dalla pressione sparse in giro; inchiostro che gocciolava sul pavimento dal calamaio rovesciato; il tutto condito da qualche pezzo sbocconcellato di pane raffermo. In mezzo a quel disordine, Veldhris, la testa reclinata sulle braccia conserte, s'era addormentata posata sulla scrivania.

Passato il primo momento di sconcerto, dovuto al fatto di trovare il sacrario della figlia in quello stato – lei, così ordinata! – Teewa si sentì intenerire: quanta passione doveva metterci quella benedetta ragazza per ridursi così?

Con un sospiro, la donna andò a prendere uno scialle, ricoprì le spalle di Veldhris e le lasciò un messaggio, scritto in fretta sul retro di un foglietto spiegazzato: Lascia perdere il lavoro per un quarto d'ora e vieni a mangiare qualcosa: se crolli, non potrai nemmeno partecipare al concorso!

OOO

Erano le dieci di sera passate quando Veldhris raggiunse la madre in cucina. Aveva gli occhi ancora gonfi di sonno ed era pallida in modo preoccupante.

"Ahi ahi, figlia mia, come ti sei ridotta", la rimproverò dolcemente Teewa mentre le preparava un piatto di carne fredda. "Hai bisogno di qualche giorno di riposo, altrimenti non arriverai alla Festa con le tue gambe."

Veldhris sospirò, annuendo svogliatamente alle parole della madre, ed attaccò il piatto con una voracità che sorprese lei stessa. Teewa sorrise tra sé: la gioventù ha spesso ragione della fatica, manifestandosi attraverso un sano appetito.

"È un pezzo che non andate a trovare nonna Jada", osservò. "Non sarebbe una buona idea se trascorressi qualche giorno con lei, assieme a Roden e alle gemelle? Ti rilasseresti e potresti ugualmente continuare a provare la canzone. Sono certa che l'hai già finita, è così?"

"Infatti", confermò Veldhris. "Il testo almeno è già nella stesura definitiva, ma è la musica che non ho ancora completato."

"Potrai farlo anche dalla nonna e forse addirittura meglio: il cambiamento potrebbe ispirarti."

Veldhris masticò lentamente il boccone, considerando con attenzione la proposta della madre.

"Beh, forse hai ragione", ammise. "La Radura del Lago è un luogo molto pittoresco e tranquillo. Spero cha alla nonna non dispiaccia se le piombiamo in quattro alla fattoria", soggiunse.

"Le manderò una lettera a mezzo corriere rapido per avvertirla. Non credo che avrà nulla in contrario, le fa sempre molto piacere che i suoi nipoti vadano a tenerle compagnia."

OOO

Il penultimo giorno d'agosto, di mattina presto, Veldhris, Roden, Kareth e Kejah lasciarono allegramente la loro casa per recarsi in visita da nonna Jada, l'anziana ma ancora arzilla mare di Barod e di Davon Unkorden.

I quattro giovani attraversarono Tamya, che cominciava a svegliarsi ai primi raggi del sole che spruzzavano d'oro le cime degli alberi altissimi. Veldhris si riempì gli occhi dei colori della sua città e le narici dei suoi profumi: com'era bella, e serena! La Foresta la circondava, estendendosi immensa in ogni direzione: non la soffocava, bensì la proteggeva. Veldhris, sempre sensibilissima alla bellezza, si sentì commuovere e fu felice di appartenere a quel luogo incantato.

Arrivarono al Dôl, il fiume che attraversava l'estremità occidentale della Radura di Tamya, un immissario di sinistra del Fiume Lungo, il più importante corso d'acqua del Regno del Vespro. Il Dôl, nel suo tratto iniziale, era alquanto turbolento, con le Rapide Mulinanti e le Scale Cascate, ma attraversando la Radura del Lago si calmava e ne usciva placido e lento per raggiungere così Tamya e poi il Fiume Lungo.

Lungo l'argine, i giovani si diressero verso la rimessa di Barod Unkorden, dove tenevano la barca che Roden aveva acquistato per il padre alcuni anni prima come regalo di compleanno.

"Guarda, Veldy", disse Kareth, posando una mano sul braccio della cugina ed indicando con l'altro. "Quello non è il principe Sekor?"

Veldhris girò lo sguardo nella direzione indicata dalla cugina e vide che il figlio cadetto della Coppia Regnante si stava avvicinando, caracollando su un magnifico stallone bianco dalla lunga criniera bionda.

Kejah, vedendolo, fischiò piano. "Caspita, che bel ragazzo!" mormorò. "Ha due occhi..."

"Certo non ne avrà quattro!" commentò divertita la sua gemella e Kejah sbottò in una risata.

Giunto alla loro altezza, Sekor tirò le redini e fermò il cavallo. "Salve, Veldhris Teewadil!" la salutò con entusiasmo, togliendosi cortesemente il cappello piumato e facendo un largo sorriso. "Sono lieto di rivederti."

Veldhris accennò ad un rispettoso inchino. "Che la prosperità vi accompagni sempre, Altezza", gli augurò, addolcendo la formalità delle parole con un sorriso. "Siete sempre così mattiniero?"

"Sì, sempre stato, a differenza di tutta la mia famiglia", rispose il principe. "E tu, Teewadil?"

"Sto andando a trovare mia nonna, alla Radura del Lago", disse Veldhris. Sekor continuava a fissarla ed il suo sguardo insistente la mise in imbarazzo, soprattutto quando s'accorse che il principe non accennava a riprendere la parola. "Ehm, Altezza, posso presentarvi i miei parenti?" chiese pertanto, alla ricerca di un modo di superare quel momento.

Sekor parve riscuotersi da un sogno. "Cosa? Oh... ma certamente!"

Veldhris stentò a non sorridere, riconoscendo il proprio imbarazzo in quello del principe. Quel giovane le piaceva, decise.

"Roden Baroden, mio fratello", disse, e Roden s'inchinò mentre il principe annuiva. "Kejah e Kareth Lyaradil, nostre cugine", proseguì Veldhris.

Sekor le osservò con cortese interesse. "E qual è Kejah, e quale Kareth?" domandò sorridendo.

"Io sono Kejah", si presentò questa con un inchino.

"E io Kareth", l'imitò la sorella.

Sekor annuì. "Non ho mai visto due gemelle così identiche."

"All'inizio, tutti ci confondono", dichiarò Kejah, guardandolo con i suoi occhi da gatta e sperando di far colpo su di lui.

"Non me ne stupisco, siete due gocce d'acqua", commentò Sekor; tornò poi a concentrare la propria attenzione su Veldhris. "Canterai ancora al Verde Palazzo, Teewadil?" chiese.

"Spero sinceramente di sì", rispose lei. "Sarebbe un onore cantare nuovamente per i Signori della Foresta."

"Ed è un onore per me ascoltarti, oltre che un piacere", dichiarò Sekor con un gran sorriso.

Veldhris si sentì arrossire e non rispose, e pochi momenti dopo, il principe si congedò.

Roden si rivolse alla sorella adottiva.

"Hai fatto un'altra vittima, eh?" commentò, divertito. "Sei proprio una rubacuori, Vel!"

La cantante gli diede una gomitata nel fianco. "Tu sta zitto, fratellone! Quante sono, le ragazze che ti corrono dietro?"

Roden finse di mettersi a contarle sulla punta delle dita; sorella e cugine scoppiarono a ridere e lui le imitò.

"A parte gli scherzi" osservò Kejah, "sembra proprio che Roden abbia ragione, dicendo che hai fatto un'altra conquista, Veldy. Non hai visto? Il mio sguardo assassino non ha funzionato!"

Scrollò la criniera d'oro rosso ed assunse un'espressione così comicamente sconsolata che si rimisero tutti a ridere.

OOO

Kareth e Roden vogavano di lena, muovendo ritmicamente i remi negli scalmi. Veldhris, seduta a poppa, teneva il timone, mentre Kejah, a prua, finiva di sistemare i pochi bagagli che ognuno aveva portato.

Dovendo remare controcorrente, per raggiungere la Radura del Lago avrebbero dovuto viaggiare tutto il giorno e parte del giorno dopo, trascorrendo la notte all'aperto, sotto gli alberi dell'argine.

Un paio d'ore dopo, fu il turno di Veldhris e Kejah ai remi, per lasciare che Roden e Kareth si riposassero. Ogni tanto incrociavano altre imbarcazioni – battelli, traghetti, chiatte e canoe – ed allora erano allegri saluti con grida e scampanellii da entrambe le parti.

Mano a mano che il giorno avanzava, il caldo aumentava. Fortunatamente, il Dôl prese a restringersi e così gli alberi, curvandosi sull'acqua, offrivano riparo ai navigatori con le loro fresche ombre.

Finito il suo turno ai remi, Veldhris andò a sedersi a prua, lasciando il timone a Kejah. Osservando la rive che parevano muoversi fuggendo dietro di loro, si ricordò di un'antica canzone di pescatori e, tratto lo yord dalla sua custodia, prese a cantare.

Acque chiare e placide

Scorrete sempre nella stessa direzione

Sembrate così tacite

Eppur siete capaci di tanta distruzione

Fiume sinuoso, nastro d'argento...

Roden, Kareth e Kejah cantarono con lei in coro il ritornello, anche se ben presto i primi due lasciarono perdere per risparmiare il fiato e concentrarlo sullo sforzo che stavano compiendo.

A mezzogiorno si fermarono a riva per riposarsi e a mangiare qualcosa, per riprendere un paio d'ore dopo e continuare fino a sera, sempre alternandosi ai remi.

Quando scese il crepuscolo, Roden, che conosceva molto bene il fiume, scelse un posto sulla sponda destra, dove si accamparono; accesero un bel fuoco e consumarono un pasto caldo, innaffiato da un vinello leggero tenuto fresco, fin dal primo pomeriggio, immergendo l'oltre nell'acqua, legato alla barca con una cordicella.

Sotto le folte chiome degli alberi scuri si fece ben presto buio completo, rotto solo dal bagliore del fuoco che scoppiettava nel cerchio di sassi, dove l'avevano prudentemente acceso. Veldhris inspirò profondamente, assaporando gli innumerevoli profumi della foresta: fiori, erbe, foglie, animali, gli effluvi del terreno riscaldato durante il giorno e che ora tornava a raffreddarsi, la legna che bruciava.

"Com'è bello esser qui!" sospirò beatamente. "Amo questa foresta, non la lascerei per nulla al mondo."

Roden la guardò di sottecchi. "Io invece sarei proprio curioso di sapere cosa c'è oltre i confini del Regno del Vespro."

Subito l'attenzione di Veldhris si concentrò sul fratello adottivo. "Cosa c'è che ti incuriosisce tanto, nelle Maleterre?" domandò, perplessa.

Roden scosse il capo e la sua chioma color dell'oro ondeggiò sulle sue spalle. "Non le Maleterre. Più oltre ancora."

Gli occhi perduti dietro a qualche strana visione, il giovane giocherellò distrattamente con un ramoscello verde, che aveva usato a mo' di stuzzicadenti. Kareth e Kejah, come Veldhris, rimasero in silenzio, attendendo che proseguisse: nonostante considerassero bizzarre ed impossibili le fantasie di Roden, tutte e tre erano affascinate dalle immagini che, attraverso la conoscenza dei miti antichi, egli riusciva ad evocare con i suoi racconti.

"Mi piacerebbe conoscere il resto del mondo", ripeté il giovane. "Sapere com'è fatto, se è diverso da quello che conosciamo qui. Se oltre la Foresta del Vespro e le Maleterre c'è altra foresta, oppure qualcos'altro, come una specie di sterminata radura, o il mare, o delle montagne altissime perennemente coperte di neve, come a volte noi la vediamo nell'estremo nord del Regno del Vespro, negli inverni più rigidi. Sapere se le genti sono come noi, o in qualche modo diverse. Sapere se c'è davvero un'Oscurità che terrorizza tutto il mondo, a parte la Foresta. Sapere, sapere, sapere... Ecco la ragione della mia curiosità, Veldy: vorrei sapere."

Veldhris aggrottò la fronte mentre le sovveniva una frase, udita molti anni addietro; ora la ripeté. "Il troppo sapere può essere assai pericoloso, sia per il saggio, sia per lo stolto."

Kejah le lanciò un'occhiata sorpresa. "Non sembrano parole tue", osservò.

Veldhris scosse la testa e le quattro trecce in cui aveva acconciato la chioma danzarono sulle sue spalle e sulla schiena. "No, infatti", confermò. "Mi sembra di ricordare... Sì, è stato Rova, la Maga di Corte, a dirmele, quand'ero ancora bambina e frequentavo la sua scuola. Mi ostinavo a chiederle perché mai il sole sorge sempre a est e tramonta sempre a ovest. Lei mi rispondeva con la solita tiritera che spiega tutto: così è sempre stato: significa che è il volere degli dei. Ma io, testarda, continuavo a insistere, finché lei un giorno sbottò con quella frase e mi zittì", posò il mento nell'incavo della mano e il gomito sul ginocchio, perplessa. "Chissà perché mi parlò così..."

Kareth ridacchiò. "Forse perché aveva perso la pazienza!"

"Già", le fece eco Roden, ridendo. "Eri una bambina terribile!"

Veldhris drizzò il capo in uno scatto di finta collera. "Ma sentilo! Da qualcuno avrò pur preso l'esempio, no?"

Roden rise più forte, la sua consueta risata tonante che faceva rimbombare le pareti della loro casa a Tamya, e le gemelle lo imitarono.

Poco dopo, Veldhris, avvolta nella sua coperta, ripensò a ciò che suo fratello aveva detto a proposito della propria curiosità di sapere com'era fatto il resto del mondo. E con stupore, poiché amava con tutta l'anima il luogo in cui era nata, la giovane donna scoprì che quella curiosità non le era poi del tutto estranea. Sì, anche a lei sarebbe piaciuto saperne di più, ammise tra sé; ma, aggiunse, non avrebbe mai abbandonato spontaneamente il rifugio sicuro e protettivo della sua amata Foresta.

OOO

Il mattino seguente, di buon'ora, i quattro giovani risalirono in barca e ripresero il viaggio. Ora il Dôl era largo circa la metà di quanto lo fosse attraversando Tamya e la luce solare, filtrata dal fitto fogliame verde cupo, non raggiungeva direttamente il suolo. Nonostante l'ombra, però, mentre il sole arrivava allo zenit e cominciava il suo cammino discendente, il caldo divenne intenso. Roden si tolse camicia e panciotto, rimanendo a torso nudo, sbuffando; Veldhris invece aveva indossato una fresca tunica sbracciata di lino bianco, mentre le gemelle, liberandosi delle camicie, tennero soltanto i corpetti con corti gonnellini di morbida pelle scamosciata.

Guardando le sue compagne di viaggio, Roden disse ridendo: "Se non fossimo parenti, vi farei la corte!"

Kareth arricciò le labbra in una smorfia maliziosetta. "A tutte e tre?"

"Certamente!" asserì lui con enfasi.

Kejah rise. "E come faresti a star dietro a tutte quante?"

Il giovane finse di offendersi. "Donna di poca fede! In qualche modo ci riuscirei, non dubitare!"

La sua fanfaronata le fece ridere di gusto. Veldhris inventò su due piedi una canzone comica per prendere in giro il fratello adottivo.

Ah, Roden, quanto ti pavoneggi!

Fai un sacco di maneggi

E intanto la bella tua ti fa marameo

Preferendo a te osservar uno scarabeo

Anche se tu saltassi oltre la luna

Non avresti miglior fortuna

Se lei non ti vuole

E anche se il cuor ti duole

Ti convien costei dimenticare

E riprender di nuovo a cercare...

Non che avesse molto senso, ma era divertente; soprattutto la faccia che Roden fece a quella descrizione scatenò l'ilarità delle gemelle, e persino Veldhris dovette interrompersi più volte.

A mezzogiorno si fermarono per il pranzo ed una breve pausa di riposo, poi ripresero e verso la metà del pomeriggio sbucarono nel Lago, che non aveva nome perché era l'unico specchio d'acqua abbastanza esteso di tutta la Foresta del Vespro da meritarsi l'appellativo di lago.

Sull'altra sponda, vicino all'immissario, il Piccolo Dôl, sorgeva la casa di Jada Quinadil, nella quale era vissuta con Unkor, il padre di Davon e Barod, fin dal giorno del loro matrimonio. Unkor era morto sedici anni prima e ora l'anziana ma ancora vigorosa donna dirigeva da sola la fattoria, nella quale prestavano la loro opera una mezza dozzina di persona salariate.

Veldhris e gli altri videro che nonna Jada li stava attendendo sul piccolo molo davanti alla casa: evidentemente, li aveva visti arrivare.

"I miei cari nipoti!" esclamò, salutandoli con entusiasmo. "Benvenuti!"

Veldhris, che non stava remando, balzò dalla barca per prima ed abbracciò l'anziana donna. "Sono contenta di vederti, nonna", disse, baciandola con affetto. "Come stai?"

"Benissimo, come sempre", dichiarò Jada sorridendo.

Roden, sbarcato per secondo, l'abbracciò a sua volta, stando attento a non stringerla troppo, e poi le gemelle fecero altrettanto.

"Scommetto che non ci vedete più dalla fame", disse Jada allegramente. "Vi ho fatto preparare un piccolo spuntino in casa, venite."

Con le sacche in spalla, i quattro giovani seguirono la nonna ed entrarono nella grande casa, il cui albero-ospite era una tra le piante più imponenti della zona.

Effettivamente, sia perché era ora di merenda, sia per lo sforzo fisico sostenuto ai remi per quasi due intere giornate, Veldhris, Roden e le gemelle erano affamati e fecero onore allo spuntino – che Jada aveva definito piccolo ma che in realtà era assai sostanzioso – sotto lo sguardo compiaciuto della cuoca e della stessa Jada.

Più tardi, dopo che i giovani si furono sistemati nelle loro stanze, si ritrovarono con la nonna in giardino, seduti sulle panche di pietra coperte di cuscini o pigramente sdraiati sull'erba. Jada s'informò degli ultimi avvenimenti di Tamya, chiese della salute di Barod e Teewa, si complimentò con Kejah per il primo posto ottenuto al recente torneo di tiro con l'arco.

"Oh, ma ho vinto per un solo punto su Kareth", puntualizzò modestamente la cacciatrice. "Semplice fortuna."

"Macché!" esclamò la sua gemella, togliendosi di bocca il filo d'erba dal gambo dolce che stava mordicchiando. "L'ultimo tiro non mi è riuscito bene perché ho avuto troppa fretta di tirare."

"Appunto: bastava che tu fossi stata meno precipitosa e avresti vinto."

"Al massimo saremmo state pari merito..."

"Ehi, non vorrete litigare su chi è più brava, vero?" le interruppe Roden ridendo e le gemelle smisero subito il battibecco, originato dal profondo affetto che le univa e che le portava a esaltare l'una le imprese dell'altra, mai le proprie.

Jada si rivolse a Veldhris. "Complimenti anche a te, piccola: ho sentito del tuo ingaggio al Verde Palazzo. Stai facendo strada, eh?"

Veldhris si strinse nelle spalle con modestia. "A quanto sembra..."

"E il nove settembre avremo una nuova Prima Cantante", dichiarò Roden con sicurezza.

La mano di Veldhris si posò per riflesso istintivo sullo yord. "Questo mi ricorda che sono qui anche per lavorare", sospirò.

"Non oggi", decise Jada."Siete stanchi dal viaggio e riposerete tutti fino a sera. E tu, Veldy, penserai domai al tuo lavoro. In fondo, hai una settimana di tempo."

Il suo tono autoritario non ammetteva repliche e Veldhris non poté fare a meno di sorridere: la nonna era incorreggibile, dopo una vita passata a dirigere famiglia e fattoria era talmente abituata a comandare che lo faceva senza neanche rendersene conto...

OOO

Passarono giorni sereni. I quattro giovani, fermamente esentati da qualsiasi incombenza, si dedicarono ai loro passatempi preferiti, ritornando quasi bambini mentre giocavano in giardino, rincorrendosi nei campi e nuotando nel Lago. Di tanto in tanto, Veldhris si isolava per completare la sua sospirata canzone, che decantava i paesaggi della Foresta del Vespro nelle varie stagioni e portava il titolo di Incantesimo.

"Finito", annunciò il quarto giorno dal loro arrivo. Roden, che aveva appena fatto un tuffo ed era tutto sgocciolante, scollò la criniera bionda spruzzando la sorella e le cugine, che protestarono con esclamazioni indignate.

"Ehi, ma che fai??"

"Razza di screanzato!"

Roden rise al proprio scherzo e guardò Veldhris. "Ne sono felice per te. Sei soddisfatta del risultato?"

Veldhris si asciugò le gocce d'acqua dal viso e lo guatò con finta ferocia, meditando vendetta; poi decise di lasciar perdere, almeno per il momento. "Sì, sono proprio contenta, credo sia la mia miglior produzione finora, anche se non sta a me dirlo."

"Ce la fai sentire?" la pregò Kejah.

Veldhris scosse il capo. "Mi dispiace, ma dovrete attendere", rispose seriamente. "Voglio che sia una sorpresa per tutti."

"Ma Vel!" protestò Kareth. "Non vorrai tenerci sulle spine fino alla prossima settimana!"

"E invece sì", ribadì la cantante, con un sorriso ma fermamente. "Un po' di pazienza, suvvia!"

Roden sospirò rumorosamente. "Che sorella testarda! Se si mette in testa qualcosa, non c'è verso di farle cambiar idea..."

"Non è vero", ribatté tranquillamente Veldhris. "Se ho torto e me lo si dimostra, allora cambio idea eccome, ma in questo caso, non vedo proprio quale possa essere il torto nella mia decisione. Ve l'ho detto, voglio che sia una sorpresa per tutti quanto, voi inclusi."

Gli altri non protestarono più: il ragionamento filava liscio come l'olio e non aveva punti deboli.

"Vel, tu riesci sempre a convincere tutti", considerò Kareth con una smorfia di finto dispetto.

Veldhris le strizzò un occhio. "Buon per me, no?"

Roden sogghignò. "Non c'è dubbio!"

Nessuno dei quattro giovani, e Veldhris meno di tutti, poteva sapere che da quell'abilità, un giorno, sarebbe dipeso il destino di un intero mondo.

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