Chapter four- Sabotage
L'aria era particolarmente tesa nel Rifugio. Tutte le squadre di ricerca erano state indirizzate in ogni posto e luogo segreto del Rifugio per cercare Rebecca che, a quanto pare, era scomparsa ormai da più di ventiquattr'ore.
Adrien entrò per la quinta volta nella stanza in cui Rebecca aveva tenuto il suo ultimo interrogatorio. Il condotto dell'aria era stato aperto e le eliche rotte, così da poter far passare tramite esso sia Xavier che la ragazza.
Questa era stata la prima intuizione di Adrien.
Quest'ultimo tirò un calcio alla sedia, lanciando un urlo, frustrato. Non avrebbe mai dovuto lasciare che svolgesse un simile interrogatorio. Sarebbe dovuto rimanere fuori dalla stanza, controllandola tramite lo spioncino.
Se avesse fatto così, magari Rebecca sarebbe ancora lì con lui.
"Amico, hai davvero bisogno di calmarti. " Dave, un suo collega, gli posò una mano sulla spalla, guardando assorto il condotto dell'aria. Era scontato dire che fosse preoccupato.
Lo erano tutti, in realtà.
La loro comunità era piccola e spaventata; un attacco Mannaro non avrebbe aiutato a distendere i nervi dei poveri umani.
Adrien guardò la mano dell'amico, sospirando. Non sarebbe stato di nessun aiuto in quello stato. "Hai contattato le Streghe? Hai fatto sapere loro che dovranno rialzare la barriera?" Chiese infine, sconfitto.
Erano passati quasi trent'anni da quando gli umani avevano sancito un patto con le Streghe. Esse promettevano loro protezione, tramite incantesimi che impedivano la loro localizzazione e annullavano il loro odore, era per questo che nessun Mannaro era mai riuscito a scovare uno dei Rifugi.
Avevano una dannata fortuna in questo, ma c'era pur sempre da considerare l'altro lato della medaglia. Gli umani dovevano infatti rifornire mensilmente le congreghe circostanti e tenerle informate di tutti gli spostamenti che avvenivano.
Dave annuì, poggiandosi al muro ed estraendo dalla tasca dei jeans il suo pacchetto di sigarette. Ne mise una tra le labbra e l'accese, ispirando. Il fumo gli bruciò in gola, ma non se ne curò. Era quasi piacevole, per lui.
"Si, erano piuttosto agitate a dire il vero." Rivelò Dave all'amico, aggrottando le sopracciglia. Scostò la sigaretta dalle labbra, sbuffando il fumo in faccia ad Adrien. Quest ultimo diede un buffetto amichevole all'uomo, invogliando a continuare.
"Sembra che quel dannato Mannaro sia l'Alpha dell'intero Michigan. Ha dei funzionali sparsi per lo Stato ma è sempre lui ad amministrare il tutto. Ha un intero flusso di informazioni che passano per ogni città o sobborgo."
Adrien si mosse a disagio, con l'ansia che sembrava volesse divorarlo. Rebecca, la sua Rebecca, era nelle mani di un Mannaro maledetto e lui si trovava bloccato lì.
Si sentì percorrere da un'ondata di tristezza mista a senso di colpa. La parte razionale di lui era consapevole che tutto ciò non fosse colpa sua, ma convincersene sarebbe stato difficile.
Dave prese un altro tiro, anche lui con il pensiero altrove. "Pensano che lei sia la sua compagna." Esalò alla fine, come se gli costasse molto rivelare tutto ciò. Adrien sbarrò gli occhi e per un attimo non si mosse, fissando di sbieco l'amico.
"E' impossibile, Becca è umana." Lo disse quasi più a se stesso che a Dave, cercando di auto-convincersene.
Dave annuì, spegnendo la sigaretta e gettandola nel cestino per poi passarsi la mano sul mento, accarezzandosi la leggera barba.
"Non deve essere per forza una Mannara. Si tratta di imprinting, Adrien. Sono animali, non badano alla razza quando si tratta della propria compagna. Questo spiegherebbe il perchè non l'abbia ancora uccisa." Dave osservò disgustato il pavimento, rimuginando a ciò che gli era stato detto sul legame tra compagni.
Adrien si fece pallido in viso mentre premeva le labbra in una linea sottile.
Impossibile, non poteva essere vero.
"E' arrivato," disse qualcuno oltre la porta, bussando. Dave e Adrien si guardarono negli occhi, concedendosi un attimo di tentennamento. Alla fine fu Adrien ad interrompere il loro silenzio, aprendo la porta ed estraendo la pistola dai jeans.
La puntò alla schiena dell'uomo sconosciuto, intimandogli di non fare mosse avventate, mentre Dave si mosse in avanti per chiudere la porta, andandosi quindi a sedere.
L'uomo imitò i loro movimento, aprendosi in un sorrisetto appena accennato. Adrien lo aggirò velocemente, continuando però a mantenere ben salda la pistola.
"E quindi tu sei l'informatore di cui il capo parla tanto, mh." Disse il maggiore, facendo un cenno ad Adrien. L'uomo annuì, accavallando le gambe ed arricciando il naso, infastidito dall'odore della stanza.
Riconobbe l'odore appena accennato di Rebecca, e sorrise.
"Perchè dovremmo fidarci di te? Cosa dovrebbe fermarmi dal piantarti una pallottola in fronte?" Adrien raddrizzò la pistola, fissando con sfida l'uomo sulla sedia. Quest'ultimo guardò con serenità prima l'arma e poi l'umano, poggiando il gomito sullo schienale della sedia.
"Perchè abbiamo un obbiettivo in comune: spodestare l'Alpha. Anche se credo tu voglia principalmente riavere indietro l'umana." L'uomo ghignò, vedendo Adrien tentennare.
Chiuse quindi gli occhi e inspirò l'odore dell'umano: mancanza, affetto, è di questo che sapeva.
"Non sappiamo ancora il tuo nome," sviò Dave, incrociando le mani con aria serena. Se si trattava di Rebecca, Adrien avrebbe fatto qualsiasi cosa, persino collaborare con un Mannaro.
L'uomo sorrise, sporgendosi verso di loro.
"Io sono Matt, il Beta di Xavier."
**
Mi muovo a disagio nel letto con il corpo di Xavier premuto contro la mia schiena. Sento il suo naso tra i capelli e la sua bocca muoversi piano sul mio collo. Ha il respiro pesante mentre, di tanto in tanto, viene da scosso da qualche grugnito.
Dorme, la bestia dietro di me dorme.
Ancora una volta provo a raddrizzarmi, a scansare la sua mano dal mio ventre, ma invano. Il suo corpo sembra emanare un calore fortissimo, dandomi l'impressione che si stia fondendo con il mio.
Rabbrividisco, puntando lo sguardo sulla parete. Una parte di me si sente immensamente rilassata, l'altra parte, invece, quella più razionale, mi ripete quanto io sia egoista. Forse perchè in questo momento non riesco proprio a pensare al pericolo che il mio Rifugio sta correndo.
Mi divincolo, riuscendo ad allentare la presa della sua mano sul mio ventre e, con calma, sollevo le coperte. Quando finalmente riesco ad uscirne sospiro, alzandomi. Non smetto di tenerlo sottocchio mentre mi muovo verso la porta.
Ha un braccio posato sugli occhi e l'altro è disteso sul letto. Il mio sguardo vaga sui suoi addominali, scendendo fino a quando non mi costringo a distogliere lo sguardo.
Ha un aspetto possente, pericoloso.
Potrebbe uccidermi con estrema facilità, di questo sono pienamente consapevole.
Il respiro mi si mozza in gola quando lo vedo tastare con la mano il posto in cui fino a poco fa giacevo. Le sue dita si fermano sul lenzuolo e poi si chiudono a pugno. Quando lo vedo sorridere mi affretto ad afferrare la maniglia, aprendo la porta con quanta più velocità possibile.
Mi giro di poco, riuscendo ad intravederlo mentre si solleva lentamente. Per qualche frammento di secondo i nostri sguardi si incontrano, si cercano.
Giro la testa, scendendo le scale senza avere in mente una meta ben precisa, con la sola intenzione di riuscire ad andarmene. Le mie gambe sembrano avere vita propria mentre mi trascinano giù per le scale e verso un lungo corridoio.
Il cuore mi batte furiosamente, pompando sangue bollente nelle mie vene. Sento l'adrenalina attraversare ogni centimetro del mio corpo, infondendomi un'agitazione giustificata.
Non riesco a smettere di ansimare mentre vado a sbattere con la spalla sul muro, girando a destra. I piedi iniziano a farmi male, completamente scalzi, ma non me curo. E' come se migliaia di aghi mi stessero perforando il corpo.
Sento un ringhio rauco appena dietro di me, ma non ho il coraggio di voltarmi, così continuo la mia folle corsa con la gola secca ed il fiato corto.
Mi sento tirare indietro per la maglia e d'un tratto mi trovo a guardare il corridoio dal basso. Sono distesa a terra, con le gambe immobilizzate così come il busto. Sopra di me c'è Xavier.
I suoi occhi scintillano di divertimento mentre si china verso di me, immobilizzandomi i polsi. "Ti avevo avvertita," lo sussurra con calma al mio orecchio, premendosi contro di me.
Il mio respiro si tramuta in un singhiozzo mentre muovo le gambe sotto di lui. Mi fermo quando lo vedo dischiudere le labbra. "Non puoi tenermi rinchiusa qui per il resto della mia vita," ringhio, cercando di alzarmi sui gomiti.
Lui si lecca le labbra, inclinando la testa con fare derisorio. "E chi mi fermerà dal farlo? Tu?"
Sobbalzo, chiudendo gli occhi per fermare il flusso di lacrime che cercano di sgorgare fuori. Per uno della sua specie, un'umana non è e non sarà mai una minaccia, lo comprendo.
"Non uccidermi," lo dico con tono implorante, tirando su con il naso. Il suo sguardo vacilla e, successivamente, si incupisce. Mi libera lentamente i polsi, scuotendo la testa.
Sono bloccata a terra, non posso scappare e così mi rimane solo l'umiliazione. Arrendermi, pregare il nemico di risparmiarmi.
Lo stomaco sembra contorcersi dal disgusto, disgusto per me stessa. Non dovrei implorare, forse sarebbe meglio accettare la mia fine e risparmiarmi il briciolo di dignità che mi rimane.
Ma ho paura, sono spaventata e so che non c'è nulla di eroico in me. Non sono una guerriera, non possiedo la forza necessaria per batterlo fisicamente, ma forse posso puntare sulla pietà.
Il solo pensiero mi infastidisce ancora di più.
Se riuscissi a farmi compatire da lui, magari potrebbe decidere di tenermi in vita ancora per un po'.
Il tempo necessario per permettermi di fuggire.
Le sue dita tracciano un sentiero bollente sul mio collo mentre inspira profondamente, odorandomi senza però avvicinarsi ulteriormente.
Sento il mio corpo andare in fiamme sotto il suo tocco. Ferma le sue labbra vicino al mio orecchio, soffiandoci vicino.
"Non ti ucciderò," sussurra con sicurezza lui, facendo schioccare le labbra.
Per un attimo sembra quasi infastidito all'idea, ma so che non è così. Ai Mannari non è mai importato nulla di noi umani, della nostra sicurezza e del nostro benessere.
So che se volesse potrebbe piantare i suoi artigli nel mio petto, dilaniandomi e facendomi a pezzi in qualche minuto.
Rimango in silenzio, senza saper che dire.
Mi rifiuto di implorare ancora, di piangere davanti ad un mostro.
"Ti farò urlare il mio nome così forte da farti perdere la voce," continua, facendomi deglutire, "non vedrai nessun altro se non me, fino a quando vivrai per il solo scopo di essermi accanto."
Sgrano gli occhi, disgustata dalle sue parole e dal doppio senso che cela dietro di esse. Avevo ragione nel considerarlo un megalomane.
Il suo sguardo si accende mentre rabbrividisco, aggrottando le sopracciglia. Sto per dirgli che questo non succederà mai, quando lo sento scaricare sul mio corpo un'enorme quantità di energia.
Il mio corpo si rilassa e si inarca sotto il suo, reclamando altra energia.
"E sai perchè?" Si alza, afferrandomi da sotto le ginocchia e prendendomi in braccio come se non pesassi nulla. Le sue parole mi arrivano però ovattate, troppo confusa per comprenderlo lascio che mi culli con la sua energia.
"Perchè tu sei mia, la mia compagna."
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