Chapter nine- training
Sento qualcuno scuotermi per la spalla, prima dolcemente e poi con una forte spinta, quasi volesse spingermi con la faccia a terra. Spalanco gli occhi, trattenendo un urlo quando vedo Xavier.
"Ma sei impazzito?" Gli urlo, con la voce secca e gracchiante a causa del sonno. Lui inarca un sopracciglio, divertito.
"Alzati principessa, ti aspetta una dura giornata." Mi annuncia, come se le precedenti non lo fossero state. Ma io non ho alcuna intenzione di assecondarlo.
"Sono io la vittima, qui dentro, quindi pretendo almeno di essere lasciata in pace." Gli ringhio io contro, lanciando uno sguardo all'orologio. Sono le nove, e anche se non sento più il dolce torpore del sonno, non ho intenzione di lasciare questa stanza.
Xavier sospira, massaggiandosi le mani fino a farle scrocchiare. Rabbrividisco, deglutendo. Come può un suo singolo movimento incutere così tanta paura?
Lui sembra non capire mentre fa passare il suo sguardo sul mio volto. Mi tocco il viso, cercando di capire se ho qualcosa su di esso. Quando finalmente realizzo di non aver nulla sul viso, abbandono l'idea di rifugiarmi nel mio caldo groviglio di coperte.
"Ti arrendi facilmente, mh." Mi sbeffeggia lui, spingendo con le dita sulla mia fronte. Rimango esterrefatta per qualche secondo, sentendo le mie goti andare a fuoco.
"Non mi sto arrendendo. Si chiama diplomazia," borbotto, non troppo convinta. La mia voce, inoltre, sembra sin troppo ironica, questo lo spinge a ridacchiare.
"Inoltre: cosa intendi con giornata faticosa?" lo vedo stringersi nelle spalle, mentre mi mostra un'espressione divertita ma ansiosa al contempo stesso. Guardo con rassegnazione i leggings e la maglietta poggiati ai piedi del letto, decidendo di alzarmi.
Allungo le braccia con un profondo sospiro, afferrando gli indumenti, poi scruto Xavier, ordinandogli tacitamente di andarsene.
Lui si poggia sul letto, guardandomi da capo a piedi. "Oh, non dirmi che sei un tipo pudico." Mi sbeffeggia lui, ridendosela sotto i baffi. Boccheggio, contrariata.
"Esci di qui," borbotto, osservando le sue pupille dilatarsi fino a che non diventano un tutt'uno con l'iride. Avverto la sua energia sprigionarsi da ogni poro della sua pelle, quasi riesco a vederla strisciare verso di me.
Arretro di qualche passo, deglutendo. Anche senza essere toccata dalla sua energia, riesco a sentire il mio stomaco contorcersi e piegarsi in mille modi mentre lo vedo alzarsi dal letto, con le mani nelle tasche.
Sbatto gli occhi e quasi mi pare di vedere Matt, talmente sono simili negli atteggiamenti. Ma quel pensiero svanisce subito, inghiottito dallo sguardo di Xavier. Lui e Matt sono ciò che di più diverso possa esistere.
"Non riesco davvero a concepire il perchè del tuo rifiuto nei miei confronti." Mi dice, forse più a se stesso che a me. Una scintilla gli attraversa gli occhi, quasi un sussulto, mentre sembra dover inghiottire un boccone amaro per pronunciare la frase.
Apro la bocca per spiegargli che non è tutto così semplice, perchè questa non è una storia d'amore per adolescenti, ed io non ho alcuna intenzione di rimanere prigioniera in questa gabbia che si, è d'oro, ma pur sempre una gabbia è.
Xavier si inclina con delicatezza verso di me, ispirando profondamente. "Rispondimi." Mi ordina, facendomi arricciare il naso.
Faccio un altro passo indietro, cercando di mantenere più distanza possibile tra me e lui. La tensione ha ormai impregnato ogni muro, mobile e oggetto della camera, stringendomi quasi a volermi soffocare.
"Non prendo ordini da un Mannaro." imito il suo tono di voce, ringhiandogli quasi contro, cercando di essere il più convincente possibile con me stessa. Nella mia vita non ho mai dato troppo conto a ciò che mi veniva detto, forse perchè nei Rifugi non esiste alcuna gerarchia, in quanto tutti sono allo stesso livello.
"Ed io non tengo conto delle frecciatine di un'umana." ribatte lui, mostrandomi una fila bianca di denti. Mi soffermo sui suoi canini, corrucciando i denti senza però distogliere lo sguardo. Non tengo conto della sua ultima frase, troppo presa a studiarlo.
"Perchè i tuoi canini sono così?" allungo le dita, fermandole subito dopo a mezz'aria. Allunga la sua mano verso la mia, avvicinandola al suo volto. Cerco di restare seria, concentrata sull'aspetto medico di tutto ciò che è successo.
"E' una parte animale di noi Mannari che persiste anche nella nostra forma umana, ci contraddistingue assieme agli occhi." mi spiega lui con pazienza, restando con gli occhi sulle mie labbra.
Libero la mia mano dalla sua, facendolo ringhiare. Quando lo vedo riavvicinare la mano lo scosto, sospirando. Con le dita vado a sfiorare le sue labbra, sorprendendolo. Xavier schiude le labbra, permettendomi di avere il controllo.
"Posso?" mormoro, stoppando i miei movimenti. Annuisce con lentezza, così vado a sfiorare delicatamente i suoi canini, passando al profilo delle sue labbra.
Tutti i buoni propositi sembrano essere andati a farsi fottere mentre deglutisco il groppo in gola.
Mi fermo quando sento la porta aprirsi, e con uno scatto mi allontano da lui, come scottata. Xavier non sembra però apprezzare l'improvvisa intrusione di un uomo che non ho mai visto, nella mia breve permanenza in questa villa.
"Alpha, sono venuto per l'allenamento." dice l'uomo, guardandomi di sbieco. Strabuzzo gli occhi, cadendo dalle nuvole. Allenamento? Nella mia mente quella parola viene ripetuta come un mantra, sostituendo il pensiero di me e Xavier.
Xavier grugnisce, annuendo con un certo fastidio. Poi il suo sguardo si ferma su di me, e mi sembra quasi di vedere una punta di subdolo divertimento.
"Ti lascio nelle mani di Fabio," mi avverte Xavier, ghignando. Lo guardo, confusa ed arrabbiata al contempo.
Alla fine, non mi resta altra possibilità se non seguire l'uomo che mi è stato appena presentato, ma non prima di aver calpestato il piede di Xavier, sia chiaro.
**
"Cristo, basta." lo prego io, annaspando in cerca d'aria. Fabio si ferma subito, inarcando un sopracciglio con fare derisorio. Abbassa quindi i guantoni, concedendomi una breve pausa. Mi accascio a terra, asciugandomi il sudore dalla fronte.
Osservo l'orologio dietro le mie spalle, inorridendo. Sono passate quasi due ore da quando sono stata trascinata in quella che ho capito essere la sala dove i Mannari si allenano. Fabio mi ha spiegato, con grande pazienza, che è necessario per me allenarmi.
Non ho avuto nulla in contrario, fino a quando non l'ho sentito intimarmi di stendermi a terra per iniziare con i piegamenti.
"Ricordami il perchè ho accettato tutto questo," sibilo, colpendolo sulla gamba con il piede. Lui mi intercetta, scansandosi velocemente con un sorrisino derisorio. "La Luna deve essere forte e preparata per ogni eventuale battaglia." Mi spiega, posizionando le mani sui fianchi.
Guardo oltre le sue spalle, perdendomi con lo sguardo nel vuoto. Non ho mai avuto grandi prestazioni fisiche, il mio compito è sempre stato quello di prendermi cura di chi aveva bisogno del mio aiuto, senza fare distinzioni.
Adrien è sempre stato quello che, tra i due, spiccava nelle attività fisiche. Penso a ciò con un po' di tristezza e di rammarico, riprendendomi subito dopo.
"Abbiamo finito, per oggi?" gli domando io con speranza, unendo le mani in segno di preghiera. Fabio annuisce, tendendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi da terra. Accetto con piacere, senza nemmeno flettere le gambe, lasciando che sia lui ad alzarmi.
"Le tue prestazioni sono davvero deludenti. Sei lenta e poco reattiva, dovrai imparare ad intercettare le mie mosse e, ti prego, la prossima volta non cercare di nasconderti dietro il sacco da box per sfuggire agli allenamenti. E' davvero frustrante."
Arrossisco, tossendo per mascherare l'imbarazzo. Fabio mi posa una mano sulla spalla, cercando di darmi conforto.
"Xavier verrà a prenderti tra qualche minuto, perchè non vai a posare i guantoni?" è ovvio che la sua domanda sia ironica, in quanto so benissimo che il suo è un'ordine.
Mi incammino quindi con passo lento verso la parete composta da tutta l'attrezzatura. Con le gambe mi allungo verso gli agganci, legando con i lacci i guantoni.
"Li hai messi nel posto sbagliato." mi sento dire, mentre sobbalzo, trattenendo un urlo. Un ragazzino di circa dieci anni mi fissa con dei grandi e profondi occhi blu, il naso alla francese arricciato in una smorfia di sfida.
Lo guardo, inarcando un sopracciglio. Il ragazzino si passa una mano tra i capelli biondi, abbassando subito dopo lo sguardo sulle sue scarpe.
"Mi dispiace, dove dovrei metterli?" gli domando, cercando di essere il più cordiale possibile. Il biondo indica un punto accanto le mie gambe, così mi affretto a spostare i guantoni. Vedo quindi il ragazzino alzare il pollice in aria, sorridendo ampiamente.
"Grazie, così è davvero meglio. I grandi li mettono sempre in alto ma il vero posto dei guantoni è in basso a sinistra." Mi rivela, come se fosse un segreto importantissimo. Lo assecondo, schiudendo le labbra per poi accovacciare davanti a lui.
"Me lo ricorderò, okay? Però ora dovresti davvero andare dalla tua mamma o," il ragazzino mi interrompe, con uno sguardo puntiglioso. Arriccia ancora di più il naso, soffiandomi contro quasi come se fosse un gatto.
"Non sono un moccioso, quindi non parlarmi come se lo fossi. Ho undici anni, sono quasi un'adolescente, io." mi dice, incrociando le braccia al petto. Boccheggio, sconvolta.
"Oh io, si beh, hai ragione. Sei quasi un'adolescente," mormoro io, facendolo sorridere. Sembra quasi avere tenerezza per me.
"Sei carina, ma il tuo naso non mi convince." Continua, senza troppe cerimonie. Sbarro gli occhi, rilasciando un sospiro. "Il mio naso non ha davvero nulla che non va, ragazzino." gli dico, ridendo nervosamente, nascondendo però il mio naso dietro la mano.
"Luke, pensavo di averti vietato di intrufolarti qui dentro." Xavier mi avvolge da dietro, sfiorando la mia guancia con il suo naso.
Luke storce il naso, probabilmente disgustato da questa scena. Vorrei dirgli che anche io sono piuttosto sconcertata, ma mi contengo.
Xavier mi indica con il mento Luke, continuando a parlare nonostante i miei tentativi di sgusciare via.
"Lui è il figlio di Matt."
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