Capitolo 14 (prima parte)


Non avere un Dio

non avere una tomba

non avere nulla di fermo

ma solo cose vive che sfuggono -
essere senza ieri

essere senza domani

ed acciecarsi nel nulla -

- aiuto -

per la miseria

che non ha fine -
(A. Pozzi)


«Devi sapere, papà, che quello che sto per dirti è accaduto prima che tu mi concedessi di nuovo la tua fiducia.» Silas non faceva che bisbigliare quelle parole. Se ne stava davanti la porta di casa, facendo avanti indietro sul grande zerbino e consumando la suola delle scarpe; ma era la collera che temeva, non di certo comprarne un paio nuove.
D'un tratto prese un bel respiro e si fece coraggio, poggiò la mano sulla maniglia, ed entrò in casa, si portò dietro tutta l'angoscia che aveva dentro, cominciando a tormentarsi le mani.

Silas sperava di aver preso la scelta giusta, che suo padre lo avrebbe sostenuto e, sopratutto, non odiato.

«Ciao, sei tornato presto» disse Ludwig, che sedeva su una poltrona in salotto. Stava fumando e, fino a poco prima dell'arrivo di Silas, era intento nella lettura di un romanzo.
«Sì, so che stasera devi andare a cena fuori, così sono tornato prima: non voglio lasciare Salazar da solo troppo a lungo.»

Era vero, del resto aveva detto anche a Lothar di vedersi lì, in casa, e poi aveva urgentemente bisogno di togliersi quel magone, di confessare la notizia.

Ludwig non rispose, si limitò ad annuire mentre chiudeva il libro e lo riponeva sul mobiletto accanto alla poltrona.

«Papà, ti devo dire una cosa.» Ancora una volta, stava usando le sue mani come anti-

stress; e Ludwig captò subito quella nota di agitazione.

«Siediti e dimmi.» Spegnendo la sigaretta nel posacenere, non fece che emettere imperativi per poi riportare lo sguardo su suo figlio.

«Credo che tu stia fumando un po' troppo, papà.»

«Forse, perché qualcuno mi da parecchio da pensare.» Guardò Silas abbastanza eloquentemente da fargli capire che si riferiva a lui, aggravando la sua ansia e il groppo che aveva in gola.
Silas, dal canto suo, aveva una paura folle; più di perdere un altro legame che della situazione in sé.
«Lasciamo stare» riprese Ludwig. «Piuttosto, dimmi quello che mi devi dire.» Era parecchio nervoso, ma non ce l'aveva con suo figlio; sapeva già cosa gli aspettava a casa Ritcher e, purtroppo, non amava stare in compagnia di certa gente.

«Devi sapere, papà, che quello che sto per dirti è accaduto prima che tu mi dicessi che ti fidavi di me» disse tutto d'un fiato, esattamente come aveva stabilito fuori dalla porta di casa.

Lui alzò un sopracciglio con perplessità, non aspettandosi di certo un'apertura del genere. «Questo cosa centra?» Lo interruppe. Era costume di Ludwig mettere subito i puntini sulle "i" prima di qualsiasi altro discorso. «Anche dopo il tuo arresto, mi sono sempre fidato di te e solo per farti capire il valore della mia fiducia.» Lo guardò serio, aspettandosi di tutto, sapendo che Silas stesse per sganciare una delle sue bombe.
«Ecco...» riprese Silas, cercando di trovare il coraggio da qualche parte. Si disse che doveva farcela: se non riusciva ad affrontare suo padre, come avrebbe potuto capeggiare una rivolta? «Oggi sono stato a casa di una ragazza, una che conosco da un po'.» Fece una pausa. «Questa fanciulla, mi ha detto di essere incinta.» Aveva sputato il rospo, mentre Ludwig strabuzzava gli occhi sgomento.

«Non ci credo... » sussurrò a sé stesso, sconvolto dalla notizia. Prese un bel respiro, cercando di ritrovare gli ultimi residui di calma nascosti chissà dove, e poi iniziò a parlare. «Quindi, mi stai dicendo che frequenti una ragazza da un po' e che costei è incinta» ripeté, più per essere chiaro che per altro, considerando il fatto che doveva ancora accettare la cosa.

Silas annuì, lasciando che il padre continuasse a parlare:

«E chi sarebbe questa signorina?»

Visibilmente agitato, si disse che avrebbe dovuto affrontare la parte più complicata. «Si chiama Rose e fa la ballerina in un night.» Abbassò lo sguardo, temendo la reazione di Ludwig; e lui, colto da una qualche rabbia improvvisa, si passò una mano sul volto per poi tirare i capelli indietro.

«Come fai a essere sicuro che sia tuo?»

«Se dovessi ascoltare le sue parole, dovrei esserne sicuro, ma non sono stupido papà: c'è la possibilità che lei mi stia prendendo in giro. È solo che non voglio vivere con questo

rimorso.»

Silas era visibilmente scosso, così si disse Ludwig, perciò si sentì in dovere di restare in silenzio per lasciarlo continuare.

«Lei se ne sarebbe sbarazzata. Se io non l'avessi convinta del contrario, sono certo che lo avrebbe fatto.» Sperava che, con quelle parole, avrebbe potuto coinvolgere Ludwig – o quantomeno spingerlo ad ascoltarlo e a sostenerlo – perché sapeva che anche lui non avrebbe mai tolto la vita a un bambino che sarebbe potuto essere proprio.

«Capisco. E come avresti fatto a dissuaderla?» gli domandò a quel punto, curioso, non sapendo cosa avesse escogitato suo figlio.

«Le ho promesso un'intingente somma di denaro; c'è un patto: lei porta a termine la gravidanza, mi da il bambino, e io le do i soldi in modo che possa espatriare e andare altrove» confessò infine, sentendosi libero.

Ludwig sospirò pesantemente. Era stanco, esausto, conscio che, ancora una volta, suo figlio aveva agito senza alcun permesso. «Credo che, prima di permetterti di dare delle certezze a una donna che neanche conosco, tu ne avresti dovuto parlare con me» disse, facendosi più serio in volto. Il tono deciso, l'espressione marcata.

«Lo so, papà, ma...» cercò di giustificarsi, venendo subito interrotto da Ludwig con un:
«Nessun ma. Hai sbagliato a non parlarne prima con me. Non credo che avrebbe potuto abortire in un giorno.» Si accese un'altra sigaretta per far fluire via i suoi nervi, che sembravano proprio non volerlo abbandonare.

«Ringrazia qualsiasi dio tu voglia che è una semplice ballerina, sennò te l'avrei fatta sposare...» proseguì. «Ormai hai dato la tua parola e se non ti dico di fare nulla è per il bene di una creatura che, probabilmente, avrà il nostro stesso sangue.»

Silas gli sorrise appena, nonostante suo padre lo stesse sgridando. Riusciva a comprenderlo, a capire le sue parole, e si disse che non avrebbe di certo obiettato. Perciò, quando lo vide alzarsi dalla sua postazione, scattò in piedi per abbracciarlo. Ludwig, però, lo fermò con una mano; era arrabbiato e voleva a tutti i costi che suo figlio imparasse la lezione: non sempre, se comprendeva o giustificava un gesto, poteva essere accomodante. Era bene che Silas capisse il peso delle sue azioni e delle sue parole, anche se questo costava caro all'animo di Ludwig.

«Adesso devo andare. Mi aspettano a casa Ritcher per la cena. Non so quando tornerò, ma mi auguro che tu, stasera, te ne stia a casa...»

Era ovvio che stesse facendo riferimento all'affissione dei manifesti o alle sue avventure notturne.

«Perciò bada a tuo fratello e non darmi altre preoccupazioni.» Finì di raccomandarsi mentre indossava il pesante cappotto della divisa. «Poi penserò anche a come sistemare le sorti del bambino.» Detto ciò, Ludwig si diresse verso la porta di casa. Non salutò Silas, né tantomeno gli rivolse altre parole: era stanco del suo atteggiamento, ma soprattutto arrabbiato con sé stesso, ferocemente, perché si stava rendendo conto di non

essere stato abbastanza tempo con suo figlio – almeno quanto bastasse per insegnargli determinate cose.

«Qual è la categoria che voi detestate di più?» Lida proruppe nel bel mezzo della cena con quella domanda, rivolgendosi al padrone di casa: Huge Ritcher.

«Sicuramente gli omosessuali e gli ebrei.» Rispose l'interrogato con un sorrisetto, mentre Agnes quasi non si strozzò per la sua risposta; sapeva che suo marito fosse un'ipocrita, ma non immaginava fino a quel punto.

Ludwig dal canto suo, si stava limitando a osservare i commensali mentre accendeva una sigaretta: aveva scoperto nel fumo un nemico vitale per la sua resistenza. Era stato incastrato in quella cena, invitato da quei due che si ritenevano i suoi amici – Wolf e Ritcher – tuttavia non c'era feccia peggiore per lui.

Quella cena era una beffa, tutti avrebbero fatto sfoggio delle loro migliori maschere, nascondendosi dietro di queste per salvaguardarsi – Ludwig compreso.

«Sono fiera di voi, trovo che abbiate risposto come solo un vero salvatore della patria avrebbe fatto.» La donna si portò la forchetta alla bocca, degustando soddisfatta, il pezzetto di carne di capriolo ai mirtilli che Ghertrude aveva preparato.

Friederich, dal canto suo, era rimasto attonito dai discorsi di sua madre, ritrovandosi a guardare Franz che, situato alle spalle di Ludwig, lo aveva accompagnato in territorio nemico.

«Non mi pare che la priorità del Reich siano gli omosessuali, signora, quanto più scovare i disertori.» Il colonnello si intromise nel discorso, visto il voltastomaco che certe argomentazioni gli suscitavano.

Ludwig si era poggiato contro lo schienale della sedia, come se, finalmente, fosse pronto a parlare di certe cose. Fumava lentamente la sua sigaretta, muovendosi leggiadro con essa, portandola alle labbra per tirare il fumo e poi lasciarlo defluire dalle narici e dalla bocca. Compiva gesti eleganti e lenti, come se volesse impartire a sé e agli altri una certa sicurezza.

«Voi credete?» domandò lei, perplessa. Non immaginava che un uomo del genere potesse asserire una cosa simile.

«Sì, credo» rispose Ludwig, convinto delle sue parole, mentre nella sua testa, cominciava a prendere forma tutto il discorso. «Perché, pensateci bene...» Sorseggiò un po' del vino rosso che Huge aveva gentilmente offerto ai suoi ospiti – ne aveva decisamente bisogno per sciogliersi un po', affinché tutto gli fosse più semplice; ed era certo che non gli sarebbe bastato qualche bicchiere per fargli perdere la ragione. «La patria deve essere protetta dai disertori. Questi sono il vero pericolo per il popolo e per il partito, oltre agli erebi, ovvio. Quanto agli omosessuali, questi possono essere temuti più per la morale che per altro.»

Agnes lo guardava, constatando che ci fosse una forza attraente in lui – un po' come

quella che muoveva la gente a seguire lei e Silas – probabilmente del carisma; ma lui era così diverso da suo figlio, lui non si lasciava intimorire. Anzi, riusciva a dire ciò che pensava, aggirando la realtà dei fatti e proponendogliela in maniera che questi lo ritenessero del tutto innocente.

«Resta il fatto che il nostro Fuhrer ha detto chiaro e tondo cosa pensa a riguardo.» La rossa lo guardava attentamente, ne era attratta – ne era sempre stata attratta – per questo non era già andata su tutte le furie per essere stata contraddetta.

Suo marito e il padrone di casa si divertivano nel vedere una donna destreggiarsi in quei discorsi, quasi ritenendola ridicola per il fatto che lei si credesse intelligente.

«È vero, il Fuhrer ha dato disposizione di arrestare chiunque desse certi segni, ma è una legge che è stata ampliata soltanto nel 1935, sebbene fosse già un crimine prima ancora che il nostro cancelliere diventasse tale.» Forse si stava esponendo un po' troppo, ma al massimo poteva dare colpa al vino. «Poiché amo follemente la patria, penso che sarebbe bene arrestare ogni tipo di sovvertitore e poi pensare al paragrafo 175.» Spense la sigaretta ormai arrivata al limite. «Un comunista può far diventare altre persone tali, può dissuaderle dalla vera razza, dalla vera politica, per la quale noi lottiamo e lavoriamo tutti i giorni. Un invertito, invece, nasce come tale e, prima di convertire qualcun altro, ci vorrebbe del tempo; noi avremmo sia quello per arrestare il comunista, sia quello per arrestare l'invertito. Quanto agli ebrei, quelli si riconoscono subito... non serve tempo, ma solo azione.»

Huge era ammirato dalle parole di Ludwig, fiero di averlo come suo simile, ariano, convinto che l'altro fosse un vero sostenitore del Nazismo.

Franz, lo aveva ascoltato e anche lui ammirava Ludwig, ma non tanto per quello che aveva detto, quanto più per come aveva saputo gestire quella situazione; in fondo, lui non sapeva esattamente come la pensava al riguardo. Era certo del fatto che, se lo avesse seguito e ascoltato più spesso, anche lui, presto o tardi, avrebbe imparato meglio a destreggiarsi con tutti i suoi superiori.

Di tanto in tanto, mentre il colonnello teneva quel discorso, Franz lanciava languiti sguardi a Friederich. Nonostante fossero fugaci, questi lo incendiavano, riuscendo a spogliarlo con gli occhi al punto che il biondo abbassava lo sguardo imbarazzato.

«Voi eravate un retorico in una vostra vista precedente?» chiese la donna, stizzita per come era riuscito a metterla a tacere; e lui, invece, era troppo disgustato dalle parole di quella frivola sgualdrina – caratteristica per la quale mai l'avrebbe fatta apparire bella ai suoi occhi.

Ludwig rise appena.

«Cosa ci trovate di divertente?» domandò lei, mentre la sua espressione mutava in una sorta di sgomento, sapendo che l'altro la stava deridendo davanti a tutti, soprattutto in presenza di suo marito e di suo figlio.

«Non so se lo sono stato o meno, ma le discendenze della mia famiglia risalgono al

tempo dell'antica Roma. Sapete, il mio più antico avo ha combattuto contro l'invasione barbarica, prima che l'Impero romano cadesse, mentre io mi sono ritrovato tedesco e militare, forse il karma sta facendo il suo corso.» Asserì lui, guardandola seducente, come se volesse dargli un po' d'importanza, giusto per giocare con quella donna che tanto si divertiva a fargli da cagnolino.

«Vi siete pentito del vostro stato attuale?» chiese il marito di lei, puntando i gomiti sul tavolo e posizionando le mani sotto al mento.

«Nient'affatto, il karma non ha punito me, ma il mio avo, io sono nato qui per liberarlo dal suo peccato, come se fossi una sorta di Eva che libera dall'onta l'altro per aver combattuto contro un popolo glorioso come il nostro già ai tempi.»

«Oh, Ludwig, suvvia. Non siate così rigido nei confronti dei vostri antenati, in fondo anche l'Impero romano è stato magnifico, solo che noi ne abbiamo saputo prendere il possesso.» Sul volto del capofamiglia Wolf si dipinse un sorrisino beffardo e soddisfatto per la storia che gli aveva appena raccontato.

«Avete ragione... » Sorrise appena, forse con un velo d'amarezza, perché stava compatendo sé stesso; non avrebbe mai raccontato tutto ciò, considerando le sue origini romane e italiane.

«Come si chiamava il vostro avo, Ludwig?» chiese lei mentre lo osservava in tutto il suo splendore.

«Eligor, meine dame Lida.» Chiamandola "mia signora", quasi la face avvampare; ma avendo le guance coperte di lentiggini, il rossore si mimetizzò tra di esse.

«Non ha per caso origini medio-orientali?» domandò curiosa e quasi titubante per aver puntato il dito su qualcosa che avrebbe potuto mettere in cattiva luce il colonnello.
«Forse, ma non si sa con certezza. Probabilmente, a suo tempo, suo padre avrà conquistato Israele, la Palestina, e più ancora la Persia. Sarà stato lì come governatore e avrà preso spunto per il suo nome.» Ludwig riuscì a districarsi bene da quel discorso, sapendo già in origine come uscirne. «Se temete che in me possa esserci antico sangue semita, oppure qualcuno di questa religione nella mia discendenza, vi prego di non preoccuparvi: sono certo che i miei avi sono stati tutti contrari a quel tipo di religione.»
Tutti lo stavano ascoltando, aveva catalizzato l'attenzione su di sé in maniera eccellente, e forse Agnes cominciava a vedere i punti in comune tra lui e suo figlio; l'unica differenza era che Ludwig aveva l'esperienza e la sofferenza di un uomo di quarant'anni, mentre Silas solo il piccolo bagaglio emotivo che, per quanto intenso potesse essere, era pur sempre quello di un quindicenne.

«Oh, menomale, Ludwig, mi ero quasi preoccupata!» disse Lida, sospirando e portandosi la mano al petto per fingere quella frivolezza che tutte le moglie degli ufficiali dovevano mostrare – come fossero bambole al loro seguito.

«Ludwig, toglietemi una curiosità... voi che studi avete conseguito?» Fu Huge a spingersi a chiamarlo per nome, senza l'appellativo che gli era dovuto; dopotutto era un alto ufficiale, nonché sinceramente ammirato dal suo atteggiamento e dalla sua sicura parlantina. Per certi versi si sentiva inferiore, e questo non poteva permetterselo, perciò dovette accettarsi del suo titolo di studio.

«Legge» disse solamente, sorridendo al suo indirizzo.

«Mi compiaccio, si intende perfettamente tutta la vostra arte oratoria.» Huge aveva svelato il mistero di tanta affilata e astuta loquacità, così poté sentirsi meno a disagio dinnanzi a lui.

«Mi sembra ovvio che un uomo come lui abbia studiato legge, sennò non potrebbe coprire la carica che lo concerne.» Lida si era sporta troppo, probabilmente, ma sentiva dentro di sé come se dovesse spingerlo sempre più su, verso quel piedistallo di immisurabile altezza.

«Mi lusingate, meine dame Lida.» La chiamò ancora così. Sapeva che se avesse fatto anche un solo altro gesto, la donna non avrebbe mai sospettato di lui in nessun caso.
«No, Herr Dubois, dico solo la verità.» Asserì lei, guardando poi suo marito che l'aveva appena ammonita con lo sguardo per farle intendere che forse stava esagerando con la sua spensieratezza.

«Indosso questa divisa semplicemente perché sono un eroe di guerra.»

Cosa che non erano gli altri due uomini presenti.

«Veramente, Herr Dubois? Potete raccontare?» domandò curiosa lei, mentre suo marito meditava percosse come punizione per la sua sfacciataggine.

«Ho salvato la vita a un mio compagno di plotone durante la guerra di Caporetto, per questo ho ricevuto la medaglia rappresentante la più altra carica d'onore.» Fu sbrigativo nel raccontare la vicenda. Aveva perso molti amici in battaglia e non gli faceva piacere ricordare, specie perché quel racconto lo faceva diventare davvero malinconico.

«Oh, veramente? Ma allora siete un eroe!» Quella donna frivola e crudele era quasi irriconoscibile ora che pendeva dalle labbra di Ludwig.

Suo marito si alzò dal tavolo e lo stesso Friederich fece lo stesso, dirigendosi verso la cucina.

«Herr Jagermann, vi dispiacerebbe seguire e badare a mio figlio?» Lida aveva porto quella domanda a Franz che, sorridendo sornione, fece un inchino.

«È un onore per me Dame.» Si allontanò dal tavolo, quindi, per raggiungere la cucina.

«Il vostro sottoposto è davvero molto diligente e obbediente, Ludwig» disse lei in una confidenza, ora che al tavolo erano soli, dopo che anche Huge e Agnes si erano allontanati un attimo.

«Oh, sì, mia cara Lida. Non permetterebbe mai che succedesse qualcosa a un figlio del Reich, soprattutto se prezioso come Friederich. Baderà a lui anche a costo della sua vita, ne sono certo.» Quasi gli venne da ridere, visto che conosceva tutte le ragnatele celate

dai due ragazzi.

Con il discorso di prima aveva solamente voluto tutelarli, considerato il terrore che era apparso negli occhi del più piccolo, affinché sua madre potesse cambiare parzialmente idea.

Al suo ritorno avrebbe messo al corrente Silas di ogni pericolo, visto che proprio lui era un sovversivo comunista.

«Vostra moglie come sta?» domandò lei, curiosa di sondare il terreno.

«Purtroppo sono stato costretto a ricoverarla a causa di un suo crollo nervoso – povera donna.» A volte si faceva disgusto da solo per quanto fosse abile a mentire, per quanto manipolatore sapesse essere.

«Vostro marito?» chiese di rimando, avendo intuito le intenzioni della donna che, amareggiata, abbassò subito lo sguardo per poi risollevarlo. «A me sembra in splendida forma.»

«Scoppia di salute, infatti.»
Avrebbe aggiunto volentieri un "purtroppo".
Perfino Ludwig si sarebbe spinto a dire "L'erba cattiva non muore mai".

Eccolo! Dopo ere finalmente sono riuscita a caricare il nuovo capitolo. Fanciullini e fanciulline, mi raccomando, fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto ;) con una stellina o un commento, come vi aggrada di più ù.ù

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