Capitolo 38


Come potrei trattenerla in me,
la mia anima, che la tua non sfiori;
come levarla oltre te, all'infinito?
Potessi nasconderla in un angolo
sperduto nelle tenebre;
un estrane rifugio silenzioso
che non seguiti a vibrare
se vibra il tuo profondo.
ma tutto quello che ci tocca, te
e me insieme
ci tiene come un arco
che da due corde un suono solo rende
Su quale strumento siamo tesi,
e quale grande musicista ci tiene nella mano?
O dolce canto.
(Come potrei. R.M. Rilke)

Quel favore fatto a Friderich si era trasformato in un gioco pericoloso: Reinar lo aveva scambiato per un ragazzetto ariano, con il quale trascorrere il tempo a parlare della loro gloriosa razza; o almeno questo era quello che lasciava intendere. Ultimamente, però, dentro la testa di Silas si era venuto a creare un pensiero totalmente paranoico. Credeva che Reinar lo invitasse così spesso per smascherarlo, come a volerlo portare a tradirsi, o a dire qualcosa che riguardasse i ribelli che, secondo lui, stavano infettando la città. Per questo ci andava sempre più agitato, per non parlare, poi, del nervosismo che si era accumulato dall'ultima volta che aveva visto Lothar.

«Mi tocca anche vederla, questa qui...» si disse tra sé e sé mentre camminava, con passo svelto. Non tollerava l'idea di vedere qualcuno al fianco di Lothar che non fosse lui. E non riusciva a crederci che gli aveva voltato le spalle così facilmente. In ogni caso, quella era stata la sua decisione e lui si era detto che doveva reagire e che così avrebbe fatto. Tirò un lungo sospiro prima di imboccare il vialetto, che avrebbe portato dritto alla porta del nemico; ma prima che potesse muovere un altro passo, si sentì chiamare. Si guardò intorno per vedere chi lo stesse cercando, ma niente, fin quando non sentì quella voce dire chiaramente:

«Qui, sono qui su.»

Silas alzò lo sguardo e vide Friderich affacciato alla finestra, che gli faceva cenno di avvicinarsi, di prendere la scala che era poggiata contro la finestra e di salire su. Ci mancava soltanto questa.

«Si può sapere che vuoi? Se ci scopre tuo padre... Anzi, se mi vede che sono sopra una scala a parlare con te, cosa credi che possa pensare?»

«Ti ho fatto salire per un motivo.»

Alla finestra si affacciò Franz, che salutò Silas: «Salve, Silas! Vostro padre sta bene spero...»

«E lui cosa ci fa qui?» domandò a Friderich. Era nervoso, cominciava a capire la situazione.

«Franz ha avuto un congedo speciale, pare che siano potuti tornare in patria per qualche giorno. Ho saputo che mio padre ti ha invitato a casa per conversare con lui... Sa che io non sono in casa, perciò non saresti così gentile da intrattenerlo un po' con la tua chiacchiera?»

«Per lasciarvi fare i vostri porci comodi?»

«Avanti, Silas! Non essere crudele. Sono mesi che non lo vedo. Poi ormai so che mi posso fidare di te.»

«Friderich, mi devi un enorme favore» acconsentì in un sospiro. E, con attenzione, scese la scala dalla quale era salito. Si rassettò i vestiti al volo, poi si appropinquò verso la porta di casa.

Reinar fu molto felice di vederlo, tant'è che lo fece accomodare con una pacca sulla spalla. Quasi sembrava che fosse suo amico, più che un amico di suo figlio. «Puntuale come sempre! Si vede che sei il degno figlio di tuo padre... Sai, la puntualità è una qualità che apprezzo molto in una persona.»

«La ringrazio molto, Herr Wolf.»

Reinar Wolf gli fece cenno di entrare e di accomodarsi sul divanetto in salotto. Con un campanello chiamò la sua governante alla quale ordinò qualcosa di caldo da bere per il giovane e disse rivolgendosi a Silas: «Vuoi anche un dolcetto?»

«Magari, mi farebbe piacere, sono affamato» gli disse sinceramente: ormai, da quando c'era in casa suo zio che sfornava dolci a tutto spiano non ne poteva fare a meno, quasi sembrava una droga, lo zucchero.

Dopo aver fatto il dovere di un buon padrone di casa, Herr Wolf si sedette su di una poltrona di fronte a Silas affinché potesse conversare e guardarlo negli occhi. «Sai, Silas, sono molto dispiaciuto per l'incidente che è avvenuto a scuola con tuo fratello. Da un ragazzo della gioventù non mi aspettavo che potesse attaccare o prendere di mira il figlio di un rispettabile ufficiale come tuo padre. Mi sembra evidente che, forse, questo ragazzo non conosce il rispetto per le gerarchie.»

Se le sentisse Lothar queste affermazioni riderebbe di gusto secondo me. Cosa si perde! Pensò tra sé e sé.

«Bruno è solo un ragazzo dispettoso. Probabilmente l'onore che la gioventù Hitleriana porta, il dovere e i compiti, gli hanno fatto montare un po' la testa. Ma sono certo che per un po' se ne starà buono.»

«Non ne dubito ma, Silas, ci tengo a dirti che se dovesse riaccadere una cosa del genere e se tuo padre fosse impossibilitato a rimetterlo al suo posto, potrai chiamarmi senza esitare. Chiedi pure a me.»

Silas in quel momento pensò che non solo aveva in pugno Friderich, visto i favori che gli stava facendo, ma aveva anche l'appoggio di Herr Wolf, del tutto estraneo alla sua famiglia. Aveva una garanzia: Bruno non avrebbe più potuto accusarlo di qualcosa.

«Va bene, Herr Wolf, la ringrazio ancora una volta.»

«Non devi ringraziarmi, lo faccio con piacere. E poi sei amico di Friderch, no? Posso anche avere l'ardire che anche noi siamo amici? Sei così intelligente per la tua età, Silas, che è davvero piacevole conversare con te.»

«Sì, Herr Wolf, anche noi siamo amici.» Quasi non gli si torse lo stomaco mentre lo diceva. Doveva ammettere, però, che più annullava ogni sospetto su di sé e sul gruppo e meglio era. Dopo avrebbe pensato al suo stato d'animo.

«Dimmi, Silas, mi sembra che tu mi abbia detto che tuo padre ti ha insegnato scherma, non è così?»

«Sì, Herr Wolf. Mio padre mi ha insegnato scherma lui stesso. Ci teneva a farlo. Avrebbe potuto assumere un maestro, come fecero con lui, ma disse che preferiva passare il suo tempo libero con me, a insegnarmi.»

«Molto nobile da parte sua, dopotutto è tuo padre e ha fatto il suo dovere. Io ho insegnato a Friderich a mantenersi sano e poi a giocare a scacchi. Ci tengo che mio figlio sia una persona intelligente quanto svelta nel pensiero. Astuto, diciamo.»

«Sicuramente lo è, Herr Wolf» disse pensando a quanto aveva architettato. Riconcentrandosi sul quel pensiero, realizzò che, mentre lui parlava con Reinar, Friderich stata trascorrendo il suo tempo con Franz.

Come lo capisco quando la via è libera? Devo anche tornare a casa per le cinque. Spero che s'ingegni.

«Dici? Non so, ogni tanto mi sembra un po' svampito, con la testa tra le nuvole. Spesso è distratto.»

«Come già le dissi in passato, sarà pensieroso, magari per lo studio.»

«Sì, forse è come dici tu e sono contento che abbia un amico intelligente come te e del tuo rango per giunta.»

Un rumore attirò l'attenzione di Reinar. Il suo primo pensiero andò alla governante, pensò che magari aveva sbattuto contro qualche mobile, che si fosse fatta male o che avesse rotto qualcosa di prezioso.

«Scusami, Silas.» Herr Wolf si allontanò un attimo per raggiungere la governante, Silas andò nel panico. Era certo che quel rumore fosse da attribuire a Friderich, ma fortunatamente Reinar sapeva che suo figlio ancora non aveva fatto ritorno in casa; sobbalzò quando vide rientrare Reinar. «Tutto bene?» domandò questi.

«Sì, Herr Wolf, mi scusi, sono solo preoccupato.»

«Oh, non c'è niente di che preoccuparsi, la governante sta bene. Mi chiedo cosa fosse stato.»

«Magari qualche rumore di assestamento dei mobili. Sa, la casa sembra essere antica e i mobili di valore, e sappiamo bene che i mobili di legno pregiato ogni tanto fanno dei rumori di questo genere.»

«Sì, forse hai ragione, deve essere stato questo.»

Silas avrebbe voluto tirare un sospiro di sollievo, ma l'avrebbe lasciato per dopo, una volta uscito di casa.«»

«Comunque, Herr Wolf...» Silas cercò di distrarlo visto che non c'era neanche l'ombra di Friderich. «Ha piani per il futuro di Friderich?»

«Tuo padre ha piani per te?»

«Credo che voglia continuare a farmi studiare e farmi trovare moglie, come tutti credo, no?»

«Infatti, è la stessa cosa che mi auspico per Friderich. Ci vuole una brava donna per lui. »

Silas avrebbe voluto sbottare a ridergli in faccia. Primo perché Friderich era palesemente omosessuale e secondo perché Herr Wolf non sembrava saper scegliere le brave ragazze. Stava per introdurre un altro argomento per tenere lontano Reinar dai sospetti su Friderich, ma poi sentì la domestica andare aprire la porta e vedere Friderich entrare in soggiorno. Quella faccia da schiaffi, quanti gliene avrebbe voluti dare Silas.

«Ciao, Silas! Mi dispiace di essermi perso la tua visita, ma sono dovuto andare a casa di un compagno di classe per studiare.»

Faccia da schiaffi.

«Non ti preoccupare, sicuramente ci sarà un'altra occasione per incontrarci, ora devo proprio salutarvi, alle cinque avevo promesso di rientrare e sono le cinque adesso.»

«D'accordo Silas, è stato comunque un piacere parlare con te» lo congedò Herr Wolf, lasciando che salutasse Friderich e che uscisse di casa. Finalmente poteva tirare quel tanto bramato sospiro di sollievo.

Dal momento che era libero da casa di Herr Wolf, aveva affrettato il passo. Era in ritardo e si erano fatte già le cinque, avrebbe già trovato a casa Lothar, con Helen.

Quando Ludwig rientrò in casa era piuttosto stanco. Prima era dovuto correre da Salazar a scuola, poi il lavoro. Desiderava solo sedersi o stendersi da qualche parte per spegnere il cervello, sperando che non accadesse qualcosa all'improvviso che richiedesse la sua attenzione.

A richiamarlo all'ordine, però, fu la vista di Nail che, nel soggiorno, era stranamente silenzioso. Teneva la testa reclinata contro lo schienale del divano e gli occhi chiusi. Probabilmente era piuttosto sofferente.

«Sei silenzioso oggi. La gamba non ti da tregua?» domandò sedendosi accanto a lui.

«No, è da questa mattina che non fa altro che male. Continuano ad arrivarmi delle fitte atroci. Ludwig fai una delle tue magie, fammi passare il dolore!»

«Non credo di essere in grado di compiere un miracolo, sai? Stai forse delirando scambiandomi per Gesù Cristo?» Ludwig si portò una mano alla giacca per estrarre dalla tasca interna il porta sigarette argentato. Ne tirò fuori una, poi disse: «L'unica cosa che posso fare è questa.»

«Una sigaretta mi farà passare il dolore? Questa sì che è magia!» rise appena.

«Zitto e avvicinati!» gl'intimò nel porgergli la sigaretta.

Nail l'afferrò tra le dita e la portò alle labbra, mentre Ludwig l'accese con il suo accendino.

Non appena il fumo e il profumo intenso si propagò nell'aria, chiuse gli occhi e quasi non cambiò espressione. «Oppio...» Gustò ancora un po' quella sigaretta speciale dicendosi che Ludwig sapeva sempre come stupirlo e, sopratutto, come aiutarlo. «Dimentico sempre che tu sei il demonio.» Scosse la testa e Ludwig non se la sentì di contraddirlo.

«A proposito, amico mio, mentre stavo per morire dissanguato tu mi hai raccontato che, nella tua famiglia, venite consacrati poco dopo la vostra nascita e che è come una sorta di battesimo.»

«Sì, dunque? Dove vuoi arrivare? Te l'ho detto perché dovevo tenerti vigile, non dovevi addormentarti. Ma niente che tu debba sapere realmente.»

«Che fai, Ludwig, il prezioso con me?»

«Mi hanno consacrato ad Astaroth» tagliò corto prima che il suo amico potesse cominciare a fargli domande a ripetizione. Era troppo stanco per sostenere un tale stress, tanto valeva dirglielo subito.

«Sì, sì, so sicuramente tutto su di lui...»

«Tu l'hai voluto sapere» rispose seccato Ludwig.

«Sì, ma credevo che tu mi dicessi qualcosa»

«È il principe di Sodoma, la regina di Babilonia. Un dio ermafrodita che prende connotazione maschile o femminile a seconda della popolazione da cui viene adorato»

«Capisco... Sarà sicuramente contento Aleph» rise.

Nail si voltò di scatto sentendo la porta che si era aperta, era curioso di vedere chi fosse a quell'ora del pomeriggio. Forse era Silas, che rincasava, si disse, ma con sua somma sorpresa vide Lothar accompagnato da una ragazza, e ciò che non gli piacque affatto fu l'espressione di Natthasol sul volto. «Sento puzza di guai, amico mio...» Nail si rivolse a Ludwig, il quale era proprio curioso di sapere che cosa stesse succedendo.

«Ci ha invitato Silas qui. Lui non c'è?» Lothar ruppe il silenzio.

«Lo stiamo aspettando, puoi accomodarti se vuoi.» Ludwig lo invitò a sedersi insieme alla ragazza.

Helen si guardava intorno meravigliata, quella casa era stupenda, trasudava ricchezza da ogni parete e poi le persone che vedeva in quella casa sembravano così misteriose e affascinanti, decisamente fuori dal comune. A partire da colui che aveva aperto loro la porta. Non disse niente, suo padre le aveva insegnato che doveva tacere se non veniva interpellata.

«E lei, mia cara?» domandò Ludwig, aspettando che Helen si presentasse.

«Mi chiamo Helen, Signore. Sono la fidanzata di Lothar.»

A Lothar quasi non prese un colpo, si presentava già così? Addirittura? Dal canto suo, invece, lui era totalmente indeciso sul da farsi. Per quella ragazza non provava niente se non tenerezza e tranquillità, mentre quando guardava Silas il suo cuore cominciava a battere all'impazzata. Aveva capito che provava un sentimento profondo per lui, ma non sapeva accettarlo e nessuno avrebbe potuto aiutarlo in questo.

Nail, a quell'affermazione, guardò Ludwig che, alzando le sopracciglia, disse stupito: «Capisco...» Non riusciva davvero a capire il motivo per il quale suo figlio li avesse invitati, visto l'ormai sentimento palese che provava per Lothar.

Improvvisamente calò un silenzio disarmante. Lothar poteva benissimo percepire l'imbarazzo sulla sua pelle.

Dove diavolo sta! Lui e i suoi maledetti appuntamenti del cavolo! Ma non è colpa sua, bensì mia che gli ho chiesto queste dannate ricette e mia che ho accettato questo assurdo invito.

«Dimmi, Helen, come hai conosciuto Lothar?» domandò Ludwig, che con una frase di rito decise di cessare l'imbarazzo.

«Sono stati i nostri genitori che conoscendosi hanno pensato che potevamo andare d'accordo e ci hanno presentati.»

«Ah, un matrimonio combinato» disse spicciolo Ludwig.

«Se così vogliamo chiamarlo...»

Si sentì sbattere la porta di casa. Silas era entrato velocemente e altrettanto frettolosamente aveva chiuso la porta dietro di sé. Immaginava che Lothar e Helen fossero già arrivati.

Li intravide una volta entrato nel soggiorno, ma il suo primo pensiero era rivolto sempre e comunque alla sua bambina dolcissima, che gli sorrise non appena venne presa in braccio. Silas le diede prima un bacio sulla fronte poi altri a seguire sulla guancia.

Helen lo guardava incuriosita, stupita di vedere un giovane con una capigliatura così fuori dal comune. Cosa che non la stupì di meno, fu il sospetto che quella che aveva tra le braccia non fosse sua sorella, ma sua figlia. Guardò Lothar come se volesse chiedergli delle spiegazione, ma lo vide alzarsi e dirigersi verso l'altro ragazzo.

«Sta bene la piccola?» domandò Lothar a Silas vedendo che la teneva stretta tra le braccia. Quella visione gli infondeva profonda tenerezza, Silas era così diverso quando teneva quella bimba stretta a sé, lo vedeva paterno ed era un altro lato di lui che aveva scoperto nel tempo.

«Certo che sta bene, è in braccio al suo papà!» affermò sottovoce sorridendo.

Lothar lo aveva visto sorridere dopo tanto tempo, doveva ringraziare Castaldia se era riuscita a compiere tale miracolo.

Helen nell'ascoltarlo, decise di alzarsi e raggiungerli, guardò Silas da vicino e vide che effettivamente era davvero molto bello, aveva dei tratti particolari, non sembrava propriamente tedesco.

«Come si chiama la bambina?» disse sorridendo dolcemente.

Silas la guardò. In un primo momento pensò di fare dispetto a Lothar, di sedurla, ma poi pensò che quello era davvero un pensiero troppo infantile e che se lui lo aveva rifiutato così facilmente allora non meritava tali dimostrazioni d'attenzione. Decise però di non essere scortese, rispose: «Lei si chiama Castaldia. So che sembra un nome strano, ma è un nome antico. Gotico. Significa "signora del castello"»

«Mi piace, è un bel nome.»

«Ti ringrazio, Helen.»

«Posso tenerla?» domandò lei.

Silas guardò Lothar in un primo momento, e Lothar fece lo stesso. Lothar, capì immediatamente che Helen non avrebbe dovuto fare quella domanda, che l'unico al di fuori della famiglia che aveva preso in braccio Castaldia era stato lui; così trattenne il respiro non immaginando cosa avrebbe potuto rispondere Silas.

«Se la bambina è d'accordo... Lo capisci subito se è a disagio tra le sue braccia. Con Salazar lo fa sempre.»

«Non stento a crederlo» rispose Lothar. Ma venne immediatamente bloccato dallo sguardo che gli lanciò Silas.

Silas le porse la bambina e Helen, non senza difficoltà, la prese tra le braccia sotto le indicazioni di Silas.

Vuole fare le prove con la mia bambina, pensò.

Castaldia stette buona per qualche minuto tra le sue braccia, ma poi cominciò a lagnare e agitarsi un po'.

«Ecco, vedi, quando fa così vuole tornare da me!» Silas la riprese in braccio, la tranquillizzò e poi la rimise nel suo lettino. «Dunque, ragazzi, eravate qui per le ricette di mio zio: vado a chiamarlo.»

Nail guardò ancora una volta Ludwig con stupore, disse: «Vogliono davvero le ricette di Natthasol? Quando si parla di cucina mi fa paura quanto te dopo che non hai dormito per giorni.»

«Ti spaventano le mie occhiaie?»

«No, affatto, amico mio. Ma i tuoi nervi, quando sei nervoso a quel modo ho quasi paura che tu possa spararmi» rise, poi aggiunse: «Ora voglio godermi questo spettacolo, perché mi sembra che Silas stia dando in pasto quella ragazza a tuo fratello.»

«Mio figlio è rancoroso e vendicativo, a quanto pare.»

«Le delusioni amorose sono le peggiori.»

«Come la tua con mio fratello?»

«Non mi ha ancora detto di no, prima o poi crollerà, vedrai.» Nail disse quelle cose con una profonda sicurezza, certo del fatto che prima o poi Natthasol sarebbe stato suo.

«Eccoci qua...» Silas tornò con il sorriso sulle labbra, presentando ai due suo zio.

«Ci siamo già presentati, il signor Dubois ci ha aperto la porta quando siamo arrivati.»

«Benissimo!» affermò Silas. E poi riprese: «la signorina qui presente vorrebbe chiederti una cosa, zio.»

«Certo, cara, dimmi pure» le rispose Natthasol sorridente.

«Sa, mi piace molto cucinare, penso sia alla base dell'essere una brava moglie. Solo che vorrei imparare e migliorarmi e Lothar mi ha detto che lei fa dei dolci buonissimi, sarebbe così gentile e darmi qualche ricetta?»

Natthasol cambiò espressione. Se c'era qualcosa che, nella sua solitudine, aveva coltivato, questa era l'arte della cucina. Aveva sperimentato e provato milioni di volte ogni singola ricetta, ne era gelosissimo. «Te ne posso dare una, mia cara. Sai, sono pur sempre segreti che non andrebbero lasciati trapelare. Semmai tramandati, ma visto che sei stata così carina da venire fino a qui, allora una posso dartela. Vado a prenderla.» Natthasol fece cenno a Silas di seguirlo in cucina dove teneva il suo quaderno. «Mi dici chi è questa ragazza, Silas?»

«Questa è la ragazza che i genitori di Lothar hanno deciso bene di fargli sposare e lui sembrerebbe anche d'accordo. Probabilmente ha deciso che è meglio così.»

Natthasol aveva visto il suo nipotino rabbuiarsi e questo gli spezzò il cuore.

«Qual è il dolce che piace di meno a Lothar?»

«Da quello che ho scoperto è lo Strudel, sembrerebbe che il tuo, zio, gli sia perfino piaciuto da quanto era buono... probabilmente Helen avrà preparato quello ecco perché gli ha parlato della tua cucina.»

«E strudel sia!»

Dopo una decina di minuti abbondanti, Natthasol tornò dagli altri, porgendo il foglio ricopiato alla ragazza.

«Grazie mille, Signore.»

«Prego cara, non c'è di che, figurati.»

Lothar con la coda dell'occhio lesse il titolo della ricetta: ancora Strudel, gli sembrava una condanna a morte! Chissà quante volte glielo avrebbe propinato; e lui, come uno sciocco, avrebbe continuato ad assaggiare.

«Ora è il caso che io vada. Ringrazio tutti voi per la gentile ospitalità» disse Helen rivolgendosi a tutti i membri della famiglia.»

«A presto Silas.»

«A presto, Helen.» Le sorrise.

«Noi ci vediamo domani a scuola?» domandò Lothar cercando lo sguardo di Silas, che annuì con un cenno della testa.


Silas si era fatto coraggio fino all'ultimo, ma quando riuscì a salire nella sua camera cedette. Si era comportato con gentile distacco, una freddezza cordiale che non lo rappresentava affatto, tutto per non far vedere la sua sofferenza.

Aveva bisogno di un momento di raccoglimento per gestire le sue emozioni. Ripensò a tutto, a quello che aveva detto Lothar nell'ultimo periodo, alla voce di Helen e al suo sorriso; dopotutto gli sembrava una brava ragazza.

Pianse: scoppiò in un pianto fatto di singhiozzi e di labbra morse. Un pianto doloroso. Quel dolore che lo faceva sentire come se qualcuno gli stesse schiacciando il petto e lo stomaco.

Improvvisamente gli sembrò tutto ingiusto. Non aveva chiesto nulla, neanche l'affetto di una madre che non aveva, effettivamente, mai avuto. Voleva solo Lothar: che lo abbracciasse e gli dicesse: "Va tutto bene".

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