Capitolo 20

Quando i ragazzi del branco se ne andarono era notte fonda.

Avevo promesso a mia madre che sarei tornata a casa presto, ma naturalmente non era successo.

Non che mi sia impegnata più di tanto.

L'espressione "come no" sul suo viso mi tornò alla mente.

A quanto pare mi conosceva meglio lei di me stessa.

Io, Bash e Char finimmo per sistemare il casino che il branco aveva combinato nella cava prima di andare a casa.

Nel frattempo che raccoglievo le ultime bottiglie vuote di birra rimuginavo alla lite non veebale tra i ragazzi.

Li scrutai sottecchi.

I due stavano posizionando le coppe  nel torrente in uscita dalla cava, con lo scopo di farle pulirle per bene dall'acqua corrente.

Massima pulizia con il minimo della fatica.

Li osservai bisbigliare, intenti a discutere senza che io carpissi l'oggetto della loro conversazione.

La cosa mi diede sui nervi, oltre ad aumentare la mia confusione per lo scambio di sguardi avvenuto appena un'ora prima.

Facevo fatica a credere di aver visto imbarazzo sul viso di Char.

Di cosa mai si sarebbe dovuto imbarazzare?

E l'accusa di Bash?

Perchè avrebbe dovuto accusare Char?

E di cosa poi?

La rabbia era stata talmente evidente che avevo a stento riconosciuto il mio pseudo amante. 

Non era da lui fumare di rabbia così.

Tantomeno mordere.

Mi passai la mano sul punto dolente.

Tracciai con le dita i segni dei denti.

Sospirai.

Altro che amante! Il mio migliore amico si stava trasformando in un animale.

Udii Bash alzare la voce.

− E allora lasciala in pace!

Mi voltai verso i due cretini.

A quanto pare la lite era finita male.

− Che succede?

− Niente Line, solo una lieve divergenza− mi assicurò Char, con il suo magnifico sorriso rivolto verso la mia persona.

− Siete sicuri? Ultimamente litigate spesso.

Potevano sparare tutte le fesserie che volevano, non mi avrebbero ingannata ancora.

− Si, non è niente Lin − confermò Bash.

Decisi che conoscendo bene le capacità di persuasione del conticino, avrei dovuto fare leva sulle emozioni del pescatore se volevo ottenere qualcosa in più del "non è niente".

Li guardai con sospetto, calcolando quale mossa fosse la più adatta per fregarli, per fare in modo di uscirne vittoriosa e con le risposte che volevo.

Mi tornò in mente quello che mi disse in chiesa Bash e che avrebbe dovuto confessarmi al cimitero se non fosse successo... ehm, quello che è successo.

− Non c'è qualcosa che dovete dirmi, voi due?

Li vidi irrigidirsi. 

Perfetto.

Mi avvicinai lentamente ai due complottisti. 

Dettare il ritmo del discorso mi avrebbe aiutata a farli vuotare il sacco.

I due si guardarono. 

Di nuovo un discorso non verbale. 

Mi infuriai.

− Allora?! Mi nascondete qualcosa! Cos'è?! − chiesi insistente.

− Riguarda il matrimonio.

Bash fu il primo a parlare, esalando quelle parole come se si stesse togliendo un macigno dalle spalle. 

Char non reagì allo stesso modo. 

Sbiancò e rimase in silenzio.

− Il matrimonio?

La questione mi colse impreparata. 

Cosa c'entrava il matrimonio?

− Si. Il matrimonio.

I miei occhi rimbalzarono dal pescatore, che aveva appena parlato, al contino che se ne stava con la bocca chiusa.

− Che cosa c'è che non va?

− La data! − l'affermazione arrivò così improvvisa che io e Bash sussultammo.

− La data... Mi dispiace Line, non possiamo sposarci per la notte di San Giovanni.

Lo fissai stranita e lievemente ferita.

− Perché?

− Beh... Perché... I miei genitori vogliono scendere in paese la notte dei festeggiamenti e se ne accorgerebbero se io sparissi nel nulla, no? 

Ammisi che non avevo pensato a questo particolare.

Avevamo scelto San Giovanni perché eravamo certi che i nostri concittadini sarebbero stati troppo festosi e troppo ubriachi per accorgersi che non eravamo presenti; ma se il Conte e la Contessa avevano deciso di partecipare ai festeggiamenti, l'assenza di Char non sarebbe di sicuro passata inosservata.

− Hai ragione. Potrebbe essere un problema − aggiunsi.

Char sospirò sollevato.

Capii perché la situazione li aveva così tanto angosciati, non avevo dato troppo peso alle conseguenze del prima, durante e dopo la fuga e fui grata ai ragazzi di averci pensato al posto mio.

Inoltre avevano avuto paura che posticipare la data per sicurezza mi avrebbe ferita. 

Difatti era la verità, ma non potevo di certo prendermela per un imprevisto.

Che carini però!

− Grazie ragazzi, è una fortuna che abbiate pensato voi a questa evenienza.

Sorrisi ad entrambi, felice di essere sempre al centro delle loro attenzioni.

− Non c'era bisogno di arrovellarsi tanto, capisco la situazione in cui siamo messi e se mi aveste avvisato prima, avremmo avuto anche più tempo per organizzarci − li rassicurai.

I ragazzi però ebbero una reazione diversa da quella che mi sarei aspettata.

Char abbassò lo sguardo, Bash invece lo spostò verso l'uscita.

Entrambi comunque evitarono il mio.

− C'è qualcosa che non va? − ripetei di nuovo, sentendomi come se fossimo tornati al punto di partenza.

Nessuno dei due disse nulla e la cosa mi provò agitazione.

− Va tutto bene?

− Si Line, siamo solo nervosi per la questione del fidanzamento e il matrimonio. Tutto qui.

Char mi sorrise timido e Bash sbuffò con il naso.

− Perché, non è vero? − gli chiese il nobile stizzito.

− Oh si, verissimo − rispose sarcastico il pescatore.

Il viso di Char si incupì, offeso dall'ironia ingiustificata del giovane diavolo.

Presi il suo volto tra le mani, sicura di distrarlo dai suoi pensieri.

− Grazie di esserti preoccupato per me.

Gli diedi un bel bacio a stampo.

Char ricambiò volentieri e Bash si allontanò, pronto a finire il lavoro che avevo iniziato.

Lo ringraziai mentalmente, ci lasciava un po' di spazio per stare da soli.

Continuammo con i baci fino a che le nostre labbra non divennero gonfie e arrossate.

Poi le nostre bocche si staccarono quel poco che bastasse per parlare.

− Allora, a quando lo vuoi spostare? − gli sussurrai.

Char si leccò le labbra e riprese a baciarmi senza rispondere.

Mi staccai di nuovo.

− Che c'è? − mi chiese agitato.

Aggrottai la fronte, colta alla sprovvista da quell'atteggiamento così strano. 

Era sempre stato una persona composta e razionale.

A cosa era dovuta tutta quella agitazione?

Non avevamo risolto?

− La data. 

− Quale data?

Sgranai gli occhi.

−Come quale data? La data del matrimonio! A quando la rinviamo?

Ne avevamo appena parlato, come faceva ad averlo già dimenticato?

− Sei sicuro di stare bene?− gli chiesi preoccupata.

− Si...Si, tutto bene Line. Per la data possiamo fare la sera successiva, è una domenica ed è più romantico sposarsi di domenica.

Non sapevo se fosse più romantico o meno, la fuga d'amore era già romantica di per sé, ma un pizzico di romanticismo in più non sarebbe stato male.

− D'accordo!− cinguettai, − facciamolo di domenica! Bash!− chiamai il mio amico appollaiato su un alcova dall'altra parte della cava. Il ragazzo staccò lo sguardo dalla bottiglia di rum rimasta semivuota, e lo puntò nella nostra direzione.

− Stai ancora bevendo? − gli chiesi esterrefatta. 

Non bastava quello che avevamo già bevuto?

− Si − rispose quello indispettito − problemi?

Che diamine gli prende adesso?

Mi ero concetrata su Char per dieci minuti, dico dieci minuti e lui aveva già il broncio.

− Non ti sembra di esagerare?

− Il rum va finito, no? Tanto vale finirlo.

− Ti sentirai male.

− Sto già male.

− E allora smetti!

− No.

− Perché?!

− Devo affogare i miei dolori nell'alcool.

La sua risposta non aveva alcun senso.

− Ti fa male da qualche parte? Se è così devi assolutamente smettere di bere!

Era risaputo che distillati e malessere non erano una bella accoppiata.

A Bash uscì un mezzo ghigno.

− Proprio perché fa male devo bere. Dicono che se bevi fino all'oblio smette di fare male.

Ero ancora più confusa. 

Osservavo il pescatore tracannare la bottiglia come aveva fatto Flynn a inizio serata. Il problema era che Bash non era il tipo da bere così tanto.

− Cos'è che ti fa male, Bash? 

Lui non rispose, mi salì un groppo in gola.

Bash non smise di fissarmi, intravidi un'emozione sconosciuta sul suo viso. 

La associai a quando mia madre pensava a mio padre.

Era mista a quell'espressione di bramosia che mostrava quando voleva a tutti i costi qualcosa, ma non poteva averla.

Inclinò la testa da un lato, appogiandola alla parete, e ne ebbi la conferma. 

Continuò a bere fino a che di rum non ne uscì più. 

Scosse la bottiglia per accertarsi che fosse finito e la lanciò nel fiumicciattolo insieme alle altre.

Sobbalzai all'azione, sperando non si rompesse mentre la bottiglia attraversava il pelo dell'acqua.

Avrei dovuto riconsegnarle a Grisha il giorno dopo e il vetro era costoso, se si fosse rotta non avrei avuto modo di rimpiazzarla.

− Ma che diavolo ti prende?!

− Niente. 

Venne fuori più come un singhiozzo che come una risposta.

Mi resi conto che mi straziava vederlo così, con una tale disperazione da essere visibile.

Perfino Char al mio fianco soffriva. Non disse nulla, ma abbassò nuovamente lo sguardo e strinse i pugni. 

− Possiamo fare qualcosa per te?

La domanda sgorgò di getto, spinta dalla necessità di volerlo aiutare.

Il giovane mi fissò, pensoso.

Mi scrutò come se stesse cercando di capire quanto avesse potuto chiedere.

Alla fine prese una decisione e affermò.

− Un modo c'è.

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