Capitolo 15
Senza il proprio supporto, il vestito già privato dell'aggancio con le spalle scivolò in basso, rivelando il mio torace fino ai fianchi.
La reazione istantenea fu quella di coprirmi con le braccia, ma il giovane mi prese piano i polsi e con la stessa delicatezza li scansò.
Il mio cuore rischiò di implodere all'interminabile secondo che ne seguì.
Bash, la presa stretta ad allargare le mie braccia, divorò con gli occhi ogni punto scoperto del mio ventre e dei miei seni, turgidi al contatto con l'aria.
Non potevo muovermi e sebbene avrei potuto fermarlo, non lo feci.
Io volevo che mi guardasse.
Lo osservai mentre ammirava ogni mio neo sul diafano della pelle, ogni morbida curvatura fino ad allora celata dalle vesti.
Quasi a voler imprimere la mia immagine nella sua memoria.
Io feci lo stesso, studiando la posizione delle sue cicatrici in evidente contrasto sulla carnagione ambrata.
Liberò i polsi e cominciò a sfiorare la pelle esposta, inesperta al tocco che avevo ricevuto solo sopra i vestiti.
Le braccia, il torace, ogni contatto provocava un brivido incontrollabile , facendomi contrarre tutti i muscoli che possedevo.
Soprattutto quelli scoperti due giorni prima.
Passò ai seni, la pelle d'oca ormai evidente, il godimento mi pervadeva.
Cominciò a non bastare.
Ora volevo di più, volevo che mi toccasse di più.
Volevo sapere cosa si provasse ad avere il suo petto nudo sul mio.
Volevo sapere. Io dovevo sapere.
Prima che lui potesse anche solo pensarlo, lo abbracciai.
Il suo calore contro il mio, il suo odore contro il mio.
I suoi palmi aperti sulla schiena, la sua testa nell'incavo del mio collo.
Incastrati e perfettamente combacianti.
Non ho idea per quanto rimanemmo così, e sinceramente non me ne curai affatto.
La pace provata era immensa.
Ma non c'era solo pace, il fuoco che bruciava pretendeva di essere estinto.
Come se Bash sapesse a cosa stavo pensando, mi prese in braccio e si voltò, buttandomi di fatto sul letto.
Tolta anche la parte inferiore delle vesti, giacqui nuda sotto di lui.
Fu allora che il mio migliore amico, che nel giro di tre giorni era diventato il mio amante, riprese a esplorare laddove era stato interrotto.
O almeno era in procinto di farlo.
Un rumore improvviso proveniente dalla botola chiusa interruppe il nostro incontro.
− Ahi!
Qualcuno aveva colpito la botola di testa e si stava palesemente lamentando.
− Bash! Lin! Siete lì dentro?
Il piccolo Ian aveva provato ad entrare senza bussare, come al suo solito, e si era trovato davanti lo sbarramento.
Ci guardammo, e fu subito panico.
Ci rivestimmo in fretta e furia, sperando che le lamentele del piccoletto non arrivassero alle orecchie sbagliate.
− Cos'è successo?
− La botola è chiusa!
− Prova a spingere allora.
− Ma non si apre!
Ascoltando le voci che si triplicarono, si moltiplicò anche il mio panico, dato che ero l'unica ancora non del tutto vestita. Il corsetto era stato aperto completamente e per riallacciarlo serviva tempo.
Tempo che al momento non avevamo.
Bash mi fece cenno si sbrigarmi.
Lo mandai a quel paese.
Decise di aiutarmi a tirare, quando sentimmo di nuovo i bambini bussare.
− Bash! Stai ancora dormendo? Lin è lì con te?
Stavolta era Sam che ci chiamava, il più intelligente e il più pericoloso del trio.
− Mi sono appena svegliato, mostriciattoli! Arrivo!
−Cristo− lo sentii imprecare sottovoce.
Ora capivo la ragione dell'immensa pazienza che aveva sviluppato negli anni.
Mi chiesi se avesse mai un briciolo di discrezione in quella casa.
Avevo appena finito quando il giovane pescatore aprì il chiavistello della botola e i mocciosi irruppero nella stanza.
− Liiin!!
Sorrisi divertita e allargai le braccia per agguantarli tutti.
Era un po' che non stavo con loro, quindi capii la bramosia di entrare.
− Perché non vieni mai a trovarci?− chiese Angie che aveva poggiato la testa sulla mia spalla.
− Già, perché non vieni mai?− chiese di rimando Ian, avvinghiato al mio collo.
− Lin non è libera come voi marmocchi− replicò il ragazzo, − con la madre che sta male è lei a occuparsi di casa sua. Non fate i capricci.
Osservai il giovane diavolo sgridare i bambini e sedersi sul letto, appoggiando la schiena al muro e incrociando le braccia. Era chiaramente geloso delle attenzioni ormai rivolte solo ai suoi nipoti e non provava nemmeno a nasconderlo.
Che bimbo che è, mi dissi ridendo sotto i baffi.
Era assurdo pensare che pochi istanti prima eravamo nudi su quello stesso letto.
Mi sentii andare in fiamme.
− Lin, cos'hai? Stai male?− l'occhio attento di Sam carpì il cambio di tonalità, mettendomi ancora più a disagio.
− Va tutto bene Sam− lo rassicurai.
− Sente caldo, ovvio, con tutti voi appicicati così!− ringhiò lo zio.
Notai che anche il suo viso aveva un lieve rossore sugli zigomi, dovevamo aver pensato alla stessa cosa a quanto pare.
Però, il rosso gli dona.
Vederlo imbarazzato cominciava a piacermi.
Mi resi conto che, al contrario di quanto avessi creduto fino a quarantott'ore prima, non conoscevo tutto del mio migliore amico.
La cosa mi intrigò.
Quanto altro non sapevo di lui?
Mi annotai di scoprirlo nelle ultime settimane prima di partire.
− Lin?− la dolce Angie mi richiamò all'attenzione.
− Dimmi tesoro.
− È vero che hai accettato il corteggiamento di Bash?
La domanda mi rese perplessa.
Avevo accettato il corteggiamento?
Si, o almeno, avevo accettato il corteggiamento come diversivo.
Ma come facevano i bambini a saperlo?
Ripensai alla signora Graham e le sue nuore ridacchiare alla mia richiesta di vedere Bash e feci due più due.
Santo Cielo.
Avrei dovuto aspettarmelo. Non potevo di certo prendermela con loro per averne parlato a casa con i rispettivi mariti. In fondo ero andata a casa Graham di proposito, ero io che m'ero scavata la fossa da sola.
Ben presto l'isola l'avrebbe saputo, se non lo sapeva già.
Non potevo meravigliarmi più di tanto, le voci erano l'attrazione che manteneva vivo il villaggio, non potevo pretendere di non essere al centro delle loro indesiderate attenzioni.
Mi chiesi se le bagasce sarebbero morte di noia una volta che me ne fossi andata.
Guardai i bimbi, in silenziosa e impaziente attesa di una mia risposta.
I vispi occhietti brillavano trepidanti, nella speranza di una mia conferma.
Sorrisi e guardai Bash, che mi sorrise a sua volta.
− Si, ho accettato il corteggiamento.
Io e Bash ridemmo di gusto quando si lanciarono in urla e danze di festa, che si acquietarono immediatamente alle grida delle loro madri provenienti al piano di sotto.
Era davvero strano, ma lì, tra quelle chiassose mura, mi sentivo davvero a casa.
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