Capitolo 2
Entrare al villaggio era come entrare all'inferno. La massima ragione per cui odiavo quel posto era il modo in cui tutti mi guardavano.
Un'appestata.
Mezza francese e mezza inglese, mezza cattolica e mezza anglicana, mezza sarta e mezza guardiana, forse anche mezza matta.
Insomma, ero tutta mezza.
Che modo orrendo di giudicare una persona.
Pazienza.
Camminai con la testa dritta davanti a me, cercando di canticchiarmi qualcosa per non sentire il loro bisbigliare alle mie spalle.
Da bambina ero curiosa di sapere cosa dicessero di me e di mia madre, ma ora preferivo non ascoltare.
Mi diressi al porto, dove c'era il cuore del villaggio e il mercato del pesce, le barche dei pescatori erano rientrate tutte, con casse piene di merce morente che ancora sperava di tornare in mare.
Non li biasimavo, anch'io avrei voluto essere un pesce.
O un gatto.
Invidio i gatti, se ne stanno tutto il giorno a sonnecchiare e prendere topi per passatempo.
Beati loro.
Oltrepassai con fatica la mole di gente che contrattava il prezzo, per così dire, della pesca per i pasti del fine settimana e arrivai alla barca di Graham, il padre di Bash, il mio migliore amico.
Salii a bordo del peschereccio, era una barca piccola ma funzionale, adatta ad un equipaggio di cinque persone al massimo, cioè Graham e i suoi quattro figli.
Mi diressi alla botola di sottocoperta sperando di non farmi scoprire, ma Jonas mi individuò subito.
− Guarda chi si vede!− si avvicinò con un sorriso burlesco stampato sul viso. Gli feci segno di abbassare la voce, se suo padre mi beccava ancora sulla nave erano guai.
− Zitto e torna a lavorare, non resterò a lungo− Jonas mi guardò dubbioso. Di solito quando dicevo così mi ritrovavo ore a chiacchierare con Bash, facendomi puntualmente beccare da Graham, che poi mi urlava per altrettante ore. Stavolta però avevo un appuntamento e non potevo far tardi.
Il sorriso stampato in viso doveva essere davvero ebete dato che Jonas mi guardò con espressione interrogativa.
− Faccio presto stavolta! Devo solo lasciargli una cosa e prenderne un'altra.
− Sbrigati, è nella stiva− mi disse mentre scendevo sottocoperta.
Lo vidi accucciato a spostare le casse di pesce da vendere alla luce delle candele.
Mi resi conto che era quasi una settimana che non lo vedevo e che mi era mancato.
Quando fui dentro notai che era cresciuto di nuovo, ora doveva tenere la testa lievemente inclinata per evitare il soffitto della stiva, il che gli dava un'aria buffa.
Quando mi vide mi riservò un sorriso smagliante e io gliene feci un altro altrettanto grande.
Graham era considerato un bell'uomo dalle vecchie bagasce del villaggio, così come i suoi figli, i più ambiti dalle ragazze.
Ma Bash rimaneva senza dubbio il più bello dei quattro, con i suoi grandi occhi blu ereditati dalla madre, che cercava puntualmente di nascondere tramite la zazzera di capelli castano scuro.
Il mio migliore amico aveva una miriade di spasimanti, tutte convinte che alla fine sarebbero riuscite a fare breccia nel suo cuore, ma solo io sapevo cosa c'era là dentro.
− Ti ho portato un altro libro− gli dissi estraendolo dalla cesta e lo vidi illuminarsi.
Bash amava leggere e soprattutto amava scoprire cose nuove attraverso i libri.
Graham pensava che leggere fosse "una cosa da femmine e una perdita di tempo", perciò ai suoi figli aveva permesso di imparare a scrivere il proprio nome e a far di conto "che può essere sempre utile nella vita" e niente di più.
Fortunatamente l'eredità di mio padre, che consisteva solo in libri, ci aveva permesso di ampliare un tantino di più i nostri orizzonti.
Tutto, sia chiaro, all'oscuro del caro vecchio Graham.
− Che cos'è?− mi chiese eccitato, glielo porsi senza aprir bocca e come lesse il titolo mi guardò esterrefatto. −"I racconti di Canterbury" di Geoffrey Chaucer... Come diavolo ce l'hai!?
− Come gli altri− gli cantilenai sorridendo.
Papà credeva che un buon letterato non poteva farsi mancare certi libri d'autore.
Peccato fosse solo un guardiano del faro.
− Ne hai altri come questi?− mi chiese Bash. Che ingordo.
− Non lo so, per trovarlo ho dovuto cercare giorni nell'anfratto e se ne trovo altri simili dovrai aspettare, perché appena li trovo, li leggo prima io!− Bash cacciò quel mezzo sorriso che faceva letteralmente impazzire tutte le mie coetanee e alzò le mani in segno di resa.
− Aspetterò principessa, tutto il tempo che vorrai− gli lanciai un cazzotto al volo ma lui lo afferrò senza fatica, notai che la sua mano era ormai il doppio della mia.
− Non chiamarmi principessa, lo sai che lo odio− Lo guardai dritto negli occhi, che adesso erano di un blu grigiastro dovuto alle luci soffuse nella stiva. Bash mi fissò con aria seria.
− Ma non è quello che aspiri a diventare?− il tono era pacato ma beffardo.
Mi riportò stranamente alla memoria il giorno in cui Graham mi disse che mio padre era morto.
Trasalii.
− Quello che voglio diventare non è una principessa− cercai di controbattere al suo sarcasmo, − è semplicemente avere una vita migliore di questa, dove non devo preoccuparmi più del cibo sulla tavola o della legna nel camino. E il modo più veloce nel farlo è...
− Char− rispose.
Trasalii di nuovo.
− Shhh!− gli ringhiai contro.
Nessuno doveva saperlo e per quanto tenessi ai suoi fratelli, non volevo che la voce arrivasse a quei chiacchieroni.
Bash era immobile, con una mano che stringeva il mio libro e l'altra il mio pugno. Mi resi conto che sebbene stesse stringendo non provavo dolore né disagio.
Spesso mi era capitato di fare a botte con i ragazzi della mia età e nessuno si era mai preso la briga di non farmi male. Non che lo avessi mai fatto presente, dato che ero sempre la prima a picchiare, ma Bash mi riservava un'attenzione particolare, come se avesse paura di spezzarmi.
In effetti l'avevo visto quasi spezzare il braccio a Flynn una volta.
Fui contenta ci andasse piano con me.
Il mio migliore amico notò cosa stavo guardando e mi lasciò la mano, che tornò immediatamente gelida un attimo dopo. Avevo dimenticato che Bash era perennemente caldo, era piacevole appiccicarsi quando faceva freddo, mi ricordava la mia vecchia coperta di lana.
Alzai lo sguardo e notai un velo di irritazione sul suo volto, non avevo mai capito perché non riuscisse ad accettare la realtà dei fatti.
− Non è come credi, noi ci amiamo− dissi con decisione. Sapevo cosa stavo dicendo, non era come le ragazzine che si prendono una cotta.
Era amore vero, più vero di qualsiasi altra cosa della mia vita.
Char aveva promesso solennemente che al compimento dei miei sedici anni mi avrebbe sposata e portata via da qui. Mi aveva perfino regalato un intero rotolo di stoffa di seta rosa che diceva era perfetto per il mio vestito.
L'avevo addirittura iniziato a tagliare e cucire dopo che mia madre si ritirava a letto, ormai era sempre mio turno notturno al faro.
Bash non disse nulla, si voltò verso una delle casse, prese un pezzo di tela, ci avvolse qualcosa e la infilò nella cesta insieme al libro che gli avevo prestato una settimana prima. Sbirciai cosa mi avesse dato: avvolti nello straccio c'erano un paio dei pesci.
Lo guardai allibita.
− Se tuo padre ti scopre...
− Prendili e basta, so che non avete da mangiare, sei dimagrita ancora dall'ultima volta che ti ho vista e sono passati solo cinque giorni. Se dimagrirai di più diventerai trasparente.
Non avevo parole per quello che aveva appena fatto. Anche loro non navigavano nell'oro e stava letteralmente rubando alla sua famiglia per sfamare la mia.
− Grazie, sono in debito e me ne ricorderò−Bash mi sorrise.
− Sono io ad essere in debito con te. I tuoi libri mi fanno compagnia quando sono in mare aperto− gli risposi solo con un sorriso.
Il mio migliore amico c'era sempre per me e non osavo neanche pensare a quanto fossi fortunata. C'erano alcune famiglie che se lo sognavano del pesce così.
Misi il tutto nella cesta, abbracciai velocemente Bash e uscii di corsa dalla stiva.
Ora dovevo evitare Graham a tutti i costi, non sarebbe stato piacevole né per me né per Bash se mi facevo beccare con la sua merce in braccio.
Feci cenno a Jonas in coperta di dirmi se il padre fosse nei paraggi, lui mi rifece cenno di no e indicò un punto da cui scendere, lo ringraziai in silenzio e me ne andai. Adoravo i fratelli di Bash, mi volevano bene come se fossi la loro sorellina e sentirsi amati è una delle cose più belle al mondo.
Ora dovevo solo arrivare puntuale al mio appuntamento.
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