Capitolo 21


Erano circa le tre del pomeriggio quando Franz s'intrufolò nella camera di Friederich, entrando dalla finestra che veniva sempre lasciata socchiusa nonostante il freddo invernale; dopotutto, Friderich sapeva che Franz sarebbe passato a fargli visita.

«Ciao tesoro» lo salutò Franz. Con un agile scatto del bacino si ritrovò in piedi nella sua stanza. Chiuse la finestra dietro di sé, mentre Friderich si voltava verso di lui per la durata di un sorriso e tornava a prestare attenzione alla rivista che teneva stretta tra le mani. «Si gela qui, non hai freddo?»

«No. E poi, anche se fosse, puoi scaldarmi tu.» Nonostante l'invito, Friderich sembrava avere un tono assente, distratto. Evidentemente era troppo impegnato a osservare le pagine di quel giornale, così si disse Franz; eppure, era strano che lui non considerasse il suo principe.

«Per farlo dovresti prima concedermi la tua attenzione» gli rispose Franz, sedendosi davanti a lui, sul bordo del letto. «Che cosa stai facendo?» domandò curioso.

Friderich era del tutto intento a sfogliare e osservare le pagine di quella rivista Nazionalsocialista, una di quelle che esaltavano la bellezza e la perfezione della razza, cosa che spazientì Franz in men che non si dica: non rischiava la vita quasi tutti i giorni per essere ignorato tanto apertamente, così si disse.

Perciò, senza quasi rendersene conto, gli tirò via il giornale dalle mani.

«Sei impazzito?» sbottò Friderich, indignato per l'affronto.

«Quando parlo alle persone, gradirei che queste mi guardassero negli occhi nel momento in cui mi rivolgo a loro» sentenziò lapidario.

«Ti piacciono davvero così tanto i miei occhi?» sussurrò Friderich, rivolgendogli uno sguardo e un sorrisetto malizioso. «Tanto da non poterne fare a meno...»

«Non sto scherzando Friderich!» sbottò, seccato dal suo atteggiamento. «Vorrei essere ascoltato quando parlo, te l'ho già detto, specie se rischio la vita per te.»

Friderich sembrava aver intuito il problema: lui si sentiva intoccabile, la sua posizione e il suo rango gli concedevano il lusso di sentirsi al riparo; tuttavia non era lo stesso per Franz. Sapeva bene che suo padre non avrebbe esitato a sbarazzarsi di loro se solo li avesse scoperti. «Va bene, va bene, la smetto. Però basta con questo broncio adesso!» si lamentò, sporgendosi e cercando di baciarlo. Era desideroso di lui stesso, delle sue attenzioni.

Franz, però, non aveva finito il suo discorso, pertanto volse appena il capo dall'altra parte ed evitò le labbra di Friderich. «Bene, ora che ho la tua attenzione, dimmi: cosa stavi facendo di così impegnativo?» gli domandò, curioso di sapere cosa fosse così importante in quel momento.

«Nulla, stavo solo guardando i bellissimi esempi di razza del nostro paese.» Gli porse la rivista e Franz la sfogliò frettolosamente, vedendo che erano più o meno tutti uomini.

«Qualcosa mi dice che dovrei ingelosirmi» si lamentò, continuando a sfogliare la rivista, anche lui improvvisamente interessato.

«Ma no, ma no, perché dovresti?» gli domandò, sfilandogli la rivista dalle mani e facendosi strada verso lui. Gli si posizionò sopra, a cavalcioni sulle sue gambe, circondandolo con le proprie.

Franz deglutì. «Oh, Friderich, non cominciare...» Sospirò, troppo preso dalle sue attenzioni; quelle che conosceva bene. E il suo corpo non ci mise molto ad avvampare sotto i baci di Friderich, che non sembrava essere stato affatto clemente, cominciando subito a lambirgli il lobo dell'orecchio e scendendo poi a percorrergli la linea tesa del collo.

«Facciamo l'amore» gli sussurrò.

E Franz chiuse gli occhi per cercare di regolarizzare il suo respiro, dimenticando tutti gli intenti e i propositi con i quali si era condotto fino a lì. «Non ti basta mai...» disse, umettandosi le labbra, già arse dal desiderio.

«Non è colpa mia, se mi manchi, se non posso fare a meno di stringermi a te» disse, strusciandosi piano con il suo corpo e facendolo irrigidire.

«Non potremmo però... non adesso» supplicò Franz, certo che non fosse il momento adatto.
«Perché no?» piagnucolò Friderich.

«Perché sicuramente ci saranno in casa tuo padre e tua madre» disse Franz, sospirando affranto subito dopo. Anche lui desiderava Friderich più di ogni altra cosa, ma il timore di essere scoperti lo affliggeva.

«Siamo al secondo piano, nessuno ci sentirà.» Friederich cercò di rassicurarlo. «Non emetterò il minimo suono, sarò silenziosissimo». Incrociò le dita sulle labbra, un paio di volte, pronunciando quel giuramento.

Franz alzò un sopracciglio, perplesso, incredulo davanti alle parole del suo compagno. «Sai bene che non è così» rispose, mentre Friderich prendeva ad accarezzargli la schiena, e continuava con la sua supplica.

Non attese altre parole, altri tentennamenti da parte di Franz e lanciò sulle sue labbra. Famelico, deciso a volerlo baciare, certo di riuscire a convincerlo. «Se dovessi fare rumore, puoi sempre chiudermi la bocca» gli suggerì malizioso. E lo baciò di nuovo, senza esitazione, sentendo che Franz aveva ripreso a ricambiare il suo bacio. Poi si fermò un attimo per guardarlo negli occhi, uno sguardo lungo e intenso, come se, silenziosamente, volesse comunicargli tutto l'amore che provava per lui. Gli accarezzò il viso, dolce e delicato, come solo lui era in grado di fare.

Friderich sembrava un felino del tutto intento a voler marchiare il proprio territorio: Franz apparteneva a lui e a nessun altro.

Allora Franz lo sollevò da sotto le natiche per ribaltarlo con la schiena contro il letto e Friderich prese subito a gemere sotto le sue attenzioni sapienti. Fu Franz a baciarlo in quel momento, desideroso di non voler perdere nessun minuto prezioso. Gli morse appena le labbra, delicatamente, e poi divenne più delicato.

Franz era sprofondato in lui dopo una breve preparazione, prendendosi a muovere a ritmi lenti e incalzanti, affinché Friderich si abituasse a quel corpo estraneo che percuoteva, internamente, le sue carni. Friderich mugolò appena, colto da quel fastidio prolungato. Inarcò la schiena coinvolto da quel piacere, mentre Franz si beava di tutte le sue espressioni distorte dalla passione.

Le mani di Franz accarezzavano il suo corpo nella totale frenesia. Friderich gli era mancato davvero molto, tanto da percepire il corpo del suo amato come una boccata d'aria fresca: puro ossigeno.

Quei movimenti dolci, ma febbricitanti portarono Friederich a venire meno alla sua promessa; un gemito acuto gli scivolò di bocca.

E Franz, dopo averlo zittito con un bacio, gl'intimò: «Taci!» Più dolce, più garbato, sussurrò: «Devi stare attento, lo hai promesso.»

Friderich annuì a quelle parole mentre con il bacino spingeva bramoso verso di lui. Dai suoi occhi scese una lacrima sottile e supplicante delle attenzioni di Franz e questi, prontamente, la portò via con le labbra.

Incalzò frenetico, sentendo Friderich avvinghiarsi con le proprie gambe intorno alla sua vita. E più Friderich lo stringeva in morse vogliose, più Franz ne sentiva il bisogno.

Franz continuò con i suoi ritmi serrati, facendo inarcare la schiena a Friderich spinta dopo spinta. Poi, Friederich schiuse la bocca e si morse le labbra subito dopo, serrò i suoi gemiti i fondo alla gola, cercò di mantenere la promessa almeno quella volta.

«Meine Liebe» sussurrò Franz.

Il respiro di Friderich era percettibilmente più pesante, seppur basso e non udibile al di fuori della stanza.

Friderich scattò in avanti allacciandosi, con le braccia, al collo di Franz, il quale lo afferrò prontamente dalle natiche, cercando di mantenere il suo ritmo insistente. Si puntellò con le unghie alla schiena di Franz, mentre questi lo sentiva contrarsi e stringerlo di rimando. Franz si morse le proprie labbra, per soffocare ogni istinto animalesco. Cercò poi le labbra di Friderich, baciandolo e lasciando che qualche suono più rumoroso uscisse dalle loro bocche. Friderich percepì l'apice del piacere sormontarlo e mugolò compiaciuto quando sentì Franz riversarsi dentro di lui.

«Franz...» sussurrò esausto, lasciandosi mollemente aggrappato nell'abbraccio dell'altro.
Poco dopo, quando i sospiri erano diventati ormai respiri regolari, i due si ricomposero, grati alla sorte per non essere stati scoperti. Qualcosa, però, fece mutare l'espressione di Franz: il ricordo che lo aveva spinto fino a lì, lo stesso che lo schiaffeggiò in pieno volto, più crudele del freddo invernale.

«Qualcosa non va?» chiese Friderich preoccupato, guardandolo attentamente.

«Sì, purtroppo, e riguarda anche noi due» sospirò mesto.

«Vuoi lasciarmi di nuovo?» domandò inquieto. Non potevano lasciarsi ancora, non dopo tutto quello che era successo, altrimenti il suo cuore sarebbe andato in frantumi.

«No, meine schatz, però qualcosa ci porterà a stare lontano per molto tempo.» Sembrava volersi nascondere dietro qualche alone di mistero, ma in realtà stata solo tergiversando, perché non voleva rivelare quella brutta realtà al suo amato.

«Parlami, avanti. Senza troppi giri di parole.» Friderich lo guardò, lasciando che i suoi occhi rivelassero tutta la sua preoccupazione.

«Non so quando, né per quale missione, ma sono certo che prima o poi dovrò allontanarmi e partire per il fronte.» Tanta riservatezza per poi confessare tutto con un fiume di parole.

L'ansia serrò il petto di Friderich. «Non può essere...» sibilò esterrefatto.

«Può essere, eccome. Sai benissimo il ruolo che ricopro, conosci quali sono i miei doveri e la divisa che porto.» Franz sembrava dispiaciuto. Purtroppo, però, aveva dei doveri e dei compiti ai quali far fronte.

«Mi dispiace, sono solo sconvolto per la notizia. L'idea di non vederti mi distrugge» ammise Friderich tristemente, abbassando il volto per non farsi vedere lacrimare. Franz, però, gli portò una mano al viso per alzarglielo. «Friderich, mi aspetterai?» Gli domandò, cercando i suoi occhi, serio e supplichevole.

«Certo, non devi avere neanche il ben che minimo dubbio» lo rassicurò; lo avrebbe atteso per anni.

«Non devo temere persone come Silas, vero?» domandò Franz, colto per un momento dall'insicurezza, ricordandosi ancora della trappola che Friderich gli aveva preparato pur di riaverlo.

Friderich si precipitò sulle sua labbra, dandogli quello che sembrava essere un bacio chiarificatore.

«Non devi temere nessuno, non farmelo ripetere mai più» rispose Friderich perentorio, prima di tornare a baciarlo ripetutamente.


La famiglia Wolf aveva organizzato una cena per celebrare il loro anniversario di nozze e Ludwig era stato invitato. Avrebbe preferito rimanere a casa con i suoi figli, magari con Aleph, ma rinunciare a un invito simile lo avrebbe fatto sembrare un traditore. Perciò, come in ogni occasione, aveva deciso di farsi accompagnare da Franz, ormai suo fido secondo.

Quando entrò nella casa, le persone che vide non erano certo di suo gradimento; ci mise pochissimo a fiutare l'odore di trappola, e Agnes Ritcher era l'unica di cui si poteva fidare.
Appena la domestica di casa Wolf appese il cappotto di Ludwig, lui venne disturbato dalla fastidiosissima presenza di uno di loro.

«Guten Abend Standartefüher Ludwig Dubois.»

A sentire il suo nome e il suo grado pronunciato in quel modo e, soprattutto, da quella persona, quasi gli salì un conato. Poi, però, lo guardò e ricambiò il suo saluto: «Buona sera a lei, tenente Hubert Bauer.» E nel tono provò a utilizzare tutto il suo velato disprezzo. Quell'uomo, quello che aveva di fronte, era colui che aveva interrogato suo figlio; tra Ludwig e Hubert non correva buon sangue: lo riteneva un incompetente borioso, nonché un arrivista, il classico, tra i tanti, tipo di persona che non sopportava.

Franz, invece, aveva sorriso furtivamente non appena visto Friderich. Poi aveva voltato immediatamente il viso quando aveva incrociato lo sguardo di Lida.

«Standartefüher, ditemi, come sta vostro figlio?» domandò Hubert mentre un sorrisetto andava increspandosi i lati della sua bocca.

«Mio figlio sprizza salute ariana da tutti i pori» rispose, noncurante delle sue provocazioni; lo considerava feccia o poco più.

«Ne sono lieto» mentì Hubert. «Sarebbe stato un peccato se non si fosse ripreso da quell'incidente.»

«Certi incidenti li trovo davvero incresciosi. Accusare un giovane ariano, senza prove, per giunta, è da veri incompetenti.» Ludwig, non si curò né delle sue espressioni, né dei suoi patetici tentativi di smuoverlo: ci voleva ben altro per farlo crollare, così si disse. Si accese quindi una sigaretta, dando vita a questa con la fiamma, mentre l'altro si corrodeva a causa di quell'indifferenza. «Lei, invece, si è ripreso?» domandò, lasciando fluire via il fumo dalle bellissime labbra fine.

«Perché me lo chiedete?» replicò perplesso, colto di sorpresa, non capendo dove volesse andare a parare.

«Vedete, so che ci tenere molto ad avanzare di grado; e arrestare qualcuno di pericoloso vi avrebbe portato ad avere qualche valore aggiuntivo. Purtroppo non è stato così, mi dispiace.»

Per Ludwig, quella violenza psicologica era il minimo che potesse fare dopo quanto aveva dovuto subire Silas.

La domestica si precipitò da Ludwig con il posacenere in mano, pronta per far riversare in questo la cenere; e Ludwig si disse che lo Oberstumbannführer Wolf doveva averla terrorizzata a dovere affinché si accorgesse di certe piccolezze.

Nell'aria si percepì il suono del Grammofono che, impietoso, suonava Wagner. Per Ludwig, quella melodia, era come un incubo che si ripeteva: costante e dispettoso. Non ne poteva più. Si massaggiò appena le tempie, stanco di sentire "La cavalcata delle Valchirie". Alzò lo sguardo e vide scendere dalle scale Herr Wolf. Patetico, si disse tra sé e sé.

«Buona sera signori e signore.» Finì di scendere i gradini finemente lavorati, raggiungendo il centro della sala, aprì le braccia in un caloroso segno di benvenuto. «È un onore per me avervi qui, per celebrare l'anniversario di matrimonio mio e di Lida.» Sua moglie si avvicinò a lui, a suo marito Reinar, poggiandogli una mano sulla spalla e sorridendo a tutti gli invitati.
Reinar Wolf si avvicinò a Ludwig facendogli il saluto Nazista che Ludwig dovette ricambiare.

«Buonasera Ludwig» disse, con un sorriso sul volto.

«Buonasera a voi, Reinar.»

«Come state? Vi vedo in forma» chiese questi, interessato.

«Sto benissimo, in effetti. Grazie per averlo notato.»

«Ludwig, sono davvero felice di rivedervi» disse Lida, avvicinandosi ai due.

Ludwig le prese la mano e, arrivando quasi a sfiorarle il dorso, le fece il baciamano. «Buona sera a voi» sussurrò, rivolgendo il suo sguardo in quello della donna. Poi salutò anche gli altri, riuscendo a far sorridere Agnes.

La cena era proseguita in maniera piuttosto monotona. Ludwig sentiva i soliti discorsi, mangiando e bevendo l'ottimo vino che i Wolf avevano gentilmente offerto. Quella sera era stranamente calmo nonostante si aspettasse l'agguato da un momento all'altro; doveva solo riuscire a percepirlo.

«Herr Dubois, mi hanno detto che lei, un tempo, era un Social-democratico.» Hubert aveva interrotto il blando chiacchiericcio.

Ludwig, a quella domanda, non si scompose. Sapeva che l'aveva fatta per un suo tornaconto personale, per dimostrare qualcosa. La loro arma per intrappolarlo non era ancora stata sfoderata.

«Un tempo lo ero, è vero. Ma un tempo eravamo tutti qualcosa. Poi è arrivato il nostro amato Adolf Hitler e ci ha chiarito le idee.» Bevve un sorso di vino dal bicchiere cesellato in prezioso cristallo e lo posò sul tavolo. Calmo, elegante, rivolse lo sguardo verso Hubert. «In fondo non conta più né destra, né sinistra, ma solo la nostra patria Germanica, guidata dal Nazionalsocialismo.»

«A proposito di questo.» Fu Reinar a parlare, affiancato da Huge. «Voi, Herr Dubois, potreste aiutarci?» domandò, porgendogli un foglio piegato in quattro; segno evidente che era stato riposto in una tasca.

Ludwig lo prese e lo aprì. Ecco la trappola, pensò tra sé e sé. Lo lesse al volo, poi lo ripiegò. Capì subito di chi potesse essere, chi era stato in grado di scrivere quelle cose e nell'apprendere tanta umanità e bontà d'animo, avrebbe potuto sorridere, se solo non fosse stato la preda in quella fossa di leoni. «Mi pare evidente che sia opera di un movimento rivoluzionario» disse vago.
«Esattamente, proprio così» rispose Huge.

«Dov'è stato ritrovato?» domandò Ludwig, cercando di prendere tempo e capire come poter rispondere alle loro insinuazioni.

«Lo hanno rinvenuto dei nostri uomini che lo hanno portato al qui presente Tenente Klaas Becker» chiarì Huge.

«Herr Becker, vedo che le mie raccomandazioni sono andate a buon fine» disse Ludwig, sorridendo al suo indirizzo; stavano giocando con l'uomo sbagliato.

Reinar e Huge guardarono perplessi Klaas, ma rimandarono a più tardi ulteriori domande, giacché la questione rivoluzionaria sembrava più importante al momento. Klass non ebbe il tempo di rispondere, né di poter dire qualcosa a sua discolpa, perché Ludwig intervenne ancora:

«Non vedo come io possa esservi di aiuto. Monaco non mi spetta come controllo, ci sono nostri uomini appositi, è un'altra giurisdizione. Perché non avete interrogato loro?»

«Standarteführer, volevamo solo un vostro consiglio» intervenne Reinar, cercando di calmare gli animi.

«Sembrava un interrogatorio, più che una richiesta di consigli da miei subordinati. Potrei considerare questa una vera e propria insubordinazione.» Ludwig non accettava le minacce, né tantomeno ci teneva a farle; sapeva che gli avrebbero potuto sparare da un momento all'altro, e solo per metterlo a tacere, per non rischiare la testa.

Friderich cominciava ad agitarsi e Franz cercava di calmarlo con un appello muto dei suoi occhi. Era meglio tacere, non mettersi in mostra.

«No. Herr Dubois, non volevamo farle credere questo. Volevamo semplicemente dei consigli.» Reinar cercò di chiarire le cose una volta per tutte, lasciando che la situazione si placasse da sola.

«Vi prego, però, se dovesse vedere qualcosa del genere in giro per Berlino, di dircelo e di prendere provvedimenti.» A intervenire fu Huge, che venne ammonito con una severa occhiata da parte di Ludwig.

«So fare il mio lavoro, non dovete certo insegnarmelo voi» rispose bruscamente.

«Proseguiamo con il dolce?» A mettersi in mezzo fu Lida.

Ludwig annuì e Agnes sospirò, mascherando quel cenno di sollievo con un tovagliolo alla bocca, fingendo di doversi pulire gli angoli di questa.

La paura era la comandante suprema di quella tavolata. Tutti rischiavano la vita: Agnes per la rivoluzione, Ludwig perché li stava coprendo e gli altri per l'insubordinazione.

Qui la tensione si taglia con il coltello, altro che il dolce! Ludwig se ne è tirato fuori, ma ormai ha capito che qesti tizi cercano rogna!

Quanto a Friderich e Franz quanto mi fanno sospirare <3 e a voi?

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