Capitolo 13

Lo splash dell'acqua sul volto di Bash fu una delle mie più care soddisfazioni.

Il ragazzo si svegliò di soprassalto, sedendosi di scatto. 

La velocità con la quale aveva reagito era paurosa. 

Il giovane pescatore me l'aveva spiegato una volta, che la capacità di rispondere rapidamente ad un'emergenza, come una tempesta, era ciò che faceva la differenza tra la vita e la morte.

Con gli occhi sbarrati, ancora sotto shock per il colpo inaspettato, si voltò verso di me e in un sussurro disse.

− Lin?

− In persona, razza di idiota.

La mia rabbia era tangibile ormai, frutto di tutte le angherie subite negli ultimi giorni.

Bash si passò una mano sulla faccia, un po' per togliersi l'acqua gocciolante dal viso, un po' per aiutarsi a riprendersi dalla brusca sveglia.

− Che cosa ci fai qui?− chiese infine, con la bocca impastata dal sonno.

− Ho pensato di venirti a trovare. Dopotutto ora che il corteggiamento è iniziato, è un bene vedersi più spesso no? 

Gli parlai come se l'argomento fosse il più naturale del mondo, scandendo però ogni dannatissima lettera della parola che ieri mi aveva quasi fatto svenire.

Bash si passò di nuovo la mano sulla faccia.

− Non mi aspettavo che ci vedessero, era buio e credevo che fossimo al sicuro.

Sgranai gli occhi, la rabbia tramutatasi in furia cieca. Dovetti trattenermi dall'urlare.

− Al sicuro? Davvero Bash? Al sicuro? Quando mai siamo stati al sicuro su quest'isola?!− ringhiai, esasperata dall'incoscienza del mio migliore amico.

− Non è grave come credi...

Non gli permisi di finire.

− E' gravissimo invece, hai una vaga idea di quello che hai fatto? Oppure l'ultimo dei libri che ti ho prestato ti ha dato alla testa?!

I racconti di Canterbury parla di pellegrini che parlano di altri pellegrini; ma dame, cavalieri e gli inciuci tra di loro, quello pare fosse un aspetto davvero importante all'epoca. 

Non era il primo che leggevamo, per carità, ma mi ripromisi di non prestargli più quel genere letterario.

Non che ne avessi altre occasioni... 

Ah, no... 

Stava sfumando.

Serrai gli occhi per riprendere la concentrazione ed evitare di piangere di fronte a Bash.

Il ragazzo se ne stava seduto sul letto, bagnato fradicio, con l'espressione ferita ed abbattuta di chi stava agendo in buona fede ed era stato frainteso.

Sapevo che era stato un gesto di buona fede, lo sapevo.

Ma gli avevo chiesto di tenere un basso profilo!

Perché era così difficile arrivarci?!

Mi girava di nuovo la testa, e me la presi tra le mani.

Sentì qualcosa di umido afferrarmi per i gomiti e stabilizzarmi.

Lo odiavo quando faceva così.

Quando era in torto, mi feriva e nonostante tutto riusciva a sostenermi, a prendersi cura di me. 

Non lo sopportavo. Non potevo sopportarlo.

Mi condusse con gentilezza verso il letto e mi sedetti di fianco a lui.

Con molta calma, soppesando ogni parola, lo sentii chiedermi.

− Va tutto bene?

No. 

No che non andava bene.

Non andava per niente bene.

Riaprii gli occhi e mi voltai verso di lui.

I capelli inumiditi dall'acqua si erano lievemente arricciati, lasciando cadere le goccioline dalle punte delle ciocche. 

Il viso, ora del tutto sveglio, indossava la più preoccupata delle espressioni; mentre i suoi occhi, ancora tristi per la sgridata, scrutavano ogni pollice del mio volto per catturarne il malessere.

La manifestazione di avvilimento, pena ed apprensione erano talmente visibili sul mio migliore amico che lo rendevano quasi adorabile. 

E sottolineo quasi.

Perché stavolta non avrebbe avuto il mio perdono.

− Non va tutto bene Bash− replicai amareggiata.

− Adesso tutto il villaggio ha gli occhi puntati su di noi, il che era quello che io volevo assolutamente evitare e che tu invece hai provocato con le tue stesse mani.

Sospirai, le lacrime scesero libere, impossibili da fermare.

Provai ad asciugarmele mentre continuai.

− Avevo chiesto di mantenere un basso profilo, ricordi? Probabilmente no, perché altrimenti mi avresti aiutata− dissi con una nota di ironia.

Bash si irrigidì.

− Quindi il mio aiuto era dovuto?

Lo guardai allibita.

− Non ti ho chiesto la Luna, solo di non attirare l'attenzione. Tu che fai? L'esatto opposto!

Allargai le braccia in esasperazione. 

Il ragazzo mi fissava, una vista che conoscevo bene, dato che era un comportamento frequente da parte sua quando discutevamo.

Però ciò che arrivò dopo mi sorprese.

Mi prese le guance tra le mani, asciugandomi le lacrime con i pollici, ma non si rese conto di averle bagnate, perciò mi inumidì ulteriormente il volto. 

Perseverò nel guardarmi, mi ammirava come aveva fatto nella radura. 

C'era un che di soffice e mesto nei suoi occhi. Dolcezza e amarezza insieme che mi smuovevano dentro e mi creavano un certo disagio.

Non riuscii a sostenere il suo sguardo e lo abbassai.

Solo allora mi accorsi della camicia zuppa di fronte a me, appiccicata al corpo tonico del giovane come una seconda pelle. Aveva addirittura perso l'innata opacità propria del tessuto, accentuando il dorato della sua carnagione.

Lottai contro me stessa per mantenere un colorito consono alla situazione.

Non dovevo, per nessuna ragione, diventare paonazza.

Mentre mi concentravo sul mio autocontrollo, percepii che le distanze tra noi si erano accorciate.

Questo riportò la mia vista al suo viso, sperando di aver mantenuto un certo distacco emotivo.

− Volevo davvero aiutare− mi disse, provai a crederci ma non ci riuscii.

− Ho pensato che se ti avessero vista con me, non avrebbero sospettato di Char.

Sbuffai con il naso e mi liberai dalla presa.

− Quindi era voluto o non voluto quello che è successo ieri sera?!

Bash notò di essersi contraddetto e la mia furia arrivò a livelli mai visti sino ad allora.

− Rispondi− ringhiai.

− Era voluto− ammise.

Scattai in piedi in preda alla collera e cominciai a girare a vuoto per la stanza. 

Lo sapevo. Lo sapevo!

Certo che era premeditato!

Mi ha anche mentito lo stronzo!

Aveva provato a coprirsi, ma non la scampava. Conoscevo tutto di lui.

Poteva farla franca con le sgualdrine che si portava appresso, ma non con me.

Dopo un profondo respiro in cui cercai di mantenere il mio raziocinio lucido, mi fermai, incrociai le braccia e, squandrandolo con tono indagatore come solo io so fare, gli comandai.

− Elabora.

Il giovane diavolo si spostò l'acqua dai capelli e sospirò.

− Pensavo di far in modo che la gente ti vedesse con me, così se dovessi stare con Char sarebbe più facile.

Il suo ragionamento non stava né in cielo, né tantomeno qua in terra.

− E sentiamo− dissi scettica, − come dovrebbe aiutarmi tutto questo casino con Char?

− Beh, ecco...

− Quando cerchi di far passare una balla per vera dovresti avere almeno la decenza di possedere un'argomentazione− dissi stizzita.

Bash si offese.

− Ce l'ho un'argomentazione!

− E allora spara!− replicai, mi stavo di nuovo spazientendo e stavo davvero toccando il limite.

Bash prese fiato e lo espirò tutto. Reinspirò e finalmente iniziò a spiegare. 

− Da dopodomani non potrai più girare per il villagio da sola, dato che avrai raggiunto l'età per sposarti. Tua madre non può uscire di casa, con la salute cagionevole che si ritrova e Grisha... Beh Fiona ti mangerebbe viva. Perciò sono l'unico che può accompagnarti e per farlo...

Conclusi io per lui.

− Ti sei servito del corteggiamento.

Il mio amico annuì, soddisfatto di essere sopravvissuto alla mia ira funesta con tutte le ossa intatte.

Io invece mi ritrovai a pensare alle sue parole. 

Purtroppo non aveva tutti i torti. Avevo messo in conto che sarebbe stato complicato uscire da sola, ma mi è sempre stato chiaro il mio posto in questa società. 

Ero la mezza francese, chi mai avrebbe potuto volermi?

Così ero sicura che anche se da sola, sarei comunque stata libera di girovagare per le strade. In fondo a parer mio nessuno si sarebbe azzardato a farmi la corte.

Il ragionamento di Bash però sotto questo aspetto filava. Avrei avuto la garanzia di avere un partner ovunque andassi e, udite udite, uno scudo contro le bagasce.

Per quanto paradossale fosse, il corteggiamento era davvero il minore dei mali.

Che sia dannata. C'ha pensato per davvero!

Il mio migliore amico, nonostante le menzogne, le cose non dette, le pormesse non mantenute e le prese in giro, aveva davvero trovato un modo per darmi una mano. Peccato l'avesse fatto nel modo sbagliato.

− Avrei preferito esserne a conoscenza− alla fine sentenziai.

− Mi avresti dato retta?

− Molto probabilmente no, ma non sono la tua marionetta. Non sono un oggetto, Bash, anche se qui si ostinino a pensarlo. Le femmine sono come i maschi, si a parte quello, − sbuffai irritata al sorriso beffardo dell'idiota, − siamo fatti della stessa pasta. Almeno a detta della Bibbia, e se fai qualcosa per me, voglio saperlo. 

In questo contesto ero perentoria. Non avevo passato l'intera infanzia a guadagnarmi il posto nel branco, se poi il branco mi vedeva come solo un'altra femmina. Stavo cercando di dimostrare da una vita che valevo quanto loro, né più né meno.

Il giovane annuì, in gesto di resa e comprensione. 

Non ero convinta di riuscire a perdonarlo, ma almeno avevo sbollentato la rabbia.

− Quindi?− chiesi.

− Ora che si fa?

− In che senso?

− Nel senso che mi stai... uh... corteggiando, giusto?− quella parola mi faceva venire il voltastomaco, sperai fosse l'ultima volta che la pronunciassi. 

Lui annuì. 

− Quindi adesso come funziona? Che si fa? 

Dall'alto della mia ignoranza non avevo idea cosa facessero due ... amanti?

Cosa eravamo diventati esattamente io e Bash?

Il pescatore, utile come una brocca di acqua salata in mare aperto, scrollò le spalle.

Esaustivo...

Mi sedetti accanto a lui, massaggiandomi le tempie con gli occhi chiusi, quando lo sentii pronunciare.

− Non credo cambi qualcosa, solo che ora possiamo fare quello che vogliamo.

 ... E coerente pure.

− Mi spieghi come possiamo essere come prima, ma fare quello che vogliamo, quando prima non potevamo farlo?− chiesi, curiosa di sapere cosa restasse nella sua testa tutto il tempo.

− In realtà possiamo tornare a fare quello che facevamo tempo fa, quando eravamo ancora bambini, cioè stare insieme.

La frase presa da sola era tenerissima, certo, ma ultimamente io e Bash non avevamo proprio fatto quello che facevamo da bambini.

− Ti rendi conto che è un'idiozia, vero? Dopo quello che abbiamo combinato l'altro ieri?

Bash scrollò le spalle.

− Quella è roba nuova, ed ora possiamo fare anche quella.

Avevo come la netta impressione che tutta la manfrina riguardo al... urgh... corteggiamento fosse un escamotage per continuare dove avevamo lasciato al cimitero.

Beh, almeno era coerente con se stesso.

− Quindi? − ripetei. − Che si fa?

Era necessario capire che cosa stava cambiando e cosa invece sarebbe rimasto uguale. Bash mi fece segno di non capire, così glielo chiesi esplicitamente.

− Ora siamo amanti?

Il ragazzo, perplesso, non rispose immediatamente. Si prese del tempo per pensare, con la solita mano al mento. Alla fine giunse ad una apparente conclusione e me lo comunicò.

− Credo che si possa definire così, anche se in forma fittizia. Sebbene sia solo una copertura, credo sia meglio comportarsi come se il corteggiamento stia avvenendo davvero. Non ti pare?

Non mi ero mai accorta fino a quel momento, di quanto fluidamente riuscisse a far incastrare le sue volontà, nelle necessità di qualcun'altro. 

Ma non avevo scelta e accettai la resa.

− Va bene. Quindi ora siamo amanti.

Non ero capace di comprendere cosa provassi al momento, il principale pensiero però lo ricordo bene.

Tutto questo è un'assurdità.

Ad un tratto, forte della sua vittoria, Bash si avvicinò pericolosamente a me e mi cinse i fianchi con un braccio.

− Che cosa fai?!− lamentai.

Il sorriso felino ben stampato in faccia.

− Metto in pratica il corteggiamento. 

Non avevo proprio dubbi che lo avrebbe fatto. 

Per tutta risposta gli stampai una manata in faccia e lo scansai.

− Non ho finito con te− gli dissi con aria di rimprovero.

Sbuffò. 

− Cos'altro c'è ancora?

Lo guardai sottecchi e mi posizionai davanti a lui sul letto.

Alzai le vesti quel tanto che bastasse per mostrare il capo d'accusa.

− Che cosa sono questi?− gli chiesi mostrando l'interno coscia.

Bash sorrise divertito.

− Ti stanno bene. 

− Rispondi− ringhiai.

Ebbi uno strano senso di dejavu al riguardo.

− Succhiotti− rispose al comando.

− Non ti azzardare mai più a farmi una cosa del genere senza il mio permesso, chiaro?

Lo vidi agitarsi in protesta.

− Ma ti è piaciuto!

Lo fulminai con lo sguardo.

− Non è questo il punto. Non importa se mi piaccia o meno, me lo devi chiedere quando hai intenzione di fare certe cose. Intesi? 

Non mi rispose subito, visibilmente offeso dalla non proprio velata minaccia.

− Intesi?

− ... Intesi− ammise con riluttanza.

− Giura.

− Lo giuro solo se mi prometti che me lo permetterai se lo chiedo.

Lo guardai di sbieco, cercando di individuare dove fosse la fregatura, alla fine contrattai.

− Ti prometto che ci penserò se me lo chiedi.

Bash sgranò gli occhi.

− Ma...!

Lo interruppi. 

− E' una mia scelta decidere se accettare o meno dopo che me lo hai chiesto. Altrimenti non è più una richiesta, ma un ordine. Capisci?

Annuì mogio.

− Ora giura. Prendere o lasciare.

− Lo giuro.

Emisi un sospiro di sollievo. Adesso avevo almeno una parvenza di controllo sulla situazione.

− Lin− mi sentii chiamare.

− Mmmh?− mi voltai.

La determinazione negli occhi di Bash non presagiva nulla di buono.

− Posso?

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