Ricordi
"Chicco...". Chiara chiamò dolcemente il soprannome di Francesco.
Lui era completamente coperto dalla coperta. "Non adesso Chia... Non mi sento bene...".
Sembrava un bambino.
"Ho qua del brodo, e se lo bevi andiamo a vedere il crocifisso".
L'aveva convinto.
"Veramente?". Emerse un poco dalle coperte.
"Veramente".
Gli era tornata la febbre e lui come al solito delirava.
Adesso gli era scesa un poco, anche se non di molto.
Francesco aveva le palpebre pesanti.
Chiara sorrise comprensiva. "Adesso dormi e riposati".
Si addormentò quasi subito, tremando però anche nel sonno.
"Mio Signore...". Mormorava. "M-mio Signore...".
L'amica cercava di calmarlo. "Ssh... Stai calmo, il tuo Cantico di frate sole è qui...".
Aprì subito gli occhi.
Occhi lucidi di febbre.
"Andiamo a vederlo?...". Si riferiva al crocifisso.
"Prima bevi questo". E gli portò alle labbra il cucchiaio del brodo.
Francesco lo bevve.
"Ora?". Era impaziente, voleva vedere il crocifisso che tanto aveva amato, davanti al quale tante volte aveva pregato.
Chiara sospirò, arresa. "Va bene... Ce la fai ad alzarti?".
"Si credo". Tentò, ma perse l'equilibrio.
La monaca l'aiutò. "Aggrappati a me".
E camminarono così, uno aggrappato all'altra, fino al crocifisso.
Con le stigmate a Francesco era difficile camminare, sui fori vi erano come delle capocchie di carne che ricordavano i chiodi e che gli rendeva ancora più doloroso il camminare.
Per questo Chiara gli aveva cucito delle pantofole a forma di barca, per impedire il meno possibile che il piede poggiasse per terra e gli causasse dolore.
Arrivati al crocifisso gli si inginocchiarono davanti.
Francesco lo guardava felice. "Gesù, Gesù!". Diceva. "Mio Signore, mio Dio, mio tutto!".
Era felice, pur non vedendolo più lo sentiva vicino.
Sentiva la forza del Suo amore, quello stesso amore che gli era penetrato fin nel corpo donandogli quei segni innegabili.
Poggiò la testa sulla spalla di Chiara.
"Ho sonno...". Mormorò.
E dolcemente Chiara lo riportò a letto.
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Al tramonto già dormiva, stremato.
Chiara gli aveva rimboccato le coperte per poi guardarlo un ultimo volta prima di andare a pregare con le sorelle.
Di sera si era svegliato già due volte, "per gli incubi" diceva , disturbando le monache durante la cena.
In realtà non erano incubi, non voleva restare solo.
Aveva paura di restare solo, pur essendoci lì gli animali.
Si affacciava all'ingresso del refettorio, con i capelli neri scompigliati dal sonno e gli occhi doloranti.
Diceva che voleva rimanere con le monache, pregare con loro per non avere più incubi.
Ma Chiara conosceva il vero motivo.
"Francesco... Guarda che noi facciamo tardi e tu devi dormire...".
"No! Non voglio dormire ora!".
Come no, vuoi il contrario, vuoi che rimango con te e non osi domandare. Hai gli occhi che ti si chiudono da soli, sei esausto, vuoi riaddormentarti ma non ci riesci.
"Ora vengo io con te di là, e sto lì finché non ti riaddormenti".
Tremava dalla febbre quando Chiara lo mise a letto.
"Ora dimmi la verità: hai paura di stare da solo?".
"Io, io...". Tremava ancora. "Tutti mi hanno chiesto la regola, io l'ho dettata, il Papa l'ha approvata e se ne sono andati. Ormai non sono più il capo dell'Ordine, sono solo una piccola persona cieca e malata! Non conto!".
L'amica gli strinse la mano, decisa.
"Piantala". Tono autorevole, come quello di un genitore. "Tu conti Francesco, conti più di qualunque altra persona al mondo. Senza di te l'Ordine del quale hai definitivamente dettato la regola non esisterebbe, io non sarei qui, ma tu hai dato a tantissime persone una scelta di vita.
Hai creato una pianta solida e robusta che da tanti frutti e tanti ne darà in seguito.
Se sei malato noi ti aiutiamo, perché senza di te noi non saremmo nessuno".
Silenzio.
Hai capito?.
"Chiara?".
"Si?".
"Ti voglio bene sorella carissima ". Le si aggrappò al collo con entrambe le braccia.
"Anche io padre carissimo".
Si staccò e si sdraiò sul letto. "Ti ricordi la banda? E Madonna Diana? E il cavaliere?, ti ricordi? E il gioco dei fiori?".
Lei sorrise. "Me li ricordo tutti, dal primo all'ultimo". Canticchiò la canzoncina. "Mille mille fiori a te Santa Maria!".
Francesco sorrise e tirò fuori la collana.
La collana dello Yang e Chiara tirò fuori la sua dello Yin.
Le unirono.
"Cielo e terra...". Mormorò Francesco. "Dove abbiamo vissuto noi...".
Già, noi siamo creature fra cielo e terra.
Sbadigliò: dopo aver continuato a fare avanti e indietro fra letto e refettorio era stanco.
Tanto stanco.
Chiara gli accarezzò la guancia. "Mi prometti che ci dici cos'hai la prossima volta?".
Debole annuire.
"Bravo, adesso ti do del latte caldo così dormi meglio".
Appena lo ebbe davanti lo bevve tutto in un sorso e l'amica gli massaggiò la gola per fargli deglutire meglio la sostanza medicamentosa.
"Chiudi bene i tuoi occhietti, buonanotte, buonanotte...". Una dolce nenia nei colori sfumati del tramonto.
Si era calmato, dormiva sereno, senza tremare.
E i ricordi erano tornati a galla, lentamente, in una sera di primavera.
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