Capitolo 41

Per fortuna riuscii a tenere la mente impegnata: il 2001 sarebbe stato l'anno della maturità, avrei dovuto sgobbare il doppio di quanto avevo sgobbato per gli esami di terza media; avrei dovuto faticare davvero, ma era necessario: non ero Laura, non avevo la capacità di capire tutto prima e meglio degli altri. Ero una persona normale con tempi d'apprendimento normali.
Ci sarebbero state le simulazioni delle prove scritte, e i controlli dei primi abbozzi di tesine, ai cui argomenti si doveva cominciare a pensare fin da subito.
E per di più in tutto ciò c'era anche Dario: mi ero trovata bene con lui, e mi auguravo che ci saremmo rivisti ancora.
Insomma avevo dei buoni motivi per non pensare ad Antonio, per cercare di parlargli il meno possibile ed evitare fraintendimenti e situazioni d'imbarazzo.
Ma la realtà dei fatti non giocò esattamente a favore dei miei propositi, e la causa di tutto fu senza dubbio mia sorella.

                                  ***

Avrei dovuto immaginarlo che la situazione tra lei e Davide non fosse tutta rose e fiori, ma ero talmente contenta di vederla tornare a sorridere dopo la rottura con Manuel avvenuta qualche anno prima, che non immaginai quanto le parole dette da nostra madre la volta in cui lui dormì a casa nostra avessero intaccato quell'idillio.
Cominciarono a litigare. Davide aveva cominciato ad esprimere la sua opinione sul business delle ricette; ad interferire, secondo mia sorella.
《Ti dico che così non allargherai mai la tua fetta di mercato, anzi dovresti saperlo, visto che lo abbiamo studiato!》ribadiva lui.
《Appunto, queste cose le stai dicendo tu, ma ti ricordo che questa è la mia attività!》sottolineava lei.
《Io ti sto solo dando dei consigli, d'altra parte anche la mia famiglia ha un'attività, si da il caso. Perché non li accetti?》replicava l'uno.
《Perché questi consigli me li dai dall'alto della tua posizione di figlio di papà!》ribatteva l'altra.
Davide aveva ragione sul fatto che a Laura non si potessero dare consigli, perché o non li accettava, o ti faceva credere di sì ma poi agiva di testa sua.
Però, tutto sommato, le cose ogni volta rientravano e i due tornavano ad andare d'amore e d'accordo, almeno fino alla sfuriata successiva.
Un pomeriggio di primavera tuttavia la lite sul solito argomento si protrasse più a lungo: troppo, per noi che li ascoltavamo da dietro le finestre, mentre discutevano in cortile.
《Ma proprio non capisci l'opportunità che ti stai perdendo?》fece Davide.
《Quale opportunità, quella di esporre la mia idea come un trofeo? Magari prendertene addirittura i meriti?》rimbeccò Laura.
《Sei proprio meschina, a pensare queste cose》rispose lui.
《Perché, preferivi una pellicola che ti diceva sempre di sì?》gli rinfacciò lei.
《Preferivo qualcuno che mi ascoltasse... Io non ho alcuna intenzione di rubarti l'idea, Laura, ma voglio aiutarti ad esprimerla al meglio perché conosco i canali giusti...》sottolineò l'uno.
《E certo, il rampollo della Roma bene e le sue infinite conoscenze!》lo prese in giro l'altra.
《Mi pregherai in ginocchio di mettertici in contatto, con queste mie conoscenze! Le tue ricette sono roba raffinata, da ricchi, e qui, di ricchi, non ce ne sono》decretò l'altro, in tutta sincerità.
Ed era vero: di signori come ne conosceva lui, nel Quartiere, non ce n'era neanche l'ombra; per di più, con le conoscenze giuste mia sorella avrebbe potuto davvero svoltare; tuttavia lo considerava come qualcosa di blasfemo, una svendita della sua intuizione a poco prezzo.
《Allora tornatene dai tuoi signori, visto che qui non ce ne sono!》esclamò quindi, velenosa.
《Con immenso piacere!》si congedò Davide, piccato.

                                  ***

Da parte mia, non potevo certo starmene con le mani in mano: Davide era un bravo ragazzo, nonché l'unica opportunità che Laura avrebbe avuto di vivere una vita migliore, fuori dal Quartiere; così andai di persona ad affrontarlo.
《Lo so che mia sorella è intrattabile e spigolosa, ma non è cattiva, e soprattutto ti ama!》ribadii.
《Vale, apprezzo le tue buone intenzioni, ma non ce la faccio a stare accanto a una persona che non mi ascolta!》replicò.
《Ma tu sei la sua ultima possibilità di non autodistruggersi!》insistetti.
《Laura è piena di risorse, se la caverà anche senza di me》ribattè.
《Quelle risorse gliele porteranno via una dopo l'altra》ammisi.
《Sei una brava ragazza, Vale. Certe volte non mi sembrate neanche sorelle》fece lui, accarezzandomi una guancia e sorridendo malinconico.
《Non c'è proprio più niente da fare?》chiesi sconsolata.
《Mi dispiace, davvero. Auguro a te e Dario di essere più fortunati di noi. Mi parla spesso di te, magari ti chiederà di uscire》rispose.
Davide aveva preso la sua decisione, ma non poteva immaginare i fondamenti della mia preoccupazione: lasciandosi con lui, mia sorella aveva inconsapevolmente ubbidito al volere di nostro padre, che l'avrebbe voluta nel Quartiere per tutta la vita.

                                  ***

Come al solito mi appassionai ai drammi di Laura tanto che il suo mondo si sovrappose al mio, rendendolo vuoto, nullo e banale.
Lo notò anche la professoressa Cristaldi, quando ci chiese, a uno a uno, a quale facoltà volessimo iscriverci l'anno successivo: avevo risposto Lettere, ma non l'avevo convinta, e perciò all'intervallo, mentre tutti uscivano dall'aula, mi chiamò alla cattedra.
《Tu lo fai per Laura, vero?》mi domandò.
《Io, beh...》farfugliai, confermando la sua tesi.
《Pensi che iscrivendoti a Lettere vivrai per suo conto tutto ciò che si è preclusa?》insistette.
《Prof, io sono preoccupata per mia sorella. Sta facendo un'idiozia dietro l'altra, temo che possa davvero rovinarsi con le sue mani prima di arrivare alla laurea...》confessai.
《Laura ha una mente eccelsa di cui, nella mia carriera, ne ho viste davvero poche uguali, solo che la sta impiegando per scopi sbagliati, materiali, che si esauriscono presto ed è come se non li avesse mai raggiunti. Non devi risarcirla di niente, Valeria. Lascia perdere i suoi casini, e pensa alla tua vita》mi rispose.
Forse solo in quell'occasione, dopo quel confronto con la Cristaldi, mi resi conto di quanto grande fosse la delusione che era stata Laura per lei; ricordava ancora di quando mia sorella giurava, insieme ad Antonio, che l'unica maniera per andarsene dal Quartiere fosse l'istruzione; e invece adesso se ne stava nella cucina di casa, a sgobbare con gli ingredienti cercando di fare più soldi possibile, soldi di cui una parte consistente finiva nelle mani di nostro padre.
Forse era stata anche colpa mia: avrei dovuto dirle che i suoi muffin ai frutti di bosco e fontina facevano schifo, in quel pomeriggio di novembre del 1996, per non metterle in testa l'idea di sperimentare ricette strane e farle capire che il suo futuro era nei circoli letterari, a sfruttare il suo cervello straordinario.
Ma allora non mi era venuto in mente niente di tutto ciò, e l'avevo incoraggiata.
In fondo, non avevo colpa di un bel niente; Laura era grande abbastanza per prendere decisioni - ed eventualmente sbagliare - da sola.
La Cristaldi aveva ragione: dovevo smettere di dipendere da lei, e pensare a me.

                                  ***

Venne giugno e con esso il tempo degli esami di maturità: studiavo giorno e notte, senza sosta.
Certo, i rumori dentro casa e fuori non mi aiutavano molto, e ai miei un'altra figlia sempre sui libri dava fastidio, perciò spesso mi ritrovavo a chiedere asilo dai Leonardi; Antonio mi dava volentieri una mano, e io sentivo che la sua presenza mi turbava sempre meno perché concentravo tutte le mie energie sentimentali su Dario, con cui avevo cominciato ad uscire da un mese.
Il suo aiuto fu prezioso: nonostante avesse da studiare anche lui, non solo mi diede una mano con la preparazione delle prove scritte e di quella orale - sicuramente più di mia sorella, che aveva sempre qualcos'altroda fare - ma mi passò tutto il materiale che si era studiato per il test di ammissione alla facoltà di Lettere.
Il giorno in cui feci la prova orale venne anche Dario; era fiero di me, lo leggevo nei suoi occhi.
Quando uscirono i risultati, scoprii di essere uscita con 100/100, come Laura e Antonio due anni prima.
I miei non si opposero al fatto che volessi andare all'università: in fondo già ci erano passati con mia sorella, e adesso che lei faceva fiorire l'attività di famiglia con le sue ricette, non mi accusavano più nemmeno di essere una parassita spillasoldi solo perché volevo continuare a studiare; anche perché Laura aveva fatto una serie di scelte che avevano calmato soprattutto nostro padre, e metabolizzai che in tutti quegli anni lei avesse fatto molto rumore per nulla.
Tanta ribellione, per poi fare esattamente quello che voleva lui.
Ma dovevo entrare nell'ordine delle idee che non era un mio problema, e concentrarmi solo sul test d'ammissione a Lettere.

                                   ***

L'11 settembre ci fu l'attacco alle Torri Gemelle.
Tutti i paesi del mondo rivolsero lo sguardo verso New York, sgomenti come quando ci si risveglia da un incubo.
E quello fu davvero un incubo: un terrorista di Al Qaeda si schiantò con l'aereo sulla Torre Sud del World Trade Center, portandosi appresso pure quella Nord; un altro invece colpì una parte del Pentagono, il Ministero della Difesa degli Stati Uniti.
Le vittime furono innumerevoli, e i danni a Ground Zero - il luogo dove sorgevano gli obiettivi distrutti - ci fecero prendere coscienza del fatto che il terrorismo non era più solo un fenomeno legato al Medio Oriente, e che un episodio del genere si sarebbe potuto scatenare dovunque.
Quel giorno avevo appena fatto il test d'ammissione, quando mia madre mi telefonò per informarmi dell'accaduto.
《È successo un casino, Vale》esordì.
《Che casino?》chiesi.
《Sono crollate le Torri Gemelle, in America》mi spiegò.
《Come sarebbe a dire crollate?》feci.
《Dicono che sono stati i terroristi. Sbrigati a tornare a casa!》replicò.
《Guarda che è successo in America, mica qua. Comunque stavo tornando》risposi.
Anche mia sorella, di ritorno dall'università con l'ennesimo 30 e lode, disse la sua.
《Il terrorismo colpisce finché c'è vita, speranza, libertà e cultura. Per questo un kamikaze non si schianterà mai sui casermoni》mi confidò, dimostrandomi ancora una volta, con le sue acute osservazioni, quanto potesse essere fondamentale lo studio, quale arma potesse risultare contro qualsiasi forma di ignoranza e violenza.
E quanto noi del Quartiere, invece, non fossimo troppo distanti dai terroristi.
Per quanto mi fossi imposta di rimanere al di fuori della sua vita, non potevo fare a meno di dispiacermi per lei, per quel cappio che stringeva attorno al suo collo e a cui, nel contempo, si opponeva; fortunatamente il primo ottobre cominciai l'università ed ebbi poco tempo da dedicare ai suoi drammi.
A dicembre andai a vedere al cinema "Harry Potter e la Pietra Filosofale" con Dario. Mi sentivo egoista, ma mi andava bene così. Mi dava soddisfazione.



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