Chapter Fourty-Nine: END

Qualcosa si muoveva nell'oscurità, tra le ombre che celavano i peccati dell'umanità. Nascosto tra le fronde, un uomo scrutava la meraviglia del destino. L'unica fonte di luce scrutabile era lo scintillio azzurro degli occhi eccitati dell'uomo. Il cuore gli batteva forte nel petto, bloccandogli in gola il respiro mentre bramava qualcosa che non avrebbe mai dovuto desiderare.

Il Mannaro era saltato sul ramo più vicino e da lì si era spinto con agilità sul cornicione esterno di una finestra dalle tende verdi. Avevabtrattenuto il respiro mentre osservava la meravigliosa creatura che, tra le coperte bianche, era assopita sotto la luce della Luna.

Il Mannaro non sarebbe dovuto essere lì, era contro ogni legge e decreto il violare la barriera che separava le città umane da quelle mannare, ma lui c'era riuscito. Aveva seguito l'odore dolce della tentazione per giorni, bloccato dal doloroso impedimento della barriera.

Luke aveva cercato per molto tempo la sua compagna e come un lupo affamato aveva cercato l'amore. L'aveva bramato e temuto al tempo stesso.

Aveva scostato le tende verdi per poi entrare nella stanza, consapevole di star sbagliando. Non sarebbe dovuto entrare, stava violando gli spazi di quella femmina, eppure sentiva che se non l'avesse toccata, che se non avesse diminuito la distanza tra loro, sarebbe morto.

Si era quindi avvicinato un po' di più alla figura assopita per poi schiudere le labbra, totalmente incantato.

Se la ragazza si fosse svegliata, sarebbe stato in guai seri. Gli umani erano creature facilmente influenzabili e sicuramente sarebbe rimasta terrorizzata.

Luke si era accucciato vicino al letto, ringraziando mentalmente la Strega che gli aveva concesso il marchio apposito per oltrepassare la barriera. Ovviamente non era stato a senso unico quel favore. Luke aveva dovuto prometterle, tramite un patto sacro, totale protezione.

Aveva scostato una ciocca castana dal volto della ragazza e ne aveva assaporato la delicatezza. Il biondo aveva quindi respirato il dolce odore di ciliegia dei suoi capelli.

Magari avrebbe dovuto comprare una lozione simile a quella della ragazza, così da sentirne costantemente il profumo.

Il volto di lei era ricoperto da lentiggini nella zona del naso e sulle guance, il naso piccolo e all'insù, un pochino storto, e le labbra carnose arricciate in un mezzo sorriso. Luke si chiese cosa stesse sognando.

Le aveva sfiorato la mano e una piccola scossa elettrica gli aveva attraversato la schiena. Aveva notato che tutto il corpo della ragazza era cosparso di quei puntini chiari; le braccia scoperte e persino le gambe fasciate da dei larghi pantaloncini neri ne erano coperte.

Erano giorni che si limitava a guardala. Aveva la vita stretta ed i fianchi più larghi, con il seno piuttosto piccolo e delle curve quasi completamente inesistenti.

Qualunque umano avrebbe detto che la sua era una bellezza inusuale, per alcuni persino brutta, ma per lui era perfetta.

Non vi era parte del suo corpo che non gli piacesse. Si era mosso un po' più avanti e il pavimento sotto di lui aveva prodotto un rumore stridulo. Ma la ragazza aveva continuato a dormire.

Mönike, si chiamava Mönike.

Stava facendo una follia nel restare in quella camera. La legge gli imponeva che, se la sua compagna fosse stata un'umana, si sarebbe dovuto recare al Consiglio e farsi rimuovere tramite magia il legame tra compagni.

A quanto si diceva era doloroso, quasi come morire. C'era chi impazziva e chi ne soffriva per il resto della vita. Era un vuoto incolmabile, ma necessario per mantenere gli umani lontani dai mannari.

Lui non avrebbe rinunciato, non ora che l'aveva trovata. L'aveva vista passare per la prima volta davanti la barriera, anni prima, rivedendola solo molto tempo dopo. Era stata la maledizione più bella che la Dea Luna gli avesse mai imposto.

Luke aveva afferrato con delicatezza l'estremità della coperta per tirarla verso l'alto, coprendo il corpo assonnato di Mönike.

Sarebbe stata sua, in un modo o nell'altro.

**

Orion si era girato per la ventiduesima volta, cercando con minuzia la presenza di qualche sguardo ostile. Aveva lasciato la sua città in Antartide per dirigerai insieme alla sua squadra in una città Mannara.

Era necessario che qualcuno controllasse l'andamento nelle città, e chi meglio di un mezzosangue poteva farlo? Il suo non essere gli permetteva di attraversare le barriere, il che gli causava qualche dolore, ma era sopportabile.

Sua madre, Rebecca, lo aveva pregato di non andare. Aveva sporto il labbro all'infuori e aveva stretto le mani di Orion tra le sue, chiedendogli di mandare qualcun altro al suo posto. Il pensiero di perderlo era intollerabile.

Xavier invece gli aveva accordato di andare. La cittadina ormai andava stretta ad Orion. Erano ormai ventidue anni che si trovava lì, senza mai uscire. Una gabbia d'oro, certo, ma pur sempre una gabbia era.

La missione sarebbe durata un mese, il tempo adeguato di informarsi sulle novità, e poi si sarebbero trovati tutti al confine per avviarsi nuovamente a casa.

Una parte di lui gli aveva urlato di non tornare.

Orion si era sistemato il borsone in spalla per poi bussare alla porta di quella che era la casa in cui l'avevano ospitato.

C'erano infatti degli Aiutanti, li chiamavano cosí, nelle città mannare, che ospitavano le persone venute dall'Antartide in quanto alleati.

La porta di casa si era aperta delicatamebte con un click, rivelando un uomo sui trent'anni, con una cicatrice che gli deturpava il volto da parte a parte.

Ma Orion non ne fu intimorito e anzi mostrò subito il marchio sul suo polso, necessario agli abitanti dell'Antartide. Solo chi possedeva quel segno, infatti, poteva entrare e uscire dalla barriera che separava l'Antartide dal resto del mondo.

L'uomo aveva osservato il marchio per qualche momento, come a verificare che fosse reale, per poi spingere duramente Orion nella casa. Gli avrebbe volentieri urlato contro se non fosse stato troppo occupato ad osservare quel luogo così poco familiare.

Avrebbe mentito nel dire che non gli mancava il tepore di casa sua; eppure era stato così elettrizzato all'idea di andarsene.

"Luke arriverà tra qualche minuto, posa le tue cose in soggiorno e seguimi." Aveva borbottato brevemente l'uomo, corrucciando la fronte con aria grave.

Orion aveva annuito, facendo come gli era stato detto senza mai pronunciare una parola. L'uomo davanti a lui non lo intimidiva, provava invece una grandissima indifferenza.

Non gli importava delle sue maniere rudi, né del modo in cui gli si era rivolto.

L'unica cosa a cui riusciva a pensare era che finalmente era libero. Non c'era più la sua piccola cittadina e la sua comunità, perché ora anche lui stava calpestando il suolo di quello che veniva considerato mondo esterno.

Era tutto piuttosto nuovo, in realtà. Sapeva benissimo di non essere al passo con i tempi, molte cose presenti in quella casa non le aveva mai nemmeno viste.

Si sarebbe dovuto abituare a tutte quelle nuove scoperte. Un passo alla volta, si era detto lui, avrebbe fatto un passo alla volta.

"Parli polacco, vero?" L'uomo gli aveva posto un'ulteriore domanda, questa volta con lo sguardo che brillava di curiosità. Orion si era limitato ad annuire. Non amava parlare, era un lato del suo carattere che a molti non piaceva.

Il polacco, comunque sia, era una delle lingue che parlava. Era molto diffusa nella sua cittadina, in quanto più della metà della popolazione era di quell'origine. La sua prima lingua era però l'inglese, ereditato ovviamente dalla madre, Rebecca, mentre Xavier aveva assunto il desiderio di insegnare al figlio la sua lingua madre: il francese.

Non era così strano, nella sua cittadina, parlare più di una lingua.

Gli abitanti erano di nazionalità e specie diverse, quindi non era strano che le persone avessero credi o abitudine distinte tra loro.

Effettivamente, era un lato della sua città che lui amava.

"Non hai detto nemmeno una parola. La cosa mi piace," aveva ironicamente detto l'uomo, che subito dopo aveva detto di chiamarsi Samael.

Orion aveva sorriso, inclinando la testa di lato.

Samel lo aveva guidato per la casa, piuttosto piccola ed arredata al minimo dell'indispensabile, indicandogli e mostrandogli le stanze.

Non sembrava troppo euforico o felice. Al moro era sembrato decisamente scocciato, forse perché era stato costretto a scortarlo.

"Questi sono i tuoi documenti. Il tuo cognome è stato cambiato, ovviamente. Tuo padre viene ancora ricordato in ogni città mannara. C'è chi pensa sia persino una leggenda, una favola della buonanotte."

Orion aveva afferrato i documenti, piuttosto meravigliato dalle conquiste del padre. Era incredibile come fosse rimasto nelle menti delle persone.

Da un certo punto di vista, Orion non si rispecchiava nel padre. Non aveva il desiderio di far conoscere il proprio nome; bramava un'esistenza ricca di emozioni, quello si, ma avrebbe preferito viverle da persona comune, in anonimo.

"E' vero che non puoi avvertire la tua compagna?"

L'impertinenza e la sete di sapere dell'uomo iniziava a dar fastidio ad Orion che, impietrito, gli aveva rivolto uno sguardo seccato. Era una di quelle poche cose che lo feriva, che lo rendeva vulnerabile.

Si era chiesto molto volte se l'amore avrebbe mai bussato alla sua porta, ma non era qualcosa che gli importava in quel momento della sua vita.

Non avrebbe mai avvertito la presenza di quella che veniva considerata l'anima gemella, ma non era il suo unico rammarico. Sarebbe stato per tutta la vita una via di mezzo, mai troppo e mai troppo poco. Né nero e né bianco, solo una sfumatura opaca di grigio.

"Penso che dovresti chiudere la bocca." Aveva quindi risposto lui, lasciando che le parole ruvidi scorressero verso le orecchie di Samael che, quasi indispettito, gli aveva rivolto qualche parola che sapeva di minaccia.

Le sue orecchie avevano avvertito uno sbattere e, successivamente, un'imprecazione. Qualcuno era appena entrato in casa. Orion aveva istintivamente portato la mano allo stiletto che teneva nascosto tra la cinta, girandosi di scatto.

Un uomo, sicuramente più grande di lui e dai capelli color grano, gli aveva rivolto un piccolo sguardo per poi guardare Samael, come a chiedere una silenziosa conferma.

"Orion, lui è Luke."

FINE

Angolo Me:

Non uccidetemi per il ritardo, vi prego. per il finale! Volevo avvisarvi, o meglio consigliarvi, di tenere il libro in biblioteca in quanto domani pomeriggio pubblicherò il primo capitolo del Sequel che parlerà, appunto, delle vicende di Luke, Orion ed un nuovo personaggio: Mönike.

Ovviamente ci saranno chiarimenti anche sui personaggi di questo libro. Ad esempio, nel Sequel, parlerò anche di ciò che è successo ad Adrien, di come si è sviluppato il nuovo mondo e di molto altro.

Vi aspetto in tanti!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top