Chapter Twenty-four- Breath

ATTENZIONE: questa prima parte ha dei contenuti piuttosto forti, se siete sensibili vi consiglio di saltare questa prima parte.

11years ago, Rebecca's mom

Senti il cuore che ti si stringe, avvolto dalle spire asfissianti del rammarico e del dolore eppure tu, con i capelli sporchi di terra e di tristezza resti muta a fissare quello che si presuppone sia il tuo destino.

Non molli la presa sulla tua vita e continui a scalciare fin quando non ti senti più le gambe, percepisci solo un dolore sordo che non ti permette nemmeno di liberare il grido che tieni stretto nel petto.

Ti hanno rotto le gambe, entrambe, ed ora riesci a muovere solo la parte superiore del corpo.

Ai tuoi piedi il corpo di tuo marito. Tutto tumefatto e sporco di sangue e vomito che credi abbia rimesso lui stesso prima che la vita gli venisse strappata fuori dalla gola.

Pensi a tua figlia, Rebecca, mentre piangi e preghi le creature dinnanzi a te di smetterla.

Ma non puoi parlare, ti rendi conto che lo stai solo pensando perché le dita del Mannaro davanti a te ti stingono la gola.

Fissi gli occhi in quelli del mostro e ci vedi dentro il nulla, l'oblio più totale e, con orrore, preghi di non dover affrontare così presto la fine.

Ti eri ripromessa di tornare a casa con tuo marito al tuo fianco per poter affondare il naso nei soffici capelli di tua figlia che profumano di casa.

Te la figuri nella tua mente: il volto paffuto e gli occhi spigolosi attenti ad ogni dettaglio. Il corpo fasciato da abiti troppo grandi per una bambina della sua età e le mani che si stringono l'un l'altra.

Non torni al Rifugio da quarantadue giorni, li hai contati ed hai passato ogni secondo a concentrarti sull'idea che saresti tornata.

"Lasciami..." riesci a gracchiare, mentre i tuoi polmoni si espandono furiosi nella cassa toracica, imponendoti di respirare.

L'essere immondo davanti a te, con grandi bozzi che gli decorano il volto grigiastro e la postura tozza ti fissa e per qualche secondo pensi che il vuoto nei suoi occhi si sia attenuato.

Riesci a leggergli dentro un briciolo d'emozione mentre apre la bocca e il tanfo fetido ti fa arricciare il naso.

Odora di morte e di sangue, mentre tu profumi di vita.

E lui lo sente, il tuo odore, e come attratto da esso cerca di portarselo via scavando con le unghie nella tua pancia.

Il sangue ti copre le gambe e scende verso i piedi, e quella visione ti disgusta e ti distrugge l'anima.

Vuoi ancora vivere.

Rammenti quando i tuoi avi ti raccontarono di com'era l'umanità, una volta, e maledici il destino per la tua situazione.

Hai messo al mondo una figlia condannandola a vivere in un luogo che ormai è composto da sola morte.

Sai che non la rivedrai, mentre la presa del Mannaro si intensifica e il tuo volto diventa paonazzo.

A terra, guardi il volto dell'uomo che hai amato e riesci a vedere i suoi organi macchiare il terreno e piangi, disperata.

Ti si seccano gli occhi così come si sta seccando il tuo cuore che, combattente, lotta per continuare la sua corsa.

Conti i secondi che passano mentre la tua vista si fa più sfocata, e al contempo più consapevole.

"Dove sono gli altri?" ti sibila all'orecchio il Mannaro, poggiando il naso sulla tua guancia. Eppure tu non lo senti, o forse fingi solo di non farlo, perchè tutto ciò che odi è il richiamo di tua figlia.

Senti le mani scheletriche e grigie della morte afferrarti i piedi e risalire lungo le tue gambe facendo strisciare le sue unghie sporche sulla tua carne. Ogni centimetro in più che avanza ti senti sempre più in balia del vuoto fino a quando le mani della morte si posano sul tuo torace.

I tuoi occhi si fissano sulla nebbiolina che esce dalla tua bocca: il tuo ultimo respiro.

**

Xavier sorseggia la sua bevanda, arricciando il naso per la temperatura elevata. Il suo pomo d'adamo sembra bloccarsi per qualche secondo, scendendo subito dopo. Distolgo lo sguardo non appena lo vedo ghignare nella mia direzione.

"Hai altre domande o preferisci rimanere a fissarmi?" mi sbeffeggia lui, facendomi rimanere senza fiato. Mi lascio sfuggire un grugnito mentre accavallo le gambe, ignorando la sua ultima frase.

"Non ho visto scuole, quindi mi domandavo come istruiste i vostri bambini." stringo la tazza colma di cioccolata calda, soffiandoci sopra. Gli occhi di Xavier scattano per un attimo sulle mie labbra, e questa volta sono io a ghignare.

"C'è una cittadina a mezz'ora di distanza da qui, con una scuola a disposizione dei ragazzi. Mi chiedo invece come facciate voi."

Non mi pone direttamente la domanda, perchè sa che non gli rivelerei mai informazioni relative al Rifugio, eppure mi sento quasi lusingata dalla sua curiosità.

"Veniamo istruiti anche noi, anche se i nostri metodi sono più classici e scadenti rispetto ai vostri." mi stringo nelle spalle mentre Xavier annuisce, felice della sua piccola conquista.

"Abbiamo un corso introduttivo di medicina per chi ha superato la maggiore età, se ne hai voglia puoi parteciparvici."

Il solo pensiero mi fa sorridere eppure, probabilmente non sopravviverei nemmeno un giorno in mezzo a tutti quei Mannari. Non gli do una risposta, limitandomi ad annuire. Finisce l'ultimo sorso della sua bevanda e sospira, guardandomi di sottecchi.

"La prima volta che ti ho incontrata non mi sarei mai immaginato che, anni dopo, proprio tu saresti diventata la mia compagna." i suoi occhi sembrano accendersi, mentre ricorda una vicenda che io però non ricordo.

"Non capisco, la prima volta che ci siamo incontrati è stata nel mio laboratorio." Aggrotto le sopracciglia, mentre lui sorride, quasi come se si aspettasse quella risposta. Poi scuote la nuca, incrociando le gambe.

"Ci incontrammo molto tempo fa, quando tu eri poco più di una bambina. Non credo che tu mi abbia visto, ma il tuo amico si. Ricordo il modo in cui mi aveva guardato, allargando gli occhi terrorizzato. Vi trovavate in superficie, ma non ricordo la posizione esatta. So solo di aver pensato che eri la ragazza più bella che io avessi mai visto. Ovviamente non ti avevo riconosciuta come mia compagna, si deve arrivare ad una certa età per riuscire a percepire il legame tra compagni ed io non ero in quell'età."

Sento le mie goti arrossarsi mentre cerco di tornare indietro con la memoria. Non sono mai uscita molte volte dal Rifugio, e di certo non ho mai incontrato Xavier.

"Eri così pallida che credevo stessi per svenire da un momento all'altro. E ricordo di aver pensato che i tuoi capelli fossero assurdamente rossi," ridacchia, giocando con le punte delle dita con una ciocca dei miei capelli.

"Perchè non ci hai attaccati?" gli domando, inclinando la testa di lato, mentre i miei capelli sfuggono dalla sua presa. Rimane a fissare il mio volto con i polpastrelli che mi accarezzano il braccio.

"Perchè avevo paura di non riuscire a convivere con il senso di colpa. " Non controbatto, deglutendo, mentre Xavier sembra sul punto di pormi un'ulteriore domanda. Lo incito, facendogli un breve cenno del capo, dandogli il via libera. Non dovrei permettergli di scoprire nemmeno una singola cosa di me, eppure lo sto persino incoraggiando.

"Da quanto ne so voi umani non potete uscire dai Rifugi, se non determinate persone. Mi chiedo cosa ci facevate fuori," blocco la sua mano, irrigidendomi. Non rispondo, e lui non insiste, restando ad ascoltare il suono controllato dei nostri respiri.

A causa del freddo riesco a vedere la densità del mio respiro, come a ricordarmi che sono viva.

Apro la bocca, passando la lingua sulle labbra per alleviare la sensazione di secchezza che sento. Xavier torna quindi a rivolgere la sua attenzione su di me, aspettando con calma che io faccia o dica qualcosa.

"Quel giorno stavamo aspettando il ritorno dei nostri genitori.

Angolo Me:

Il capitolo è piuttosto corto, e mi scuso tanto. La scuola mi sta portando via un sacco di tempo e tra psicologia e pedagogia non so più dove sbattere la testa, spero almeno che il capitolo vi sia piaciuto. Mi sono occupata maggiormente della prima parte del capitolo, perchè volevo riuscire a trasmettere qualcosa, anche se non so di preciso cosa. Che altro dire? Alla prossima!

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