24. LA FUGA
Scegliemmo una sera in cui i miei genitori andarono a teatro per la fuga. Avremmo avuto abbastanza tempo per andarcene.
-Non potrai portare nulla che non stia in una valigetta- sussurrò Kyle quando ci trovammo in giardino per mettere a punto gli ultimi dettagli. -Ricompreremo tutto
-E i soldi?
-Lascia fare a me
-Li ruberai?
-Ci penso io- Kyle mi prese le mani. -Ehi, andrà bene, non devi avere paura
-Non ho paura- sapevamo entrambi che era una bugia.
Quella sera Kyle mi accompagnò all'automobile nascosta.
-Tu aspettami qua, io vado alla stazione a prendere i biglietti
-Vuoi che ti accompagni?- mi aggrappai al suo braccio.
-Sarò più veloce da solo- aveva il volto in ombra e per quanto cercassi di scorgere la sua espressione non ci riuscivo.
Strinsi di più la presa. -E se non volessi farti andare via?
Kyle scosse la testa. -Nemmeno io vorrei farti andare via, sai?- si sporse avanti, mi stampò un bacio sulle labbra e sgusciò via dalla mia presa. -Tra poco non potranno più separarci
Lo guardai allontanarsi. Una sensazione dentata mi sussurrava che non avrei dovuto lasciarlo andare da solo.
Attesi, il cuore che batteva sempre più forte. I minuti divennero ore. Dov'era finito Kyle? Possibile che fosse frutto di uno scherzo crudele? Ho rivissuto quella notte negli incubi. Spesso mi chiedo cosa sarebbe successo se fossi andata a cercarlo, se avrei cambiato qualcosa, oppure in qualche modo era già tutto deciso. Non lo so.
Non ha importanza quello che avrebbe potuto essere. La realtà in cui noi due fuggiamo in America, incontriamo Lovecraft, viviamo felici. È un sogno, una fantasia, un gioco. Nulla di reale. Nella realtà non siamo mai partiti. Ogni tanto però vivo quella vita. In una dimensione onirica. Mi fa piacere sognare quello che non potrà più essere.
Quando smisi di attendere? Quando la speranza prese l'amaro sapore della cenere? Non ricordo il momento esatto. So solo che quando l'alba iniziò a tingere il cielo me ne tornai a casa. La fortuna, credetti allora, mi protesse. Non incontrai nessuno, sebbene non facessi nessuna attenzione per mantenere la segretezza.
Arrivata in camera mi buttai a letto, piansi le ultime lacrime, dormii.
Fu Tania che mi svegliò, scuotendomi con forza. –Non si trova Kyle da nessuna parte-
Mi strinsi nelle spalle, attenta a non mostrarle la faccia, sicura che avrebbe capito il motivo della mia disperazione. –Se ne starà nascosto da qualche parte, lui è fatto così-
Kyle non tornò. Io non lo cercai. Cominciarono a girare storie che fosse scappato con una cameriera che non si era più recata al lavoro. Una parte di me avrebbe voluto negarlo, ma c'era quell'oscuro terrore di essere stata una copertura per lui. Nulla di più. Una stupida copertura per spostare l'attenzione mentre lui organizzava la vera fuga. Me li potevo immaginare sotto la Torre Eiffel o in qualche paesino americano, a passeggiare tenendosi per mano. Due innamorati.
I giorni ripresero a scorrere. Barcollai, non corsi. Sopravvissi, non vissi. La mia vita era rimasta impigliata a Kyle, a quegli stupidi momenti in cui mi ero creduta felice senza poterlo essere per davvero. Non riuscii a leggere nemmeno una parola di Lovecraft. Era troppo doloroso fare scorrere lo sguardo su quelle parole che avevamo letto insieme.
La malattia allungò le braccia su di me. Non me ne resi conto subito, tutt'oggi non so dare un nome a quel morbo che mi provocò apatia, stanchezza, mancanza d'appetito. Qualcuno lo chiamerebbe amore, ma io so che non fu questo, non da solo.
Mia madre si spaventò. Di nuovo fui sottoposta a visite, cure, analisi. Non che importasse. Non più. Non c'era nulla che m'importava.
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