Io sono con te.
La città è in silenzio.
La nostra amata Milano è in silenzio.
Altre città, altre province sono tutte in silenzio.
La Lombardia, il Veneto e l'Emilia-Romagna sono in silenzio.
L'Italia, in generale, sta con il fiato sospeso.
Da qualche giorno ormai incombe questo silenzio, perché è l'unica cosa che possiamo fare davanti a qualcosa di così grosso, così sconosciuto e spaventoso ai nostri occhi.
Fino a poche settimane fa era solo una delle tante notizie, troppo lontana da noi per poterci scalfire,a noi italiani sempre ottimisti e con il sorriso in faccia.
Un mese fa tutto ciò non preoccupava, veniva preso sottogamba e si fingeva che non potesse essere così grave da poter arrivare a noi, distrutti nell'animo da guerre che hanno lasciato cicatrici profonde ma non ci hanno mai abbattuto completamente.
Poi tutto si è capovolto con così tanta velocità da lasciare tutti un po' smarriti, ancora poco interessati.
Fin quando un bacio o un abbraccio non erano più permessi, neppure una stretta di mano.
Vietato il contatto fisico a noi che a più degli altri ci contraddistingue, perché è la maniera migliore, più genuina per dimostrare il nostro affetto, che senza di quello non saremmo italiani.
Poi tutto inizia a tacere intorno a noi e ad urlare al di fuori, urlare parole di disprezzo, di razzismo quando abbiamo sempre mostrato rispetto e dato il nostro supporto. Anche quando il problema non era nostro.
Parole di odio verso qualcosa che non dipende da noi, che è semplicemente arrivato e ha stravolto le nostre vite. A noi, noi italiani non abituati a stare con le mani in mano, a vedere la nostra terra deserta, a vedere le persone scappare dalle nostre viste mozzafiato, dai nostri monumenti, dalla nostra storia che affascina tanto e porta milioni di persone a volerla conoscere ogni anno.
Abbiamo paura, paura perché non sappiamo come agire, paura perché dovremmo farlo, paura perché lo stiamo facendo ma i risultati non cambiano. Paura perché non sappiamo che cosa ci aspetta dal domani.
Paura perché i dati non mentono, aumentano e tormentano. Chi ci lavora giorno e notte, chi spera di superarlo, chi di non averlo e chi ancora non lo sa.
Ed è inevitabile che cali il silenzio, questo strano silenzio che non ci appartiene,
questo strano silenzio che ci opprime ma ci invita non mollare,
perché dopo la tempesta viene sempre il sereno.
Dopo il silenzio l'Italia potrà tornare ad accogliere, ridere, scherzare, parlare ad alta voce come è abituata a fare.
Potrà tornare ad abbracciare, a baciare e a stringere la mano ancora più forte di prima, con molto più affetto.
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