Capitolo 9
1555, Stackpole.
Ogni qualvolta sente dei passi alle proprie spalle, Elliot trattiene il fiato. È teso, nervoso: la testa su di giri e le dita che tremano tra i capelli. Non fa che pensare alle minacce di Louis Holland e si arriccia la ciocca che copre la ferita sulla tempia, si mordicchia l'interno delle guance, scruta i dipinti che riempiono le pareti del corridoio. A dirla tutta, si annoia. Prova l'impulso di fuggire, ma tiene a freno l'euforia con un monito: Bruce mi taglierebbe la gola se ci provassi. E storce le labbra, sospira. Lo sguardo basso, sfiduciato. Osserva la porta schiusa alla sua destra e si dice: Posso curiosare, lo ha detto il Marchese. Così si avvicina, la sospinge con i polpastrelli e la vede aprirsi senza fatica. Accenna un sorrisetto interessato, ma subito cambia espressione e gela sul posto. C'è qualcuno, constata. Come ho potuto entrare senza bussare? Perché l'ho fatto? Deglutisce a vuoto e abbassa la testa. Vorrebbe dire qualcosa, magari anche scusarsi, tuttavia riesce soltanto a serrare le labbra in un moto di vergogna.
A parlare, però, è l'anziana donna che riposa seduta sul letto. «Louis?» Lo sguardo puntato sull'uscio della porta e la voce incerta. «Louis, sei tu?»
Louis? echeggia. Mi ha scambiato per lui? E aggrotta le sopracciglia, solleva istintivamente il capo per osservarla meglio: ha gli occhi vacui, velati, e le pupille di ghiaccio. È cieca, si dice. Si umetta le labbra con fare indeciso, non sa se andarsene o restare fermo dov'è, ma poi le vede battere un pugno sulle coperte e sussulta.
«Al Diavolo!» sbotta. «So bene che c'è qualcuno, è inutile fare finta di niente!» Arriccia il naso, aggiungendo subito un: «Sono cieca, non sorda! Chiunque tu sia, sappi che riesco a sentire come respiri!»
«Perdonatemi...» Le vede corrugare appena la fronte, perciò si schiarisce la voce e dice: «Mi chiamo Elliot, Madame.» E non aggiunge altro, non subito. Segue il cenno della donna con lo sguardo e le si avvicina con un po' di titubanza.
«Elliot?» chiede.
Lui annuisce, poi si dà dello sciocco mentalmente e mormora un: «Sì.»
«Elliot, eh...» ripete, picchiettando con le dita sulle lenzuola. Pare proprio pensarci su, e, non arrivando ad alcuna conclusione, borbotta qualcosa d'incomprensibile, liquidando il discorso con un: «Non credo di conoscerti.»
«Sono appena arrivato» mente.
«Davvero?» indaga. Il tono basso, per nulla inquisitorio. Accenna un sorriso e agita appena una mano. «Allora siediti, Elliot, fammi un po' di compagnia.»
L'interpellato si guarda attorno, scorge una sedia poco distante e soppesa l'idea di accontentare la donna. Prima di farlo, però, azzarda una domanda: «Voi siete la madre di Sir Holland?» E ne è certo prima ancora di vederla annuire, perché neppure l'età riesce a nascondere le loro somiglianze - la linea del mento, la curva delle sopracciglia, il naso dritto e le labbra fine. Sto davvero pensando a tutto questo? si chiede. Quando ho notato tanti particolari? E arrossisce, distoglie lo sguardo, le sente dire:
«Sono la famosa Deanna, sì.» Il tono cinico, canzonatorio. Deanna scuote la testa e sospira. «Ti hanno già parlato di me, Elliot? Eri curioso di vedere i miei occhi?» domanda. Neppure si volta nella sua direzione, sente solo il rumore del legno che vibra sul tappeto.
«No» soffia. «Affatto, Madame.» Ferma la sedia a qualche passo dal letto di Deanna e sospira, si siede.
«Non hai incontrato la balia, allora» ridacchia.
«La balia?» Elliot balbetta, sembra perplesso. Per un attimo si chiede che ruolo possa avere una balia in un posto simile, tuttavia ci mette poco a realizzare: Louis Holland è sposato, Elliot. Cosa ti fa credere che non abbia neppure un erede? È un nobile, è il Marchese di Stackpole!
Deanna arriccia le labbra, stringe le dita sulle lenzuola e grugnisce. «Quella donna è insopportabile, non lascia mai che i miei nipotini vengano a trovarmi» dice. «L'ho sentita parlare a sproposito, dire che i miei occhi la terrorizzano... Ma lei nega - oh, se lo fa! - e nessuno si azzarda a dire la verità.» Si ferma, prende una piccola pausa. Poi serra i denti, ingoia l'amaro boccone e schiude le labbra per sibilare un: «È solo una serpe.»
«I vostri occhi non fanno paura, Madame» la rassicura in un sorriso.
«Che caro...» commenta sottovoce Deanna. È un mormorio confuso, il suono che precede un sorriso sincero e l'incresparsi delle rughe del viso.
Elliot si sente mancare di colpo. La osserva e subito si trova a dover ingoiare un vero e proprio macigno. Deglutisce a fatica, si dice: Questo è un sorriso materno, sì. E ancora: Mi manca mia madre... Perciò, senza neppure accorgersene, inizia a parlare. «È la prima volta che visito questo piano del palazzo.» Non si sente in colpa, sa di aver detto na mezza verità, una frase costruita alla perfezione per non rivelare né troppo né troppo poco. «Fino a un attimo fa temevo di essermi perso, pensavo che non avrei avuto modo d'incontrare nessuno...» Sospira, poi continua: «Questo posto non è affatto come casa mia, non so proprio come orientarmi. Sapete, io abito...» E si blocca, tentenna, rettifica: «Abitavo al borgo con mia madre, mio padre e i miei due fratelli maggiori.» Il tono basso e gli occhi lucidi. Smette di fissare Deanna, tuttavia non sfugge dalla sua acuta osservazione:
«Abitavi?» Allunga una mano verso destra e cerca quelle di Elliot. Poco dopo le trova: tese a mezz'aria, con le dita intrecciate e i polpastrelli appena umidi. «Perché mai usi il passato? Sembri giovane, Elliot. È forse successo qualcosa alla tua famiglia?» E aggrotta le sopracciglia trattiene il fiato con evidente preoccupazione.
È così dolce, si dice. Come può essere davvero la madre di quel pazzo? Si mordicchia le labbra, poi deglutisce e scuote la testa. «No, Madame» nega. «La mia famiglia sta bene, sono solo stato preso a servizio da vostro figlio.»
«Da mio figlio?» Sembra perplessa, a dir poco pensierosa. «Louis ha preso a servizio un ragazzino tanto a modo e non mi ha detto niente?» continua, sollevando di poco il tono di voce. «Che villano!» lo apostrofa in un moto d'irritazione.
Può dirlo forte! pensa Elliot, trattenendo a stento una risatina divertita.
«E dimmi...» riprende Deanna. «Qual è la tua mansione, Elliot?»
L'interpellato si blocca e batte le palpebre. «A dire la verità non ne ho ancora una, Madame» balbetta.
«Vorresti dirmi che Louis ti ha preso a servizio senza un motivo preciso?»
È una domanda che non necessita risposte, Elliot lo sa. Per questo tace e si ammonisce mentalmente: Non posso dirle la verità, se lo facessi finirei nei guai...
«È ancora immaturo» commenta tra sé e sé. Poi fa spallucce e sospira. «Tanto meglio, potrai diventare il mio valletto.»
«Io?» Strabuzza gli occhi, la sente ridacchiare. Allora storce le labbra in un sorriso strano, dubbioso. Andrà bene davvero? si chiede. «Ma cosa fa un valletto?»
«Tiene compagnia a chi lo sceglie» minimizza Deanna. «Non è un compito difficile, tranquillo...» D'un tratto si ferma e chissà perché s'incupisce.
Elliot batte le palpebre. «Vi sentite poco bene?» mormora.
«No, affatto. Mi chiedevo soltanto se fossi sincero e se non avessi paura di guardarmi negli occhi.» Non aggiunge altro, abbassa semplicemente lo sguardo.
«Non ho motivo di mentirvi.» Corruga le sopracciglia e la osserva. La voce ridotta a un filo, dice: «È impensabile che qualcuno possa avere paura di voi, Madame! Non io, perlomeno. E siete molto gentile, non pretendete niente se non un po' di considerazione...» Il tono vacilla, le labbra tremano appena. Vorrebbe paragonarla a Louis, e solo per screditare quest'ultimo, tuttavia non lo fa. Non posso, è sua madre, si dice. Chiude gli occhi e serra i denti, quando sente il palmo di Deanna sulla guancia. Accenna un sorriso tirato e continua: «Le persone che vi parlano alle spalle dovrebbero vergognarsi.»
Una domanda a bruciapelo: «Mio figlio ti ha forse fatto del male?»
Perché me lo chiede? Elliot spalanca gli occhi e balbetta un: «Come dite?» Sente le dita di Deanna raggiungere gli zigomi, la fronte, perfino le sopracciglia. E trattiene il fiato: vorrebbe alzarsi, fuggire via. Poi, quando i suoi polpastrelli sfiorano l'ematoma, mugola appena e s'irrigidisce.
«Hai un viso così dolce...» soffia. La preoccupazione negli occhi e l'apprensione di una madre che gli carezza i capelli. «Perché ti ha picchiato?»
La vede impallidire, perciò pesa bene le parole. «Non è stato vostro figlio, Madame. Non dovete preoccuparvi, davvero... È una ferita da niente.» E si sente quasi in difetto a doverle rifilare una bugia.
«Allora chi?» insiste. Ritira la mano, corruga le sopracciglia e attende in silenzio.
Elliot prova l'impulso di dirle la verità, ma si morde le labbra e tace. Vorrebbe raccontarle di Bruce, della campanella, perfino delle voci che circolano al borgo sul fantomatico Barbablù. Eppure resta in silenzio, sospira, prova ad alterare la realtà per non darle un dispiacere. «È stato Tristen, mio fratello. Dovevo svegliarmi presto per aiutarlo a caricare i sacchi di grano sul carretto, ma non sono riuscito a svegliarmi.» Ridacchia, ricorda quella mattina con il sorriso sulle labbra e si dice: Ne sarebbe stato capace, menomale che Reggie si è intromesso. «Vostro figlio è...» E si blocca, non riesce a rassicurarla del tutto. Com'è il marchese? si chiede. È lunatico: si arrabbia, si calma, poi mi minaccia e mi lascia libero di girare per il palazzo. Si rabbuia, chiude gli occhi e pensa a Delphina. È un assassino, un mostro... Allora mente e mormora un: «Vostro figlio è gentile con me.»
Deanna sorride. «Menomale!» esclama e rilassa le spalle, sospira. Torna a posare la schiena contro i guanciali accatastati. «Non sai che spavento!»
«Posso immaginare» soffia. «Ma vostro figlio è una brava persona, non dubitate.» Non riesce a fare altro che accumulare bugie su bugie. «Rispetta il suo popolo e...»
«Su questo ho i miei dubbi.» Deanna storce le labbra, lo interrompe senza mezzi termini. «Troppe moine, troppe lusinghe...» inizia a dire. «Stai mentendo, vero?»
«No, affatto!» Elliot scuote la testa, si maledice per aver azzardato troppo e per aver tentennato. Allora cambia discorso: «Sto davvero bene qui, Madame. Voi sembrate quasi mia madre.»
Deanna ridacchia, scuote la testa e muove appena una mano per indicare il mobile alla sua destra. «Prendimi dell'acqua, Elliot. Ho parlato troppo, sento la gola secca.»
Lui si volta, osserva il bicchiere vuoto accanto alla brocca e si alza dalla sedia senza dire niente. Fa come gli è stato chiesto. Le mani che tremano e il cuore che gli batte veloce nel petto. Non rovesciare niente, mormora l'inconscio. Serra i denti, retrocede fino al letto di Deanna e le porge il bicchiere pieno per metà. «Ecco, Madame» soffia.
«Grazie.»
Grazie? Elliot batte le palpebre, lascia che Deanna prenda il bicchiere dalle sue mani e trattiene il fiato. Non può fare a meno di constatare le differenze che la separano da Louis. È davvero sua madre? Possibile che mi abbia ringraziato? «Non dovete ringraziarmi» balbetta impacciato.
«Sì che devo» obietta lei, scostando il bicchiere dalle labbra. «Non sei fuggito via, sei rimasto qui e mi hai perfino parlato» gli ricorda. Un piccolo sorriso amaro, poi un altro sorso d'acqua. «Non sei come gli altri, Elliot.»
«Come preferite, allora.» Si lascia scappare un piccolo sorriso sincero, poi aggiunge: «E vi prometto che, se vostro figlio mi permetterà di starvi accanto, non farò più fuggire nessuno.»
«Lo credo bene! Dubito che qualcuno si azzarderebbe a fuggire dopo averti visto, ragazzo mio.» Ridacchia e scuote la testa, infine allunga il bicchiere verso Elliot e se lo sente sfilare dalle dita. «Saresti gli occhi che io non ho più, faresti tremare chiunque - nessuno vuole inimicarsi la madre del Marchese di Stackpole.» Prende una piccola pausa, forse si rabbuia. «Accetta per me, ci penserò io a parlare con mio figlio.»
«Lo farò volentieri, Madame» conferma. E annuisce, sorride, si alza per posare il bicchiere sul mobile vicino. Poi si ferma, gela sul posto. Vede Louis sulla porta e trasale. Ha sentito tutto? si chiede. Ma non ho detto niente, perché mi guarda in questo modo? Serra le labbra, a stento respira. Ha paura, adesso, e il clima di pseudo-tranquillità che lo circonda, va in pezzi nel momento in cui sente le sue nocche battere sul montante della porta per richiamare l'attenzione di Deanna.
«Sei tu, Louis?»
«Sì, madre, sono io.» Non dice altro, ma si avvicina a passo svelto verso la sedia che Elliot ha appena abbandonato. Solo allora lo fulmina, gli vede fare un inchino e lo sente borbottare qualcosa come:
«Perdonatemi, esco subito...»
«Che strano modo di congedarsi» commenta Deanna con una punta di divertimento. Le mani giunte sulle lenzuola e il sorriso ben stampato in faccia.
Louis storce le labbra in una smorfia seccata e accavalla le gambe. «Ho sentito tutto» dice. «Ero fuori la porta, madre.»
«Bene!» esclama. «E cos'hai da dirmi?» Inclina appena la testa e lascia intendere a Louis che la sua non sia affatto una richiesta, bensì un'inflessibile decisione.
«Cos'ho da dirvi?» grugnisce. «Questo ragazzo è appena arrivato dal borgo, non credo che sia il caso di prenderlo a servizio come valletto.»
«Sciocchezze, figlio mio, sciocchezze!» lo liquida, gesticolando. «È un bravo ragazzo, di cosa ti preoccupi?»
È un ladro, non un bravo ragazzo, si dice. E sa troppe cose, non posso rischiare che mia madre venga a saperle per colpa della sua lingua biforcuta! «Non sa leggere» dice di getto. «Non potrebbe leggervi nessun libro.»
«Non importa» obietta Deanna. «Può sempre parlarmi del borgo e di quello che succede là fuori, Louis. Di sicuro sarà più interessante la realtà che quattro righe scritte su un vecchio tomo ammuffito.»
«Ho già deciso il ruolo di Elliot, madre.»
«E quindi vuoi negare un favore alla donna che ti ha messo al mondo?» sbotta. Le sopracciglia aggrottate e lo sguardo assente, lontano. Sovrappone la propria voce al parlottare di Louis. «Mi deludi, Louis, mi deludi molto...»
«Non voglio farvi alcun torto» mormora. Poi sospira, chiude gli occhi e si arrende con un grugnito. Dannazione! Se solo quella pulce l'avesse ignorata, se solo fosse scappata come tutti! «Va bene» dice. «E sia, madre: Elliot sarà il vostro valletto.» La vede sorridere, la trova perfino raggiante, tuttavia non riesce a esserne felice e continua a tormentarsi il palmo della mano sinistra con fare nervoso. Si sente osservato, sotto pressione, perciò rivolge un'occhiata gelida in direzione della porta e vede la testa di Elliot scostarsi di colpo dall'uscio. Lo immaginavo, e come potrebbe smentirsi? Ficcanaso che non è altro! Serra i denti, infine sospira e si rivolge a Deanna. «Se non vi dispiace, madre, vorrei essere io stesso a mostrare il palazzo al vostro valletto.»
«Lo farà Emma, Louis...» inizia a dire.
«Insisto.» La voce ferma, decisa. Vede sua madre serrare le labbra, ma non ritratta e aggiunge: «Preferisco farlo di persona, non vorrei che si perdesse una seconda volta.»
«Vai pure, allora» mormora. Chiude gli occhi, finge di rilassarsi contro i guanciali e sospira. È amareggiata, dispiaciuta dalla fretta di Louis. Resterò qui da sola ancora una volta, si dice.
«Passerò più tardi e chiederò alla balia di portare Timothy e Brenton per salutarvi prima di andare a dormire...»
L'espressione immutabile e la disillusione nelle vene. «Va bene» dice.
E Louis si alza, raggiunge la porta a grandi falcate. Poi l'accosta, si volta a guardare Elliot e lo fulmina senza pronunciare una sola parola. Gli fa un cenno con la mano, dopodiché s'incammina lungo il corridoio. Le orecchie attente, vigili. Sente i suoi passi alle spalle e ha quasi voglia di fermarsi per prenderlo a schiaffi sul posto. Calmati, si ammonisce. Indurisce i muscoli del viso, raggiunge la propria stanza e poi la sorpassa.
Elliot si guarda attorno, deglutisce a vuoto e aggrotta le sopracciglia. «Dove stiamo andando, Sir?» mormora. Non ode alcuna risposta, perciò si morde le labbra e rallenta il passo. Allora batte le palpebre, l'osserva: le spalle dritte e i muscoli tesi, che, sotto i pantaloni di velluto, si agitano a ogni passo. Forse non avrei dovuto entrare in quella stanza, si dice. Vede Louis fermarsi a un paio di porte di distanza da quella di Bruce, perciò trema nell'incoscienza. Sgrana gli occhi, sente la sua presa salda sulla spalla, infine il rumore della maniglia che si abbassa frettolosamente.
«Perché sei entrato in camera di mia madre?» ringhia. Lo spinge nella stanza e lo vede vacillare sul posto. Poi lo raggiunge, chiude la porta e sibila: «Non ti ho dato il permesso di socializzare, Flea.»
«Mi ero perso, Sir» dice. «Vostra madre si è accorta di me e ha voluto che entrassi... Cosa potevo fare? Mi sembrava irrispettoso non risponderle.»
«Lo fanno tutti! Avresti dovuto fare come loro, avresti dovuto ignorarla e basta!»
Elliot si morde le labbra, prova a non replicare. Si dice: Stai zitto, fai silenzio. Ma non ci riesce ed esplode con un: «Perché vi adirate tanto?» Lo vede scattare verso il baldacchino, dare un pugno alla colonna più vicina. Solleva un sopracciglio con fare dubbioso e inizia a pensare che sia semplicemente fuori di testa. È pazzo, non c'è altra spiegazione! «È vostra madre, non dovreste chiedere alla servitù d'ignorarla.»
«Chiudi la bocca, Flea!» ringhia. «Non sai niente di me, niente!» Lo guarda con biasimo e serra le dita attorno alla colonna. «Hai ricominciato a parlare, parlare, parlare... Non ne hai il diritto, eppure continui a farlo» Arriccia il naso, sbuffa. «Il tuo ronzio mi rimbomba nelle orecchie, cerca di farmi sentire in colpa. Ma è un tentativo nullo, sai?» Lo vede deglutire a vuoto, così rincara la dose: «I singhiozzi di Delphina non ci sono riusciti e non ci riusciranno neppure i tuoi, stanne certo.»
«I singhiozzi di Delphina...» echeggia. Aggrotta le sopracciglia, si dice: Non una parola, Elliot! Smettila! Ma non ci riesce e sbotta lo stesso: «Delphina non ha fatto niente di male, non potete averla uccisa davvero.»
«Tu credi?» Louis ghigna, lo sbeffeggia. «Sei solo un moccioso arrogante, un bugiardo.» Lo vede scattare per attaccare con un pugno goffo nella sua direzione, perciò si scosta dal baldacchino e lo raggiunge a metà strada. Lo blocca e lo scaraventa contro la colonna intagliata. «Ma guardati, sei ridicolo» sputa. «Vorresti picchiarmi? Vorresti vendicare Delphina?» lo provoca. «Avanti, allora: colpiscimi.»
Elliot annaspa. Gli occhi velati di lacrime e le sopracciglia che tremano, che si contraggono. Sente il brivido della paura lungo la schiena, il fremito di un'imprecazione sulla punta della lingua. Chissà come si trattiene e serra le mani lungo i fianchi. «Cosa volete da me?» soffia.
«Voglio la verità, perciò abbandona quella dannatissima maschera d'innocenza...»
«Io sono innocente.» Solleva il mento e restringe lo sguardo. Sfida ancora Louis, tuttavia non si muove e non azzarda neppure un passo nella sua direzione. Fatichi a tirare su i sacchi di grano, figuriamoci se riesci a colpirlo, si dice. E la verità gli scivola di bocca prima ancora che possa trovare una giustificazione alle proprie azioni: «Ho incontrato Delphina nel bosco e l'ho aiutata a fuggire. Le ho dato il mio farsetto e non ne ho fatto parola fino a ora solo perché avevo paura di una vostra reazione.»
«Non era così difficile, Flea» lo canzona.
«Tutti parlano di un mostro, dicono che Barbablù sia pronto a rapire i giovani del borgo...» aggiunge. Lo vede trasalire, perciò si mostra più impavido e si scosta dalla colonna del baldacchino. «Credete che il rumore degli spari non si senta? Se le persone continueranno a sparire, Sir, verranno a cercare voi!»
«Non credere di non poter essere una lepre o un dannatissimo cervo» borbotta aspramente. E storce le labbra in una smorfia, cerca di mantenere il suo sguardo di sfida. Un moccioso del genere non può certamente piegare me, si dice.
«Dimenticate di avermi affidato a vostra madre come valletto?» azzarda ironico, fin troppo zelante, mentre sente il terrore scorrergli nelle vene. Potrebbe uccidermi davvero, potrebbe dire a sua madre che sono tornato al borgo... Ma non lo farà, no. Non può farlo dopo quello che gli ho detto.
«Non hai scampo, Flea» sputa. Usare mia madre con scudo, assurdo! «Il fatto che io non possa cacciarti non significa che tu abbia salva la vita. Potrei tagliarti la gola nel sonno, per esempio.»
«Mi minacciate ancora, Sir?» insiste. «Vorrà dire che non dormirò la notte e che riposerò al fianco di vostra madre durante il giorno.»
«Ma adesso non c'è» gli ricorda. «Potrei ucciderti adesso.» Ghigna, si avvicina velocemente, gli fa mancare il fiato nel petto.
«Affatto» sillaba. Gli vede aggrottare le sopracciglia, così aggiunge: «Ne avete avuto l'occasione, ma invece di uccidermi mi avete baciato.»
«E potrei farlo di nuovo» sibila a un palmo dal suo naso. Lo vede arrossire appena, voltare la testa di lato. Allora lo afferra per il mento, lo costringe occhi negli occhi e aggiunge: «Ma non adesso... C'è ancora tempo per avere ciò che mi spetta, non credere. Lo hai già dimenticato? Non ti appartiene nulla, Flea.»
«Voi credete davvero di poter avere tutto?» lo provoca. E arriccia il naso, si scosta bruscamente dalla sua presa, indietreggia di un passo, lateralmente. I denti serrati dalla rabbia e lo sguardo appannato dalle lacrime.
«Ovviamente. La tua vita mi appartiene tanto quanto mi apparteneva quella di Delphina... E se ho potuto decidere per lei, allora posso decidere anche per te.» Lo afferra di nuovo, questa volta per le spalle. Se lo avvicina, lo sente grugnire e gli vede perfino indurire i muscoli del viso. Allora ghigna, tenta di baciarlo. Prima ancora di raggiungere le sue labbra, però, si blocca. Il suono di uno schiaffo lo paralizza, gli fa sgranare gli occhi.
«Al contrario» scandisce. Non sente nemmeno le parole che gli escono di bocca, tuttavia continua: «Non avete neppure il buonsenso di scegliere per voi.»
E Louis lo interrompe, serra maggiormente la presa sulle sue spalle. Ringhia un: «Non azzardarti mai più a fare una cosa del genere o sarà mia premura spedirti direttamente a fare compagnia a Delphina.»
Elliot socchiude le labbra, fa per dire qualcosa e poi se ne pente. Sente le mani di Louis farsi più pesanti, opprimenti. E in men che non si dica cade su se stesso, finisce in terra. Solo il tonfo delle proprie ginocchia, solo il dolore delle ossa che battono sul marmo. Geme a denti stretti e solleva lo sguardo per incrociare quello furioso di Louis. Ne parla come se niente fosse, lo dice credendosi pari a Dio, pensa.
«Mai più!» Tuona ancora, imperioso, irritato. Il volto contorto in un'espressione insolita, quasi nefasta. «Fatti uscire un fiato di bocca, racconta qualcosa a qualcuno, osa spifferare tutto a mia madre, e ti giuro che non ci saranno occhi o labbra a fermarmi dall'aprirti la pancia come un capretto.»
Non risponde, si lascia soltanto sfuggire un singhiozzo. E, quando lo vede uscire, quando sente la porta sbattere, l'unica cosa che riesce a fare è pregare per Delphina a denti stretti.
Note:
Ciao a tutti!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché io adoro Deanna e sono felice di avervela fatta conoscere, finalmente. Con il fatto che i capitoli sono divisi (e questo è lungo), ormai sto dilazionando la cosa e vederla nel nono mi dispiace davvero tanto!
Sì, lo so, Louis ha subito il fascino di Elliot, ma non è una novità. In effetti si capirà più avanti, solo che non voglio farvi spoiler. Oddio, forse si è già visto nello scorso capitolo e i suoi pensieri sono stati abbastanza significativi.
Comunque, se il capitolo vi è piaciuto, lasciate un commento e una stellina, grazie!
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