Capitolo 16

Ahimé! Ah vita! Di queste domande che ricorrono,
degli infiniti cortei senza fede, di città piene

di sciocchi,

di me stesso che sempre mi rimprovero (perché chi più
sciocco di me e chi più senza fede?)

Di occhi che invano bramano la luce, di meschini scopi,
della battaglia sempre rinnovata,

dei poveri risultati di tutto, della folla che vedo sordida
camminare a fatica attorno a me,

dei vuoti e inutili anni degli altri, io con gli altri legato,
in tanti nodi,

la domanda è, ahimé, la domanda così triste che ricorre –
Che cosa c'è di buono in tutto questo, ahimé, ah vita!
[...]

(W. Whitman)


In quella casa era ormai calato il silenzio. La morte di Regan aveva scosso un po' tutti, chi più e chi meno, ma nessuno osava pronunciare una parola, né tantomeno il suo nome.

Ludwig non era un tipo loquace, non uno di quelli che iniziava una conversazione senza un vero e proprio motivo, tant'è che spesso e volentieri parlava solo quando era necessario.

Lo stesso valeva per Salazar che, da quando era stato salvato dai suoi familiari, pareva sempre più assorto, avviluppato in chissà quale strano vortice mentale dove nessuno osava disturbarlo e dove non sentiva più nulla.

Quello che forse ne stava risentendo di più, a parte Ludwig ovviamente, era Silas, perché nonostante lei non fosse degna del titolo di madre, lui se l'era vista sottrarre all'improvviso. Fortunatamente, però, riusciva distrarsi; a tenerlo occupato, i vari impegni del movimento e della scuola.

Il problema era Ludwig che, incapace di esprimere il proprio dolore e troppo abituato a portarlo dentro di sé, continuava a rimuginarci sopra fino a incolparsi di quella morte come tutto il resto, senza pensare, almeno per una volta, che anche lui, forse, era stato vittima degli eventi.
Quelle personalità così diverse, eppure simili tra loro, avevano fatto in modo che il silenzio sopraggiungesse in casa, che la tensione si tagliasse con un coltello.

Ludwig era piuttosto nervoso e ormai cominciava a preoccuparsi anche per suo fratello. Erano giorni, o forse settimane, che gli aveva scritto; aveva perso il conto. Così la sua mente aveva preso a divagare sulle varie possibilità, sui motivi per i quali non aveva risposto: un'intercettazione della Gestapo, la quale aveva stracciato la lettera; un arresto, un malore, magari la sua morte improvvisa.

Tutti quei pensieri lo portarono a sospirare. Dopo essersi ravvivato i capelli, si massaggiò le tempie in un gesto automatico, quasi come se volesse esorcizzare ogni brutto pensiero.

«Sta' calmo...» si ripeteva tra sé e sé, sottovoce, ormai solo in casa; Silas era riuscito a trascinare Salazar a scuola nonostante fosse in uno stato catatonico, completamente ammutolito, perché non c'era cosa a cui riuscisse a dire di no quando guardava suo fratello o suo padre.

Era come se da un momento all'altro potesse sciogliersi, ma non per chissà quale gioia subita, no, semplicemente per la stanchezza mentale e la pesantezza fisica che andava accumulandosi.
«Voglio dormire...» mormorò a mezza bocca.

Non aveva chiuso occhio, sia per la morte di Regan, sia perché non poteva sottrarsi agli impegni lavorativi; le ronde erano sempre più pesanti, i pattugliamenti eseguiti in maniera ancora più meticolosa, e lui doveva mostrarsi sempre integerrimo davanti ai suoi uomini: nessuno doveva sospettare niente, tantomeno che avesse dei punti deboli.

Così, riusciva a esporre i suoi crucci e le sue volontà solo a sé stesso, quando magari era solo in casa e si ritrovava nel silenzio più totale, con la pace che lo avvolgeva e tutto sembrava assumere un'atmosfera più onirica.

Cominciava a maturare l'idea di riposarsi un poco: Aleph non doveva andare a casa sua, non quel giorno, i figli erano a scuola. Se non ci fossero state emergenze lavorative, avrebbe davvero potuto farlo, così si disse. Gli sembrava quasi che il karma gli stesse servendo una possibilità da afferrare, occasione che non si sarebbe più ripetuta, perciò si avviò verso la propria stanza, si tolse la giacca, le scarpe e si sdraiò sul letto.
A poco a poco il suo corpo cominciò a distendersi; lo sentiva molle e pesante allo stesso tempo. Chiuse gli occhi, le ciglia gli solleticavano appena le guance appena e le palpebre si facevano sempre più grevi. Col sonno che sembrava sopraggiungere, si sentì riscuotere dal brusco bussare alla porta.

«Mi chiedo chi diavolo sia adesso» si disse quasi retoricamente.

Così, spezzato l'incanto, si tirò su e si sistemò alla svelta, incamminandosi verso la porta. Non erano passati neanche dieci minuti da quando aveva lasciato la sala principale, che fu costretto a ritornarci; sembrava un complotto volto verso di lui, tanto che cominciò a chiedersi quale maledizione gravasse sulla sua famiglia.

Eppure, aprendo la porta, non poté fare altro che spalancare gli occhi. «Natthasol!» esclamò. «Finalmente sei arrivato, cominciavo davvero a preoccuparmi!» Si portò una mano al petto, sospirando di sollievo, felice di vederlo davanti a sé.
Con Natthasol non aveva bisogno di nascondere nulla, perché in fondo erano cresciuti insieme e a prescindere non avrebbe potuto celare nulla.

«Ludwig, non ti dovevi preoccupare in questo modo» gli disse, accarezzandogli il

viso con la mano ed entrando subito in casa. «Non ti ho risposto alla lettura, mi sono presentato direttamente qui, perché ho pensato fosse la soluzione giusta, considerato che le leggono tutte»

Ludwig gli sorrise, e gli baciò la guancia per salutarlo.

«Sei proprio mio fratello, davvero intelligente! E strategico sopratutto!» ironizzò facendo ridacchiare allegramente l'altro.

Natthasol sortiva in lui lo stesso effetto di Aleph, solo che il primo era suo fratello ed era più grande, quindi aveva maturato più esperienze di vita ed era cresciuto in altri contesti, mentre il secondo era un ragazzo che stava conquistando a poco a poco il suo cuore; tuttavia riuscivano entrambi a sanarlo un po'.

«Allora, perché mi hai chiamato? Dimmi tutto, Ludwig, perché di certo so che non mi hai fatto venire fino a qui da Dresda solo per vedermi. So che, in caso contrario, saresti venuto tu da me.»

Natthasol aveva uno sguardo davvero preoccupato, conosceva fin troppo bene suo fratello e vederlo, in qualche modo, trasandato lo fece quasi sussultare; forse, si disse, era davvero successo qualcosa di grave.

«La questione è lunga. Vieni, accomodati, così ti racconto» lo invitò Ludwig. Poi gli si avvicinò, gli tolse la giacca e l'appese all'attaccapanni finemente intarsiato, che era accanto alla porta.
Maledetto senza sonno, era stato comunque benedetto da una buona stella, perché con l'arrivo di suo fratello gli parve di perdere un peso dalle spalle.

«Vuoi bere qualcosa?» gli domandò Ludwig, immaginando che il viaggio lo avesse spossato un po'.

«No, Ludwig, grazie. Sono appena le nove di mattina, e poi sono agitato, voglio sapere che cosa è successo!» Gli puntò contro il suo sguardo blu e si rese subito conto di quanto fosse distrutto; a volte si chiedeva come facesse a essere ancora vivo, a stare ancora in piedi.

Ammonito in quel modo, Ludwig si accese una sigaretta. Lo sentì sospirare, così provò a giustificarsi con un: «Lo sai che quando sono nervoso devo fumare: mi devo concentrare, anche perché devo capire da che parte iniziare il racconto.»

Pochi potevano sentire parlare Ludwig a quel modo, vederlo così agitato seppur silentemente, e lui era uno di questi: suo fratello lo conosceva alla perfezione, ecco perché Ludwig si concedeva quel lusso.

«Va bene» acconsentì, poggiando il gomito sul bracciolo della poltrona in pelle. E non aggiunse altro, attese fin quando Ludwig non esordì a bruciapelo:

«Dunque, Regan stava letteralmente distruggendo i miei figli, perciò ho cercato di fare il possibile per tutti, anche per lei. C'è stato un evento spiacevole per Salazar...».
«Che evento?» lo interruppe.

«Un evento.»

La freddezza e la rabbia balenata negli occhi di Ludwig fecero intuire perfettamente cosa potesse essere accaduto al suo piccolo nipote, così si dispiacque e lo lasciò proseguire.

«A quel punto l'ho fatta internare. Ti ho scritto la lettera proprio perché avevo bisogno del tuo aiuto qui. Sono praticamente solo, sai bene che una domestica non reggerebbe, per cui eri l'unico di cui potevo fidarmi, con cui non sono costretto a fingere. Ho pensato che tu mi avresti potuto aiutare a gestire questa casa, che saresti stato in grado di stare al fianco dei miei figli, tuoi nipoti. Tutto questo prima che Regan morisse.»

Sentendo tutto quello, a Natthasol quasi non prese un colpo. «Certo, Ludwig, che ti aiuto! Non avresti neppure dovuto pensare il contrario.» Un sospiro e aggiunse: «Sono davvero dispiaciuto.» Il suo volto si contrasse in un'espressione affranta e lui, pregno di tormento, divenne quasi una tavolozza di emozioni. «Ma dimmi... come è successo?».

«Mi hanno spedito un telegramma proprio ieri per informarmi della sua morte: si è suicidata,»

Ludwig fece un tiro più lungo dalla sigaretta per poi espellere il fumo dalle narici. Lo assaporò profondamente, quasi volesse farsi del male, infine spense il mozzicone nel posacenere, che stanziava sul tavolino.

Gli occhi di Natthasol si colmarono di lacrime fino al punto da bagnargli le ciglia rossicce. E lui cercò di trattenerle, lo fece per il bene di suo fratello, perché sapeva quanto fosse sensibile. Tra l'altro non voleva mostrargli alcuna pietà; sostenerlo, stargli accanto, quello sì, ma non rendergli le cose ancora più difficili. «E i bimbi?» chiese.

Ludwig alzò un sopracciglio nel sentire la parola "bimbi". Era perplesso. «Bimbi?» echeggiò. «Silas sta per diventare padre...»

«Cosa?» Natthasol era decisamente sorpreso, non se lo sarebbe mai immaginato. Cominciava a comprendere i motivi di tanta impellenza, la necessità di averlo lì, in casa.

«Lasciamo stare: anche questa è una storia lunga.» Si accese un'altra sigaretta per raccontarla, e a Natthasol venne da ridere nel vedere suo fratello irritato a quel modo. Il crucciarsi del suo volto, il moto irritato per le cose che combinava Silas, chissà perché, lo facevano sorridere; in fondo, in quel momento riusciva a scorgere sul volto troppo spesso inespressivo tutto l'amore di un padre.

Qualche ora dopo, Ludwig lasciò in casa suo fratello, pregandolo di aspettare i suoi figli e di badare a loro, perché lui aveva una cosa urgente da sbrigare.

Da quando aveva baciato Aleph, lo sentiva sempre di più dentro di sé, dentro il suo cuore e la sua anima; così si mise a pensare a quale potesse essere il modo per portarlo via da quel quartiere, per cercare di farlo scampare a una cattura certa o a una

morte precoce: non avrebbe retto a una simile cosa, non più.

Durante i giorni passati aveva fatto delle ricerche per trovare due identità fittizie da cucire a pennello su Aleph e Miriam, e l'occasione era arrivata quando, al quartier generale, aveva avuto modo di trafugare i documenti di una donna ariana ormai data per dispersa e suo figlio, disperso con lei.

Aveva soltanto bisogno di Elger, il suo amico falsario, per portare a compimento il piano che aveva ideato. Così, ripercorrendo la stessa via che aveva fatto per far fare ad Aleph il visto falso, entrò in quel negozietto che lo avrebbe condotto al loculo sotterraneo dove Elger si nascondeva per lavorare.

Ogni volta, quel posto gli sembrava sempre più buio.
Quando Elger, alla luce dell'unica lampada presente, vide un lembo della divisa, trasalì. Poi, però, capì di avere di fronte a sé solo Ludwig e si rilassò. «Mi hai fatto quasi prendere un colpo» gli disse per poi gettare ancora la testa sulle sue scartoffie.
«Lo so, di tanto in tanto faccio questo effetto.»

Con lui, Ludwig si permetteva di scherzare; Elger era un amico fidato e praticamente d'infanzia con il quale aveva condiviso molte cose, tra cui la scoperta di bordelli e oppierie.

«L'uomo ombroso», lo canzonò Elger, tirandosi finalmente su dalla sua postazione. Prese un panno per pulirsi le mani dall'inchiostro superfluo senza però riuscire a eliminare quello che si era incrostato sotto le unghie. Infine si lasciò andare a un sospirò amareggiato, quasi rassegnato. «Cosa ti serve questa volta?»

Ludwig tirò fuori dalla tasca i due fogli piegati, quelli che Elger avrebbe dovuto riprodurre alla perfezione: due copie, una che avrebbe riportato al quartier generale e l'altra da consegnare a loro. «Dovresti farmi due copie esatte di queste» disse, porgendogli i documenti.
Elger li prese in mano e trasalì nel constare cos'avesse per le mani. Si grattò appena la testa per manifestare tutta la sua perplessità e poi si rivolse a Ludwig con uno sfacciato: «Sei fottutamente impazzito, ammettilo.»

«E non è finita qui» aggiunse.

«Te ne approfitti, hai una faccia tosta e te ne approfitti» lo canzonò Elger, aspettando poi di ascoltare cos'altro avesse da dirgli.

«Questi documenti, come hai ben capito, li devo dare ad Aleph e sua madre per portarli fuori dal loro quartiere.»

«Dunque?» incalzò.

«Dunque avranno bisogno di stare da qualche parte. A casa mia non li posso portare, quindi pensavo alla tua.»

«Tu vuoi farmi castrare da mia moglie e poi far sì che getti tutto in pasto ai cani» si lamentò.

«Con i tuoi documenti, nessuno sospetterà nulla» proseguì Ludwig.

«Non adularmi, non attacca, tanto sai che il favore te lo farei comunque... Ma a una

condizione.»

«Sentiamo.»

«Dopo che avrai prelevato la signora e suo figlio, tu stesso li porterai a casa mia e qualora io non riuscissi a convincere mia moglie, sappi che dovrai intervenire tu, altrimenti non se ne fa niente, perché so già che ci litigherò.»

Ludwig sospirò, annuendo con la testa per accettare; cominciava a non sopportare più le donne, o forse era solo troppo preso da Aleph. «Ce la fai a farli entro un paio di giorni?» gli chiese, sperando che potesse accontentarlo.

«Ci provo, Ludwig, ma non ti assicuro niente» disse. «Posso provare a restare di più in negozio, ma lo sai anche tu che una volta scattato il copri fuoco devo rientrare.»
«Sì, lo so. Fai quello che puoi fare, e questa volta non voglio sentire storie: ti darò il compenso che meriti.»

«Ludwig...» Elger era esasperato.

«Non voglio sentire storie» sentenziò perentorio.

Lasciò Elger nel suo loculo per ripercorrere la strada di casa; doveva verificare altre cose e pianificare un modo per portare via i suoi cari da quel quartiere: le persone di cui preoccuparsi, a poco a poco, sarebbero aumentate sempre di più.

Ebbene un nuovo personaggio ha fatto la sua comparsa! Cosa ve ne pare del fratello di Ludwig? Scrivetemelo con un commento e se la storia vi piace lasciate una stellina ù.ù

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