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"Allora stasera salta?"
"Sì, Cristiano, mi dispiace ma devo restare con mia madre"
"Va bene, tesoro, ci sentiamo domani mattina, un bacio"
"A domani, ciao"
Stacco la chiamata con Cristiano e finisco di prepararmi per uscire.
Adoro quando usa dei nomignoli con me, è così dolce. Ogni tanto vorrei provare a buttarmi, a lasciarmi andare, ma poi la mia parte razionale mi blocca. Forse è meglio aspettare un altro po'.
Ho indossato un paio di pantaloncini jeans e una t-shirt celeste con un fiocchetto del medesimo colore come girocollo.
Lego i capelli in una coda alta e li piastro per bene. Sono cresciuti parecchio e li amo.
Completo il mio look con un trucco nude, fresco e leggero.
Infilo dei sandali alti, il regalo di compleanno da parte delle ragazze, e imbraccio una pochette neutra.
"Mamma, sono pronta, tu?" urlo spalancando la porta.
Papà è a lavoro e mio fratello è andato a casa di un amichetto.
Quest'anno non andrà al campeggio con gli scout e resterà qui tutta l'estate a rompermi le scatole. Per fortuna oggi torna Nicolas.
Sono così felice!
Busso alla porta della camera padronale che subito si apre mostrando la figura a clessidra di mia madre.
Indossa una gonna a metà lunghezza che le cade morbida sui fianchi e una camicia colorata e semitrasparente. Il tutto accompagnato da un trucco estivo dai toni caldi, uno chignon alto, un paio di orecchini e dei sandali alti.
"Andiamo!" ordina sorridente.
Abbiamo deciso di non andare in aeroporto, saremmo solo d'intralcio. Ci faremo trovare già fuori la loro abitazione in campagna. Sarà una bella sorpresa.
Mamma afferra una borsa enorme e si volta a guardarmi. Quasi le luccicano gli occhi e non capisco il perché.
"Oh, tesoro, hai messo dei pantaloncini, non li indossi dall'inizio delle medie" dice, poi, commossa.
Sì, in effetti, da quando le mie compagne di classe mi fecero notare la mia terribile condizione fisica, ho sempre cercato di coprire al meglio il mio corpo, il ché significava niente gonne corte, niente maglie aderenti e niente pantaloncini.
Ma adesso che sono dimagrita un po', non abbastanza comunque, me la sono sentita e li ho indossati, senza prestarci troppa attenzione altrimenti mi sarei cambiata all'istante.
"Sì, mamma, lo so. Non mi stanno bene?" chiedo indecisa se tornare in camera a cambiarmi.
Probabilmente le mie cosce sono ancora troppo ciccione per questi pantaloncini. Per non parlare della tonalità, sono bianchissima, non riesco mai ad abbronzarmi.
"No, cara, ti stanno benissimo. Si vede che sei dimagrita un po'. Sono contenta che non ti nascondi più" dice mia madre riportandomi alla realtà.
Sta per piangere, le si rovinerebbe il trucco e faremmo tardi. Le sorrido di rimando sperando che non lo faccia.
"Grazie, mamma, anche se la strada è ancora lunga per diventare decente" dico di getto.
Mossa sbagliata.
Mamma si avvicina pronta per iniziare una delle sue lavate di capo.
"Non dire sciocchezze. Nessuno ti obbliga a diventare una taglia 38. Sei bellissima così. Ama sempre te stessa, sei l'unica persona con cui vivrai per tutta la vita. Va bene migliorarsi e l'hai fatto perdendo qualche chilo, ma non farla diventare un'ossessione. Stai benissimo così, in carne, con sostanza. E, detto tra noi, ai ragazzi piace la sostanza" conclude con un occhiolino.
Mi viene da vomitare. Mamma che parla di queste cose è strana, anzi, di più.
Devo avere un'espressione schifata al massimo perché corruccia la fronte e mi chiede: "Sei al liceo, Vera, non parlate mai di queste cose?"
Scuoto la testa e lei fa spallucce.
"Quelle tue amiche devono essere proprio delle sante allora. A ogni modo, parlo per esperienza. Che se ne fa un ragazzo di una ragazza tutta ossa? Viva la carne, no?"
Strabuzzo gli occhi sconvolta e lei scoppia a ridere.
Non parlerò mai con mia madre di queste cose, mi fa paura.
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L'odore di terra e di erba mi raggiunge prima ancora di vedere la villetta in lontananza. Che fortuna che hanno!
Le quasi due ore di treno non sono mai state così lunghe. Mamma ha passato il tempo a controllare il cellulare per avere notizie dell'arrivo di Clara e Nicolas. Poco prima di cambiare treno, ha telefonato la nonna di Nick. Passeranno prima a riaccompagnare a casa Clarissa e poi torneranno alla loro.
Con la custodia della tromba tra le mani, mia madre e io ci incamminiamo verso la loro dimora lasciata a sé stessa per quasi otto mesi. Non vedo Nick da otto mesi. Eppure mi sembra ieri che è salito su quell'aereo.
Non sono emozionata, di più.
Dopo una lunga passeggiata arriviamo alla villetta.
Mamma, esausta quanto me, si lascia cadere sui gradini del porticato, respirando affannosamente.
La affianco poggiando la tromba accanto allo stipite della porta di legno massiccio.
"Arriveranno tra pochissimo" dico abbracciando mia madre.
"Lo spero bene, ho bisogno di togliermi le scarpe e massaggiarmi i piedi"
Ridacchio divertita. Mia madre è fantastica.
"Puoi farlo anche adesso, non c'è nessuno nei dintorni"
Lei scuote la testa e risponde: "E che figura ci faccio se arrivano proprio nel mentre? Aspetterò"
E così facciamo. Aspettiamo, credo, una ventina di minuti quando vediamo la macchina di Clara in lontananza.
Salto in piedi all'istante seguita lentamente da mia madre.
Mi sento carica, come se dovessi correre chilometri nonostante abbia già camminato abbastanza.
Appena l'auto si ferma, Clara esce dal veicolo e corre incontro a mia madre che a stento riesce a stare in piedi su quei tacchi.
Mi sembra di rivivere il giorno di un anno fa quando le due amiche si incontrarono dopo vent'anni.
Si stringono forte senza la minima intenzione di separarsi.
D'altronde nemmeno io vorrei separarmi da Nicolas. Lo vedo scendere dall'auto, lentamente.
Gli vado incontro sorridendo.
"Nicolas" esclamo abbracciandolo. Ma lui, invece di ricambiare come farebbe un vero amico che ha sentito la tua mancanza tutto il tempo, mi dà semplici pacche sulle spalle.
Sono confusa.
Lo guardo in volto e sembra così stanco. E diverso. E poi ha tagliato i capelli. Lo preferivo con i capelli più lunghi ma sta bene anche così.
"Nick, come stai?" gli domando, separandomi da lui. Non mi sento a mio agio come lo sono sempre stata l'anno scorso.
Nicolas annuisce sforzandosi di sorridere.
Non riesco a capire cosa sia successo, ma qualcosa mi suggerisce che Clarissa c'entri senz'altro.
"Veronica"
Mi volto verso la madre del mio migliore amico e la vedo avanzare verso di me a braccia aperte per poi stringermi in un forte abbraccio.
"Andiamo dentro, penseremo dopo a disfare i bagagli, il viaggio è stato estenuante" dice dopo avermi lasciata di colpo facendomi quasi cadere per terra.
Senza aspettare altro, afferra il figlio per un braccio e lo porta dentro. Mamma mi guarda interrogativa e io distolgo lo sguardo puntandolo per terra. Qualcosa non va e devo scoprire cosa.
All'interno, la casa è rimasta uguale, solo con un velo di polvere sulle superfici, un po' come quando ti trasferisci nella casa delle vacanze un mese all'anno, basta una spolverata veloce e tutto torna a splendere.
Con la tromba tra le mani, chiamo Nicolas e gli chiedo di andare in camera sua. Lui annuisce in silenzio e si incammina per il corridoio lentamente, sfiordando il muro con le dita pallide.
Arrivati in camera, cerca il letto con le mani, come se non ricordasse più la sua posizione, e si stende sospirando.
Deve essere davvero stanco.
Per la prima volta, dopo otto mesi, apro la custodia dello strumento e lo ripongo con cura sul suo piedistallo.
"Eccolo qui, finalmente al suo posto. Che ne dici di festeggiare il tuo ritorno a casa suonando?" gli domando avvicinandomi a lui.
Vorrei tanto che aprisse gli occhi ma non ho il coraggio di chiederglielo. Chissà se in questi mesi con Clarissa li ha sempre tenuti aperti.
Nicolas si gira su un lato mostrandomi la schiena e risponde: "Sono troppo stanco persino per parlare, figurati se riesco a soffiare in quell'aggeggio"
Resto a bocca aperta. Ha definito lo strumento che ha sempre amato, un aggeggio.
Ok, deve essere successo qualcosa di grave.
Mi schiarisco la gola e cerco di assumere un tono da adulta severa.
"Non mi hai nemmeno salutata, né rivolto la parola in alcun modo se non ora e per dirmi che il tuo passatempo, anzi, la tua passione è diventata un semplice aggeggio? Nicolas Owen, che cavolo ti è preso?"
Forse ho alzato un po' troppo il tono di voce, spero solo che le donne in cucina non mi abbiano sentita.
Nicolas si volta verso di me e si alza sovrastandomi in altezza. Come fa a essere così bello?
Ok, Veronica, non lo vedi da tantissimo tempo, è normale che ti dia questa impressione. È sempre il solito Nicolas, anzi, prima era anche più bello. I capelli fanno proprio tanta differenza!
"Ti ho detto che sono stanco, lasciami in pace. E se io voglia suonare o meno sono affari miei e ora non mi piace nemmeno più se proprio vuoi saperlo. Adesso lasciami dormire" dice aggressivo. Non è mai stato tanto cattivo con me.
Si rimette a letto e si massaggia le tempie mugugnando.
Non mollerò, è evidente che non sia sé stesso.
"Non so cosa ti sia successo ma questo non è il Nicolas che conosco, non è il mio miglior amico. E ora, se non mi darai una spiegazione allo strano, e a dir poco insopportabile, atteggiamento che hai oggi, credimi, questa sarà l'ultima volta che mi vedrai"
Dico tutto d'un fiato ma in realtà non ci credo nemmeno io.
Nicolas rivolge il viso verso di me e sghignazza divertito.
"Non ti vedrei ugualmente, cara"
Arrossisco all'istante. Accidenti!
"Hai ragione, volevo dire che non verrò mai più qui e non mi sentirai nemmeno a telefono"
Nicolas sorride, ma non è quel sorriso che ho sempre adorato, è un sorriso di scherno, uno di quelli tanto usati da Adele.
Non resisto più ed esco da quella stanza.
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Angolo scrittrice:
Nicolas è tornato. Secondo voi cosa gli è successo? Anche voi credete che c'entri Clarissa in questa storia?
Veronica riuscirebbe davvero a lasciar andare il suo migliore amico?
Fiordaliso 💙
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