2. KYLE

C'è un episodio particolare della mia infanzia. Una linea di demarcazione tra il passato e il presente. Tra il prima e il dopo. Non la percepii subito con chiarezza. Alcuni eventi sono semi che daranno i frutti dopo anni e rompono ogni cosa a metà. Che sconvolgono la vita intera. Che fanno male.

Una giornata di primavera io e Tania giocavamo sulla spiaggia. Avevamo circa sette anni. Soria era stata portata sul bagnasciuga, dove guardava le onde che si schiantavano contro gli scogli. Fu quella una delle poche occasioni in cui parlammo. Stavo raccogliendo delle conchiglie. Volevo trovare la più grande, quella più bella, quella che avrei conservato per tutto il resto della mia vita. All'epoca avevo quella sorta di ossessione. Ne avevo vista una grande come il palmo della mano e stavo chinandomi a prenderla quando sentii la sua voce.

-Le conchiglie piacevano anche a me- era una voce squillante e giovane, che mal si accordava con quell'aspetto malaticcio, i capelli grigi sul viso magro. –Ne avevo molte-

Me ne rimasi impalata, le ginocchia molli. Non sapevo cosa dire o cosa fare. Non avevo mai pensato che un giorno avrei dovuto parlarle, che quello spettro di carne e lacrime avesse voce.

-Stai attenta, le conchiglie sono bellissime, ma possono tagliare- la luce le scivolava sulla faccia rendendo i lineamenti più marcati. –Fanno male, tu non sai quanto facciano male-

Mi ci sarebbe voluto molto tempo prima di comprendere il significato di quelle parole. Le cose belle possono fare male. Credo che fosse questo che voleva dirmi Soria. Oppure erano solo i pensieri di una folle.

Non potevamo ancora sapere come sarebbe cambiata la nostra vita. Che quello era uno di quei momenti che accadono poche volte in un'intera esistenza.

Arrivò di notte, avvolto dalle ombre che avrebbero caratterizzato la sua vita. Un bambino gracile, più basso di noi, stretto nella giacca di nostro padre, i capelli neri che gli cadevano sul viso spigoloso, iridi di un azzurro tanto gelido da ricordarmi l'inverno. Se chiudo gli occhi lo vedo marchiato a fuoco all'interno delle mie palpebre. Non parlava, non reagiva alle urla di Tania, non si voltava alle lusinghe della nostra governante, che cercò di accattivarselo con una torta di mele che aveva preparato per cena. Non potevamo sapere che Kyle avrebbe trascinato con sé la tempesta che avrebbe distrutto le nostre vite, che la sua sola presenza avrebbe generato anni dopo reazioni impensabili in tutti noi. Oggi, mentre scrivo queste parole, mi spingo a dire che se mio padre non avesse trovato Kyle le cose sarebbero andate in modo diverso.

-Non so chi siano i genitori, l'ho visto qualche ora fa nel bosco, vicino al muro- mio padre parlava a bassa voce, una mano sul braccio di mia madre. –Non potevo lasciarlo lì-

-Hai fatto bene, povero bambino-

Kyle sollevò lo sguardo e incontrò il mio. Sussultai, quasi avessi ricevuto uno schiaffo. Non saprei dire nemmeno oggi il perché, ma c'era qualcosa nel modo in cui mi guardava che mi faceva sentire reale, forse per la prima volta in tutta la mia vita.

-Non ha detto una parola, ma credo che senta-

-Pensi che possa essere muto?-

-Non lo so-

Scoprimmo solo mesi dopo che Kyle non era muto, ma non amava parlare. Non gli piaceva nemmeno stare con la gente. Sebbene mia madre gli avesse assegnato una camera di fronte alla nostra lui preferì sempre dormire in soffitta.

Il suo stesso nome è solo un'ipotesi derivato dal piccolo medaglione con la K che gli trovammo al collo. Tania fantasticò giorni e giorni su quale nome potesse avere.

-Deve essere qualcosa di esotico, una K cos'altro potrebbe essere?-

Kyle entrò nella nostra vita come un'ombra, una creatura in più che si univa al corteo che abitava quella vecchia casa, nata su macerie maledette. Non era raro vederlo camminare in giardino a notte fonda, la luce della luna che gli faceva brillare gli occhi azzurri. C'era qualcosa in lui che attirava inevitabilmente la mia attenzione. Qualcosa che sembrava renderlo non umano.

Tania non lo sopportava. –Non fa nessuno sforzo per inserirsi in questa famiglia- diceva e storceva il nasino –dovrebbero buttarlo in orfanotrofio-

-Come puoi essere così crudele?-

-Porterà guai, è chiaro come il sole... sono l'unica che vede quanto è... malato?-

Presi quelle parole per il frutto di una ripicca. Tania avrebbe voluto che Kyle la notasse come facevano tutti. Soffriva parecchio per questo. Oggi penso che Tania avesse intravisto in Kyle una crepa che anni dopo si sarebbe spaccata trascinando tutti con sé. Avrei potuto impedire il susseguirsi degli eventi che ci avrebbero portati sulla soglia della fine? Oppure il destino era scritto su una carta indelebile che già ci vedeva sull'orlo di quella maledetta scogliera?

Io fui subito affascinata da Kyle. Mi ritrovavo a fantasticare su di lui ad occhi aperti. Forse lo facevo perché sapevo che era inavvicinabile. Lo compresi non appena cercai di avere un qualche rapporto con lui. Kyle evitava di parlare, non rispondeva nemmeno alle domande dirette. Presi così l'abitudine di sedermi fuori dalla porta chiusa della soffitta, le gambe che penzolavano oltre le scale, il cuore che accelerava. Parlavo, parlavo, parlavo, con la sicurezza di chi crede di non essere ascoltato. Avevo problemi a pronunciare il suo nome, così presi a chiamarlo Kiki. Mai una volta giunse una risposta da oltre la porta. Non mi arresi mai. Avevo bisogno forse di quei momenti. Di quelle parole in apparenza dette al nulla. Se avessi saputo quanto le mie parole incisero in lui...


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Che ne pensate del nuovo capitolo? E di Kyle?

A presto!

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