Capitolo 17
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina potestate,
la somma sapienza e 'l primo amore;
dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch' intrate.
(Canto terzo - D.Alighieri)
Dopo aver passato parecchio tempo in camera da letto e aver studiato un piano, si era deciso a chiedere a Natthasol di badare a Salazar e Silas in sua assenza.
Si era messo d'accordo con Elger, che aveva finito i documenti: perfetti, identici come gli originali; e così, nel bel mezzo della notte, era uscito di casa.
Nevicava. Ci mancava solo la neve quella notte! Non era fitta, ma era abbastanza fastidiosa da irritarlo e da fargli sentire un freddo quasi pungente sulla pelle del viso. Ludwig non era un uomo che soffriva particolarmente le temperature rigide, ma quella sera qualche brivido lo scosse. Allora si chiese se fosse davvero il clima o la paura ad avvolgerlo; come se la stesse inghiottendo, invece che combatterla. Ma lui era fatto così: reprimeva, mandava giù, nascondendo tutto in chissà quale antro del suo corpo o dello spirito, accumulando e insinuando ogni brutto sentimento in qualche tassello mentale, analizzando lucidamente e razionalmente ogni cosa che sentiva. Aveva decisamente bisogno di sbloccarsi, di rieducarsi alle emozioni, ma non era quella l'occasione giusta, perché in quel momento doveva sembrare l'uomo di sempre, altrimenti tutto il piano si sarebbe dissolto nello stesso modo in cui la neve s'infrangeva al suolo.
Si diresse verso il retro della casa dove teneva la vettura che usava di rado. Entrò e si mise alla guida. Dentro questa aveva preparato due coperte, immaginando che la temperatura corporea delle altre persone fosse diversa dalla sua e che una delle due dovesse essere piuttosto cagionevole.
Guidò fino a raggiungere un viottolo, parcheggiandola poco dopo in un posto momentaneamente sicuro. Quando uscì dall'auto, si accorse che la neve era sempre la stessa, ma che il freddo continuava ad aumentare, attecchendo sempre di più alle sue ossa.
Sapeva già che sarebbe dovuto andare incontro ai Blockvetter del quartiere, ma fortunatamente si era preparato una versione anche per loro, senza contare il fatto che la sua divisa parlasse da sola; per certi versi la benediva, gli poteva far compiere cose fondamentalmente rispettabili, tralasciando quelle ignominiose.
I due capi isolato gli fecero il saluto nazista non appena lo videro varcare i cancelli
della zona semi-isolata di Berlino, quella meno abbiente, quella dove alcuni tipi di persone si erano dovuti rifugiare, quei posti in cui, gente abbietta come i fagiani d'oro potevano sfogare tutto il loro sadismo e frustrazione, visto che sapevano benissimo che all'interno di quelle mura potevano nascondersi ebrei, oppositori politici, antisociali, rivoluzionari, poveri e operai. Ecco, era proprio con la classe operaia che si accanivano di più, perciò erano sempre di vedetta, sempre appartati lì, con l'orecchio teso a udire la minima confessione.
«Cosa vi porta qui...» sussurrò il primo emettendo nell'aria la classica nuvoletta bianca di vapore condensata dal freddo. Sembrava un po' incerto, mentre allungava la testa per vedere le mostrine che decoravano il cappotto di Ludwig. «Colonnello?»
«Ho avuto una segnalazione in strada, devo prelevare due persone che occupano questi stabili» rispose Ludwig, con la classica freddezza che lo contraddistingueva sempre in quelle azioni.
Quei due non sapevano se essere spaventati o sfregarsi le mani dalla gioia, in fondo avere un ufficiale di così alto grado non era cosa di tutti giorni per loro.
«Siete venuto qui da solo?» domandò sempre il primo, troppo desideroso di aiutarlo quando era semplicemente d'intralcio.
«Sì, non c'era bisogno di scomodare nessun altro per due persone. Gli altri uomini del Reich stanno svolgendo compiti altrettanto importanti. Ogni uomo è prezioso.» Doveva dare spiegazioni, voleva essere amichevole, o quantomeno sembrare uno di loro.
«Vi possiamo accompagnare noi, se non vi disturba. Potremmo sempre essere d'aiuto, non credete?».
Serpi. Erano semplicemente serpi e nulla più. Li detestava, detestava quello che la Germania aveva creato; non erano più uomini eroici e valorosi, ma pavidi arrivisti, in grado di vendersi la propria madre pur di accaparrarsi la simpatia di qualcuno che valeva, altro che antichi splendori germanici.
«Chi rimarrebbe di guarda qui?» domandò Ludwig cercando di dissuaderli come poteva senza sembrare sospetto.
«Potrebbe rimanere l'altro collega».
«E se veniste, per caso, attaccati?» sperava che quei due mollassero la presa, almeno per il momento.
D'altro canto loro si guardarono non sapendo quale fosse la risposta giusta da dare a una domanda del genere. Per cui, pensando a quanto valore il Reich potesse dare al controllo assoluto e al rastrellamento di ogni sporcizia umana della Germania e dal mondo, decisero, all'unisono, di annuire, salutando Ludwig e lasciandolo passare.
Il colonnello, ormai lontano, sospirò, allentando un po' quella tensione che lo attanagliava alla gola da quando aveva posteggiato l'automobile nella vietta.
Aveva come la sensazione che il tempo si fosse fermato. Brividi gli attraversavano la
schiena, ma quella, probabilmente, era la paura: lo faceva sentire umano.
Non era un uomo che rinnegava il vigliacco sentimento, no, al contrario: sapeva che quella lo avrebbe tenuto allerta e non lo avrebbe fatto sbagliare. Ludwig avrebbe voluto ascoltare le sue emozioni, almeno avrebbe dovuto farlo in quel momento, ma quel freddo viscerale era come una trappola e tutta quell'agitazione lo stava scombussolando. Non doveva rimuginare troppo, anzi, doveva assecondare i suoi nervi e sperare che questi lo facessero essere più accorto del solito.
Sospirò un'ultima volta prima di agire, salì le scale dello stabile con velocità, arrivando in fretta davanti alla porta di casa. Doveva essere deciso, bussare con vigore: doveva spaventarli.
Diede tre colpi molto forti, tanto che Aleph trasalì dall'interno e si svegliò di soprassalto, prendendo tra le mani il visto e l'autorizzazione che Ludwig stesso gli aveva fatto, non aspettandosi minimamente che fosse lui.
Miriam si avvicinò alla sua camera, preoccupata, pensando che potesse essere chiunque e che potesse fargli del male.
«Aleph, alzati, vieni qui» bisbigliò appena, mentre l'altro continuava a picchiare contro la porta.
Aleph si alzò in tutta fretta armeggiando con le carte, spaventato a morte, intanto che sua madre lo stringeva tra le braccia come se fosse ancora un bambino.
Non appena Ludwig sentì la porta aprirsi, la spalancò. Doveva coglierli di sorpresa, doveva intimorirli e la reazione di Aleph fu istintiva, immediata: si portò una mano alla bocca, che si era spalancata per lo stupore, mai si sarebbe aspettato di vedere proprio lui fuori dalla porta e così insistente.
Per un momento i suoi dubbi, che fino a quel giorno avevano vacillato nella testa, cominciavano, a poco a poco a prendere forma. Forse aveva dato davvero troppa fiducia a Ludwig?
«Fate silenzio e seguitemi» ordinò perentorio, obbligandoli a uscire di casa senza cappotti caldi che potessero ripararli da quel gelo.
Aleph lanciò un'occhiata furtiva a Ludwig, sembrava volesse chiedergli cosa stesse accadendo; ma lui non se ne curò e gli diede le spalle, incamminandosi verso l'esterno. Allorché guardò sua madre, cercando conforto, e questa gli sorrise come a volergli dire di avere fede; se non nell'ufficiale, almeno in Dio.
Non appena uscì dallo stabile li fece passare davanti ed estrasse la pistola, puntandola proprio dietro la schiena di Aleph.
Questi, dal canto suo, era terrorizzato e stordito. Quando vide le guardie fuori, volle sperare che fosse tutta opera di un piano.
Ludwig, invece, cominciava ad ammirare profondamente quella donna, che camminava senza chinare la testa mentre la neve fina le imbiancava i capelli scuri appesantendoli. Sembrava fiera e senza paura, così si disse, e gli sfuggì un piccolo sorriso a quella visione, sorriso che si cancellò immediatamente nel vedere entrambi
tremare dal freddo. Si sentiva tremendamente in colpa per quello che stava facendo patire loro.
Passarono davanti ai Blockvetter, che ricambiarono nuovamente il saluto e che d'un tratto, però li fermarono.
«Colonnello di cosa sono stati accusati?» azzardò uno dei due, mentre l'altro si malediceva per la sua insolenza; così facendo, Ludwig non avrebbe fatto presente ai grandi vertici del loro operato, e sarebbero rimasti a marcire lì, come putridi controllori quali erano.
«Al comando verificheranno» non doveva giustificarsi con loro. In fondo, se avesse voluto, avrebbe potuto ucciderli seduta stante. Ma forse era meglio non macchiarsi di altri crimini se non necessario.
«E hanno scomodato voi?»
Ludwig odiava quei dannati, subdoli parassiti che amavano insinuare su ogni cosa.
«Sono di pattuglia, ho lasciato i miei uomini controllare le strade, mentre io, come già ho detto, ero sufficiente per prelevare una donna e un ragazzo. O dubitate forse delle mie capacità?»
Il suo interlocutore deglutì, preoccupato dallo sguardo di Ludwig; forse avrebbero dovuto essere meno impudenti.
«No, colonnello, non è come pensate, volevo solo accertarmi della cosa» cercò di migliorare la situazione e, nel frattempo, l 'altro pregava Dio di essere risparmiato.
Aleph cercava di non far trapelare le sue emozioni, ma era ben chiaro dal suo sguardo che il panico si era impossessato di lui, mentre sua madre era sempre composta, ascoltando quanto si dicevano e cercando di comprendere le intenzioni di Ludwig.
«Ditemi i vostri nomi» Ludwig esordì improvvisamente con quella richiesta, probabilmente gli avrebbe fatto rapporto il giorno seguente, trovando loro qualche lavoro in una miniera sperduta; in fondo di quei tempi la manovalanza non bastava mai.
«Udo Pohl, signore» disse per poi indicare l'altro suo collega, «lui invece è Tom Graf.»
Tom, che era sempre stato in disparte, quasi non si morse la lingua, desideroso di maledire il suo compagno, che lo aveva venduto a quel modo. Ma in fondo se lo aspettava: era solo questione di un attimo, che la sfacciataggine di Udo li avrebbe condotti a morte certa.
«Bene» affermò Ludwig, poggiando la punta della pistola gelida contro la schiena di Aleph per poi intimargli ancora di camminare. «Immagino che noi possiamo andare.»
Ludwig continuò a condurli verso una strada a loro ignota. Aleph non parlò, non disse nulla per evitare che potesse sparargli all'improvviso. E rimase perplesso quando gli disse di svoltare. Lui e Miriam videro una macchina parcheggiata in un vicolo, e solo a quel punto Ludwig ordinò loro di entrare.
Una volta dentro la vettura consegnò una coperta a testa per poi posizionarsi alla guida. «Mi dispiace di avervi fatto spaventare, sono costernato» disse.
Aleph sorrise gentilmente, di rimando. Sapeva che, stando di spalle, non poteva vederlo, ma lo fece lo stesso. Era felice che, nonostante la situazione, Ludwig non li avesse traditi.
«Mi scuso davvero per avervi fatto congelare, spero che possiate riscaldarvi presto.» Dopo le sue ultime scuse, mise in moto la macchina. «Se vedo qualcosa di sospetto, vi avviso. Vi prego di stendervi e coprirvi con le coperte in modo da non destare sospetti; ma le effigie sulla macchina dovrebbero aiutarci».
«Meglio andare cauti, però, hai ragione, Ludwig.» Aleph gli poggiò una mano sulla spalla per confortarlo e come accettazione delle sue scuse. Era troppo felice di non essere stato ingannato, di aver riposto bene la sua fiducia.
Miriam, però, sembrò incuriosita da tutta quella confidenza, dal tipo di espansività che Aleph aveva mostrato nei suoi confronti. Forse, si disse era stato merito delle lezioni d'inglese che per un po' aveva ricevuto. Non riuscì a darsi altre motivazioni, perché un'intimità del genere era davvero strana.
Arrivarono nei pressi di un palazzetto che contava qualche appartamento. Ludwig si premurò di parcheggiare altrettanto attentamente. Controllandosi intorno, poi, face uscire dalla macchina i due fuggiaschi.
«Coprite anche la testa con la coperta» consigliò loro per non farli identificare nel caso qualcuno fosse affacciato alla finestra e potesse dare qualche informazione al comando. «Seguitemi.»
Annuirono, incamminandosi insieme a Ludwig verso l'entrata dell'abitazione.
«Fate piano...» disse loro.
Poco dopo, saliti per lo meno tre piani di scale, si ritrovarono davanti a una porta. Ludwig bussò un paio di volte.
Elger andò ad aprire e tirò un sospiro di sollievo quando vide chi aveva di fronte. «Entrate» disse, quasi sussurrando per non farsi sentire da ipotetiche orecchie indiscrete.
Aleph e Miriam varcarono la soglia dopo di Ludwig, che sembrava già conoscere quel posto e il suo proprietario. Si guardarono attorno curiosi e ansiosi di sapere il motivo per il quale l'ufficiale li avesse condotti proprio lì.
«Allora, tua moglie?» domandò Ludwig a Elger.
«Sta dormendo, la vado a chiamare.»
«Perdonatemi se sono indiscreta, ma perché ci avete condotto fin qui?» Miriam prese la parola, stupendo Ludwig, visto che era rimasta per tutto il tempo in silenzio.
«Giusto, vi ho prelevati da lì senza neanche dirvi il motivo.»
Il colonnello sembrava pronto per dare una spiegazione ai due, quando l'irruzione di
Tunja, la moglie di Elger, li distrasse inevitabilmente con un:
«Colonnello!» Le mani sui fianchi, sembrava attendesse di sapere cosa stesse accadendo dentro casa sua e perché suo marito fosse l'unico a conoscenza di tutto ciò.
«Certo, Madame» le sorrise, avanzando di un passo e guardando Elger che, con uno sguardo più che eloquente, sembrava volesse persuaderlo dall'essere sarcastico e più incisivo, concreto.
«Loro sono due miei conoscenti e vorrei chiedervi la cortesia di nasconderli qui.»
«Nasconderli?» chiese Tunja in un momento di stupore. «Non saranno per caso ebrei?»
Il silenzio calò nella stanza e lo sguardo colpevole di Aleph le tolse subito il dubbio, tanto che si voltò furibonda verso il marito. «Tu c'entri in questa storia, vero?»
Elger fece spallucce. «Certo, chi credi che abbia fatto i documenti falsi per le loro nuove identità?»
Tunja si portò una mano alla testa per massaggiarsi una tempia; tutto quello stress le aveva fatto venire un'improvvisa emicrania.
Aleph era sorpreso: non si sarebbe mai aspettato che Ludwig potesse arrivare fino a quel punto. E Miriam era incerta sui propri sentimenti, non sapeva se essergli riconoscente oppure no. Ma forse una fuga da quel quartiere avrebbe giovato loro, considerando le nuovi leggi in vigore.
«Non se ne parla» sentenziò Tunja. «Non voglio finire fucilata per nascondere persone che non conosco.» Si grattò appena la testa per il nervoso. «Elger, hai idea di quello che fanno a chi nasconde fuorilegge?»
A quel punto, guardò Ludwig. Non perché avesse timore di sua moglie, ma perché gli aveva assicurato di avere un piano, di aver escogitato qualcosa che l'avrebbe convinta a farli restare.
«Ascoltatemi, Madame...» Ludwig fece qualche passo nella sua direzione, «Non correrete nessun rischio. Ho fatto fare a Elger dei documenti falsi, praticamente hanno delle nuove identità e mi sono assicurato personalmente di cercare persone irrintracciabili e che non avessero discendenze ebraiche, proprio per evitare qualsiasi tipo di fastidio».
Lei sembrava curiosa, voleva sapere fin quanto la sua mente si era spinta per portarli fino a lì e sopratutto cosa avrebbe ottenuto in cambio.
«Chi pensa alle loro spese?» chiese lei considerando che non navigavano nell'oro. Ma Ludwig aveva pensato anche a quello. «Non ho detto che sarebbero stati qui gratuitamente. Per i loro beni superflui penserò io: sia per Aleph che per Miriam.» Probabilmente quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe potuto pronunciare i loro nomi così liberamente. «Quanto per il vitto e l'alloggio, Miriam potrebbe aiutarvi in casa e Aleph potrebbe fare delle commissioni per vostro marito; ma come ho detto prima, per qualsiasi cosa serva, posso pensare a tutto io. Quindi non esitate a
chiedere».
Tunja sospirò, le sembrava tutto studiato così linearmente da non poter obiettare; e sopratutto il suo buon cuore, alla fine, glielo avrebbe impedito.
Ludwig estrasse dalla giacca i documenti nuovi, nonché falsi, e li distribuì ai due.
«Aleph questo è per te. Mi raccomando, sta' attento e nascondi i tuoi veri documenti, fa in modo che non li trovino. Da oggi sarai Mathias Klein.»
Lui guardò i documenti e annuì alla volta di Ludwig. Gli sembravano davvero ben fatti e curati.
«Grazie Ludwig e grazie anche a voi, Elger» disse, voltandosi nella sua direzione.
«Oh, non devi ringraziarmi: ho fatto solo il mio lavoro; e anche ben pagato, questa volta.» Sorrise all'indirizzo di Aleph. «Ludwig ha insisto tanto.» Lo sguardo gelido di sua moglie lo raggiunse.
«Perché, non volevi nemmeno farti pagare?» chiese lei.
«Gli amici non si fanno pagare, e praticamente conosco Ludwig da quasi trent'anni.»
Tunja, spazientita, tacque per evitare altre seccature. Così attese che Ludwig desse il documento anche alla donna.
«Miriam da oggi voi sarete Lisa Klein. Qualora vi chiedessero il vostro cognome da signorina, sappiate che è Meier. Tutto chiaro?»
La donna annuì, prendendo in mano la documentazione, e disse: «Vi ringrazio, Herr Dubois. Cercheremo di chiedervi il meno possibile» Cominciava ad avere dei dubbi. Non comprendeva perché quell'uomo stesse facendo di tutto per loro. All'inizio aveva quasi compreso il visto per Aleph, ma rischiare così tanto per due sconosciuti le sembrava davvero assurdo.
Più tardi, probabilmente, avrebbe indagato, chiedendo a suo figlio qualche informazione per saperne di più; così si disse. Non sospettava, di certo, che tra i due ci fosse una qualche relazione.
«Signora Klein...» Tunja la chiamò, adattandosi subito ai nuovi nomi.
«Ditemi» si voltò e le sorrise appena.
«Seguitemi, così vi mostrerò quali sono la stanza per voi e per vostro figlio.»
Miriam la seguì, lasciando Aleph e gli altri nel salotto.
«Ascoltami...» Ludwig poggiò una mano sulla spalla di Aleph, che sussultò leggermente ritornando a guardarlo.
«Puoi venirmi a trovare quando vuoi. Se non sono in casa e vuoi aspettarmi, ti farà entrare mio fratello, perciò comportati come meglio credi. Ti chiedo solo di stare attento agli orari in cui esci, e cerca di dare nell'occhio il meno possibile. Cosa più importante: non dimenticare mai i tuoi nuovi documenti, intesi?»
A quelle parole annuì. Avrebbe voluto baciarlo, ancora memore di quel giorno in biblioteca, ma la presenza di Elger lo metteva in soggezione e, timidamente, si congedò, raggiunse le due donne.
«Così è lui il ragazzetto...» Elger diede un colpetto con il gomito contro il fianco di
Ludwig, punzecchiandolo.
«Già, bellino non trovi?» Sapeva che con il suo amico poteva parlare liberamente.
«Sì, abbastanza» disse per innervosirlo; in fondo sapeva quanto Ludwig detestasse essere contraddetto.
«Li affido a te» aggiunse lui, cambiando discorso e tornando serio.
«Non ti preoccupare, amico mio, come d'accordo li terrò al sicuro. E per qualsiasi cosa passa pure a trovarmi nel mio ufficio.»
Lasciò andare Ludwig dopo essersi accertato che tutto procedesse per il meglio.
Il colonnello si chiuse la porta dietro le spalle, abbandonandosi a un sospiro di sollievo. Doveva tenere duro almeno fino a casa sua, dove sarebbe stato del tutto al sicuro.
Gli mancava da fare un'ultima cosa però, così si disse: avrebbe dovuto scrivere un'altra lettera non appena messo piede in casa. Cominciava a pensare che lui e suo fratello non bastavano più per gestire tutto quanto.
Ludwig ha fatto proprio una mossa azzardata! Non si sa chi la combina più grossa se lui o Silas. Ma comunque per adesso sembra andato tutto bene ù.ù
Stellinate se vi è piaciuto, per favooooore vi regalo zuccherini!
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