ANGELI: la storia di Erwin


Un deserto di rami secchi

tutto ciò che resta

dell'inestricabile groviglio

che era la loro protezione

da un mondo ottuso

che non li avrebbe mai capiti

_infine assorbiti e smarriti_

laddove un tempo vi erano

verdi fronde e una capanna.

Invenzioni, risate e litigi

giochi di guerrieri invincibili,

di vita e di morte violenta,

spargimenti di verde linfa vitale

_il loro sangue dopotutto_

ma sempre con romantico onore.

Un deserto di rami secchi

e terra umida tutto ciò che resta

della simbiosi più perfetta

_Uomo e Madre Natura_

alienata dal cemento delle città.

Il giorno in cui si recò a ricordare

per ritrovare le sue radici,

nostalgico e disperato tanto da

pregare_ Padre Nostro che sei

nei Cieli, ma anche sulla Terra

su cui poggio i piedi,

l'Eterno Ritorno donami

e splenda per me la Luce del Sole_

Erwin non lo vide arrivare,

ma un anziano signore

si avvicinò e gli disse di

non perdersi in astratti pensieri

e in vane elucubrazioni mentali,

di non dimenticarsi degli altri,

dei cinque sensi, del suo corpo

che ha bisogno di soddisfazione;

di non morire di nostalgia

perché tutto si trasforma

e niente resta uguale a sé stesso,

neppure gli astri che paiono eterni.

Sapeva tutto di lui mentre

Erwin nemmeno lo conosceva

e non lo vide mai più,

perché dopo qualche chiacchiera

_ed ogni parola liberava lo spirito_

se ne andò come era arrivato.

Ed è un deserto di rami secchi

e nuvole di vapori di muffa

ciò che resta di un trascorso

compianto che non tornerà:

ma da quell'incontro

_indelebile nella sua mente_

Erwin imparò a guardare avanti

verso nuove avventure,

assaporando l'intenso aroma

di splendidi momenti.



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