Capitolo 57

Negli ultimi mesi del 2012 ci stringemmo tutti intorno a Giulia, infondendole forza e coraggio per affrontare il suo male e sconfiggerlo per il bene di lei stessa, di Antonio e dei bambini.
Non immaginavamo neanche lontanamente cosa stesse passando: i cicli di chemio erano talmente invasivi che la facevano vomitare; i suoi capelli biondi caddero tutti, costringendola a portare la parrucca quando era in pubblico; la sua casa era praticamente l'ospedale.
Non era la prima persona con un tumore che avevo visto in vita mia: quando avevo undici anni, infatti, ebbi sotto il naso la terribile agonia di Aldo Baschetti, che morì a ridosso della Pasqua 1994.
Ma lo spettacolo che mi trovai davanti con Giulia era davvero spaventoso: era già uno scricciolo, e quel percorso estenuante la stava prosciugando; speravamo tutti che riuscisse a vedere il Capodanno 2013, ma nessuno ne era completamente sicuro.

                                  ***

Ma la mia preoccupazione principale tornò presto ad essere Laura, che, nonostante la malattia di Giulia, continuava a pensare alla morte di Sara e all'implicazione di Italo nella vicenda.
Faceva dei collegamenti tra l'orribile evento, il presunto colpevole, il viavai continuo di casse nel retrobottega del ferramenta e il silenzio di tutto il Quartiere a riguardo; azzardava ipotesi che confidava solo a me, che però la prendevo in giro, dicendole che erano buone per la trama del mio prossimo romanzo.
In realtà cercavo di dissuaderla proprio perché quelle sue ipotesi erano palesemente plausibili e per questo maledettamente pericolose per la sua vita e per quella dei suoi figli, soprattutto con un cognato come Francesco, che era gli occhi, le orecchie e la voce di Italo nel Quartiere.
Dovevo distrarla, farle cambiare aria, così quando Davide invitò me, Dario e i ragazzi nella villa delle vacanze a Tel Aviv per il suo compleanno, colsi la palla al balzo proponendo a mia sorella di aggiungersi a noi con Giovanni, Mario e Luisa.
《Non posso, mi dispiace》disse lei al telefono.
《Perché no?》le chiesi allora.
《Perché sarebbe uno sbaglio, lo sai》rispose.
《Non mi dire che ti mette ancora a disagio vedere Davide... Insomma, ormai avete le vostre rispettive vite da anni...》le feci notare.
《Macché disagio, no...》ribattè lei.
《E allora qual è il problema?》domandai.
《Che là in mezzo io e Giovanni non c'entriamo niente. Voi siete tutta gente di mondo, noi solo dei provinciali》spiegò.
《Che spiegazione stupida. Non me la sarei mai aspettata da te》feci.
《È l'unica che sono in grado di darti al momento. Accontentati, e buon viaggio》concluse attaccandomi il telefono in faccia prima che potessi aggiungere altro.
Non c'era più niente da fare: ormai si era fissata con questa storia, e sarebbe stato difficile, se non addirittura impossibile farle cambiare idea.

                                  ***

Sinceramente avrei voluto che cominciasse in maniera diversa, quel nuovo anno, e invece non stava andando affatto come lo avevo sperato: Giulia reagiva sempre più male alla chemioterapia, e il suo medico curante dava a lei e ad Antonio opinioni sempre più negative; Laura era sempre più preda dei suoi sospetti, e stava costantemente all'erta, a cercare di captare anche il minimo segnale di un possibile ritorno di Italo in città o anche nel resto d'Italia, attraverso le conversazioni di Francesco con i loschi figuri che lo scortavano; io avevo pubblicato il mio terzo romanzo, "I giorni del silenzio", ma sentivo che il mio matrimonio con Dario stava finendo: solo che lui sembrava non accorgersene, e continuava a fare finta di niente, portandomi a fare lo stesso per quieto vivere e per Cinzia e Maurizio che erano ancora piccoli.
Ci sarebbe voluto un avvenimento importante, qualcosa di potente e irreversibile che ci facesse ritrovare o che ci allontanasse definitivamente, per non rimanere in quel limbo snervante e senza prospettive di cambiamento né in positivo né in negativo: un giorno accadde che Giulia diede appuntamento a me e a Laura nella sua stanza d'ospedale, doveva parlarci. Ci andammo piene di dubbi.
Quando ce la ritrovammo davanti era più morta che viva: tutta occhi, pelle e ossa, ormai non aveva neanche più la forza di mettersi la parrucca; ci accolse dal suo letto, completamente calva.
《Sono così contenta che siate venute!》esclamò con un filo di voce e un sorriso genuino e disincantato.
《Anche noi siamo contente di stare qui con te...》le risposi. In realtà non lo pensavo, desideravo di non incontrarla più in quel letto d'ospedale, ma non ebbi la forza di dirglielo. Non ero come mia sorella.
《La chemio non va, vero?》chiese quest'ultima, senza filtri anche da parte mia.
《Sento che le forze mi stanno abbandonando, ragazze. Antonio non ci crederebbe mai, e una volta che me ne andrò soffrirebbe troppo. Stategli vicino, quando sarà il momento...》fece Giulia con voce rotta.
《Ma che momento, che dici...?》domandai, sapendo già la risposta.
《Non lo lasceremo un attimo》le promise invece Laura.
《Grazie, ragazze. Non so come farei senza di voi, davvero》ci sorrise la giovane Serra, tra le lacrime.
Tornammo a casa svuotate, senza scambiarci una parola.

                                  ***

Non superò la notte: le infermiere la ritrovarono supina, che non respirava più. Dissero che sorrideva.
Antonio si prese le ferie dall'università, si occupò del funerale e dei figli.
Laura veniva a trovarlo spesso, fregandosene dei giudizi che nel Quartiere davano riguardo quei suoi continui viavai.
Un giorno Antonio venne a trovare sua madre, sperando di ricevere, almeno in quella circostanza, qualche parola di conforto.
Ma fu una speranza vana, visto che la signora Rosa non mancò nemmeno quella volta di sputare in faccia al figlio tutto il suo disprezzo.
《La verità è che non valevi niente da piccolo e non vali niente neanche ora, proprio come tuo padre! Qui vengo rispettata non per te, ma per Claudio; lui si è fermato alla terza media ma è diventato un signore, e fa circolare il benessere nella sua famiglia e nella nostra. Tu invece ti sei laureato ma non sei stato neanche capace di accorgerti che tua moglie ti stava crepando davanti! Mi dispiace solo per i ragazzi, che hanno perso la loro madre... Ma con gli ambienti che frequenti adesso, proprio a noi dovevi tornare a romperci le palle?》sbottò infatti.
Antonio non seppe cosa dirle: discutere con lei era impossibile. Se ne andò amareggiato, senza voltarsi indietro. 

                                  ***

La morte di Giulia provocò ancora più allontanamento tra me e Dario: o almeno era quello che percepivo io, che mi ero sempre sentita un'estranea a Villa Sciarra, con mia suocera sempre lì a ricordarmelo.
Ero sicura che ormai se ne fosse accorto anche lui, ma faceva finta di niente, quel 23 dicembre del 2013, mentre parlavamo di quante persone sarebbero venute alla villa per il Cenone della Vigilia di Natale.
Quel suo soffermarsi sui più banali dettagli della routine natalizia mi dava sui nervi, e più si concentrava sui posti a tavola, sulle portate, sui parenti, più sentivo che cercava un modo per evitare di affrontare un discorso che prima o poi sarebbe dovuto avvenire.
《Allora, ci saranno i miei, i tuoi, tua sorella e tuo cognato coi ragazzi, lo zio Gigi con la zia Carmela... E poi Viola e Arthur, ma loro li conosci, magari ci danno conferma che vengono ma sono giovani e cambiano idea...》organizzava imperterrito.
《Anche noi siamo giovani e potremmo cambiare idea, solo che ci ritroviamo sempre qui, da dieci anni...》ribattei volutamente.
Avevo acceso una miccia, stava a lui decidere se farla diventare un incendio o spegnerla e fare finta che nulla fosse accaduto.
《Ma dai, e te ne accorgi ora?》mi prese in giro lui. Pensava di essere spiritoso. Pensava che ci avremmo riso su. Solo che a me non veniva affatto da ridere; la situazione era drammatica.
Quando un amore finisce non ce ne rendiamo conto subito: ci convinciamo che è solo un momento, una crisi passeggera, che poi tutto rientrerà; è la nostra ultima possibilità di evitare l'inevitabile. Ci raccontiamo balle fatte apposta per aggirare il problema, solo che più lo aggiriamo più si ingrandisce, fino a sovrastarci.
《Sì, proprio così. Mi sono accorta proprio adesso di aver sopportato troppo!》risposi stizzita.
Finalmente ebbi una reazione, uno scatto d'orgoglio, proprio come avrebbe fatto Laura al posto mio.
Non potevo più tornare indietro, dovevo scrollarmi di dosso l'incertezza prima che m'ingoiasse di nuovo, e che mi facesse smarrire tra le pieghe dell'accettazione.
《Ma si può sapere che ti prende, Vale?》fece Dario irritato.
《Che mi prende? Hai anche il coraggio di chiedermi che mi prende? Non ce la faccio più, Dario, mi sono rotta le palle della routine, della tua famiglia, degli amici fighetti di cui siamo circondati... Mi dirai che è normale, che dopo qualche anno di matrimonio le priorità cambiano, ma non per questo dobbiamo decretare la nostra morte civile! Volevamo fare il giro del mondo, e invece ci ritroviamo a discutere su quanta gente viene a Natale... Mi prende che ci siamo persi, ecco che mi prende!》sbottai a quel punto.
Mi sentivo libera e leggera, come se mi fossi appena tolta un grosso peso dal cuore, un peso che avevo da troppo tempo, ormai.
I bambini corsero da noi, incuriositi dalle nostre parole.
《Mamma, papà, cos'è successo?》domandò Cinzia.
《Tesoro, credo che dovremmo parlare tutti quanti di una cosa...》esordì finalmente Dario.
《Credo proprio di sì...》concordai.

                                   ***

Cominciammo le pratiche per il divorzio all'inizio del 2014; non ci furono urla, recriminazioni, niente di particolarmente plateale o doloroso: era quasi come se non stesse succedendo a noi.
Questo forse è stato il mio unico rammarico: ci eravamo tanto amati, e adesso ci stavamo separando con la stessa tranquillità con cui si beve un bicchiere d'acqua; pensai alle mie storie pregresse, a come mi ero lasciata con Enrico Baschetti, e poi con Flavio Delpino.
Forse ero incapace di provare grandi sentimenti.
Ricordo che i bambini furono molto maturi dell'accettare la nostra decisione, e che la signora Sciarra aveva una gran voglia di sparare i fuochi d'artificio, visto che non mi aveva mai sopportato.
Nella mia famiglia ci furono reazioni diverse: mio padre disse che ero stata una cretina a lasciarmi scappare uno come Dario; mia madre come al solito fu d'accordo con lui perché non osava contraddirlo; mia sorella sosteneva che potevo trovarne altri mille meglio del mio ex marito.
L'unica persona che mi capiva davvero era Antonio: lui vedovo, io divorziata, ci facevamo compagnia in mezzo a tanta gente che prima si dispiaceva per noi e poi ci faceva la morale. Ci incontravamo spesso al nostro solito caffè letterario; ci raccontavamo le ultime novità.
《Dopo quello che ci è successo ho capito una cosa importante》gli dissi un giorno.
《Che cosa?》domandò lui.
《Che non eravamo noi ad avere in mano la formula vincente》risposi.
《In che senso?》chiese.
《Nel senso che siamo intellettuali da esposizione, buoni solo a scaldare le sedie dei circoli letterari e le poltrone dei salotti bene, più bisognosi di una vetrina che di esprimere veramente il nostro pensiero, ed è questa la grande vittoria di Laura nei nostri confronti. Ricordi quando ci accusava di non avere carattere? Lei invece ne aveva addirittura d'avanzo! Siamo andati avanti a forza di sogni che oggi non esistono più, trascinati da un entusiasmo che abbiamo perso per strada, e guardaci ora: le nostre vite sono vuote e a pezzi, mentre la sua è tutta intera e piena》gli spiegai.
《Mi stai dicendo che forse abbiamo sbagliato tutto? Che non dovevamo arrivare dove siamo arrivati? Che dovevamo fare come lei, e scegliere un'esistenza ordinaria nel Quartiere?》fece allora Antonio.
《No, semplicemente ti sto dicendo che abbiamo ottenuto grandi risultati solo perché lei ci ha lasciato spazio. Se anche Laura avesse deciso di spiccare il volo, sarebbe sicuramente andata molto più lontano di noi》ammisi.
Ero così sicura della sconfitta che ci aveva inferto mia sorella da non accorgermi cosa le stava passando per la testa in quel periodo.

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