Capitolo 14

1555, Stackpole.

Mentre il sole cala, mentre tramonta, Elliot continua a puntare lo sguardo sulla propria ombra. A tratti la distingue, altre volte la perde di vista e la confonde con quella di qualche conifera. Si sente pesante, ammaccato, e si deforma a ogni passo - è un piccolo fagotto scuro sulle radici rigonfie, sui ciottoli chiari, sui margini della stradina battuta che risale la collina fino al Palazzo.

Nelle orecchie, l'eco della minaccia di Louis Holland: Questa notte verrò da te. Un suono fievole, provocatorio e risoluto, che lo fa tremare sul posto.

Ed è per questo che si ferma, che tentenna con l'indecisione annodata in fondo alla gola. Ma basta il tempo di battere le palpebre, di sistemarsi le calze strappate e stringere i denti, per tornare sui propri passi. Si sente ancora forte, intoccabile, e scuote la testa, aggrotta le sopracciglia. Una folata di vento lo accompagna, gli gela la nuca sudata e lo fa stringere nel mantello di velluto fin quando, superato l'ingresso della servitù, non si sente chiamare.

«Elliot!»

Sobbalza senza volerlo e per poco non fa cadere i fiori raccolti. «Bastian...» mormora. Lo identifica con un'occhiata veloce e tira subito un sospiro di sollievo. Così affretta il proprio passo verso le cucine, cerca di sfuggire al suo occhio analitico. Suo malgrado, però, non ci riesce. Ed è di spalle quando questi alza la voce per chiedere:

«Che diavolo ti è successo?»

«Niente di grave» borbotta.

«Hanno cercato di derubarti?» Insiste Bastian, posando il forcone contro il muro delle stalle.

Elliot scuote la testa, abbassa lo sguardo e nemmeno si volta. Osserva i petali gialli delle campanelle e quelli scuri, violacei, degl'iris. Devo chiudere il discorso, si dice, devo inventarmi qualcosa. Perciò, senza pensare, dà fiato alla bocca: «Dovevo raccogliere dei fiori per Madame Deanna...»

«E sei caduto in un burrone» conclude Bastian, trattenendo una risatina di scherno.

«Già.» Sospira. Una mezza verità, il suo tocco di classe. Storce le labbra in una strana smorfia, sente ancora una volta l'eco delle parole di Louis e rabbrividisce. Poi percepisce una voce diversa, una voce squillante e femminile. E batte le palpebre, guarda in avanti, vede Charlotte correre nella sua direzione, mentre si sfrega le mani sulla gonna sporca di farina.

«Elliot!» lo chiama un'ennesima volta e riesce perfino a raggiungerlo a un passo dalle stalle. Con il fiato corto, mentre corruga la fronte, dice: «Madame Deanna ti ha cercato per tutto il pomeriggio.» Prende una piccola pausa, cerca il respiro che le manca. Una mano posata sul petto e l'altra ancora stretta sulla gonna imbiancata. «Che fine avevi fatto?»

«I fiori» ripete quasi meccanicamente. È la stessa scusa che ha usato con Bastian e non ha intenzione di cambiarla. Così vede lo sguardo di Charlotte spostarsi sulle campanelle che spuntano dal suo mantello e trattiene il fiato nella speranza che non noti altro. Poi si accende, si sente quasi un genio: sfila un lilium dal mazzo per Deanna e glielo porge sbrigativamente.

«È per me?» balbetta Charlotte. Batte perfino le palpebre e arrossisce. Lo sguardo completamente catturato dal fiore chiaro e le orecchie piene del vociare di Elliot:

«Sì, è per te, ma adesso devo andare: vado di fretta.»

«Va bene» soffia. Con il fiore in mano, perde di vista Elliot. «Ma dove va adesso?» Una domanda bassa, tra sé e sé, mentre si volta e l'osserva da lontano.

«Da Madame Deanna» le ricorda Bastian, sorridendo bonariamente. «Dove, sennò? Sei venuta fin qui per ricordarglielo.»

«Sì, lo so» dice tutto d'un fiato, cercando di sfuggire alla sua insinuazione. «Lo so benissimo, Bastian. Volevo solo accertarmene...»

«Come no!» la canzona l'interpellato. «Lo sanno tutti che ti piace» continua, vedendola arrossire nella luce confusa del tramonto.

«Torno in cucina» taglia corto lei, congedandosi. Non ha voglia di negare, tantomeno di dare adito alle voci di corridoio, che, suo malgrado, sono piuttosto accurate.

Superate le cucine, dopo aver reperito un po' d'acqua per i bei fiori di campo ed essere passato per le stanze della servitù, Elliot si blocca; ma non lo fa di sua spontanea volontà, al contrario. È la stretta sulla sua spalla a frenarne l'avanzata claudicante lungo la zona nobile.

«Sir Holland mi ha ordinato di avvisarti che, qualora fossi rientrato...» inizia a dire Bruce. Poi vede Elliot scuotere bruscamente le spalle per liberarsi di lui.

L'acqua vacilla, scivola lungo il vaso per Deanna e gli bagna i polpastrelli. «Lasciami» sibila. Sembra sicuro di sé, convinto e cocciuto come al solito. Poco dopo, tuttavia, tentenna, perché Bruce non lo asseconda e, anzi, rinserra la presa.

«Mi ha ordinato di avvisarti che, qualora fossi rientrato, avresti accettato la sua proposta» riformula.

Trattiene il fiato, resta in silenzio, si morde perfino le labbra. Non vuole rispondere, né dare cenno di aver capito. Continua a chiedersi se Bruce sia davvero al corrente del tipo di proposta che Louis Holland gli ha fatto, perché non è affatto una proposta. È una minaccia, un ricatto, si dice. Ma io non ho alcuna intenzione di cedere al ricatto di nessuno!

«Hai capito?» insiste e stringe le dita. Quasi prova l'impulso di spaccargli la spalla per ottenere una risposta. Poi allenta la presa, perché lo vede annuire e chinare il capo. «Perfetto» conclude.

Elliot deglutisce, poi stringe le mani attorno al vaso e nemmeno nota lo sbiancarsi dei polpastrelli, delle nocche. Sente soltanto i passi di Bruce, che, verso sinistra, procedono nella direzione del salotto. Così solleva il mento, dà un'occhiata veloce tutt'attorno e fila dritto lungo le scale, al piano signorile. Con la testa su di giri, continua a ripetersi frasi come: Non ha senso, è impossibile. O ancora: Tutto questo accanimento, tutta quest'ossessione, dovrebbe scemare... Possibile che sia ancora ubriaco? E senza pensarci, con il fiato corto e i vestiti malmessi, raggiunge comunque la porta della camera da letto di Deanna. Bussa. È soprappensiero, in iper-ventilazione, mentre si umetta le labbra e prova a cacciare Louis Holland dalla propria testa. «È permesso, Madame?» domanda. Il tono fermo, quasi calcolato.

«Elliot, ragazzo mio!» Esclama lei. «Sei rientrato adesso?»

L'interpellato annuisce per riflesso, poi mormora un: «Sì.» Sorride appena, malinconicamente, ed entra nella stanza.

«Il profumo dei fiori si sente fin qui.» Deanna adotta un tono lievemente civettuolo, bonario, fin quando non sente scattare la serratura. Poi si sistema meglio sul letto, posa la schiena contro i guanciali e storce di poco le labbra. Cerca di captare qualcosa, magari il motivo di tanto silenzio da parte del loquace Elliot che conosce.

Ed è questi a parlare, a interrompere il suo rimuginare. «Perdonatemi, Madame» dice. «Ho cercato di tornare alla svelta, ma sono caduto in un dirupo e ho sbattuto la testa...» Ancora una mezza verità, la bugia sul ciglio delle labbra. Per un attimo si ferma, le vede sgranare gli occhi con preoccupazione e riesce a malapena a concludere la frase senza sentirsi in colpa: «Ho perso i sensi.»

Una domanda di getto, fatta con il cuore: «Stai bene?»

Elliot la guarda, le vede posare una mano sul petto e non riesce a fare a meno di distogliere lo sguardo. «Sì, Madame, sto bene» conferma a bassa voce, cercando di risultare il più convincente possibile. «Non dovete preoccuparvi per me» aggiunge allora, zoppicando fino al mobile vicino per sistemarvi il vaso con i fiori di campo. «Sono solo un po' goffo; mia madre me lo dice spesso...» Si ferma di nuovo, accennando un sorriso e sperando di tranquillizzare Deanna con un altro discorso. «Ah, quasi dimenticavo! Vi porto i suoi saluti, Madame.» La vede sorridere, così rincara la dose: «Sapete, vi è molto grata per avermi preso a servizio qui a palazzo! E perfino mio padre è orgoglioso di me!» Altre piccole, dolci bugie pronte a colorare il buio mondo di Deanna.

«Oh, ragazzo mio...» inizia a dire. Allunga una mano per raggiungere quella di Elliot, ma, non appena la tocca, muta espressione: da placida e amorevole, torna preoccupata e contratta. «Sei infreddolito» dice. La voce tesa, incline al rimprovero. «Per quanto tempo sei svenuto? Hai idea di quanto tu sia rimasto là in terra?»

Quanto tempo? Se lo chiede da solo e non sa darsi una risposta. Batte le palpebre, fissa le rughe tese di Deanna e cerca una frase tattica nel suo repertorio di scuse. Ma non è svenuto e non fa che pensare all'olezzo di vino, alle labbra di Louis Holland, alle ginocchia escoriate e al cuore che gli galoppa nel petto. Perciò getta la spugna, scuote la testa e mormora un: «Non ne ho idea, Madame.» Non dice altro, si lascia semplicemente abbracciare da Deanna e prova a non emettere un fiato, a non irrigidirsi troppo, quando questa strofina i palmi delle sue mani sul mantello. Vuole scaldarmi, teme per la mia salute, si dice. E si rabbuia, socchiude le palpebre, fissa un punto imprecisato del copriletto ricamato.

«Tra quei fiori c'è l'iris che mi hai promesso?» gli chiede all'improvviso, lasciandolo andare con un sorriso materno.

«Certo Madame» conferma e annuisce, lasciandosi tirare a sedere sul letto. «Più di uno in realtà...»

E lei sorride ancora, lo interrompe con un sospiro, dice: «Mio figlio è venuto a parlarmi di te.»

«Vostro figlio?» Quasi manca un battito, balbetta.

«Prima, quando ancora dovevi essere svenuto da qualche parte» continua, facendo un gesto per indicare chissà dove con la mano. «Mi ha descritto i tuoi occhi in un modo che non puoi neppure immaginare, e adesso non posso fare a meno d'immaginarti come un piccolo Dio Greco.»

Per un attimo rimane in silenzio, sembra ammutolito. Arrossisce dinanzi alla spontanea giovialità di Deanna, mentre le sue parole gli riecheggiano nella testa e si amalgamano con quelle più contorte di Louis Holland. «Vostro figlio vi ha parlato dei miei occhi?» balbetta. Il tono basso, la voce ridotta a un soffio. Sembra una frase indegna di uscire allo scoperto, talmente dubbiosa da sbugiardarsi da sola. È una messinscena, si dice. E se ne convince, perché aggrotta le sopracciglia e deglutisce a vuoto. Ma certo, è ovvio che stia cercando di usare Madame Deanna per intenerirmi! Vuole raggirarmi, ecco cosa. E pensa di riuscirci, crede che io possa cedere davvero... Assurdo!

Deanna annuisce, totalmente all'oscuro di ciò che è successo a Elliot sulla via del ritorno. «Certamente.» Conferma e poi continua: «Mi ha anche detto che i tuoi lineamenti sembrano quelli di una ragazza, ma non ci ho dato peso.»

Elliot sgrana gli occhi, quasi annaspa. Fissa Deanna e la sua convinzione, imponendosi una respirazione modulata, calibrata - arriva perfino a contare i secondi che dividono l'inspirazione dall'espirazione. Non vorrà dirle cosa gli passa per la testa, spero! Mentalmente non fa che scalpitare, tuttavia serra le labbra con ostinazione e resta in ascolto.

«Si sa che i figli vogliono apparire come i più belli agli occhi delle loro madri» minimizza Deanna, agitando la mano una seconda volta. «E dire che io non riesco a vedere!» Scuote la testa, schernendo Louis, infine sospira e trattiene una risatina. «Ah, devi essere una vera bellezza se sei riuscito a far ingelosire mio figlio!»

«Non lo sono affatto» soffia questi, distogliendo lo sguardo e posandolo sui fiori vicini. Poi sobbalza, perché sente il palmo di Deanna battere sul lenzuolo e precedere un bonario rimprovero:

«Non restare qui con le mani in mano, vai a riscaldati con qualche coperta!»

«Va bene, Madame» balbetta confuso.

«E non pensare a me...» aggiunge. «Devi riposarti, lascia che sia qualcun altro a portarmi la cena.»

Acconsentire è difficile, perlomeno per Elliot. Così deglutisce e soppesa a fatica l'idea di restare da solo nel palazzo. Gli occhi chiusi, il cuore in gola, l'eco di Louis Holland nelle orecchie e poi quello di Bruce. Non c'è alcuna proposta, si ripete. «Madame...»

«Niente ma» lo liquida in uno sbuffo, prima ancora che questi possa dire qualcosa. «Voglio pensare ai fiori che mi hai portato dal borgo, voglio ricordare i giorni in cui riuscivo a intrecciarli anch'io per creare delle grandi ghirlande - tu sai fare le ghirlande, Elliot?»

«No» soffia, non riuscendo a ribattere in alcun modo.

«Domani mattina ne faremo una insieme, t'insegnerò io.» Deanna sfoggia il suo sorriso più dolce, quello più raggiante, ed Elliot non riesce a fare altro che sospirare.

«Domani mattina ne faremo una insieme, Madame» mormora. Solo allora riesce ad alzarsi dal letto di Deanna e a raggiungere il vaso. Lo guarda un'ultima volta, infine tira via un iris e piega di poco le labbra in un sorriso teso. «Allora vi auguro una buona notte, Madame.» Lascia l'iris nelle mani di Deanna e fa per andarsene, ma d'un tratto, chiamato da lei, si blocca.

«Elliot.» Il tono greve e uno strano nodo in gola. Carezza i petali dell'iris con i polpastrelli incartapecoriti e rabbrividisce sotto le coperte.

La fronte appena corrugata, il dubbio nello sguardo. Che abbia capito tutto? si chiede. «Ditemi...»

Deanna sorride, mantenendo il volto stranamente teso. Fa scattare le braccia in avanti e stringe Elliot con fare materno. «Grazie» soffia. Un piccolo bacio, e si allontana contro i guanciali. «Grazie di tutto, ragazzo mio.» I suoi occhi si velano appena, diventano più vitrei che mai. «Stai attento, però» aggiunge piano. Quasi scandisce le parole, ed è chiaro che voglia essere ascoltata quando dice: «Mio figlio non è gentile come credi...»

Lo so bene, risponde mentalmente Elliot. Vorrebbe parlare, dire la verità, vuotare il sacco. Tuttavia non lo fa e la osserva, l'ascolta, si trasforma nel confidente perfetto.

Deanna continua, dice: «Sua moglie Alene lo ha visto...» Un sussurro, un lieve tremore. «Louis dà la caccia alle persone.»

Ed è come un fulmine a ciel sereno: Elliot trasalisce, apre e richiude la bocca come un pesce fuor d'acqua. Non sa che dire, perché ogni parola sembra improvvisamente superflua. Madam Deanna lo sa, sa che suo figlio è Barbablù, si dice.

«L'ultima ragazza che è stata presa a servizio prima di te è sparita nel nulla...» Ancora una pausa, poi la voce di Elliot che pronuncia il nome della ragazza in questione:

«Delphine.» Un sussurro, un tremore di corde vocali. Non dovevo dirlo, si rimprovera. Poi si morde il labbro inferiore, s'impone il silenzio e per un attimo accantona l'idea di poter avere Deanna dalla propria parte. Oh, sarebbe assurdo! Conosceva il suo segreto, l'abominio di cui Louis Holland è capace, e non lo ha mai detto a nessuno, constata.

«Conoscevi quella fanciulla tanto a modo?» Domanda. Lo sguardo fisso che continua a puntare Elliot, poi un sospiro, quasi uno sbuffo, che scivola via. «Ne ero certa...» dice. E storce le labbra, soppesa l'idea senza dargli modo di rispondere, perché subito continua: «Ma tu lo hai fatto rinsavire, vero?» Non può vedere il tremore delle labbra di Elliot, tantomeno le sue sopracciglia corrugate, ed è per questo che continua a parlare: «Mio figlio non è più uscito per andare a caccia con il Conte Oliver de Rivière, deve essere sicuramente merito tuo.»

Si sbaglia ancora, mormora la coscienza di Elliot. Ma lui non apre bocca, lascia che Deanna gli carezzi la guancia e inspiri a fondo.

«A te non succederà nulla» dice convinta. «Sei il mio piccolo Dio Greco, il mio dolce valletto...» Lo sente deglutire, così accenna un sorriso. Spera di rassicurarlo, perché ormai è certa che abbia paura. «Non succederà nulla» ripete. «Mio figlio cambierà, ragazzo mio, te lo prometto.»

Elliot non le crede, tuttavia dice: «Non vi preoccupate, Madame. Mi fido di voi e del vostro giudizio, non ho bisogno di rassicurazioni...» La vede sorridere un'ultima volta, poi sente la sua voce che cela una punta di divertimento:

«Va' a letto, adesso! Riscaldati finché non è l'ora di cena e poi mangia con gli altri. Non preoccuparti per me, ci penserà Charlotte al resto.»

«Dormite bene, Madame» soffia. Le carezza una mano, infine si allontana dal suo letto e la osserva. Fermo, ritto sull'uscio della porta, si mordicchia le labbra ed è combattuto. Devo dirle la verità? si chiede. Oppure no? Forse ha ragione lei, dopotutto è sua madre. Deglutisce, scuote la testa e sospira. Mentre va via, Deanna mormora:

«Buonanotte, Elliot.»

Note:

Ciao, ragazzi!

Dovevo aggiornare due settimane fa: faccio schifo. Va beh, aggiorno come le uscite dei manga, a random, quando meno te lo aspetti.

Spero che questo capitolo, dedicato alla dolce Deanna, vi sia piaciuto. Io adoro questa donna e adoro il fatto che, nonostante sia cieca, sappia bene cosa combini suo figlio. Il problema, purtroppo, è che, essendo relegata a palazzo, non possa fare assolutamente nulla - differentemente da quella povera Crista di Alene, che tenta in ogni modo di avvisare chi di dovere.

Che pensate di lei? È un pezzo di cuore, dico davvero. Vuole molto bene a Elliot e ha reso più sopportabile la sua permanenza tra le mura di Sir Holland.

Cosa vi aspettate che succederà?

Se volete lasciare un commento o una stellina, io ne sarò felicissima!

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