Chapter three- Little girl


Fisso gli occhi sulla corda, non riuscendo a reagire. Sento il sangue pompare velocemente nelle mie vene, quasi lottando per esplodere.

Allo stesso tempo avverto lo stomaco annodarmisi e rivoltarsi in preda al panico.
Potrei essermelo immaginato, magari è solo frutto di un'allucinazione uditiva data dallo stress.

Ma è quasi impossibile, lo so bene.

Conto mentalmente i passi che mi separano dalla finestra, prendendo in seria considerazione di afferrare la corda e gettarmi giù prima che il Mannaro mi raggiunga.

Potrei riuscirci nonostante queste creature siano decisamente più veloci di ogni umano esistente.

Il respiro dell'uomo è talmente pesante che riesco quasi a sentirmelo addosso, come se stesse strisciando sulla mia pelle.

Non riesco a capire dove sia così come non so quanta distanza ci sia tra noi.

Eppure non riconosco la voce calda che appartiene al Mannaro.

Chi c'è, quindi, nella stanza?
Mi giro con il sudore che mi impregna la fronte, preparandomi mentalmente a qualsiasi cosa.

Davanti a me c'è un uomo diverso, piuttosto minuto e con corti capelli biondi, ha un fisico tonico e due grandi occhi azzurri.

Dà l'idea di essere un Mannaro con quella sua stazza.

Mi studia con la curiosità di un predatore, aggirando il mio letto per poi soffermarsi a guardare il terreno. Più precisamente fissa i cocci della lampada e la mia bile, che macchia il meraviglioso tappeto.

Sorride come se riuscisse a immaginare ciò che è successo, trovandolo divertente.

"Non avrei mai pensato che Xavier avrebbe portato un'umana qui dentro," piega la testa di lato, continuando a studiarmi. Successivamente si sofferma ad annusare l'aria con gli occhi chiusi e le labbra semi aperte.

Xavier. Quel nome continua a echeggiare nella mia testa. Finalmente posso associare il volto del Mannaro a un nome.

Non che mi interessi, comunque sia.
Dare un nome, etichettare qualcosa, conferisce una certa importanza e una considerazione che io non voglio dare al Mannaro.

Faccio un passo indietro, continuando però a tenere una presa ferrea sulla corda, sotto il sorrisetto del biondo.

Guarda la corda come se fosse un oggetto senza importanza, inarcando un sopracciglio.

"Il tuo odore ha scombussolato molti di noi, non sapevamo cosa aspettarci." Mi spiega lui, sedendosi sul letto per poi accavallare le gambe.

"Oh, il mio nome è Matt, comunque." Aggiunge sbrigativamente, ammiccando.

Aggrotto le sopracciglia, confusa.

Perchè non mi attacca?  O peggio: perchè non avvisa l'Alpha? Si comporta come se la mia presenza fosse normale o come se non capisse che, ehi, sto cercando di scappare!

"Sei davvero di poche parole, mh." Lo borbotta più a se stesso che a me, probabilmente rimuginando senza voler davvero una mia risposta. Non che io sia intenzionata a dargliene una, mi sembra ovvio.

È strano e il suo comportamento lo è ancora di più.
Nessun Mannaro sano di mente si sognerebbe mai di lasciar andare un prigioniero, non senza averlo ferito gravemente.

"Non ti ostacolerò, fai pure." Tuba poi, puntando lo sguardo sulla fune.

Serro le labbra, forzando la mia voce ad uscire seppur gracchiante e oggettivamente fastidiosa.

"Perchè?" la mia voce esce in un rantolo soffocato e sono quasi certa che se lui fosse un umano non sentirebbe la domanda.

Rimane però in silenzio, poggiando il mento sul palmo della mano. Ho quasi la sensazione che si stia divertendo, che tutto questo lo ecciti nella stessa maniera in cui ad un leone eccita cacciare la preda.

Sta giocando con me.

Quel pensiero mi destabilizza, più di quanto io sia disposta ad ammettere a me stessa.

Costringo me stessa a razionalizzare, a pensare a cosa voglia questo essere da me.

Il branco è tutto per un Mannaro: una famiglia, una cerchia d'amici e così via dicendo. Ma lui non sta facendo nulla per impedire a me, un membro esterno al branco, di fuggire.

Sta boicottando il suo Alpha, in un certo senso.
Se fosse davvero un membro fedele, avviserebbe in men che non si dica qualcuno, chiunque, pur di non farmi fuggire.

"Perchè voglio testarti." Si alza dal letto, avvicinandosi di qualche passo.

Questa volta sono io ad inclinare la testa, sospettosa ma, allo stesso tempo, concentrata.
La sua presenza mi mette i brividi e mi spaventa, un tipo di paura differente da quella che mi incute Xavier.

Fa passare lo sguardo sul mio camice strappato e su i miei capelli, deridendomi con gli occhi. Devo sembrare davvero ridicola, in queste condizioni.

"Se ti dessi cinque minuti di libertà, fino a che punto saresti capace di fuggire? Quanto potrebbero correre veloci le tue gambe?" Punta gli occhi sul soffitto, sorridendo. Un brivido gelido mi scorre giù per la schiena mentre osservo il Mannaro davanti a me.

Per lui, per tutta la sua razza, io non sono che un gioco da testare per verificarne la resistenza. Lo capisco solo ora mentre affonda le sue iridi nelle mie, quasi con pietà.

Ai suoi occhi non costituisco una minaccia: troppo debole per protestare e troppo inferiore per ferirlo.

Tutto ciò che vedono in me, in noi umani, è inferiorità e sottomissione.

"Non fraintendermi, non sono quel tipo di Mannaro che gode nel veder soffrire uno della vostra specie," agita le mani davanti al viso, quasi divertito.

Non credo a nemmeno una sillaba di ciò che sta dicendo. Sono consapevole di quanto godano quelli della loro specie nel vederci arrancare, così come gli umani godono nell'abbattere uno della loro specie.

È una rivalità troppo accentuata per ignorarla.
Ed io, ovviamente, non lo faccio.

"Allora perchè? Cosa farai una volta che i cinque minuti saranno terminati?" Gli domando, questa volta avvicinandomi a lui.

Quest ultimo, di rimando, sembra piuttosto sorpreso dal mio repentino cambiamento di posizione.
Avvicinarmi non è, con tutta probabilità, un'idea brillante.

Questo Mannaro, però, sostiene di non volermi intralciare e di non gioire di un mio possibile fallimento.

Lo sento trattenere la sua energia per non versarmela addosso e questo mi fa rilassare.
Non ha intenzione di usare il suo potere su di me, è già un passo avanti.

Nonostante si trattenga so che non stiamo giocando ad armi pari; sono ancora troppo penalizzata per fargli fronte.

"Dopo che i cinque minuti saranno passati verrò a cercarti." Mi spiega il biondo mentre io mi sento sempre più confusa.

"Perchè lasciarmi scappare, se hai poi intenzione di riportarmi indietro? In che modo questo potrebbe giovarti ma, sopratutto, in che modo potrei mai accettare la tua misera offerta? Inoltre Xavier mi ucciderebbe se venisse a sapere della mia fuga."

Le mie parole escono con un fiume in piena.
Da come mi guarda capisco di aver fatto centro.

Il biondo annuisce, allargando gli occhi quasi come se fosse felice di vedermi afferrare il punto della situazione.

"Lui non ti ucciderà, è questo che mi incuriosisce. Quando sarai abbastanza lontana da lui, riuscirà a percepirlo?" Scuote la testa, guardando oltre le mie spalle.

"Sono il Beta di Xavier da anni e mai ha osato infangare l'onore di questo branco con la presenza di un'umana. Non ucciderti sarebbe un atto di debolezza. Sarebbe disposto, quindi, a non liberarsi di te nonostante i danni che potrebbe causargli?"

L'ombra di un sorriso non lascia mai il suo volto, facendolo sembrare costantemente sul punto di scoppiare a ridere.

Inarco le sopracciglia, barcollando all'indietro.

"Cosa stai dicendo? Perchè mai non dovrebbe uccidermi?"

L'uomo sembra impensierirsi e, con un piccolo balzo, si allontana, raggiungendo la porta.

Il fatto che se ne stia andando senza darmi alcuna risposta certa mi infastidisce e così ripercorro mentalmente le sue parole, dandomi una risposta da sola.

"Tu non vuoi testare me, ma Xavier." Lo vedo bloccare la mano a mezz'aria, sconcertato, rimanendo fermo al suo posto.

"Sei il suo Beta ma non lo accetti come Alpha, è per questo che vuoi farmi fuggire? Per provare che non è adatto nemmeno a sorvegliare un'umana?
Hai detto che la mia sola presenza, qui, infanga il suo titolo di Alpha e l'onore di questo branco.
Tu, però, non stai facendo nulla per ripulire il suo nome e anzi mi stai lasciando andare.

Sembra quasi che tu voglia metterlo in cattiva luce." Concludo io, inclinando la testa di lato per osservarlo meglio.

Matt sorride, quasi soddisfatto, e non smentisce la mia ipotesi.

"Quindi cos'hai intenzione di fare?"

L'idea di scappare mi solletica la mente, tentandomi, ma subito dopo viene spazzata via dall'immagine di me riversa in una pozza di sangue con il lupo di Xavier a fare a brandelli la mia carne.

Non riuscirò mai a fuggire in cinque minuti, di questo sono certa.

Matt dice che Xavier non mi ucciderebbe, ma posso davvero fidarmi? Potrebbe averlo detto solo per spingermi a farlo, per una soddisfazione personale.

Alzo lo sguardo sull'uomo, facendo un cenno con la testa. Inizialmente sembra deluso, con le spalle che gli cascano e lo sbuffare continuo. "Beh, suppongo avremo altre occasioni per parlare di ciò, tu che dici?"

Di tutta risposta gli ringhio contro, quasi appartenessi alla loro specie. "Vaffanculo." È tutto ciò che gli dico mentre lo vedo aprire la porta, uscendone con un sorriso in volto.

Mi butto quindi sul letto, sperando che sia tutto un incubo e null'altro.

**

Appoggio l'orecchio contro la porta, cercando di capire se ci sia o meno qualcuno a sorvegliarla. Dai mormorii capisco di si.

Mi trattengo dallo sbuffare, incamminandomi verso la finestra. Guardo quindi in basso, verso il giardino, trovandomi a fissare la figura di due grossi Mannari. Arriccio il naso e mi siedo a terra con le gambe al petto ed il mento poggiato sulle ginocchia.

Dieci minuti dopo la dipartita Matt sono state messe due guardie fuori alla porta e altre due in giardino, per impedire una mia ipotetica fuga.

Quel maledetto deve aver preso il mio rifiuto come un fatto personale, spifferando tutto e impedendomi quindi di fuggire.

Forse avrei dovuto calarmi da quella finestra quando me ne ha dato la possibilità visto che ora, di chance, non ne ho nemmeno una.

Il mio stomaco brontola ma decido di ignorarlo, così come evito accuratamente di guardare il vassoio colmo di cibo che sosta davanti alla porta.

Mi sono rifiutata sia di mangiare che di bere, anche se credo che non importi a nessuno.

Sembro una bambina capricciosa ma non ho voglia di pensarci.

"Andatevene, ci penso io a lei." Sento qualcosa sbattere ed un ringhio sommesso, subito dopo riesco a vedere il pomello della porta girare.

Mi alzo velocemente in piedi, socchiudendo le labbra per prendere respiri profondi.

Riesco ad avvertire la sua energia diffondersi in tutta la stanza mentre vedo Xavier entrare. Con la scarpa sposta il piatto ricolmo di cibo, dedicandogli un veloce sguardo di dissenso per poi passare a guardare me.

Ha il volto riposato, indossa una camicia nera e dei jeans piuttosto larghi di un colore che va sul grigio. Infila le mani in tasca, appoggiando la schiena alla parete, senza mai smettere di fissarmi.

Questo suo atteggiamento di superiorità gli esce quasi naturale; probabilmente è abituato a incutere timore negli altri.

Che persona simpatica, eh!
Avrei preferito continuare a contare le mattonelle piuttosto che rivederlo.

Faccio per parlare quando mi accorgo di avere la gola secca, così serro le labbra, distogliendo lo sguardo dal suo. "Hai rifiutato il cibo. Perchè?" Mi domanda lui, aggrottando le sopracciglia e muovendo lievemente la testa verso l'alto.

Il suo tono di voce è agitato, quasi furioso. Una parte di me pensa che sia arrabbiato in quanto il suo ego è ferito, visto che non mangio il suo cibo.

Cosa si aspettava che facessi, esattamente?
Pensava forse che avrei usufruito del suo cibo, dei suoi vestiti e della sua maledettissima camera come se fossi in vacanza?

"Perchè mai dovrei mangiare il cibo dell'uomo che mi ha rapita?" Sibilo, guardando disgustata il piatto a terra. Xavier ringhia,  senza però spaventarmi.

"Oh, hai ragione, forse dovrei aggiungere che sono stata rapita dall'uomo che ho persino aiutato a fuggire. Cristo, sono pazza." L'ultima frase la pronuncio con isteria, portandomi le mani tra i capelli.

Cosa mi è passato nella mente quando ho deciso di interrogare un Alpha? Continuo a domandarmelo con le lacrime che premono per uscire. Xavier sussulta, muovendosi come in trans sul suo posto mentre fissa i miei occhi, quasi facesse male a lui.

"Avrei dovuto dare l'allarme quando ti sei svegliato." Borbotto, tirando su con il naso. Lui ringhia, questa volta con forza immane, sbattendo il pugno al muro.

Con lo sguardo cerco la mano di Xavier che, ancora attaccata al muro, ha formato un solco in esso a causa del colpo. Impallidisco, indietreggiando lentamente con la paura di farlo arrabbiare più del dovuto.

Mi sono limitata a dire la verità eppure lui pare non volerla accettare.

"Dovresti ringraziarmi solo per il fatto che non ti ho uccisa," urla, mostrandomi le zanne.

Le vene sul suo collo sembrano star per esplodere mentre fa qualche passo avanti. Porto una mano al petto, piegandomi leggermente verso di lui.

Ho giocato quasi tutte le mie carte ed ora, tra quelle rimaste, ho la pietà.

"Lasciami andare, ti prego." Il mio è quasi meno di un sussurro mentre lo prego, osservando i suoi occhi incupirsi fino a che non assumo un colore nero. La pupilla sembra fondersi con l'iride a tal punto da rendermi impossibile guardarlo.

L'opzione pietà non ha palesemente funzionato, ma provare era un mio dovere.

"Tu resterai qui, in questa di stanza, hai capito? E mangerai il maledetto cibo che ti porterò altrimenti sarai costretta a farlo." Sobbalzo, sentendo le gambe tremarmi.

Lui cammina verso di me fino ad arrivare a sfiorarmi il naso con il suo. Le sue narici si dilatano mentre socchiude gli occhi, concentrato. Ringhia ancora, ma con più compostezza, mentre poggia il naso sul mio collo.

Non so se sia normale annusarsi a vicenda, per i Mannari, ma io inizio a trovarlo fastidioso.

Mugolo di dissenso, non riuscendo a distanziarmi dalla sua presa. "Il tuo profumo è diverso," chiude gli occhi e mi afferra le spalle con le mani, schiudendo le labbra e appoggiandole nell'incavo del mio collo. Sento la sua lingua percorrere il mio collo fin sotto l'orecchio, dove lascia un bacio umido.

Lo stomaco mi si annoda mentre mi lascio andare ad un grugnito. Sono totalmente disgustata e impaurita, persino confusa.

Cosa sta cercando di ottenere, esattamente?
Il pensiero che possa provare a forzarsi su di me mi terrorizza.

Quando solleva la testa ha un'espressione furiosa in volto. "Qualcuno è stato in questa stanza. Sento l'odore di uomo lontano un miglio. Da chi ti sei fatta toccare?" Sbarro gli occhi, in preda all'agitazione.

E' come se la sua bestia premesse per uscire fuori.

Il mio pensiero va a Matt e alla sua breve visita. Mi domando se mi convenga dirgli tutto e alla fine arrivo alla conclusione che no: non mi conviene affatto.

Serro le labbra, tirando indietro la testa per poi sputagli in faccia, sorridendo subito dopo. Mentirei se dicessi che in questo momento non mi sento pienamente soddisfatta.

Alza lentamente la mano, pulendosi dalla mia saliva. Le sue spalle hanno un veloce sussulto mentre ride. Non è un suono grottesco come avevo immaginato, è qualcosa di incredibilmente piacevole.

"Cristo, piccola, ne hai di coraggio per essere un'umana." Con le dita mi sfiora la guancia e mi sembra come se la mia pelle stesse andando a fuoco. 

Perfetto, ora ha iniziato anche con i nomignoli.

"Questa notte dormirò qui," sussurra lui ad un palmo dalla mia bocca. Strabuzzo gli occhi, scuotendo energicamente la nuca.

"Non puoi." Con la spalla vado a sbattere contro la sua mano, liberandomi dalla sua presa. I suoi occhi si accendono di nuovo, questa volta di un rosso soffuso mentre alza il mento.

"E come hai intenzione di impedirmelo?"

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