Capitolo 26
È l'amore che è essenziale.
il sesso è solo un accidente.
Può essere uguale
o differente.
L'uomo non è un animale
è una carte intelligente,
anche se a volte malata.
( È l'amore che è essenziale. F. Pessoa)
Ludwig aveva incaricato Salazar di attendere il ritorno di suo fratello: dopotutto sapeva che non avrebbe dormito prima di rivederlo; e quando Silas entrò, distrutto com'era, notò appena che la casa era poco illuminata.
Le candele, ormai consumate, illuminavano fioche la stanza, le carte e i libri sparsi sul tavolo.
«Dove sei stato?» chiese Salazar facendolo sussultare. Era seduto su di una poltrona, ammantato dalla penombra.
«Un altro agguato...» rispose sarcastico Silas.
«Non divagare.»
«Aleph è in casa?» provò, il tono preoccupato. Aveva come la sensazione che Salazar potesse mancargli di rispetto.
«No, lui non c'è» negò. «Papà lo ha mandato a casa sua, prima.»
Silas tirò un sospiro di sollievo.
«Ti ripeto la domanda: dove sei stato?» insistette allora, alzandosi di scatto dal divano.
«Lo sai dove sono stato.» Silas alzò seccato un sopracciglio.
Salazar, in quel momento, reagì, e lasciò suo fratello senza parole. Si scaraventò contro di lui, spingendolo fino al muro e tenendolo ben ancorato per i polsi. «Non mi riferisco a quello.»
«E a cosa?»
«A Lothar. Mi riferisco a Lothar.»
«E tu cosa stavi facendo a casa?» gli domandò Silas guardando le candele.
«Stavo studiando...» ammise.
«Perché non ti studi letteratura tedesca, invece che quella roba?» lo incalzò inquieto per tutta quella situazione. Sperava di poter sviare il discorso in qualche modo: non lo aveva mai visto tanto fuori di sé, almeno non nei suoi riguardi.
«L'ho già studiata.» Detto ciò, Salazar prese una pausa.
Silas tirò un sospiro di sollievo. Pensava che Salazar si fosse calmato, ma poi si sentì stringere i polsi con ancora più vigore e impallidì.
«Allora?» lo incalzò pretendendo una risposta.
Silas era ancora scosso. Aveva subito troppe perdite e trovò davvero irritante quella presa di posizione. Inoltre suo fratello gli aveva ricordato chi non poteva avere, perciò prese un bel respiro e disse: «Purtroppo non ho potuto fare quello che tu credi... mi sarebbe tanto piaciuto.» Silas si rese conto di aver esagerato, ma il sarcasmo era l'unica arma in grado di poter lenire le ferite che le insinuazioni di Salazar erano andate a riaprire.
«Non...» Salazar stava per dire qualcosa, quando entrambi vennero interrotti dall'arrivo di Nail.
« Cosa sta succedendo, ragazzi?» Era intervenuto, avendo sentito i due discutere.
«Niente, zio Nail, non ti preoccupare» rispose prontamente Silas, proteggendo di rimando Salazar. Anche se suo fratello lo aveva aggredito, non poteva fare a meno di coprirgli le spalle.
«Perché lo chiami zio? Lui non fa parte della nostra famiglia: nelle sue vene non scorre il nostre sangue» ringhiò Salazar guardando Silas negli occhi.
«Salazar che ti prende?» chiese. «Per quanto mi riguarda, Nail è come se fosse un parente.» Silas si accigliò, crucciato e innervosito a causa di quell'atteggiamento.
«Zio Natthasol lo è. Non lui.» Salazar guardò furioso il fratello, poi riservò un'occhiataccia anche a Nail.
Silas non riusciva a comprenderlo, non del tutto. Sospirò appena, ma venne colto di sorpresa dalle mani di Salazar che, in un attimo, si strinsero attorno al suo collo. Fu allora che Nail scattò tempestivo, ma Silas gli fece cenno di fermasi: voleva vedere fino a che punto si sarebbe spinto suo fratello. Lo guardò con disprezzo, ricevendo indietro solo rabbia e delusione. Quello sguardo lo annichilì, così lasciò la presa.
«Salazar deve essere molto stanco, zio Nail» disse, finalmente libero, massaggiandosi la gola e tossendo appena.
«Sicuramente deve essere così» rispose lui turbato, guardando Salazar severamente.
«Salazar non devi temere di perdermi. Forse è per questo che reagisci così?» Si mostrò preoccupato, ma lui non diede cenni di risposta, così si spinse a proseguire. «Lasciami chiarire una cosa però: Nail è da me considerato uno zio, quanto non considero mio zio quello che non si è mai fatto vivo. Il famigerato Lancelot che non è nessuno. Nail ha sacrificato la vita per me. Di conseguenza io gli sono grato e debitore.»
«Si può sapere perché fate tanto baccano?» Anche Natthasol era uscito dalla sua stanza spinto dal vario chiacchiericcio.
Salazar si mosse verso di lui, abbracciandolo come se fosse lui la vittima in questione. «Nail si è intromesso mentre parlavo con Silas» disse lamentoso.
Natthasol guardò duramente Nail, come se questi avesse potuto, chissà in quale modo, minare la già instabile tranquillità di suo nipote. A quel punto Nail non poté addossare la colpa a Salazar, perché Natthasol, non gli sembrava obbiettivo. «Ho sentito che stavano parlando. Come sai, Silas è rincasato tardi, poco fa, e volevo accertarmi di come stesse: mi sono intromesso nei loro discorsi.»
«Salazar è così?» gli chiese suo zio, accarezzandogli appena una ciocca di capelli con fare amorevole.
«No, lui si è intromesso per infastidirci. Stavo parlando con Silas e lui ci ha disturbato.»
«Lui si è irritato perché ho chiamato zio Nail» intervenne Silas, decisosi a difendere Nail, visto che sembrava avere tutti contro.
«Non so perché gli stia così antipatico, ma io lo chiamo zio, perché mi conosce da quando sono nato ed è leale a mio padre, tuo fratello» disse rivolgendosi a Natthasol. «Inoltre non ha esitato un momento a mettere in gioco la sua vita per me, quindi non vedo il motivo che mi impedisca di appellarlo in quel modo. Eccetto il legame di sangue!»
Natthasol rimase in silenzio, guardando prima Salazar e poi Silas. Forse aveva capito che Salazar stava sviluppando un attaccamento maggiore verso di lui e, di conseguenza, un'antipatia per Nail.
«Non far agitare più così mio nipote» disse Natthasol, prima di congedarsi. «Ora andiamo a dormire tutti quanti, forse è la cosa migliore da fare» consigliò.
«Già» rispose seccato Nail.
Quel già stizzì ancora di più Natthasol, ma decise di non cedere alla sua provocazione; quanto a Nail, si riempì il bicchiere con un liquore: questa volta per il nervoso.
«Mi dispiace, zio Nail. Non volevo coinvolgerti» mormorò Silas dispiaciuto.
Nail lo osservò un attimo in volto: era decisamente turbato, così si disse. «Avete perso molti compagni questa notte?» gli chiese.
«Siamo rimasti in sei» rispose triste.
Nail scosse la testa dispiaciuto, poi parlò: «Non voglio raccontarti frottole. Forse questa notte non chiuderai occhio, ma devi comunque riposarti, perché anche se siete rimasti in pochi, quei pochi hanno bisogno di te.»
«Ti ringrazio. Sto cercando di fare del mio meglio.» Si toccò i polsi, poi la gola e si ricordò cosa, aveva fatto e detto suo fratello poco prima. Non si aspettava minimamente quella reazione da parte di Salazar, perciò iniziò a non sentirsi al sicuro neppure in casa propria.
«Io aspetterò tuo padre, devo parlargli. Silas, tu va a riposare. Quantomeno sdraiati.»
Annuì. «Ti avviso: quando papà torna dalle ronde notturne non è mai di buon umore» disse. «Spero che tu sappia come prenderlo!» Silas ridacchiò, cercò di tirarsi un po' su consigliando a Nail come sopravvivere il più a lungo possibile.
Nail aveva aspettato l'alba nella sua stanza, ma poi, quando sentì il rumore della porta di casa, impiegò poco ad avvicinarsi a questa. Vide Ludwig, lo salutò, infine andò dritto al dunque con un:
«Ludwig, ti devo parlare.»
Lui poggiò il cappotto sull'attaccapanni. «Sono appena entrato...» disse.
«È importante.»
«Lo spero per te...» Si portò una mano per massaggiarsi appena la fronte: aveva un forte mal di testa e, a dirla tutta, prima di rimettere piede in casa sperava di potersi riposare un po'.
«Aveva ragione tuo figlio a dire che non sei di buono umore quando torni a quest'ora...»
«È tornato? Sta bene?» Ludwig sembrò improvvisamente più interessato al discorso.
«Sì, è tornato. Purtroppo però hanno subito molte perdite.»
«E Lothar?» domandò, volendosi accertare della sua salute.
«Credo che lui sia tra i sopravvissuti. Se non ce l'avesse fatta, temo che Silas ne sarebbe rimasto più distrutto di quel che è.»
«Risente delle sue decisioni belliche?»
«È tuo figlio...» ghignò Nail, volendo fargli capire la situazione senza metterlo troppo in imbarazzo.
«Non ti ho chiesto questo... Comunque, di cosa dovevi parlarmi?»
«Vuoi un bicchiere?» Nail ne aveva pronto uno da porgergli.
«Sono le sei del mattino...» rispose Ludwig scuotendo la testa, prima di accendersi una sigaretta.
«Il tempo è relativo, Ludwig!» cercò di distrarlo un po', ma con scarsi risultati, dato lo sguardo che ricevette indietro. «Di Salazar. Temo abbia aggredito Silas...» vuotò infine.
Ludwig sbarrò gli occhi colmo di preoccupazione.
«Però sono intervenuto prontamente» concluse. «Anche se tuo fratello non mi ha creduto. Mi sono trattenuto, lo ammetto. Avrei voluto sgridare Salazar; e sinceramente non mi sarebbe importato di subire le tue ire per il bene di Silas.»
«Hai fatto bene. Non ti preoccupare, ci parlo io con Natthasol...» Ludwig sospirò. Era stanco e assonnato, ma prima di andare a riposarsi doveva pensare a quella faccenda. Così, senza indugiare si diresse verso la stanza del fratello. Lo chiamò. «Natthasol...»
«Che c'è Ludwig? Qualcosa non va?» borbottò questi, svegliandosi di soprassalto.
«Papà...» Anche Salazar si svegliò sentendo la voce di Ludwig.
«Tu, alzati, vai in camera tua» disse secco e perentorio, non ammettendo nessuna risposta.
Salazar si alzò velocemente, correndo fuori dalla stanza.
«Ha mandato te a parlarmi?» domandò Natthasol, riferendosi chiaramente a Nail.
«Voglio essere chiaro: tu mi aiuti molto e io ti sono grato, ma sono grato anche a Nail e mi fido di lui come se mi fidassi di me stesso. Se succedesse qualcosa, ti prego di affidarti alle parole di Nail o a quelle di Silas. Non voglio che voi altri litighiate qui dentro. E se ti dico questo è perché so che Salazar tende a sviluppare un affetto morboso verso chi gli presta attenzione, detestando di rimando chi lo mostra a questi.»
«Non capisco, Ludwig. Cosa c'entro con Nail?» Natthasol sembrò assumere un'espressione piuttosto irritata a riguardo.
«Lo sai bene, Natthasol. Io non so quanto a lungo vuoi andare avanti con questo atteggiamento, perciò fai come meglio credi. Ma ti sconsiglio di prendere sempre le difese di Salazar.»
«Ma tu non c'eri, Ludwig, non puoi sapere.»
«A quanto pare non c'eri neanche tu, se è stato Nail a fermare l'aggressione. Per questo ti ho detto che non ti devi affidare su delle supposizioni.»
«Come desideri...» Il tono di Natthasol era scocciato, ma in fondo non poteva fare altrimenti.
«Però, se è come credi, perché Salazar sembra aver legato con Aleph?» domandò, probabilmente giocando con il fuoco.
«Potresti chiederlo direttamente a Salazar. Aleph ha avuto un approccio molto dolce con lui sin da subito. Gli ha praticamente chiesto il permesso di frequentarmi, Natthasol.» Ludwig sembrava davvero molto irritato da tutta quella questione.
«Aleph è stata una persona intelligente, allora» disse Natthasol seccato.
«Esattamente. E se tu non fossi così sulla difensiva a trentacinque anni, forse anche Nail riuscirebbe a far capire a Salazar che non è una fottuta minaccia.»
Natthasol si ammutolì imbarazzato, pieno di vergogna.
«Vado a dormire, prima che accada qualche altro guaio» sentenziò Ludwig.
«Buona notte» rispose sottovoce Natthasol.
Ludwig uscì dalla stanza sbattendo la porta, certo di aver messo in chiaro la situazione. Prima di ritirarsi, però, passò da Silas: voleva accertarsi con i suoi occhi che stesse bene. «Posso entrare?» chiese vedendo la porta socchiusa e il figlio sdraiato sul letto. Era ancora sveglio.
«Sì» disse solamente.
Entrò e si sedette accanto a lui. «Vuoi dirmi qualcosa? Cos'è successo con Salazar?»
Silas lo guardò dispiaciuto, amareggiato per quello che aveva fatto suo fratello; tuttavia non voleva addossargli la colpa: sapeva quanto lui soffrisse. «Credo solo che sia un po' stanco. Probabilmente gli sono mancato troppo e ha reagito in maniera inconsapevole. Però sono preoccupato. L'ho trovato in casa al buio, con le candele accese e libri sul tavolo.»
«Si sta dedicando all'astrologia, niente di così pericoloso al momento, quindi non ti devi preoccupare» lo rassicurò Ludwig, accarezzandogli appena il viso. Era raro che lui mostrasse gesti così apertamente affettuosi verso i propri figli, ma sapeva quanto Silas ne avesse bisogno in quel momento.
«Va a riposarti un po', papà. Io sto bene.» Silas gli sorrise. Non stava affatto bene, ma non voleva addossargli altro dispiacere.
Ludwig fece per alzarsi, ma poi si ricordò di un'altra cosa molto importante. «Le armi dove le avete nascoste?»
«Al Dorian, papà. Prima di tornare a casa, le abbiamo portate lì.»
Ludwig sorrise compiaciuto. «Se oggi vuoi, resta a casa.» E si congedò del tutto.
«Non posso, Lothar mi aspetta a scuola: non possiamo mancare, altrimenti sembreremo colpevoli.»
«Ottima osservazione.»
«Buona notte, papà.»
«Ci vediamo più tardi.» Era fiero di suo figlio. Per quanto questo fosse davvero un'inestinguibile fonte di guai.
Il picchiettare incessante contro la porta di casa stava letteralmente facendo impazzire Ludwig, che non era riuscito a prendere sonno per i troppi pensieri. Solo verso le undici si era appisolato un po', con il risultato di ottenere un sonno molto leggero. «Voglio proprio sapere chi è adesso!» esclamò tra sé e sé. Si alzò, si diresse verso lo specchio e si sistemò la divisa. «Spero che sia una cosa importante.»
«Buongiorno, Herr Dubois.» Un uomo, che aveva tutta l'aria di conoscere Ludwig, si era presentato nel bel mezzo della mattinata per fargli visita insieme a sua figlia.
«Per lei sono Herr Standartenführer Ludwig, Roderik Dubois» asserì senza bisogno di repliche.
«Mi scusi, allora. Però temo sia importante ciò che ho da dirle.» Sorrise l'uomo. Uno di quei sorrisi che a Ludwig non piacevano minimamente. Non prometteva nulla di buono, così pensò. «Mi dica, dunque, Herr Schäfer cosa la porta qui?» gli domandò sul ciglio della porta, del tutto intento a non volerlo farlo entrare.
«Sono qui per dirvi quanto è successo tra vostro figlio e mia figlia Weike.»
A quell'affermazione, Ludwig già temeva il peggio. Percepiva nell'aria il sentore di un guaio, ma conoscendo la famiglia in questione, e non avendone una bellissima opinione, rimase in silenzio ad ascoltare.
«Vedete, sembrerebbe che vostro figlio e mia figlia si siano incontrati più di qualche volta. Lei accusa di aspettare un figlio dal signorino.»
A quelle parole quasi gli venne un colpo, ma dovette deglutire, rimanere calmo e tentare di trovare una soluzione o un accordo. «Come fa a dire che sua figlia si è frequentata con mio figlio e che lei aspetta un figlio da lui?» domandò Ludwig. Conoscendo Silas, sapeva che quanto gli era stato detto poteva essere vero, ma la nomina di quella famiglia di arrampicatori sociali non gli era mai piaciuta: li detestava dal profondo, immaginando dove volessero andare a parare.
«Mia figlia è venuta fino a qui da Monaco per vostro figlio. Temo che lei abbia visto solo lui, poiché se ne è innamorata.»
Un'altra pazza. Pensò Ludwig. «E cosa vorrebbe?»
«Mia figlia è una ragazza ragionevole. Non pretende un matrimonio immediato, sa che vostro figlio è un ragazzo ancora dedito alle libertà della vita. Lei desidera solo che il bambino rimanga con lei e che lui lo riconosca dandole il cognome. Poi, se vorrà, potrà venirlo a trovarlo quando lo desidera.»
«Quindi è questo di cui si tratta, volete il mio cognome?»
«Herr Dubois, non ferite i sentimenti di mia figlia, per favore ve lo chiedo.»
Ludwig voleva finire quella conversazione al più presto: quell'individuo gli stava facendo venire il voltastomaco. Sembrava un borghese che si atteggiava da nobile, con una reputazione tale da essere il meno raccomandabile, ma doveva comunque trovare un accordo se voleva salvaguardare Silas e levarseli da torno.
«Mio figlio non sposerà mai vostra figlia. Riconoscerà il bambino, però. Così voi avrete la possibilità di pronunciare il mio cognome, ma sappiate che non sarà mai un vero Dubois. Sua figlia potrà tenerlo e mio figlio verrà a trovarlo come e quando vorrà. Questo è quello che propongo. Non dispongo, né disporrò in futuro di altre soluzioni» concluse perentorio.
«Accettiamo» rispose Herr Schäfer, anche per conto di sua figlia.
La facilità con la quale si gettarono a capofitto su quell'offerta non fece altro che fondare i dubbi di Ludwig. Lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvaguardare suo figlio, invece l'uomo che aveva davanti sembrava agire più per suo torna conto, per realizzare il sogno della propria vita.
Nervoso com'era, iniziò a far scorrere il tempo tra una sigaretta e l'altra. E seduto sul divano, prese ad aspettare Silas. Ancora una volta, quando vide la porta aprirsi, strinse gli occhi e lo fulminò nel riconoscerlo sulla soglia.
«Vieni un po' qui...» Lo chiamò con voce calma e modulata.
Silas deglutì: conosceva quel tono di voce e non prometteva niente di buono: solo guai in vista; e, probabilmente, combinati da lui. «Sì, papà?» domandò squillante, la sua voce era intrinseca di una qualche preoccupazione.
«Questa mattina, quando tu non c'eri e io avevo appena preso sonno, il signor Schäfer e sua figlia si sono spinti fino alla mia porta; fino a casa mia.» Era ancora calmo, ancora pacato, forse anche troppo, mentre continuava a fumare.
«E a cosa dobbiamo tanta audacia, papà?» Silas rispose con del sarcasmo. Reagì troppo impulsivamente, in maniera sbagliata, visto la piega che stava prendendo quella discussione.
Ludwig spense il mozzicone con rabbia nel posacenere. «Dimmi, figlio mio, perché io rischio la vita, comprandoti cose di contrabbando, come ad esempio i profilattici, se poi tu stai per avere il secondo figlio?»
Silas sbiancò. La sua salivazione si era completamente azzerata, vista la quantità di ansia che il suo corpo stava producendo. «Come hai detto?» domandò di nuovo, speranzoso di aver capito male.
«Hai capito benissimo. Se pensi che siano pochi, fai di meno il libertino o vai a uomini piuttosto, almeno lì non correresti il rischio di seminare figli come se niente fosse.»
«Ma a me piacciono i bambini...» replicò Silas, dimenticandosi di star giocando con il fuoco.
«Silas, anche a me piacciono i bambini, ma si dà il caso che vadano pur giustificati in qualche modo, no? Specialmente oggi giorno.»
«Lo sai, vero, che non mi sposerò quella donna? Che non mi sposerò a prescindere, non adesso e non così.» Sembrava davvero convinto di quanto affermava. Il suo pensiero era sempre e unicamente verso Lothar.
«Te lo meriteresti un matrimonio con quella donna!» sbottò Ludwig improvvisamente. «Però sai quanto detesto quella famiglia, quanto per me possano essere ripugnanti, quindi è già tanto che io abbia accettato di fartelo riconoscere, di fargli avere il nostro nome. Quella creatura è innocente, non ha colpe. Ecco, perché ho accettato, ma tu Silas sapevi bene...»
«Ecco... quando si è presentata ho avuto qualche dubbio, non rammentavo che lei facesse parte o meno di una delle famiglie che non tolleri, a quanto pare è così...» Silas si grattò il capo dispiaciuto e nervoso, però non rammentava affatto di quella famiglia.
«Pensa se fosse stata qualcun altro. Se fosse stata la figlia di qualche ufficiale.»
«No, impossibile papà! Le conosco e con loro sono stato cauto» asserì convinto Silas.
Ludwig si portò una mano al volto per massaggiarsi gli occhi: non sapeva più che cosa fare con quel ragazzo.
«Piuttosto, che accordo hai preso con Weike?»
«Vogliono che lei tenga il bambino e che tu possa essere libero di fare come meglio credi: l'unica condizione è riconoscerlo. Crede di poter mettere mano sulle nostre proprietà, pensa che io non l'abbia capito, ma l'unica cosa che riceverà è l'indispensabile per tuo figlio. Quindi, se e mai mio nipote venisse da me a chiedermi una casa, allora l'avrà. Non di certo loro.»
Silas tirò un sospiro di sollievo.
«Piuttosto, prima di combinare altri guai, dovresti dire a Lothar ciò che provi e che senti per lui, perché, fidati Silas, ce ne siamo accorti tutti quanti.»
Silas arrossì prepotentemente. «Devo uscire di nuovo, devo andare al Dorian Gray per mettermi d'accordo con gli altri!» Colto dall'imbarazzo e dalla sorpresa, cambiò totalmente discorso e sparì di casa in un batter d'occhio.
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