7. (Sept)

"Devi assolutamente raccontarmi ogni cosa. Cos'erano quelle mani intrecciate?" la curiosità di Bella si manifesta subito quando Robin risponde al telefono la sera stessa.

"Io e Toni ci siamo avvicinati molto ieri pomeriggio..." risponde l'olandese, mentre Bella sistema alcuni appunti in camera sua, lontana dalle orecchie di suo padre.

"Non tenermi sul vago dai, voglio sapere tutto."

"Avevamo organizzato da lui, abbiamo iniziato studiando, come sempre, ma una cosa tira l'altra e... l'ho baciato. Non ho resistito, è stato più forte di me. Ed è stato stupendo. Ho anche dormito là, e penso sia inutile dire che ero perennemente tra le sue braccia stanotte." Bella trattiene a stento la gioia e il gridolino che sente nella gola.

"Non ci credo. Non stai dicendo sul serio. State insieme?" Bella si morde il labbro quasi senza rendersene conto, la penna che ruota tra le dita mentre sta seduta scompostamente alla scrivania.

"Non me l'ha chiesto esplicitamente, e nemmeno io, ma ci siamo baciati parecchie volte."

"Che dolci! Siete bellissimi insieme. Penso che glielo debba chiedere tu. Hai aspettato anni per essere felice, è giunto il momento."

"Sì, penso che sarò io a chiederglielo a questo punto. Sta venendo qui da me, è una fortuna abitare soli entrambi... non vedo l'ora di rivederlo."

"Si vede che ti piace sai? Sono molto felice per te topino." Bella è sincera, e Robin lo sa.

"Non solo mi piace... Bella io lo amo, ne ho la certezza ormai."

"Lo so. Ti voglio bene topino." o forse...?

"Anche io te ne voglio Bella." la voce di Robin, Bella lo sente, è forzata, ma cerca di non farci troppo caso.

Ottobre

Tori

SI PUÒ SAPERE CHE
FINE HAI FATTO???

SONO TRE GIORNI CHE
MI IGNORI

Bella guarda esasperata il cellulare, e finalmente Vittoria entra su Whatsapp, scrivendole subito.

Se ti dicessi che cosa sta succedendo
non ci crederesti.

Dipende da cosa mi dirai

Sto uscendo con André

Bella rimane stupita dalle parole che legge sul suo telefono, Vittoria e André si conoscono ormai da un mese, così come lei e Jean, e se deve essere sincera non si aspettava che iniziassero a frequentarsi.

No okay non è possibile

Mi stai prendendo per il culo

Da quando?

Ma state insieme?

Cioè dai fino a una settimana fa
a malapena vi scrivevate

Vi sarete visti cinque volte
in un mese

Ma no che non stiamo insieme

Ma ci stiamo conoscendo pian piano

Dacci un po' di tempo

Lui è davvero cute

Ovviamente so che cerca una
relazione seria ed è giusto che
sia così, ha anche 30 anni,
mica è un ragazzino che vuole
solo una scopatina veloce

E tu?

Seriamente me lo chiedi?

Dai lo sai anche tu che
anche io vorrei qualcosa
di serio

Certo che lo so

Piuttosto, devo dirti una cosa

Ma prometti di far finta
di nulla, perché dovrebbe
essere una sorpresa,
ma proprio non riesco a
tenermelo per me

Jean vuole invitarti al ballo

Oggi è la giornata degli infarti indesiderati, pensa Bella, che non si aspettava questa confessione da parte di Vittoria.

AH.

E chi se lo aspettava

Ovviamente ha chiesto consiglio
ad André e ovviamente André lo
ha detto a me, raccomandandosi
di non dirti nulla

Ma era impossibile non venire
a riferirlo

In questi giorni dobbiamo andare
a cercare dei vestiti

Ho visto qualche negozio che
forse potrebbe fare al caso nostro

Amo quando mi spifferi le cose

Bella lascia un cuore in fondo alla frase, con ancora il sorriso sul volto, e si alza dalla sedia alla scrivania per mettersi qualcosa per uscire di casa, tra non molto Jean la passerà a prendere. Si infila una maglietta nera, una felpa della Ferrari dello stesso colore rubata a suo fratello e mai più restituita e un semplice paio di jeans. Mentre aspetta il solito messaggio di Jean, scorre un po' la home di Instagram, e tra post di gente famosa e vecchi amici di Modena, si rende conto di una cosa che tra un'uscita con Jean e l'altra le era completamente passata di mente.

robinfrijns1
Parigi

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I love you so much
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È ormai un mese che Antonio e Robin stanno insieme, a Bella spunta un sorriso in automatico sulle labbra, apre la sezione dei commenti, per lasciargliene uno.

_isabella.ferraro_ Siete bellissimi

Non passa che qualche secondo, che le arrivano un paio di notifiche.

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Bella finalmente vede Robin felice insieme ad Antonio, e non potrebbe che esserne felice a sua volta. Pensa a quel bacio che Robin ha dato ad Antonio nell'atrio dell'università, la mattina dopo che lei gli aveva detto di fare il passo successivo. Pensa al luccichio negli occhi di Robin, che vedeva benissimo anche da qualche metro di distanza, mentre gli chiedeva di essere il suo ragazzo, gli occhi di qualche altro studente su di loro, qualcuno con un sorriso, altri indifferenti alla situazione, le guance rosee di Antonio mentre gli rispondeva di sì e si perdeva nuovamente un attimo dopo nelle labbra dell'olandese, al modo in cui si tengono per mano quasi ogni secondo da allora, la dolcezza con cui si guardano negli occhi. Robin che ha invitato al ballo Antonio e lui ha risposto di sì, senza pensarci un secondo, l'olandese che da allora non pensa ad altro se non a quello, e continua a parlarne a Bella perdendosi in monologhi ricchi di progetti per il futuro con Antonio lunghi anche un paio di ore. La mora sorride, poi la sua attenzione viene catturata da un messaggio che appare in alto sullo schermo, è Jean che le dice di scendere. Il messaggio subito viene sostituito da una notifica di un messaggio vocale da parte di Vittoria. Bella lo ascolta mentre si infila le scarpe e un cappotto nero, la sua migliore amica le fa sapere che oggi sarà fuori con André, e le ricorda di fingere stupore quando Jean le chiederà di andare al ballo con lui.

"Se dovesse scoprire che André si è lasciato sfuggire una cosa del genere probabilmente gli staccherebbe un braccio." Bella ride, mentre blocca e butta distrattamente il cellulare in una delle tasche del cappotto per poi avviarsi verso la porta d'ingresso.

Bella è riuscita a capire una settimana fa cosa Jean intendesse dire con la frase "molte volte ho un carattere di merda", lo ha visto quando per poco lui non è andato su tutte le furie perché un ragazzo che passava per la strada che porta alla biblioteca dell'università non ha fatto un apprezzamento di troppo su di lei, che camminava accanto al francese alla ricerca di un posto tranquillo dove passare l'ora di buco che avevano entrambi. Jean si è voltato d'istinto verso di lui e dopo avergli detto tra i denti di tenere la bocca chiusa, per poco non lo ha ucciso con uno sguardo. Bella lo ha preso per un braccio, con delicatezza, quasi Jean non sentiva le sue dita sui suoi vestiti, ma è riuscito a calmarsi perché c'era lei. Non ha più detto o fatto nulla, ma il fatto che esistano davvero ragazzi e uomini che sono in grado di dire e pensare certe cose mi manda sui nervi, le aveva poi detto in biblioteca. Lei gli aveva risposto che era abituata al catcalling, ma lui aveva replicato fermamente che non dovrebbe, perché non è una cosa normale. È veramente orribile che dobbiate sopportare tutto questo, solo perché certi non riescono a tenere a bada gli ormoni e frenare la loro lingua da serpe. Se potessi taglierei la lingua a tutti loro... e forse anche qualcos'altro.

Bella e Jean passeggiano per il lungo Senna, il francese sempre vicino alla mora, il sole di metà ottobre che li scalda appena mentre Bella ripensa a quell'episodio di una settimana fa. Jean sembra tranquillo, ma Bella sente che da qualche giorno a questa parte c'è qualcosa che non va che lui non vuole dire. Una leggera brezza scompiglia i capelli di entrambi mentre sono fermi a poche decine di metri dalla Tour Eiffel, il francese sofferma lo sguardo sulla struttura di metallo, Bella lo vede assente, come ormai è successo spesso quando si trovano da soli. La mora posa una mano sul braccio di Jean, che con un sorriso abbozzato si volta a guardarla attraverso le lenti degli occhiali da sole. Quasi senza farlo apposta, Bella si avvicina un po' di più a lui, nascondendosi in parte dietro di lui, ma restando comunque al suo fianco. Vorrebbe sapere cosa gli passa per la testa, ma non sa se disturbarlo è una buona idea, probabilmente vuole solo godersi il silenzio dello scorrere lento del fiume accompagnato dal caos della capitale che li circonda. Resiste finché il sole non scompare dietro l'ennesima trave d'acciaio della torre, immergendoli in un'altra sfumatura d'ombra e abbassando lo sguardo sulla Senna accanto a loro prende coraggio.

"Jean..." l'attenzione del francese è subito su di lei, non è infastidito da quella piccola distrazione. "Sono giorni che ti vedo un po' sulle tue. Se ti va di parlarne, mi dici che succede?" Jean abbozza un altro mezzo sorriso e si decide a parlare.

"Il professore di economia mi ha fatto una proposta e non credo di essere in grado di poterlo aiutare, nonostante lui se lo aspetti." lo dice quasi a denti stretti, come se gli costasse troppo sforzo dirlo a cuor leggero.

"Intendi Romaine? Economia del secondo anno, quella che frequenterò io il prossimo semestre?" il francese annuisce. "Parti dall'inizio, per favore." prosegue Bella.

"Sarà lui il mio relatore di laurea quando a maggio toccherà a me indossare la corona d'alloro." Bella sorride a quelle parole, stringe delicatamente il braccio di Jean, e lascia che prosegua. "Sta organizzando una conferenza prima della fine del semestre a cui assisteranno gli studenti del primo anno della magistrale, parlerà dei futuri sviluppi economici che comporteranno i veicoli elettrici su scala globale... e a me ovviamente ha chiesto di parlare della Formula E." il francese interrompe bruscamente la sua spiegazione, facendo un respiro profondo e chiudendo per qualche istante gli occhi. "Bella... ti... ti va di venire da me? Penso sia ora che tu sappia l'altra metà della mia storia."

Cheetah si avvicina curiosa a Bella quando entra in casa seguendo Jean, arriva quasi correndo a salutare il suo padrone, si strofina dolcemente sulla sua gamba, riempiendo di peli i jeans del francese, che si abbassa per accarezzarla dolcemente, poi la gatta rivolge le sue attenzioni alla nuova ospite. Bella si accovaccia e avvicina piano la mano al nasino rosa di Cheetah, che la annusa.

"Ciao Cheetah, sei bellissima." mormora Bella, con Jean che non perde le due di vista nemmeno per un istante. Cheetah in risposta strofina il musetto sulla mano di Bella, che sorride e la accarezza sulla testa, la schiena e sotto il mento.

"Bella, vuoi darmi il cappotto?" Jean interrompe il momento, la mora alza lo sguardo su di lui, che si è già liberato del suo, appendendolo sull'attaccapanni dietro di lui.

"D'accordo." risponde lei, alzandosi e togliendolo, per poi porgerlo a Jean. Il francese lo appende e poi sparisce nell'open space oltre la parete che divide l'ingresso dal resto della casa.

"Se vuoi raggiungermi, posso offrirti qualcosa?" Bella segue Jean con discrezione, si tira le maniche della felpa fino a metà dei palmi delle mani e perlustra con lo sguardo la casa del francese. Sui toni neutri e arredato con mobili moderni, l'appartamento è grande e arioso, ma l'aspetto che più colpisce Bella è la moltitudine di quadri, trofei e caschi che il francese ha sparsi per casa. Caschi di piloti famosi, come Ayrton Senna, Michael Schumacher, alcuni della Scuderia Ferrari che non riesce a riconoscere, altri di una squadra che non ha mai sentito, ma che la attraggono per i loro colori, e infine uno della Techeetah, posato al centro di una mensola di un mobile pieno di ricordi. Bella si azzarda a sfiorare uno dei caschi, la scritta sulla visiera recita Virgin Racing. Vede Jean raggiungerla con la coda dell'occhio. "Non mi hai detto se ti va qualcosa."

"No, sto bene." risponde lei, con un filo di voce. È consapevole che per Jean questa parete, come tutti gli altri "arredi" ormai siano solo fonte di ricordi probabilmente dolorosi, quindi lascia che sia Jean a iniziare il discorso. "Questo casco è molto bello." continua lei, allontanando la mano. Vede Jean prendere il suo cellulare dalla tasca dei jeans e scorrere con il dito sullo schermo, finché non trova quello che cercava.

"Stai guardando il casco della mia prima e unica stagione in Formula E, della scuderia Virgin, ed è da lì che inizia la mia storia." Jean volta il cellulare nella direzione di Bella, sullo schermo c'è un post del francese di un po' di anni fa, lui più giovane seduto sulla sua monoposto.

jeanericvergne
Punta del Este

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Day one with my new family, and already having some shit to listen to on the phone.

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12 dicembre 2014

"Non avevo nemmeno vent'anni allora, questa foto è della mia prima gara in assoluto. Non so bene da dove cominciare a raccontarti..." prosegue, bloccando il cellulare e rimettendolo in tasca. "Probabilmente dal fatto che loro sono stati i primi a riporre fiducia in me nonostante quasi nessuno ne avesse... arrivavo da una piccola serie regionale di monoposto e il mio approdo alla Virgin nella neonata categoria che allora era la Formula E mi portò quasi subito una fama che non mi aspettavo minimamente." Jean si avvicina a una foto che ha incorniciato sulla mensola sopra a quella dove si trova il casco della Virgin, ne sfiora la cornice. Nello scatto, lui è su un podio, che alza un trofeo al cielo, felice del risultato appena ottenuto. "Questa mi fu scattata a Long Beach, in California, e fu il miglior risultato che ottenni quella stagione, il secondo posto." il francese sfiora il trofeo accanto alla foto, e subito dopo un'altro a qualche centimetro da esso. "Questo trofeo fu invece frutto del mio terzo posto nella prima delle due gare di Londra, nel 2015. L'ultima gara della mia carriera." sospira, guarda ancora per un attimo il trofeo e poi si allontana da quegli scaffali bianchi. Bella si sistema un ciuffo di capelli dietro le orecchie, poi si volta a osservare il francese, che è fermo vicino al divano, con una mano sullo schienale, Cheetah raggomitolata sulla stoffa grigia a poca distanza da lui, con il viso rivolto al francese, le fusa che presto inondano la stanza, gli occhi chiusi come a pregustare le carezze che lui le farà. Il francese le sorride dolcemente, prima di passare il pollice sul lato del suo musetto, Bella raggiunge i due e si siede sul divano, Jean la copia, restando a poca distanza da lei.

"Che cosa è successo poi?" chiede Bella, sfiorando il braccio di Jean. Il francese si tormenta le mani con lo sguardo basso.

"Il giorno dopo fu l'ultima gara della stagione. Avevano deciso doppia gara a Londra, così si correva sia il sabato che la domenica. Non si è mai capito cosa sia successo davvero, nessuno parla più di quel weekend e nessuno va a scavare nel passato per capire cosa è successo e in fondo sono grato di questo, non mi va di tornare così nel dettaglio a quel giorno. La cosa che ricorderò per sempre fu l'incidente, è ancora vivo nella mia mente e nessuna misura di tempo riuscirà mai ad affievolire il ricordo. Sentii chiaramente un'altra auto che colpì la fiancata della mia, ma il pilota alla guida non lo fece apposta. Era quasi la fine del rettilineo e dall'altra parte della curva quasi non c'erano barriere. Persi completamente il controllo e non frenai in tempo. In quell'istante credetti di morire. Duecentocinquanta chilometri all'ora contro una quasi inesistente barriera di gommapiuma troppo sottile, subito dietro un muretto di cemento. Quando riaprii gli occhi per il dolore davanti a me non restava quasi nulla della macchina." Jean fa un respiro profondo, deglutisce a fatica, è tornato quel nodo in gola che lo attanaglia sempre quando racconta la sua storia a persone di cui si fida. "Non mi sentivo più le gambe. Sopra di esse c'era solo dolore. Un dolore indescrivibile e costante, e non avevo più fiato in gola per gridare di venire ad aiutarmi. Passarono solo un paio di minuti, ma a me sembrarono un'eternità, prima che mi raggiungessero e capissero che tirarmi fuori normalmente sarebbe stato quasi impossibile. Aprirono quel che restava dell'auto sopra il mio corpo, ma sentivo di stare per svenire, da qualche parte sotto il dolore o dove non sentivo più le gambe sapevo di star perdendo sangue, e se non mi aveva ucciso l'impatto con il muro, probabilmente lo avrebbe fatto l'emorragia. Non vidi le condizioni delle mie gambe, non ci arrivai, le forze mi abbandonarono prima. L'ultima cosa che sentii fu: Jean, resta con noi. Quando mi risvegliai ero steso in un letto d'ospedale con entrambe le gambe ingessate fino a metà coscia e nel corpo un litro e mezzo di sangue di qualcun altro e nel frattempo erano passati sei giorni. Un coma leggero, vero, ma fece scoprire un grave difetto alla macchina di cui nessuno si era reso conto." Jean tralascia i dettagli, e Bella non glieli chiede. "Nessuna delle mie due tibie sopravvisse all'incidente, e nemmeno la rotula sinistra. Ora dentro le mie gambe ci sono tre ossa d'acciaio inox e sulla mia pelle cicatrici che non se ne andranno mai." Jean allunga una gamba di fronte a sé e solleva leggermente i jeans, mostrando a Bella la fine della sua cicatrice appena sopra la caviglia. È una cicatrice pulita e liscia, la differenza con il colore della pelle naturale del francese si percepisce appena, ma Bella sa quanto gli pesi averle. "L'incidente mi ha quasi portato via le gambe e niente mi ridarà la mia vita di prima... tutti i mesi spesi in riabilitazione non sono valsi niente, tutti i sacrifici che la mia famiglia ha fatto per farmi correre non sono valsi niente... niente mi ridarà mai la capacità di guidare una di quelle auto. Non avevo nulla dopo l'incidente, avevo perso tutto, il lavoro, gli amici..." Jean si perde con lo sguardo nel vuoto, non riesce più a contenere la lacrima che silenziosa scende lungo la sua guancia sinistra. "...e la voglia di vivere." il francese si ammutolisce per qualche secondo, Bella gli prende delicatamente la mano e intreccia le dita alle sue, non sa cosa dire. "Ho provato a farla finita anche io, tre volte. Non vedevo la fine del tunnel. Mi hanno sempre fermato prima che ci riuscissi. E poi la DS mi ha dato una possibilità. Mi hanno regalato un casco, per farmi sentire ancora parte di quel mondo, e l'ho disegnato pensando a quello che è successo e a quello che sarebbe arrivato dopo." Alza lo sguardo sul casco mai usato sulla mensola, lo osserva mentre racconta il significato dei colori. "Il rosso, il sangue che ho versato quel giorno. Il nero, il tunnel da cui mi hanno fatto uscire e il bianco, il futuro. Luminoso, migliore, sereno, quello di una persona normale. Non voglio più pensare al mio passato, lo voglio con tutto me stesso, ma è davvero difficile, a volte torna troppo violentemente se non sto attento."

"Vorrei poterti dire qualcosa che non suoni assolutamente scontato e stupido, ma le parole che trovo sono tutte inutili e non esprimono a pieno quello che provo in questo momento." ammette Bella dopo un minuto intero di silenzio da parte di entrambi.

"Dimmi quello che ti passa per la mente." mormora Jean, alzando lo sguardo su di lei. Bella vede la riga umida dell'unica lacrima che è scesa dagli occhi di Jean sulla sua guancia, e delicatamente ci passa il pollice della mano libera per asciugarla.

"Nessuno mi aveva mai raccontato qualcosa del genere... di solito quasi nessuno mi racconta la sua storia, gli unici che lo hanno fatto sono stati gli amici che ho ora. Tori, Robin e Toni. Vittoria è entrata in depressione anni fa, ma ne è uscita solo di recente; Robin scappa da genitori che non lo accettano per quello che è; Antonio fugge da un padre violento ed estremamente conservatore... ma la tua storia mi ha fatto capire quanto un sogno infranto possa fare male." Bella ragiona per un po' sulle parole da dire dopo. "Penso che il professore di economia ti abbia chiesto di aiutarlo in buona fede. Non vuole causarti altro dolore, parlare in modo oggettivo di quell'ambiente potrebbe aiutarti a curare un po' di più le ferite."

"Lui sa dell'incidente..."

"Penso lui sappia anche che se parlerai un po' starai meglio. Non devi fare nessuna allusione all'incidente, non ti sta chiedendo questo, non è stupido. Non vuole farti del male."

"Quindi dovrei fidarmi." Jean alza gli occhi su Bella, i loro sguardi si incontrano.

"Sì Eric. Andrà bene." Bella si avvicina al francese, che nota la sua vicinanza e si sistema sul divano, voltandosi meglio verso di lei, avvicinandosi a sua volta. I loro volti sono vicini, li separano non più di trenta centimetri. Improvvisamente, dal corpo rilassato del francese, con un braccio appoggiato contro la spalliera del divano, e da quello di Bella, con le gambe incrociate sul tessuto grigio, si irradia di nuovo quell'elettricità che avvolge entrambi e attrae l'una verso l'altro in maniera quasi irresistibile. I muscoli di Jean si tendono leggermente mentre lui alza la mano a sfiorare il viso di Bella. "Grazie di avermi raccontato anche questa parte della tua storia." sussurra Bella, posando la mano sopra quella di Jean sul suo viso, prendendola e intrecciando le dita alle sue mentre la appoggia piano sulle sue gambe.

"So di potermi fidare di te. Ora voglio chiederti una cosa e spero non ti dia fastidio... vuoi venire al ballo con me?" a quella domanda Bella sorride, leggermente in imbarazzo, toglie lo sguardo dalle labbra di Jean su cui non si era nemmeno accorta di essersi soffermata.

"Detesto l'idea del ballo... ma sì." tutto pur di passare con te più tempo possibile, pensa.

~~~~
Ho realizzato tardi che l'incidente di Jean di questa storia non sarebbe stato verosimile, ma non avevo tempo né fantasia per renderlo tale, perdonatemi :')

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