25. UN RITORNO

L’arrivo di Roger mi trovò così, più spettro che donna. Lo incontrai un pomeriggio in cui me ne stavo seduta su una panchina, a respirare l’aria fresca. Mia madre aveva insistito per farmi uscire di casa, convinta che il mio malessere derivasse dalle ore che passavo chiusa nella mia camera.

-Non fa bene leggere tanto a una ragazza così giovane- continuava a ripetermi.

Come le potevo spiegare che se leggevo dimenticavo quel dolore sordo che mi avvolgeva il cuore? Come poteva pensare che il problema fosse Kyle?

Fu Roger a vedermi. Era bello come ricordavo, forse addirittura di più. Il cappotto rosso rendeva più brillante la carnagione abbronzata, da pirata.
-Speravo di trovarvi- mi sorrise e mi si lasciò accanto, la panchina che scricchiolava sotto il suo peso.

-Dove siete stato? Non vi ricordavo così scuro-

-America-

Quel nome fu una pugnalata. America. Dove avrei dovuto trascorrere il resto della mia vita insieme a Kyle. Il luogo che nella mia mente era quello della felicità. Il posto in cui ogni tanto, prima di dormire, quando quel maledetto sonno proprio non voleva arrivare, mi rifugiavo, immaginando che Kyle sarebbe tornato e mi avrebbe portata con sé. Che avremmo conosciuto Lovecraft. Che avremmo avuto una casa a Providence. Fu così, un pensiero spontaneo che si tramutò in domanda. –E l’avete conosciuto Lovecraft?-

Roger sgranò gli occhi, come se gli avessi detto qualcosa di assurdo, come se avessi sostenuto che il cielo era verde.

-Lo conoscete?- e mi aggrappai alla speranza che almeno sapesse chi era Lovecraft. Perché per me era importante che lo conoscesse. Era come permettermi di credere che qualcosa tra me e Kyle fosse reale. Ancora possibile. Restare appesa a un’illusione.

-Potrei averlo sentito-

-Lovecraft è uno scrittore- doveva conoscerlo. –Scrive delle storie bellissime, racconta di creature che abitano il buio, che potrebbero esistere dalla notte dei tempi, forse prima- le parole mi rotolavano fuori dalle labbra. –Parla delle colpe che vengono trasmesse di generazione in generazione e… -

-Va bene, calmatevi- Roger mi mostrò le mani aperte, in segno di resa. –Non sembra proprio la lettura adatta a una ragazza-

Beh, non aveva torto. Il suo commento però m’infastidì. Non poteva capire, era evidente. La cosa orribile era che l’unica persona che poteva capirmi era persa chissà dove.

-Non conosco questo Lovecraft, ma ho conosciuto altri personaggi- e cominciò con un lungo elenco. Persone che non conoscevo, di cui non m'importava. Non lo interruppi. Avevo bisogno di ascoltare qualcosa che non fossero i miei pensieri. Quelli mi soffocavano già tutto il giorno.

L'arrivo di mia madre fermò la conversazione.

-Verrò a trovarvi- promise.

Io non gli credetti.

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