Capitolo 24 (seconda parte)


Aveva lasciato Aleph riposare nella sua stanza. Quando Ludwig mise piede nel soggiorno si accorse che erano le dodici passate. Scoperta, ormai, l'ora tarda non gli restava sperare che, almeno una volta nella sua vita, Silas avesse fatto il ragazzino responsabile. Si stupì quando vide un foglio sul tavolo che riportava la calligrafia di suo figlio.


«Leggiamo...» disse incredulo prendendolo in mano.


Sono andato a scuola, non ti preoccupare. Ho preparato, o meglio zio Natthasol mi ha aiutato a preparare Salazar ed è venuto a scuola con me. Saremmo di ritorno appena finite le lezioni.


«Non ti preoccupare... chissà, perché non sono così certo di questo.» Ludwig ragionava ad alta voce. Si sedette su una poltrona, accavallando le gambe e accendendosi l'ennesima sigaretta: doveva pensare. «Non ci credo che si è svegliato da solo ed è andato a scuola, probabilmente avrà fatto l'alba da qualche parte, è tornato a casa e ha trascinato con sé Salazar...» Ludwig sospirò, scuotendo la testa per non pensare a quanto suo figlio, prima o poi, lo avrebbe fatto morire di crepa cuore, concentrandosi definitivamente sul piano che voleva attuare.

I pensieri di Ludwig vennero distratti dal rumore che fece la porta aprendosi. Silas, accompagnato da Lothar e da suo fratello, era appena tornato a casa.


Silas sentì un brivido pervadergli il corpo: vedere suo padre seduto, intento a fumare e a guardarli intensamente, lo aveva terrorizzato all'istante.


«Scheiße! È nervoso» sussurrò Silas all'indirizzo di Lothar, il quale lo guardò stupito e spaesato, poiché a lui, Ludwig sembrava tranquillo, forse anche troppo, e non nervoso.


«A me non sembra nervoso» ammise in tutta onestà.


«Fidati, questa è la calma prima della tempesta» bofonchiò Silas.


Salazar, nel mentre, si era già avvicinato verso Ludwig che lo aveva salutato dandogli un bacio sulla guancia, lasciando che poi si sedesse su una poltrona affianco a lui.


«Capitate giusto a proposito, cercavo proprio voi.» Ludwig intervenne interrompendo i loro discorsi.


«E Lothar voleva parlare con te, papà.» Silas gli rispose di getto, ma in fondo era proprio per quel motivo, per chiarire la situazione Lancelot Dubois, che aveva spinto Lothar ad accompagnare Silas fino a casa.


«Ah, sì?» domandò Ludwig inarcando un sopracciglio per lo stupore e per la curiosità. Probabilmente quel giorno avrebbe messo alla prova il coraggio di Lothar che, a suo dire, doveva averne da vendere, ma era sempre meglio accertarsene, anche se di solito non errava giudizio sulle persone.


«Sì» rispose Lothar.


«Allora, avanti, dimmi: cosa posso fare per te?» domandò ironico Ludwig. Per Lothar provava una sorta di gratitudine e disprezzo, non sapeva neanche lui il motivo di quei sentimenti contrastanti: forse era solo geloso di suo figlio, del fatto che qualcuno avrebbe provveduto a lui e che, prima o poi, Silas si sarebbe potuto dimenticare della sua presenza, che se ne sarebbe potuto andare via. Si scordava, a volte, di essere umano e di provare quelle emozioni classiche che concernevano a un genitore, molto legato ai propri figli.


«Perdona la mia franchezza...» Lothar non badava ai convenevoli. Era un ragazzo semplice, genuino e questo non significava che lui fosse maleducato, ma preferiva andare dritto al sodo, senza troppi e inutili giri di voi. «Oggi, sulla rivista ho trovato questo...» disse porgendogli la rivista. «Puoi dirmi chi è?» domandò infine guardandolo negli occhi, aspettando la risposta tanto desiderata.


Ludwig, dal canto suo, era furioso. Non vedeva suo fratello minore da anni, non voleva vederlo. 

Lancelot era stato sempre quello che aveva dato problemi in famiglia, che voleva attirare l'attenzione: il senza ideali, il volta faccia. Trovarlo sulla copertina di quella rivista lo fece imbestialire più di ogni altra cosa, ma non poteva perdere il controllo. Così, nervosamente, spense la sigaretta nel posacenere e cercò di calmarsi per poi iniziare a spiegare chi fosse l'uomo fotografato e visto da Lothar: «Lancelot Dubois è mio fratello, il mio secondo fratello minore. 

Non abbiamo più rapporti con lui, ha preso un'altra strada, differente dalla nostra. Io non accetto che lui sia così insensibile, indifferente alla causa.»


Lothar lo guardava incuriosito, quasi gli sembrava di sentir parlare Silas, eppure - all'apparenza - erano così diversi.


«Quindi, mi stai dicendo che tuo fratello minore, gioca a fare il modello dell'élite?» domandò Lothar incredulo.


«Esattamente...» affermò Ludwig.


«Divertente. E possiamo stare tranquilli?» Ovviamente, Lothar non trovava nulla di divertente, anzi: tutto il contrario, ma doveva ammettere che la situazione cominciava a diventare ironica.


«Possiamo stare tranquilli, perché mio fratello non conosce le mie idee a riguardo. Lui non può fare niente né contro di me, né contro di voi. Non ha neanche mai visto Silas, quindi non sa neanche di cosa potrebbe essere in capace. E poi, Lothar, io ho sempre un piano di riserva. 

Conosco una cosa che lo riguarda in grado di poterlo tenere a bada» concluse Ludwig.


«In pratica mi stai dicendo che, nel caso, sapresti come minacciarlo, o meglio, sa già che potresti contrattaccare?» domandò Lothar, certo di poter essere al sicuro, di potersi fidare.


«Ancora una volta hai centrato il concetto» assentì Ludwig. Sul suo volto si dipinse un sorrisetto compiaciuto, perché Lothar non solo era coraggioso, ma era anche intelligente.


«Spero di aver dissolto ogni tuo dubbio e curiosità a riguardo. Aspettatemi qui, per favore.» 

Ludwig si allontanò da loro, Salazar lo seguì con lo sguardo non abbandonando mai la stanza in cui, Ludwig era entrato, mentre Silas e Lothar si guardarono spaesati e incuriositi.


Qualche minuto dopo era ritornato e sul tavolo del salotto posò quelli che avevano tutta l'aria di essere dei documenti.


Lothar li guardò bene. Questi riportavano timbro e firma del Fürhrer. Deglutì, spaventato: per quanto potesse essere coraggioso, si rese conto che ciò che aveva davanti era più grande di loro e sopratutto non sapeva perché, Ludwig glieli stesse mostrando.


«Dunque, siccome sono molto in pena per voi... ho deciso di prendere parte alla vostra rivoluzione.»

Silas strabuzzò gli occhi, era sconvolto. Non si sarebbe mai aspettato che suo padre facesse una cosa del genere. Sapeva che Ludwig non appoggiava il partito, che lo sosteneva nel suo progetto, ma era rimasto piacevolmente sconvolto nel saperlo così deciso, nel volerli aiutare.


«In che senso?» domandò Lothar spaesato. Lui sentiva odore di trappola ovunque.


«Di certo non verrò mai nel vostro covo. Meglio che io non lo sappia. Non farò nulla di concreto e reale con voi, ma posso fornirvi cartine, spostamenti, darvi consigli e tutto il resto...»


Effettivamente a Lothar sembrava un buon piano, un buon punto d'appoggio che gli avrebbe permesso di avere davvero salva la pelle, o almeno avere più probabilità di sopravvivenza.


«Ludwig...»


Ludwig si era sentito chiamare e sogghignò in direzione di chi lo aveva interpellato. «Nail, ben svegliato. Siamo mattinieri vedo.»


«Ti prego risparmiami il sarcasmo appena sveglio. Ho un mal di testa incredibile e un dolore alla gamba inimmaginabile» rispose Nail ancora preda del sonno e del dolore, mentre si dirigeva al suo tanto amato Whisky.


«Ottima colazione» incalzò Ludwig con la sua dose di sarcasmo, ignorando il reclamo del suo amico.


«Oh, al diavolo. Lo sai» disse Nail tirandosi su gli occhiali e mandando giù il liquore tutto d'un fiato; Nail era nervoso, forse più per il mancato incontro con Natthasol che per il dolore alla gamba.


«Appena hai finito con le tue cerimonie, potresti venire qui? Ci servi!»


«Agli ordini signor colonnello!» Si sarebbe messo sull'attenti per reggere il suo gioco se solo quella dannata gamba non gli dolesse così tanto.


«Dunque stavo mostrando ai nostri due giovani le cartine del piccolo convoglio armi» Ludwig stava spiegando a Nail ciò che si era perso durante la sua assenza.


«Ti sei deciso, finalmente. Ce l'hai fatta a capire che se li aiuti è meglio.» Nail gli diede un pacca sulla spalla, facendo scuotere la testa a Ludwig sapendo quanto il suo amico fosse invadente certe volte.


«Scusate, potete spiegarmi cosa sta succedendo? Armi?» domandò spaesato Silas che era stato un ragazzo sempre molto contrario nell'utilizzo di certi mezzi.


«Silas, devi capire che dovrete difendervi prima o poi. Anche se andate ad appendere manifesti, potreste trovarvi nella condizione di saper fronteggiare un attacco» intervenne Ludwig.


«Ma...» Silas aveva provato a ribattere, ma la risposta di Lothar lo spiazzò.

«Silas, tuo padre ha ragione.»


Silas sbuffò essendo in minoranza, così non gli restò che attendere la spiegazione del presunto piano.


«Allora, questi sono i documenti del convoglio a dimostrazione che non vi sto mentendo. E questa...» Ludwig indicò una cartina. «È la strada che faranno.»


Silas e Lothar guardavano e ascoltavano molto attentamente.


«Siccome è un piccolo smercio d'armi, una piccola fornitura, passerà una macchina delle SS alla quale seguirà un furgoncino con le armi al suo interno. Nail cercherà di distrarli, chiederà aiuto agli uomini della prima macchina. Non potranno negargli aiuto, non a un eroe di guerra.»


«Dovremmo fidarci di lui? Chi ci garantisce che farà come dici tu? Chi ci dice che non potrebbe tradirci in quel momento?» Lothar era un fiume in piena, aveva cambiato espressione in un istante: non conosceva Nail, pertanto non si sarebbe fidato. Il suo estremo timore veniva sempre a galla.


«Io mi fido, non credi sia sufficiente? Pensi che affiderei la vita di mio figlio a un uomo che potrebbe voltarvi le spalle?» domandò Ludwig guardando seriamente Lothar dall'alto del suo cipiglio.


«Mentre lui li terrà occupati, io scenderò dalla macchina: è per quello che ho i documenti, perché sono stato incaricato di trasportare il tutto. Ti fidi adesso?» domandò Ludwig a Lothar.

Lothar non rispose, lo guardò torvo. 


«Scenderò dalla macchina e andrò dietro al furgone: dirò che basterò io per controllare la merce. Uno di voi due si dovrà avvicinare, ovviamente prima dell'ora stabilità dovrete già essere appartati nei dintorni. Vi passerò la chiave del deposito. Nel mentre cercherò di passarvi due pistole. Poi il resto sta a voi. Dovrete organizzarvi con il vostre gruppo per capire come muovervi. Ovviamente dovete stare attenti. Avrete le chiavi, domani, durante lo scambio vi dirò il numero esatto della vigilanza.» Ludwig aveva concluso con il suo piano.


«Sembra che tu la faccia più facile di quello che è» disse Lothar, sfidandolo ancora una volta apertamente.


«Io sono abituato a fare piani d'attacco e di difesa, per questo ti sembra che la faccio facile, perché è meccanico per me fare certi discorsi. Ciò non toglie che non è affatto facile e che voi, nel vostro covo, dovrete fare un piano molto, ma molto più accurato per arrivare al deposito e prendervi tutte le armi che vi servono.» Tra lui e Lothar si percepiva davvero una certa tensione, ma ognuno aveva le sue ragioni per essere testardo.


«Quando ci sarebbe questo convoglio?» chiese, giustamente, Lothar.


«Domani.»


«Domani...» Lothar alzò le sopracciglia in segno di dissenso, per il poco preavviso.


Improvvisamente qualcuno bussò alla porta. Quella sorpresa scosse i loro animi. Ludwig guardò Salazar e disse: «Vai tu ad aprire. Guarda bene chi è. Se si tratta di gentaccia, non farla entrare per nessun motivo. Loro non ci sono, io sono a lavoro, chiaro?»


Salazar annuì senza farselo dire due volte. Era fiero di essere utile a suo padre e a tutti loro, fiero che gli avessero dato un compito, così che anche lui potesse sentirsi finalmente parte integrante della famiglia.

«Papà, sei impazzito?» domandò Silas incredulo.


«No, perché non hai fiducia in tuo fratello?» Ludwig lo guardo e Silas abbassò lo sguardo non dicendo altro. Si fidava di Salazar, ma pensava che fosse impreparato per una cosa del genere, in fondo Regan lo aveva relegato in quella casa per troppi anni, ma Salazar era più sveglio di quanto sembrasse e lo avrebbe dimostrato.


Ludwig aveva fatto cenno a tutti di rintanarsi nella stanza accanto alla sua, dove Aleph dormiva ancora beato. Lothar sospirò cercando di mantenere il controllo, cominciava a sentirsi inquieto e a sperare di uscire vivo da quella casa, sulle proprie gambe, come c'era entrato.


Salazar era pronto per aprire la porta. Guardò il soldato per qualche secondo, aveva una divisa diversa da quella di suo padre, ma era comunque un SS. Il poco tempo passato con Ludwig gli aveva fatto apprendere tutto ciò che non aveva conosciuto fino a quel momento.


Guardò intensamente l'uomo, nonostante Salazar fosse ancora un ragazzino di tredici anni il suo sguardo era: fiero, gelido e profondo. Tagliente.


«Buongiorno, sei il figlio dello Standartefuher Ludwig Dubois?» domandò il soldato un po' timoroso dalla sicurezza mostrata di quel ragazzo, anche se cercava di nascondere la paura, essendo questa, un sentimento poco nobile a loro non consentito.


«Sì, signore. Qualche problema?» Chiese Salazar inclinando appena la testa senza staccare lo sguardo da quello del soldato.


«No, affatto. Posso entrare?» provò questi per poi aggiungere: «Dovrei ricordare al colonnello che domani deve recarsi al comando.»


«No, non può entrare» rispose secco Salazar «Mio padre mi ha detto che non devo e non posso assolutamente far entrare nessuno in casa. Quando lui è a lavoro a servire il Führer, io devo fare il mio lavoro qui e controllare la casa.» Salazar sembrava essere irremovibile.


«Capisco, ma lasciami almeno scrivergli un biglietto.»


«Ho detto che non può entrare. Se vuole lasciare un biglietto a mio padre, lo scriva e io glielo consegnerò. Spero, però che mio padre non si senta offeso da questo gesto: lui sa fare il suo lavoro e si ricorderà di domani.»


Il soldato, alle prime armi, era rimasto quasi impietrito. Non sapeva come poter agire in quei casi, in fondo era casa del colonnello e non avrebbe voluto fare brutta figura, dall'altra parte, però non poteva disobbedire agli altri ordini ricevuti. Ad ogni modo, per lui era a lavoro e quello avrebbe riportato. Fortunatamente per il ragazzo e per Ludwig di lì a un'ora avrebbe dovuto cominciare a lavorare.


«La saluto, arrivederci.» Salazar lo salutò facendo il saluto nazista e chiuse la porta.


Gli altri erano rimasti ad ascoltare con le orecchie appoggiate alla porta. Erano rimasti sbalorditi, mentre Ludwig era compiaciuto da suo figlio: lui lo conosceva bene, o quasi.


Salazar tornò subito da loro che, appena usciti dalla stanza, non esitò a raggiungere Ludwig. «Allora, papà? Sono andato bene?» gli domandò pieno di aspettative.


«Benissimo, tesoro» rispose Ludwig.


Silas, invece rimase quasi spiazzato, sembrava che suo fratello fosse mosso da sentimenti contrastanti e da azioni ben differenti. Comprendeva bene che doveva mostrarsi austero verso il nemico, ma davanti a Ludwig sembrava un dolce bambino, mentre davanti un soldato, un vero e proprio adulto so era dimostrato sicuro di sapere il fatto suo.


Ludwig si stiracchiò, stendendo le braccia e inarcando la schiena. Era ancora in vestaglia e doveva vestirsi. Mancavano le ultime direttive da dare ai ragazzi, così li radunò vicino al tavolo ancora una volta. Poco dopo si svegliò anche Aleph, il quale poggiò una mano sulla spalla di Ludwig, mano che lui baciò prima di sorridergli.


Lothar cominciò a pensare che quella famiglia era davvero strana, ma che per loro non sembrava poi così bizzarro relazionarsi con persone dello stesso sesso. Nella sua testa, si fece largo l'idea che Ludwig, essendo il padre di Silas potesse essere proprio come lui. Ovvero che gli piacessero sia gli uomini che le donne. La cosa che lo stupì veramente, però, fu che iniziava a stare a suo agio con loro.


Silas, in quel momento, lo guardò come se volesse fargli intendere che anche lui desiderava essere come loro due. Magari un giorno. Così si avvicinò a Lothar, che non si scansò; sapeva che Silas voleva dirgli qualcosa e intendeva ascoltarlo. «Devo andare da Rose più tardi, per vedere cosa combina e se sta mantenendo l'accordo.»


Lothar lo guardò, serio: non si fidava della debolezza di Silas, non si fidava di quella donna, così annuì. «Ti accompagno!» asserì secco.


Silas era incredulo, non pensava che Lothar lo volesse accompagnare. Non ribatté, però gli sorrise bisbigliando un grazie, facendolo arrossire.

Lothar si voltò per l'imbarazzo. Fu il primo a salutare tutti, ad ascoltare le ultime cose che aveva da dire Ludwig per poi puntare dritto verso la porta. «Andiamo!» ringhiò verso la direzione di Silas, che lo seguì tra le risatine vittoriose.

Salve fanciulli, secondo me ci sono molte considerazioni da fare e lascio che siate voi a farle ù.ù Tipo Lncelot? Oppure quanto sono matti questi ragazzuoli?

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