Baldr

Arrivato alle pendici della montagna, Loki scese dalla groppa di Fenrir e si guardò intorno, finalmente il temporale era cessato, dunque ebbe il tempo di togliersi il mantello rosso dalle spalle e darvi una strizzata per alleggerirlo dall'acqua piovana. Fintanto che aspettava il Dio della Folgore, provò a rilassarsi, era stato faticoso mantenere l'autocontrollo, con Thor era sempre un'impresa, in più poteva sentire il proprio corpo indebolirsi, restava poco tempo a disposizione, l'Incendio dentro di lui scavava per uscire ed era affamato. Non dovettero attendere a lungo, il biondo li raggiunse in volo, ma, quando fu sul punto di rivolgergli la parola, l'Ingannatore girò lo sguardo dall'altro lato, una piccola punizione se la meritava. "L-Loki, ti prego... Io..." Facendosi avanti, il Lupo della Brughiera si mise fra loro e si rivolse direttamente all'asgardiano "Allora, dov'è questo posto? La mamma non resisterà ancora a lungo, più aspettiamo e più è improbabile che il suo fisico regga al marchio di Sleipnir senza cedere" Messo all'erta, Thor si avviò subito alla parete, Loki fu grato al figlio per aver cambiato argomento, non era sicuro che avrebbe mantenuto la calma all'ennesima scusa dell'altro. Non c'era dubbio, amava il Dio della Folgore anche per quelle sue imperfezioni, sapeva che, quando chiedeva perdono, lo faceva in modo sincero e con tutta la buona volontà, ma di base poi ricascava nell'errore, non ci si poteva fare niente. Colpa della sua impulsività. Proseguendo costegiando il ripido pendio, in un punto laterale, l'entrata fu davanti a loro, a pochi metri di distanza c'era un cumulo di foglie e rampicanti strappati, probabilmente in precedenza celavano l'ingresso, ma erano ancora verdi e floridi, segno che non doveva essere passato troppo tempo da quando qualcuno si era fatto strada fra di essi. Superando Thor prima che potesse tentare nuovamente di convincerlo a desistere, Loki si inoltrò nel cunicolo, non aveva fatto nemmeno cinque passi che il Dio della Folgore lo raggiunse prendendolo per mano. "Il limite è alla fine del corridoio, ti apparirà come una parete di roccia e non riuscirai a superarla..." Liberata la mano, l'Ingannatore accelerò il passo. 
"Questo lo vedremo" Pensò fra sé e sé stringendo i denti, sperò con tutto il cuore che, aver recuperato i propri poteri, gli desse una specie di lascia passare e non lo costringesse a tornare indietro per chiedere il permesso ad Odino. Avrebbe avuto senso che gli venisse concesso, dopotutto, lui e quel tale Baldr, avevano dei conti in sospeso e l'altro sembrava impaziente di incontrarlo, quindi non avrebbe avuto senso scegliere un luogo che gli fosse inaccessibile. Dopo tanto camminare, l'Ingannatore ebbe l'impressione di non starsi muovendo affatto, era una sensazione fastidiosa, per un attimo pensò potesse essere il blocco a cui si riferiva Thor, ma, proseguendo ancora un po', giunse infine al limite. Non scorse alcuna barriera, anzi, venne accecato da una luce molto intensa e si ritrovò al cospetto di un'immensa pianura. Era come se, l'interno della montagna, fosse stato scavato allo scopo di nascondere un nuovo mondo oltre esso. Il passaggio lo aveva condotto ad un vasto prato colmo di vita e magia, riusciva a percepirla fin nella più piccola cosa anche se, l'origine di essa, proveniva da un punto specifico non molto distante. Guardandosi indietro, il corvino non riuscì a sentire i passi del Dio della Folgore, doveva averlo distanziato, pensò di aspettare il suo arrivo e quello di Fenrir, ma un nitrito giunse alle sue orecchie. Era Sleipnir, senza dubbio, e sembrava ferito o in pericolo, qualcosa nel profondo gli diceva di rispondere al richiamo e così, con l'utilizzo di alcune pietre, disegnò a terra una freccia per indicare a Thor e al Lupo della Brughiera la direzione che aveva preso, dopodiché cominciò a correre. Per un po' il paesaggio rimase invariato, sino a quando, all'orizzonte, non comparvero i lineamenti di tre rocce e, accanto ad esse, la figura di un maestoso cavallo a otto zampe in impennata e, sulla sua groppa, un cavaliere lucente. Il misterioso individuo lo richiamò a sé con un cenno della mano, ma questo, invece di incitarlo ad accelerare il passo, spinse l'Ingannatore a fermarsi a debita distanza, pronto a reagire nel caso l'altro avesse fatto una mossa falsa. "Lóðurr... Non sai quando tempo ho aspettato per poterti riavere" Erano soli. Il corvino diede uno sguardo nei dintorni, non percepì altre entità oltre loro tre, anche se, quella massiccia presenza di magia, non rendeva di certo le cose più semplici. 
"Libera Sleipnir!" Scendendo dal cavallo, l'uomo diede all'animale una pacchetta sul dorso e questi, risvegliato dal torpore e notata la sua presenza, corse incontro a Loki pieno di felicità. L'Ingannatore lo accolse a braccia aperte lasciando che lo stallone gli strusciasse contro il muso, ma senza mai togliere gli occhi di dosso dal fantasma, il quale, sostenendo il suo sguardo, continuò a sorridere. Nonostante avesse ormai incontrato tutti i propri figli, il corvino si accorse subito che non era in grado di capire il proprio primogenito. Improvvisamente, Sleipnir si allertò e cominciò a spingerlo verso il punto da cui era arrivato. Per quanto avrebbe voluto andarsene, il corvino era ancora più curioso di conoscere le vere intenzioni di Baldr e non se ne sarebbe andato senza prima averle scoperte. L'altro si era fatto seguire fin lì, era arrivato a rapire suo figlio pur di riuscirci, solo per restituirglielo alla minima richiesta, senza dire nulla o cercare di impedirgli la fuga, non poteva essere così semplice. 
"Cos'hai in mente?" Il guerriero fece per avvicinarglisi e ciò lo spinse ad indietreggiare. Per qualche ragione, Loki si sentì profondamente spaventato e a disagio, stava per saltare in groppa a Sleipnir per allontanarsi, ma il cavallo perse nuovamente la volontà e, piantati gli zoccoli, gli impedì di andarsene. La cosa che più metteva il Dio della Menzogna in agitazione, era la terribile somiglianza dello spettro con Thor, anzi, con il vecchio Thor. Quell'atteggiamento prevaricatore lo faceva sentire piccolo, privo di alcun valore, e fu allora che accadde il peggio. La grande mano di Baldr scattò in avanti e, come una morsa, si avvolse intorno al suo polso, un gesto che gli riportò alla mente oscuri e dolorosi ricordi. 

Una leggenda, antica quanto Yggdrasil, narra dei primi della stirpe degli Asi. Questi, potenti e belli, giunsero un giorno su Midgard e lì trovarono gli uomini, creature con polmoni e cuori immobili, freddi come il gelo, così come le loro menti. Davanti a tali esseri, così infelici ed incapaci di compiere qualunque movimento o pensiero sensato, la triade divina primordiale decise di porgere loro un aiuto. Odino, dotato della conoscenza profonda di ogni cosa, fu colui che concesse il primo respiro, Hœnir, portavoce della saggezza, offrì l'anima, ed infine venne Lóðurr, padrone del calore vitale, a scaldarne i corpi. I tre si riunirono poi ad Asgard dove, con un patto di sangue, strinsero un legame di fratellanza al fine di mantenere la pace e l'equilibrio nei nove regni. Il tempo trascorse, ma la loro amicizia non si spezzò, niente sui rami di Yggdrasil avrebbe mai avuto la forza di dividerli. A causa del proprio passato, l'Incendio aveva preso l'abitudine di spostarsi spesso da un mondo all'altro, ma, ad ogni buona occasione, si recava a far visita ad Odino. Si sentiva un po' geloso di come l'altro fosse stato in grado di crearsi una progenie numerosa e di trovare il vero amore in Frigga, ma gli piaceva stare fra loro per sentire, anche se solo di riflesso, solo un minimo di affetto e tepore familiare. Aveva visto nascere tutti e otto i figli maschi che il Padre degli Dei aveva generato da cinque diverse relazioni e, per ognuno dei principini, era diventato un alleato. Stava accanto ad ognuno di essi dando loro aiuto in caso di bisogno e tutto l'affetto di cui era capace. A differenza del solito però, non era stato uno di questi ultimi ad invitarlo su Asgard, ma Odino in persona ed ora, osservando il suo sguardo pensieroso mentre passeggiavano l'uno accanto all'altro per i corridoi del castello, Lóðurr non riuscì a fare a meno di preoccuparsi.
"Mi dispiace averti chiesto di incontrarci così improvvisamente..."
"Non c'è problema, fratello. Non ho un regno di cui occuparmi o una famiglia ad attendermi, quindi mi fa piacere venirti a trovare! Come stanno i ragazzi? Il piccolo Bragi è riuscito a concludere quella ballata in tuo onore a cui stava lavorando?" Fermandosi, il re di Asaheimr lo spinse a fare lo stesso e finirono per incontrare gli sguardi. Negli ultimi tempi solo un argomento metteva l'altro così in agitazione, qualcosa di cui anche lui avrebbe fatto volentieri a meno di parlare. 
"Sai che non è per una leggera chiacchierata che ti ho convocato qui"    
"Di nuovo..." Abbassando una ciocca vermiglia sollevatasi in aria, incrociò le braccia al petto e si voltò verso una finestra. Da essa riuscì a vedere il giardino interno del palazzo, fiorito grazie all'arrivo della tiepida primavera.  
"Non ti capisco, Lóðurr! Tu vuoi avere una famiglia e Sigyn ti ama molto. Perché non prenderla come moglie? In questo modo non saresti più solo" Sospirando, l'Incendio abbandonò il fianco del fratello e si appoggiò alla parete.
"Non provo lo stesso che lei sente per me. Far nascere dei figli per mera procreazione, senza alcuna affinità, o amore... No, mai. Inoltre non credere che io non sappia la vera ragione per cui continui ad insistere in modo così asfissiante! Baldr ti ha chiesto di nuovo la mia mano, giusto?" Il terreno intorno al Padre degli Dei vibrò impercettibilmente, ma per il fulvo fu impossibile non rendersene conto. Aveva azzeccato. Erano anni che il secondogenito di Frigga si era invaghito di lui, da bambino l'attaccamento nei suoi confronti era stato considerato positivo, ma poi il fanciullo era diventato uomo e l'affetto si era trasformato in qualcosa di più forte destando la preoccupazione dei genitori e dell'intera corte asgardiana. La differenza d'età era solo il problema minore, tutti nei nove regni conoscevano la natura mutevole ed indomabile di Lóðurr, considerata anche la sua estrema pericolosità, diventava un partito del tutto inadatto per un giovane Asi di sangue reale. Non che a lui importasse, voleva bene a Baldr, ma niente di più, per com'era fatto, non avrebbe mai ceduto alle sue lusinghe o a quelle di Sigyn solo per il loro status o per ordine di altri. 
"Padre!" Alla fine del corridoio, comparve la figura di un ragazzino, i capelli biondi, quasi rossicci, i grandi occhi azzurri pieni di lacrime ed un braccio ferito. Non appena li vide e si rese conto della sua presenza, si strofinò via il pianto e corse loro incontro abbracciando di scatto il genitore per poi nascondersi dietro il suo ampio mantello.
"Thor, ti sei fatto male?" Controllandogli il braccio, Lóðurr appoggiò la mano sulla ferita ancora sanguinante e, concentrando il calore sul palmo, la cauterizzò. Subito il giovane si controllò il punto leso e, vedendolo cicatrizzato, gli fece un piccolo cenno con la testa per ringraziarlo. Era davvero un bravo bambino, aveva preso il carattere mite e dolce della madre, ma la grande forza ed il valoroso coraggio erano tutti di suo padre, a volte aveva assistito a qualche suo allenamento ed era difficile che si ferisse così gravemente, tranne contro uno specifico avversario. 
"Dove sei finito, meticcio?" Baldr non ci andava mai leggero durante gli scontri, con nessuno dei suoi fratelli, men che meno con quelli che Odino aveva avuto con altre compagne al di fuori di Frigga. Divinità della benevolenza, il più bel dio che si fosse mai visto, il giorno della sua nascita, perfino il Sole aveva iniziato a brillare con più ardore, splendeva di luce propria e nessun altro principe di Asgard era altrettanto amato ed idolatrato quanto lui.  
"Lóðurr!" Lasciata a terra la spada insanguinata, il ragazzo lo raggiunse e lo afferrò saldamente per il polso, la sua forza era aumentata con il passare del tempo, ma ancora non abbastanza da fargli realmente male. 
"Sono così felice che tu sia qui! Finalmente ho trovato la soluzione! Possiamo sposarci!" 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top