CAPITOLO 4 - NEL CUORE DELLA MONTAGNA


Hajime aveva percorso i primi metri correndo nell'oscurità, le mani davanti a sé per evitare di sbattere contro le pareti, ma già alla prima svolta aveva dovuto necessariamente rallentare. Era troppo pericoloso correre così, alla cieca. Se si fosse ferito, avrebbe comunque reso vano il suo tentativo di cercare la libertà.

E quando si era visto raggiungere dallo sciame luminoso, aveva ringraziato mentalmente Tooru per avergli mandato le brilline ad illuminargli la strada.

Non era da lui scappare durante una discussione. Non lo aveva mai fatto, e non soltanto per il senso del dovere che gli era stato inculcato sin da piccolo, ma proprio per carattere. Non si era mai sottratto nemmeno ai confronti che aveva avuto con Tobio, alle interminabili discussioni sulla strategia migliore da adottare durante un assedio; così come ogni volta che Tobio aveva vacillato dichiarandosi indegno del suo amore, aveva proseguito la discussione mantenendo la calma e la razionalità, e smantellando punto per punto le sue obiezioni.

E non se ne sarebbe andato neppure questa volta se non avesse sentito quello strappo nella sua forza di volontà; come se la trama della sua integrità si fosse andata via via sfilacciando nei giorni precedenti, creando delle minuscole aree più logore e fragili, che sentiva cedere di minuto in minuto sotto al peso soverchiante del suo desiderio.

Quella sensazione di bisogno omnicomprensivo, totale e viscerale, si era ripresentata alla bocca del suo stomaco, urgente e violenta come non mai, portandolo davvero vicinissimo a perdere il controllo.

E solo allontanandosi da quel profumo così inebriante era riuscito a riacquistare un po' di lucidità, per poter tornare a concentrare tutta la sua attenzione sul problema principale della loro prigionia.

La bestia.

Poteva certo comprendere la paura di Tooru, anche perché in effetti Hajime non aveva davvero idea di cosa fosse capace la bestia e neppure che aspetto avesse.

Non che avesse importanza, in realtà, Hajime aveva già affrontato un drago in passato, così come altre creature orribili dalla forza spaventosa, e ne era sempre uscito vincitore. Non aveva paura, e non si sarebbe quindi arreso al suo destino, non senza lottare. E, ovviamente, avrebbe salvato Tooru e lo avrebbe portato via con sé.

E fu pertanto con rinnovato vigore che proseguì ad esplorare quei maledetti cunicoli per cercare una via d'uscita.

La luce delle brilline per fortuna illuminava il suo cammino e dopo un po' Hajime registrò che in realtà lo sciame luminoso procedeva qualche passo davanti a lui e, quando arrivavano alle svolte, erano ancora loro in qualche modo che decidevano il percorso da seguire.

Le brilline lo stavano guidando, Hajime riusciva a percepire la loro intenzione; come se fossero state pervase da un'intelligenza collettiva, gli stavano indicando la strada, svolta dopo svolta.

Hajime le seguì deciso senza farsi più domande ma cercando di memorizzare la direzione e le scelte da fare ad ogni bivio, anche se dopo qualche svolta dovette arrendersi. Era completamente disorientato, anche se comunque era sicuro di aver percorso cunicoli diversi da quelli fatti con Tooru per andare a prendere il cibo.

Per alcuni tratti gli era perfino parso di scendere, in altri di risalire. E si sentiva ormai completamente perso, nel tempo e nello spazio, quando finalmente riuscì a distinguere un chiarore in lontananza che si faceva sempre più forte man mano che si avvicinava.

Rallentò il passo e cercò di abituarsi alla nuova luminosità mentre iniziava a scorgere un mucchio di massi in cima al quale riuscì finalmente a vedere l'azzurro del cielo. L'apertura, in origine, doveva essere stata molto più grande ma era stata parzialmente ostruita da un crollo della montagna stessa, e Hajime dovette arrampicarsi sulle rocce per riuscire finalmente a vedere fuori.

Il cuore prese a battergli furioso nel petto mentre in qualche modo si infilava nell'apertura, e quello che vide dall'altra parte lo lasciò senza fiato.

Scese a fatica dal cumulo di massi che si erano raccolti anche fuori e, quando i suoi piedi finalmente si posarono sull'erba fresca di rugiada, non riuscì a trattenere le lacrime.

Davanti a lui si stendeva un grande prato verde, l'erba che scivolava in morbide onde accarezzate da una brezza vivace. Poco più in basso si stagliava un fitto bosco, le alte chiome sempreverdi che li avrebbero potuti nascondere ad una minaccia proveniente dal cielo.

Si rese conto in quell'istante che non sapeva se la bestia di cui Tooru non voleva parlargli, avesse o meno le ali. Ma la vegetazione era folta e rigogliosa, anche se li avesse seguiti a piedi potevano certo nascondersi, e sperare che nel folto della foresta avrebbero potuto in qualche modo mascherare il loro profumo.

La possibilità di essere di nuovo libero gli gonfiò il cuore di gioia.

Doveva assolutamente tornare da Tooru e condividere con lui la sua scoperta.

Un secondo pensiero si insinuò immediatamente nella sua mente.

Se esisteva quella via d'uscita, come mai le brilline non avevano mai mostrato la strada a Tooru come invece avevano fatto con lui?

La risposta gli arrivò dopo un istante.

La terra iniziò a tremare sotto i suoi piedi.

Un gemito inumano si levò nell'aria e tutto intorno a lui sembrò perdere consistenza per un lungo e terrificante momento.

Le rocce sulle quali si era arrampicato tremarono e oscillarono, qualcuna ruzzolò giù dal mucchio rischiando di finirgli addosso e Hajime poté solo cercare di restare in piedi e non farsi colpire dai massi che rotolavano verso valle.

Furono solo pochi secondi e poi la terra si fermò, quel rumore assordante che sembrava provenire dal cuore della montagna cessò e un ultimo sassolino andò a colpire i piedi nudi di Hajime.

Con il cuore in gola sollevò la testa e tirò un sospiro di sollievo.

Il varco era ancora aperto. Poteva tornare a prendere Tooru.

Probabilmente quell'uscita dal labirinto di cunicoli era rimasta chiusa da tempo, e forse era stato un terremoto recente, simile a quello appena capitato, ad aver aperto il varco nella montagna rimuovendo i massi in cima che ne ostruivano l'apertura.

Era per quello che Tooru non lo aveva ancora scoperto.

Il destino sembrava giocare a loro favore e Hajime sapeva che doveva essere svelto a cogliere l'opportunità prima che una nuova scossa tornasse a chiudere il passaggio.

Senza nemmeno lasciare al suo cuore il tempo di rallentare la sua corsa, si arrampicò sulle rocce ed era appena rientrato nel tunnel che un'altra scossa fece tremare la terra.

All'interno della montagna quel suono che aveva sentito era ancora più forte, come un ululato disperato che faceva perfino muovere l'aria all'interno dei cunicoli; la montagna stessa gemeva e si lamentava, e Hajime si mise subito a correre senza nemmeno aspettare che il terreno sotto ai suoi piedi tornasse stabile.

Doveva tornare a prendere Tooru se non voleva rischiare che una nuova scossa chiudesse nuovamente quello squarcio nella parete, seppellendo la loro unica possibilità di fuga.

Le brilline lo guidarono svelte nel percorso inverso, come se avessero compreso l'urgenza della situazione.

La sensazione di salire era più marcata, questa volta, forse lo stavano conducendo attraverso una scorciatoia più diretta; Hajime corse a perdifiato seguendo lo sciame luminoso, il cuore che batteva impazzito per l'emozione di poter davvero scappare e la paura che qualcosa glielo impedisse.

Perché nella sua testa non riusciva a impedirsi di pensare al peggio.

Magari quel suono non era causato dal terremoto ma era stata la bestia stessa ad emetterlo. Magari era tornata... e lui aveva lasciato Tooru da solo!

Cercò di tenere a bada le sue paure, in fondo Tooru se l'era cavata per tre anni senza di lui e, mentre correva alla velocità massima che la scarsa illuminazione gli consentiva, continuava a ripetere nella tua testa il nome di Tooru come un mantra benaugurante.

Aveva perso il conto di quante svolte avesse fatto quando la sensazione di essere ormai vicino alla grotta si fece palpabile; riusciva distintamente a percepire il profumo di mandorle anche dentro al cunicolo e si domandò se si fosse fatto davvero più forte, o se fosse sempre stato presente nei cunicoli anche senza la presenza fisica di Tooru, e lui stesso riuscisse a percepirlo solo dopo aver inalato l'aria fresca fuori dalla montagna.

Ormai poteva riconoscere le ultime svolte; quel gruppo di stalagmiti candide che gli ricordavano le fauci di un drago le aveva già viste percorrendo quegli stretti cunicoli insieme a Tooru.

Sapeva di essere quasi arrivato e accelerò ulteriormente il passo.

Ma le brilline improvvisamente si fermarono.

Hajime si bloccò a un passo da loro ma non riuscì nemmeno a chiedersi cosa stesse succedendo che lo sciame si sfilacciò in una nube confusa. Le creaturine iniziarono a vorticare in ogni direzione, erano come impazzite e si dispersero in un istante lasciando Hajime nel buio più totale.

Allungò le mani attorno a sé e si aggrappò alla roccia, cercando di non farsi prendere dal panico. Ormai era quasi arrivato, sapeva di essere vicino, il profumo era sempre più forte e quantomeno poteva seguire quello.

Ma un altro grido spaventoso si levò nel silenzio.

Hajime dovette coprirsi le orecchie con le mani per quanto era forte, amplificato dal cunicolo stesso in cui si trovava.

Cadde in ginocchio, la terra tremò sotto di lui fino a che quel gemito inumano non scemò in un lungo lamento tormentato.

L'odore di mandorle aveva ormai saturato il cunicolo, pungente e ricco di una nota muschiata che non gli aveva mai sentito prima.

La consapevolezza gli strinse lo stomaco in una gelida morsa: Tooru era in pericolo e aveva bisogno di lui!

Si alzò in piedi e fece appello a tutto il suo coraggio, e proseguì rasente alla parete di roccia tastando con le mani alla cieca per seguirne la direzione.

Un fioco bagliore alla fine del tunnel gli confermò che era ormai vicino alla caverna.

Rallentò il passo prendendo dei lunghi respiri per calmare il suo cuore impazzito, e si preparò mentalmente ad un'immagine di devastazione e morte.

Era pronto ad affrontare un'orribile creatura sanguinaria e rimase quindi a bocca aperta quando sbucò finalmente fuori dal cunicolo ed entrò nella grotta.


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Le brilline si erano tutte radunate al centro della caverna, vibrando e lampeggiando totalmente fuori controllo; sembravano davvero come impazzite, vorticando e aggrovigliandosi tra di loro senza un disegno preciso come invece erano solite fare, e proiettando all'interno della grotta una luce incerta e tremolante.

Tooru era proprio sotto di loro, appallottolato su sé stesso, che si rotolava e si contorceva sul tappeto di muschio emettendo dei lamenti inumani... quegli stessi lamenti che Hajime aveva sentito nei cunicoli, da cui evidentemente erano stati ulteriormente distorti e amplificati, arrivando perfino a scuotere la terra attraverso quei brevi terremoti che avevano fatto crollare parti della montagna.

"Tooru!"

Hajime gettò un'occhiata rapida nella grotta alla ricerca di qualsiasi pericolo potesse esserci. Chiunque, o qualunque cosa avesse ferito Tooru lasciandolo agonizzante in quello stato, poteva essere in agguato da qualche parte, magari nascosto dietro a una di quelle grandi rocce lungo il perimetro.

"Nngghh..." Tooru gemette ancora, un suono vagamente più umano, questa volta, che penetrò nella coscienza di Hajime invadendola con una sensazione di urgenza mai provata prima.

Doveva aiutare Tooru ad ogni costo.

Hajime corse da lui, gli occhi che guizzavano attenti in ogni direzione cercando di scorgere ogni più piccolo movimento. La consapevolezza di essere disarmato non lo aveva dissuaso dal precipitarsi da Tooru, ed era disposto anche a combattere la bestia a mani nude se fosse stato necessario.

Si gettò in ginocchio sul morbido tappeto muschiato, scacciando le brilline con ampie manate come avrebbe fatto con un fastidioso sciame di mosche. Le creaturine sembravano infatti non volersi allontanare da Tooru, lo circondarono vorticando e lampeggiando ancora per qualche istante, prima di sollevarsi finalmente di qualche metro verso il soffitto della grotta.

E grazie alla loro luce Hajime riuscì finalmente a controllare lo stato di Tooru da vicino.

La sua schiena era scossa da tremori, le ampie spalle che sembravano scomparire tanto erano rannicchiate nella posizione fetale in cui Tooru stava continuando a gemere e a lamentarsi.

Ma non vedeva sangue. Non sembrava ferito ma solo enormemente sofferente, in preda ad una violenta agonia che stava penetrando il cervello di Hajime dettandogli l'urgenza di fare qualcosa.

Anche il profumo di mandorle sembrava come impazzito; era cangiante, mutevole, ricco di nuove sfumature che si alternavano a distanza ravvicinata – piccante, bruciato, salato, aspro – con quella nota muschiata predominante che Hajime aveva sentito nel cunicolo.

E ora che era lì, accanto a Tooru, quella fragranza era ancora più forte, invadente, si insinuava nelle sue narici rendendogli difficile respirare e quasi impossibile pensare lucidamente.

"Tooru, che succede? Stai male?" si sforzò di dire.

Allungò una mano sul suo braccio e quasi dovette ritrarsi per quanto era bollente.

"Ma tu scotti! Hai la febbre..."

La preoccupazione fece impennare il suo stesso profumo, o forse fu la reazione al tono muschiato in quello di Tooru, che innescò una nota più forte, come di corteccia bruciata, che si aggiunse al sottofondo di resina.

Ma inaspettatamente questo nuovo profumo riuscì in qualche modo a mescolarsi con quello di Tooru, avviluppandolo fino a domarlo, e consentendo ad Hajime di riacquistare un po' di lucidità.

"Iwa... channnn.... Vattene!" gemette Tooru.

"No che non me ne vado! Tu stai male. Hai bisogno di aiuto... Scusami se prima me ne sono andato ma ho trovato una via di fuga! Abbiamo una possi..."

"TI HO DETTO DI ANDARTENE!"

La voce di Tooru era un ringhio basso e imperioso ma Hajime la percepì come se avesse urlato, scagliando la sua onda d'urto esattamente al centro del suo petto dove istantaneamente si allargò e si espanse come una piccola esplosione, trasmettendo un comando imperioso al suo cervello.

E Hajime sapeva, sentiva, che doveva assolutamente obbedire.

"Ma..." balbettò, confuso.

Tooru si sollevò a fatica dal tappeto di muschio, mezzo accucciato in una posa selvaggia e scomposta, che sembrava in qualche modo sbagliata in confronto al suo solito portamento elegante.

"Vattene..." ringhiò ancora tra i denti e poi, finalmente, sollevò la testa e raddrizzò le spalle.

Il suo sguardo era imperioso e bruciante, i capelli scarmigliati ondeggiavano come una criniera attorno alla sua testa mentre il suo torace si sollevava in respiri rapidi e convulsi. Il profumo di mandorle si era stabilizzato su una nota allo stesso tempo dolce e piccante, e l'unica cosa che Hajime riuscì a fare fu accucciarsi e chinare la testa.

Sottomesso.

"Iwa-chan..." ripeté ancora Tooru, un tono più basso e pacato questa volta, quasi soffuso, a metà strada tra il ringhio e il suono che faceva il gatto di sua madre quando lei lo accarezzava sotto al collo.

Hajime riuscì finalmente ad alzare gli occhi sul volto di Tooru, gli occhi ardenti e le guance infuocate; era bello in un modo quasi disumano, il pomo d'Adamo che saliva e scendeva mentre deglutiva un paio di volte la saliva che gli aveva riempito la bocca. Parte di quella saliva era scivolata fuori dalle labbra e scorreva fino al mento e poi lungo il collo catturando la luce delle brilline sulle ossa affilate delle sue clavicole.

Era selvaggio e bellissimo, e Hajime fu quasi sopraffatto dal desiderio di avvicinarsi e leccargli via la saliva dalla faccia.

Tooru inspirò profondamente e chiuse gli occhi, e dopo qualche attimo sembrava essere riuscito a riacquistare il controllo di sé.

"Ti prego, scappa! Non so quanto ancora potrò resistere." gemette infine la sua accorata preghiera.

Hajime non capiva perché Tooru gli stesse dicendo di andarsene.

Davvero, non capiva, ma l'istinto di obbedire si scontrò con un altro istinto, ancora più impellente, quello stesso bisogno primordiale che sentiva da quando si era risvegliato dalla febbre e che non aveva smesso nemmeno per un istante di divorarlo.

Ed era ancora più forte, ora, e resistergli sembrava impossibile davanti agli occhi di Tooru così grandi e imperiosi, e con quel profumo che aveva invaso ormai ogni sua cavità, insinuandosi sempre di più ad ogni respiro fino a raggiungere il centro del suo essere.

"Ma tu... stai male..." balbettò, ancora in preda alla confusione, in un ultimo disperato tentativo di dare una connotazione razionale a quello che stava succedendo.

"Non sto male..." mormorò Tooru abbassando infine lo sguardo, il suo profumo che virava di nuovo verso quella nota caramellata che Hajime aveva ormai imparato a riconoscere come la più irresistibile.

"Sono... in calore..." concluse in un bisbiglio sottile e minaccioso, chinando la testa in una posa sconfitta.

"E se non te ne vai subito, non sarò più in grado di fermarmi."


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