Capitolo 11
1555, Stackpole.
Il cuore di Sir Louis Holland non fa che battere contro la cassa toracica, e lui non riesce a capire se sia rabbia o frustrazione. Di tanto in tanto, serrando le briglie tra le dita, sbruffa e serra i denti. Le nocche sbiancate, le dita che fremono. Vorrebbe parlare con Oliver, eppure non riesce a farlo. È come se la sua lingua, per quanto tagliente sia, non riesca a muoversi.
D'un tratto, Oliver se ne esce con un: «Fate ancora seguire vostra moglie? È lei che vi preoccupa tanto?»
Louis arriccia il naso e, riallacciandosi al discorso già iniziato e accantonato, dice: «Mia madre ha familiarizzato con un ragazzino fastidioso.» In realtà lo fa per sorvolare sulla questione dell'ordine appena impartito, perché neppure lui è certo di aver fatto la cosa giusta. Dovrebbe seguire Elliot, non Alene, si rimprovera mentalmente.
«Un ragazzino fastidioso...» borbotta Oliver. Il ghigno ben stampato in faccia e l'espressione assorta, interessata. «È forse lo stesso che vi ha consegnato Bruce qualche tempo fa?»
«Proprio lui, sì» grugnisce. Lo guarda di sottecchi, poi aggiunge: «La vostra memoria mi sorprende.» Ma non dovrebbe, perché sa troppo bene quanto Oliver sia ferrato su certi dettagli. Già, è ovvio che se lo ricordi, si dice. Per quanto sia ubriaco, Oliver è sempre Oliver - non potrebbe mai dimenticare né una donna dal seno prosperoso né un ragazzo interessante.
«È di ferro, mon ami.» E ride, lo sbeffeggia, scandisce un: «Come tutto ciò che mi riguarda.»
«So anche questo» borbotta. «Per sentito dire, ovviamente.»
«Per sentito dire?» echeggia. Solleva entrambe le sopracciglia e si trattiene a stento dal ridergli in faccia. «Siete un pessimo bugiardo, lasciatevelo dire.»
«E voi una pessima compagnia» lo liquida a mezza bocca.
«Oh, suvvia! Non si può neanche fare una battuta quest'oggi?» Lo sente grugnire in tutta risposta, così sospira. «Ditemi, dunque: cosa vi turba?» Il tono più impostato, ma ancora cinico. «Siete forse geloso di vostra madre? Oppure avete paura che quel ragazzino possa dirle tutto?» Va dritto al punto, perciò gli vede serrare la presa sulle briglie. Entrambe, probabilmente, si dice, spostando lo sguardo.
«Lei lo sa» dichiara. Lo sguardo fisso dinanzi a sé e la voglia di scherzare ridotta ai minimi termini. «Non so come, ma sa già tutto...»
«Cosa intendete dire?» Oliver sembra incredulo, ma non privo del suo pungente cinismo. «Vostra madre è cieca da entrambi gli occhi, non vorrete farmi credere che vi abbia visto!»
«Sarà anche cieca, ma non è sorda» lo contraddice.
«Dunque ho ragione io: quel ragazzino ha spifferato tutto!»
Louis nega. I denti stretti e la mandibola che freme di rabbia. Sente addosso lo sguardo di Oliver, perciò si affretta a precisare: «Bruce è sempre stato presente, ha seguito tutti i loro discorsi...»
«Ma se è appena rientrato!» obietta. Sente l'esasperazione gorgheggiargli nelle orecchie, arrivare fin dentro il cervello. «Si sarà fatto sfuggire qualcosa, mon ami.»
«In sua assenza l'ho controllato di persona, e so cos'ha detto: purtroppo non si tratta di qualcosa di compromettente.» La voce si arrochisce, si abbassa. Mi piacerebbe avere un motivo per addossargli la colpa, pensa.
«Il Cerbiatto, invece?» Cambia discorso con uno schiocco di dita e accenna un ghigno sarcastico. «Ho sentito che era diretto a Pembroke.»
«Ci ha pensato Bruce» taglia corto Louis.
«Ancora Bruce?» mugola. Una punta di fastidio che lo attraversa da capo a piedi, che lo spinge a battere i calcagni sull'addome di Cupidòn. Poi il vento sul viso e le crine dello stallone che gli sferzano sulle dita contratte.
Louis l'osserva, si fa superare con un'espressione confusa. Ma cosa sta facendo? si chiede. Infine batte le palpebre, sprona Efesto al galoppo e segue Oliver. «E adesso cosa vi prende?» domanda, alza la voce, gli taglia la strada fin quando non sente nitrire Cupidòn, che, preso alla sprovvista, sgambetta sul posto.
«Niente, mon ami» dice. «Ma sento sempre parlare di Bruce - Bruce ha visto, Bruce ha sentito, Bruce ha fatto...»
«Con ciò?» grugnisce, arriccia perfino il naso.
«Dovrei forse essere geloso?» Lo vede arrossire appena, inconsapevole che sia tutta indignazione.
«Non dite idiozie, Oliver; la gelosia non vi si addice.»
«Ah, no?» Storce le labbra, poi arriccia il naso. «Dovreste sapere quanto io tenga a ciò che mi rimane...» E la voce si spezza, diventa un sibilo. Sguardo tagliente, muscoli tesi. Lo sfida in silenzio e lo vede deglutire a vuoto. Eccome se dovrebbe, si dice.
«Oliver...» lo chiama, prova a dire qualcosa che subito gli si strozza in gola. E all'improvviso è pallido, adombrato. Lo sguardo vacuo, il senso di colpa che preme sulla punta della lingua.
«Ma ricapitoliamo la situazione!» Oliver sorvola, sprona Cupidòn verso destra e si addentra maggiormente nella boscaglia. «Non vi fate vedere da giorni, non mi fate avere notizie... Da quanto, mon ami?» Tentenna, ironizza, gli lancia un'occhiata di sguincio. «E la prima cosa di cui parlate è vostra madre!» ridacchia, scuote perfino la testa. «Mon Dieu, mi state davvero parlando di vostra madre! E anche di un ragazzino, certo, come dimenticarlo! Poi Bruce, il vostro sgherro.» Prende una piccola pausa, sente i passi di Efesto alle proprie spalle e storce le labbra in una smorfia. «C'è qualcosa che non va» dichiara. «E io andrò a fondo in questa faccenda, statene certo.»
«Smontate da cavallo.»
Oliver si volta a guardarlo e solleva un sopracciglio. «È un ordine?» chiede perplesso. «Mi state dando un ordine?» Per poco non si lascia scappare una risatina frustrata.
«Scendete, dannazione!» Louis batte i talloni sull'addome di Efesto, lo raggiunge e allunga una mano per afferrare le briglie di Cupidòn. Lo sguardo gelido, irritato. Guarda Oliver negli occhi e vi legge solo un cruccio divertito.
«Sir Holland, quanto fervore» lo canzona. Poi fa spallucce, lo asseconda senza dire una sola parola. Smonta da cavallo e solleva entrambe le sopracciglia. «Ecco fatto» dice. «Adesso avete intenzione di sequestrarmi il destriero?»
«Sciocco» borbotta. Socchiude gli occhi e smonta a sua volta.
Dal canto suo, Oliver inclina appena la testa. Lo vede avanzare a passo deciso verso l'albero più vicino e legare lì i due stalloni. «Non dovevamo andare al borgo?» chiede. Tuttavia, non ottenendo alcuna risposta, sbuffa. Gli si avvicina con fare curioso: il passo felpato, lo sguardo attento. «Vi sentite bene?» indaga.
Louis non gli dà il tempo di aggiungere altro, perché subito si volta e lo afferra per il farsetto. «State zitto una buona volta» ringhia.
«Oui» soffia. E ghigna, trattiene il fiato. Si lascia trascinare lontano dai cavalli, poi si ammutolisce. La schiena che batte contro la corteccia, la risata che gli si mozza in gola. Infine le labbra di Louis che lo cercano e le dita sul collo, sulla nuca. Che animale, si dice. Riesce perfino a sorridere tra un morso e l'altro, mentre la bocca di Louis si schiude e lo addenta con foga alla giugulare. «Avete dei modi alquanto bruschi» lo pungola.
«E voi degli argomenti di conversazione piuttosto discutibili» borbotta. Le mani che scendono, che lo fanno sospirare appena. S'intrufola nei suoi calzoni e lo libera con un grugnito basso.
«I miei argomenti sarebbero discutibili?» sussurra. «E i vostri, mon ami?» lo provoca, ma non ottiene alcuna risposta. Poi posa la testa contro il tronco dell'albero e solleva lo sguardo verso le fronde. Si lascia andare, e, per giunta, sospira, ansima. Sente la presa di Louis farsi più veemente, le dita sfregare l'erezione con foga. Per un attimo si dice: Chiudi gli occhi, Oliver. Ti sembrerà di stare in Francia! Eppure non lo fa. Li tiene aperti, spalancati. Quasi non batte le palpebre. E i pensieri s'interrompono man mano che il respiro di Louis si fa più pesante contro il suo collo. Così digrigna i denti, si aggrappa alla corteccia, percepisce un frustrato ringhio interiore. Le unghie che raschiano, poi uno scatto fulmineo. Scosta Louis con uno spintone e lo vede vacillare all'indietro.
Il fiato corto e gli occhi appannati da un velo d'eccitazione. «Che Diavolo!» sbotta. Sente di nuovo la pressione delle sue labbra, la rabbia che s'insinua come un veleno e che avanza al pari di un contagio. Prima la lingua, poi i denti. Il sapore del sangue, i calzoni abbassati con uno strattone. Sospira, si lascia trascinare in terra in un mugolio.
E sono le foglie secche sotto il mantello, tra i capelli. Ancora le labbra di Oliver, il calore di una bocca dannata. Lo sguardo fisso, lapidario. Una frazione di secondo, poi l'inferno. Lecca appena la sua erezione, poi la ingloba. E più sugge, più si tocca da solo.
Louis batte un pugno al suolo, boccheggia. Sente l'aria bruciare nei polmoni e il cervello andare in fumo. La gola secca, i denti che premono sulle labbra e si tingono di rosso. Un sapore ferroso, un brivido d'eccitazione. Lo chiama in un grugnito basso, infine lo sente sussultare. I capelli biondi che gli solleticano l'inguine, il respiro irregolare che gli carezza il pube. Sensi ovattati: orecchie sorde, occhi che non vedono niente, parole che mancano. Serra le palpebre e s'impone il silenzio. Spinge il bacino nella sua direzione, asseconda le pompate frenetiche e infine si libera. Un gemito roco, la disconnessione totale tra pensiero e azioni.
Oliver deglutisce, poi prende la parola, si pulisce le labbra con il dorso della mano e osserva Louis con un cipiglio crucciato. «Dunque...» mormora. Quando gli vede socchiudere le palpebre, continua: «Ditemi, mon ami: a chi stavate pensando?»
Ha ancora il fiato corto e il sangue che gli romba nelle orecchie. Si umetta le labbra, sente il taglio pizzicare appena, battere contro gl'incisivi. E grugnisce, non risponde. A chi stavo pensando? Echeggia mentalmente. Allora cerca di riorganizzare le idee, di sistemarsi i vestiti addosso. Si tira in piedi senza dire una parola e con la coda dell'occhio vede Oliver calzarsi la camicia oltre la cintura.
Una nota di rammarico nella voce, dice: «Non vorrete farmi credere che sia stato io a scaldarvi tanto.»
«E voi?» lo provoca piano.
Oliver tace, lo guarda. E forse è il primo a doversi rimproverare, chissà. Non ci ho pensato, non questa volta, si dice. Ma nello stesso momento in cui si trova a negarlo, una fitta lo gela sul posto. Così si lascia scappare una risatina amara. «Touché!»
Louis lo segue con lo sguardo, lo vede raggiungere i cavalli e montare in sella a Cupidòn dopo aver sciolto le briglie. «Di cosa stavamo parlando?» divaga. La testa china, lo sguardo assente, nuovamente colpevole, nuovamente infantile.
«Delle vostre inclinazioni e della mia inutile gelosia» riaggancia Oliver. Batte i talloni sull'addome di Cupidòn e gli fa muovere qualche passo sul posto. Dà le spalle a Louis, si mostra quasi offeso. E ghigna amaramente.
«Non ho nessuna strana inclinazione» grugnisce l'interpellato.
«Il vostro tentativo è ammirevole, mon ami, ma da solo non vale abbastanza» lo corregge. «Vi siete appena concesso una piccola morte, se non erro.»
E Louis schiocca la lingua, distoglie lo sguardo. Snoda sbrigativamente le briglie di Efesto, quasi si pente di essere uscito da palazzo. «Al Diavolo, Oliver!»
«Non vi scaldate tanto, dopotutto siamo complici.» Accenna con il capo nella sua direzione e gli rivolge un sorriso di scherno. «Parlatemi di ciò che volete, avanti!» lo sprona. «L'importante è dare fiato alla bocca, mon ami...» Fa spallucce, sogghigna. «Avrete tempo a sufficienza per starvene zitto - da morto, s'intende. E manca ancora molto a quel giorno.»
«Quanto cinismo.» Arriccia il naso con una punta di fastidio, infine tira dà un colpetto di briglie e indirizza Efesto verso la strada che porta al borgo.
«Mai abbastanza, temo» rettifica e poi lo segue, lo affianca. «Volete descrivermelo?»
«Chi?»
«Il ragazzino, ovviamente.» La voce bassa, il tono lascivo. Gli vede indurire i muscoli del viso, così schiocca la lingua in un moto di soddisfazione. «Oh, mon Dieu! Siete serio?»
«Non so di cosa state parlando» lo liquida.
«Quell'espressione è inequivocabile» mormora. «Ve l'ho vista fare ben poche volte, sapete? È chiaro che mi state nascondendo qualcosa.»
«Per esempio?»
«Dovreste essere voi a dirmelo, non io a scucirvelo poco a poco» si lagna. «Tuttavia...» riprende. «Il vostro silenzio parla molto più di voi.»
«E cosa direbbe il mio silenzio?» Un'altra domanda, il sopracciglio di Louis che si solleva perplesso.
«Siete così pieno d'interrogativi che non trovate risposte, vedo» lo canzona Oliver. «E sia, sarò io a parlare per voi.» Prende una piccola pausa, osserva Louis in viso e spera di sentirlo ribattere. Poi scuote la testa, ci rinuncia e dice: «Dal momento che non lo avete proposto come preda per la scorsa battuta di caccia, il problema è serio.»
«Ah, sì?»
«Sì: quel ragazzino v'interessa.»
«Quella pulce non m'interessa affatto» sibila in tutta risposta. Lo sguardo fisso, il mento rigido. «E la caccerei molto volentieri, se solo potessi.»
«Cosa ve lo impedisce?»
«Molto più di quello che credete» Ricorda le parole di Elliot e subito inspira a fondo. Poi trattiene l'aria, echeggia nel nome che al borgo passa di bocca in bocca: Barbablù.
«Molto di più, eh... Allora non è soltanto l'affetto di vostra madre a frenarvi.»
«Non solo» conferma.
«È il suo aspetto!» esclama convinto. «Ma non avete intenzione di descrivermelo, dunque posso soltanto immaginarlo.» Gli vede aggrottare le sopracciglia, così si lascia scappare una risatina asciutta. «Tutto questo mistero mi fa pensare che sia minuto - non sarebbe una Flea, altrimenti - ed effeminato quanto basta.»
«Non avete proprio altro di cui parlare?» Sbuffa.
«Ho indovinato, dico bene?» Lo sente sospirare, così si prepara ad ascoltare ciò che crede sia un fiume in piena.
«I suoi occhi sono color del cielo, ma cambiano a seconda della luce che li colpisce. Differiscono di ora in ora, di momento in momento. Scuri la notte, di un inarrivabile blu oltremare, e tersi al mattino, quasi carta da zucchero.» Prende una piccola pausa, si lascia cullare dallo scalpiccio degli zoccoli di Efesto. Infine continua, dice: «Nel pomeriggio, di tanto in tanto, sembrano assumere i toni del crepuscolo...»
«Siete fregato, mon ami!» interviene Oliver, riscuotendolo dalla sua contemplazione intangibile. «Dico davvero: non vi ho mai sentito parlare così di qualcuno, nemmeno di vostra moglie.» E ghigna, lo schernisce: «Troppi aggettivi, troppi complimenti, troppi paragoni...»
«Non sono uscito con voi per continuare a parlare di Elliot» lo liquida.
Ma Oliver non si lascia sfuggire l'occasione e rincara la dose. «Elliot è un bel nome» commenta. «Così casto, così puro... Significa il Signore è il mio Dio.» Un'esclamazione divertita, poi la provocazione finale: «Avrete un rivale in amore!»
«Un rivale?»
«Sbagliato, mon ami, sbagliato!» lo corregge subito, negando con il capo. «La parola che avrebbe dovuto crucciarvi è amore.» Lo sguardo allusivo e il tono altrettanto malizioso. «Potreste mai innamorarvi di un ragazzino?» chiede. E non attende una risposta, perché è lui stesso a rispondere: «No, affatto.» Allora si lascia scappare una risatina. «Avrei giurato, conoscendovi, che sareste stato pronto a dire qualcosa del genere.»
«Non fate certi giochetti con me, Oliver. Non funzionano» grugnisce a denti stretti.
«Funzionano benissimo, invece» lo contraddice. «Sarei in grado di far confessare qualsiasi cosa a chiunque e solo con una semplice chiacchierata.»
Uno sbuffo seccato, poi un sibilo. «Siete incredibile.»
«No, siete voi a essere incroyable.» Gli punta il dito contro e aggrotta di poco le sopracciglia. «Avete intenzione di prenderlo come amante?»
«No.» Una risposta secca, lapidaria.
«Siete un bugiardo» soffia e tira le briglie, frena l'avanzata di Cupidòn.
Pochi passi più avanti, Louis corruga le sopracciglia e fa altrettanto con Efesto. Si volta a guardare Oliver e borbotta un: «Che vi prende? Siete voi ad avermi chiesto di parlare.»
«Chiamatemi quando siete rinsavito, Louis!» esclama. Poi solleva il mento con fare stizzito e sprona Cupidòn nella direzione opposta.
«E la passeggiata al borgo?» domanda. Il tono alto, l'irritazione nelle vene.
«Passeggiare al borgo va bene» risponde l'interpellato. «Ma non sentire i vostri sospiri d'amore per la Flea.» E subito si blocca, trattiene Cupidòn per le briglie. Vede Efesto trottargli attorno e lo sguardo di Louis farsi più torvo, inquisitorio.
«Non ho alcuna intenzione di parlare d'amore, Oliver!» ringhia. «Siete stato voi, piuttosto, a fare troppe domande e a giungere a conclusioni affrettate.»
«Dunque smetterete di parlare della flea» lo provoca.
«Solo se ritirerete le vostre insinuazioni: non sono né pazzo né innamorato» precisa.
«E sia, ritiro tutto. Ma smettetela di girarmi attorno o mi farete venire il mal di mare.»
«Siamo sulla terra ferma» lo contraddice. Un ghigno dipinto in faccia e il divertimento che preme per uscirgli di bocca con una risata. Si trattiene, infine sprona Efesto verso la strada che porta al borgo.
«Grazie» fa ironico. Poi batte le palpebre, cerca di riadattarsi all'andatura di Cupidòn. In un attimo gli è subito di fianco. Lo vede stringere le briglie in un moto frustrato, perciò sospira. «Vuotate il sacco» dice. «Avanti, raccontatemi tutto.»
«Mi avete appena proibito di farlo» gli ricorda questi.
Esasperato, Oliver scuote la testa. «Lo so, cosa credete! Ma temo che di questo passo finirete per esplodere...»
Louis non ribatte, non lo corregge. Ha ragione, si dice. Sospira, si umetta le labbra, abbassa di poco le palpebre. Lo sguardo concentrato sulla strada e le parole che ricominciano a fluire. «Vi dirò come sono andate le cose, allora: Bruce lo ha portato a palazzo quando ancora era svenuto per colpa di una botta in testa e, non appena ha aperto gli occhi, ha vomitato l'anima. Il fetore iniziava a uccidermi, così ho deciso di spostarlo in camera mia - non dite niente, so cosa state pensando, ma era la più vicina e non volevo che qualcuno lo vedesse.» Allora si ferma, storce di poco le labbra. Posso davvero raccontargli tutto quanto? si chiede. Ma non si sofferma troppo a pensare e, anzi, subito riprende: «Ha dormito per quasi due giorni, sapete? A dirla tutta pensavo che non si sarebbe più ripreso...» Deglutisce, sente addosso lo sguardo di Oliver. «Poi l'ho baciato.» Una pausa più lunga delle altre, il tempo sufficiente per far fischiare Oliver.
«Lo avete baciato?» Sembra incredulo, non solo infastidito.
«Non so perché l'ho fatto, Oliver. Forse pensavo che sotto quei vestiti cenciosi si nascondesse una ragazza...» azzarda.
«Volete farmi credere che non sapete più riconoscere una ragazza da un ragazzo?»
Louis serra i denti, deglutisce ancora. Si sente giudicato, sotto tiro. Tuttavia non obietta, continua semplicemente il discorso: «Ho avuto modo di accertarmi della sua natura quando l'ho obbligato a lavarsi.» Sente Oliver ridacchiare e cerca di giustificarsi con un: «Puzzava di stalla, era un odore fastidioso.»
«Certo, davvero fastidioso...» lo canzona. «È normale far lavare un prigioniero.»
«Non gli ho permesso di uscire, ovviamente, ma ciò non gli ha impedito d'incontrare mia madre e farsela amica in un batter d'occhio» grugnisce, ormai preso dal proprio racconto. Lo sguardo assente, lontano. «È diventato il suo valletto, assurdo!»
«Forse è una tattica» mormora. E improvvisamente sembra pensieroso, concentrato. Restringe lo sguardo, torna a fissare dritto dinanzi a sé. «Forse è solo un modo per convincere vostra madre a dargli il permesso di tornare al borgo...»
«Lo credo anch'io» conferma. «Ma dubito che possa trovare il coraggio di farlo davvero.» Sembra deciso, convinto, mentre lo dice. «Ha paura di me, non rischierebbe mai di farmi arrabbiare.»
Note:
Ciao a tutti!
Anche questo capitolo è andato nella sua revisione! Come già ho detto nelle scorse note, era accorpato a quell'altro, e io mi chiedo come mai scrivessi delle cose tanto lunghe. Cioè, in realtà lo so, ma non troverei il coraggio di pubblicarle, oggigiorno.
Spero che la lettura vi sia piaciuta e che questa parentesi tra Louis e Oliver non sia sgradita ai più. Ecco, diciamo che nella prima versione erano solo amici, ma che la cara AlexielDubois ha premuto affinché facessi scoccare la freccia di Cupido. C'era troppa ambiguità, me ne rendo conto da sola, e ho voluto darle retta.
Ho fatto bene? Ho fatto male? Attendo i vostri commenti.
E perdonatemi per il ritardo con il quale ho postato questo aggiornamento, sono una persona brutta e cattiva, ma ho avuto parecchio da fare e ho scritto tantissimo in questo periodo.
Se il capitolo vi è piaciuto, lasciate una stellina, grazie!
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