5. LOVECRAFT

Una volta al mese mio padre imbucava una strana lettera. Era diversa da tutte le altre. Più spessa e grande. Immancabilmente un paio di settimane dopo ne arrivava a lui una simile.

Inutile dire che io e Tania ne eravamo curiose. Volevamo sapere cosa contenessero quegli scritti che di sicuro erano carichi di segreti. Fu questo che ci spinse a entrare nello studio di nostro padre un pomeriggio  e cercare di prendere una di quelle misteriose lettere. La luce soffusa avvolgeva i mobili stili impero, il legno tanto scuro da sembrare nero.

-Cosa credi che troveremo?- sussurrai a Tania che si era già lanciata ad aprire i cassetti, l'orlo dell'abito che frusciava sul pavimento di marmo.

-Non farti tante domande e cerca-

Non potevo però fare a meno di fantasticare. Nostro padre scriveva forse a qualche lontano parente? Qualcuno che magari viveva in un castello. Ed ecco che si formavano le fantasie. Magari discendevamo da un qualche re. Oppure avevamo qualche parente famosa. Chissà, forse un'attrice.

Fu Tania a trovare la lettera. Era appoggiata in un angolo della scrivania, tra la posta in arrivo. –Non sembra che nasconda qualche segreto- mia sorella l'avvicinò al viso, le dita affusolate che si affrettavano ad aprirla. Ferma contro la luce morente, che scivolava tra le tende di velluto nero, aveva un aspetto irreale, quasi fosse una bambola di carta. Le andai accanto, la curiosità che mi faceva tremare. Adesso che l'ora della verità si avvicinava non ero più sicura di voler sapere il segreto che si nascondeva in quelle macchie d'inchiostro. Non era comunque destino che lo scoprissimo. La delusione ci fulminò non appena ci posammo sopra lo sguardo. Le parole erano in una qualche lingua che non conoscevamo.

-Non può essere un vicolo cieco- mia sorella ridusse gli occhi a due fessure, accartocciò il foglio, pestò i piedi.

-Non si può fare nulla- mormorai.

-Questo lo dici tu... io non sono una che si arrende- ed ecco che lasciava intendere che io invece la ero. Che ero la perdente.

Tania risolse il problema in un modo tanto semplice da sconvolgermi. Lo chiese a mio padre. Lui rise, i capelli biondo ramati come quelli di mia sorella che gli cadevano sul viso gioviale.

-Non pensavo che lo aveste notato-

-Chi ti scrive?- Tania lo fissava e non sembrava una bambina, ma una donna, i gomiti puntati sul tavolo. Non batteva nemmeno le palpebre per rendere lo sguardo più intenso.

-Un vecchio amico, si chiama Philip Lovecraft-

Fu così che sentii per la prima volta il nome che avrebbe percorso la mia stessa esistenza. Mi sembrò tanto buffo che pensai che fosse uno scherzo di mio padre.

-Si tratta di uno scrittore che ho conosciuto durante un viaggio in America-

-Uno scrittore?- Tania aggrottò la fronte.

-Mi manda qualche racconto-

-Posso leggerli?- naturale che Tania volesse intervenire, volesse leggere, volesse mostrarsi intelligente.

-I racconti sono in inglese, non capiresti una parola-

-Ma posso imparare- esclamò, ferita nell'orgoglio. Se l'avesse mandata a letto senza cena non avrebbe potuto farle più male.

-I contenuti non sono adatti a una bambina-

Ed eccola la parola che mai avrebbe dovuto dire. Bambina. Tania si considerava una donna e mai avrebbe permesso a qualcuno, nemmeno a nostro padre, di pensarla in modo diverso.

-Ma io ho la mente di una donna-

-Un giorno l'avrai, ma adesso sei troppo giovane e non è giusto affrettare i tempi- trattenne il respiro e lo lasciò andare, lento e solenne. –Lovecraft è una persona molto triste, non scrive cose adatte a una lettura tranquilla-

-Perché è triste?- mi uscì dalle labbra.

-Perché è solo e arrabbiato, le persone che sono sole e arrabbiate sono spesso tristi-

-Ma è colpa sua se è solo e arrabbiato- la vocina squillante di Tania che cercava di riportare l'attenzione su di sé.

-Non è colpa sua- nostro padre scosse la testa. –Alcune persone sono fatte così-

Non potei fare a meno di pensare a Kyle, a quanto tenesse il mondo a distanza, nascosto nella sua soffitta. Sarebbe diventato un adulto come Lovecraft? Una persona triste che scrive perché spera di esorcizzare i propri mostri? Una cosa avrei dovuto sospettarla. Kyle avrebbe tessuto un rapporto con quello scrittore simile a lui.

Presto scoprii che Kyle leggeva di nascosto i racconti che arrivavano a mio padre. Come avesse imparato l'inglese non lo so. Probabilmente trovò un dizionario in biblioteca e lo usò. Dimostrò insomma tutta l' intelligenza che in futuro lo avrebbe portato a essere quello che fu.

Lo sorpresi una sera raggomitolato su uno dei davanzali intento a leggere grazie alla luce della luna. Sembrava più che mai una creatura uscita da un altro mondo con quei suoi vestiti neri e i capelli come inchiostro liquido che gli macchiavano la pelle bianca. Da uno di quei racconti.

La cosa più saggia sarebbe stato allontanarmi. Non mi aspettavo una buona accoglienza se Kyle si fosse accorto di me. Fu con sorpresa che scorsi il suo sorriso riflesso nel vetro. Mi guardava.

-Pensavo che fossi a dormire-

Il sangue mi si gelò. Era la prima volta che si rivolgeva a me con tono leggero.

–Leggi i racconti di Lovecraft?- mormorai.

-Vuoi leggerli con me?-

Non avevo immaginato che potesse farmi una simile offerta. Non era da Kyle, non dal Kyle che avevo imparato a conoscere. Una vocina mi sussurrò di rifiutare. Io però volevo tentare. Volevo sedermi e leggere quei racconti. Volevo avere un rapporto con quella creatura misteriosa che era Kyle. –Tu capisci quella lingua?-

-L'ho imparata, se hai bisogno te la traduco io-

Annuii. Volevo che me la leggesse. Volevo conoscere quei testi. Volevo godermi l'illusione di essere sua amica. Per una sera. Una follia che poteva diventare reale per una notte. Mi sentivo Cenerentola al ballo.

-Vieni- Kyle fece cadere le gambe giù dal davanzale e puntò i talloni a terra. –Siediti qua-

Mi avvicinai, il cuore che mi batteva all'impazzata. Mi sembrava di stare per superare una linea invisibile. Mi sedetti sul davanzale. Vicina a Kyle. Forse troppo vicina. I nostri gomiti si sfioravano. Lasciai che facesse scivolare il foglio tra di noi. Kyle lesse. Un soffio. Parole che non comprendevo, ma a cui riusciva a dare un tono dolce. Mi accoccolai contro di lui, contro quel suo corpo solido e caldo, il battito accelerato che mi rimbalzava sotto pelle.

-Non capisco- sussurrai.

Kyle tradusse, la voce ancora più bassa. Una sorta di filastrocca. Mi feci avvolgere dalla storia. Da quelle atmosfere cupe e da quelle maledizioni che si tramandavano da padre in figlio.

-Ricorda questa casa, non credi?-

Mi sorprese la verità delle sue parole. -Credi?-

-Questo posto è strano, non si può negare-

-La notte sento dei gemiti, dei fruscii, delle voci che provengono dal salotto- non sapevo perché glielo dicevo. Ero sicura che mi avrebbe presa per pazza. Fu con sollievo che accolsi la sua risposta.

-È risaputo che le case come queste sono infestate-

Mi sentii avvolgere da un senso di conforto. Era bello sapere che proprio Kyle, mi credesse.



Nei giorni seguenti mi trovai a pensare ancora più spesso a Kyle. Fin troppo spesso. Era una sorta di tarlo conficcato nella testa. Per quanto cercassi di evitarlo riemergeva dalle proprie ceneri, simile all'Araba Fenice. Mi costringevo a evitare di soffermarmi su di lui. su quegli gelidi, sul tono ruvido e dolce della sua voce. Era una causa persa. La mente tornava a lui.

Kyle, dopo la sera di lettura, mi evitò. Non capivo nemmeno perché si fosse offerto di leggermi quelle storie.

-Sei strana- Tania comprese che qualcosa non andava. Era capace di conoscere ogni mio pensiero.

-Sono un po' stanca-

-Sei stanca da giorni- storse il naso. –Che ti succede?-

-Niente- non potevo confidarmi con lei. Forse sarei stata onesta se si fosse trattato di un'altra persona. Kyle però era particolare. Si trovava da qualche parte in un mondo che non comprendevo. Ogni tanto pensavo che non fosse nemmeno del tutto reale. Era uno spettro che si muoveva in una casa che avrebbe potuto essere stregata.

In quelle notti, soprattutto quando i rami degli alberi sbattevano contro la finestra, mi ritrovavo a riflettere proprio sul suo essere uno spettro. Irreale e incostante. Lo spettro di uno di quei bambini mai nati che mia madre aveva portato in grembo. Quel figlio maschio che mio padre aveva desiderato così intensamente.



NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

A causa di alcuni problemi non so quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo. Spero di non farvi aspettare troppo.

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