2 - I Wanna Riot

Canzone: White Riot, The Clash.

Sono una ragazza arrabbiata. E quando mi arrabbio, divento violenta.

Mi chiamo Stephanie Rose, ho 17 anni ed abito a Londra. Meglio dire quel conglomerato di spazzatura e stupidi uomini in giacca e cravatta che vanno e vengono dai loro uffici lindi, puliti e con le foto delle loro mogli snob sulla scrivania, ma lasciamo perdere.

La zona dove vivo è un quartiere residenziale, con i vasi di fiorellini sui davanzali dei balconi e il campanello dorato. Certo, io e i miei amici abbiamo preso a sassate qualche finestra, ma rimane comunque un bel posticino dove vivere sereni.

Abito con due amici: uno di loro, Anthony, è uno spacciatore di lunga data, Jean invece lavora in uno di quei locali infernali a cui agli uomini piace tanto andare. Entrambi sono ottimi coinquilini; pagano l'affitto in tempo e adoro stare con loro. Ci piace la stessa musica, ci piace l'anarchia e la violenza e quando si tratta di mettere a ferro e fuoco la città siamo sempre in sintonia.

Il giorno in cui comincia il mio racconto è una giornata davvero fortunata: abbiamo guadagnato di più del solito, Anthony e Jean con i loro sordidi lavoretti, ed io consegnando il latte alla mattina presto. "Che ci facciamo con questi bigliettoni?" Avevo domandato, impaziente di sperperarli in qualcosa di divertente e il più possibile confusionario.

"Ci possiamo comprare una Ibanez o una Mosrite" aveva proposto la mia amica, che suonava in un piccolo gruppo punk, i West Objective. Pareva un'idea eccellente, nel negozio all'angolo della strada vendevano strumenti a prezzi incredibilmente bassi. Diedi il mio consenso e così fece anche il biondo spacciatore, anche se non pareva del tutto convinto.

"Va bene, ma andate voi a sceglierla" Avevo urlato io, mentre entrambi tornavano a lavoro. "E quando rientrate non fate casini!"
Circa sei ore dopo, mentre tentavo di prendere sonno appollaiata sul nostro divano spellato, la porta si spalancò con un rumore infernale. Mi alzai di scatto, pronta a spaccare la testa a chiunque si fosse permesso di entrare in quel modo, quando mi accorsi che era solo Anthony con una ragazza. Era il brutto nel condividere pure il materasso dove si dormiva, ma ormai eravamo abituate.

Poco dopo entrò anche Jean, sorridente e stanca.
"Dove diavolo è la mia chitarra?!" Ruggii io, inviperita.

"Quale chitarra?" Chiese ingenua la rossa, mentre si accomodava sul divano. Cercai di trattenere la rabbia e non prenderla a botte con la catena che portavo appesa ai jeans strappati.

"La Ibanez o la Mosrite che dovevate comprare!!" Aggiunsi, sbuffando. Come facevano quei due a essere così stupidi, nonostante li avessi educati alla furbizia?

"Ah, non ci siamo passati" Spiegò noncurante la mia coinquilina. "Anthony si è preso una mia collega, ed è finita lì."

"Jean, non dirmi che l'ha pagata, la tua collega" Mi disperai. "Gli unici soldi che quel dannato aveva in tasca erano quelli della mia chitarra..."

Visibilmente imbarazzata, lei rimase muta, facendo trapelare la triste verità.
"Sai che fai adesso? Stacchi Ant e la tua amichetta, e andiamoci a prendere la chitarra con la forza!" Esclamai, tirandomi in piedi di colpo. Vicino alla porta c'era un martello, che afferrai. Jean nel frattempo spintonò l'altra ragazza fuori dalla porta e trascinò poi il nostro amico.

"Possibile che dovete sempre rovinare tutto?" Si lamentò, arruffandosi il ciuffo biondo.
"Certamente, se rovini tutto a noi" Dissi, consegnando il martello alla rossa. "Sapete che giorno è oggi?"

"Il 30 agosto 1976?" Domandò fasullo Anthony, accendendosi una sigaretta.

"Il carnevale di Notting Hill!" a Jean brillarono gli occhi cerchiati da mascara scuro. Finalmente avevano capito qualcosa del mio piano!

"Aspetta un momento" Il ragazzo mi trapassò con lo sguardo. "Vuoi dire che mentre i ragazzi del ghetto, i coloured, si divertono al carnevale di Notting, noi andremo a rubare una chitarra?

"È davvero incredibile che abbiate capito tutto" Conclusi sarcastica. "Ha davvero dell'incredibile."

"Oh, muori" Mi insultarono. "Beh, sarà meglio che ci prepariamo, fra poco inizierà la festa" Jean si allontanò verso il bagno, per darsi una sistemata prima di uscire.

Così, circa un'ora dopo eravamo pronti: tre punk arrabbiati con il mondo intero che sarebbero andati a fare un po' di casino.
Io avevo una camicia rossa, strappata e piena di spille da balia, insieme ad paio di jeans sempre completamente distrutti. In testa portavo una bandana rossa e nonostante il trucco pesante, mi ero disegnata due strisce nere sotto agli occhi, come un indiano che va in guerra.
Jean aveva delle calze a rete nere, un paio di anfibi con le zeppe, ed un vestitino fucsia e nero ornato da catenelle di ferro. Anche se aveva dei guanti da moto di pelle nera, si vedevano chiaramente le unghie laccate di rosso.
Anthony avrebbe spinto chiunque ragazza perbene ad allontanarsi: nonostante i capelli biondi lisciati col gel, indossava dei pantaloni di pelle nera, un giubbotto senza le maniche dello stesso materiale ma di colore verde militare, ed una serie tutta sua di spille, metallo e simboli anarchici.

Terminai di allacciarmi la catenella con il lucchetto al collo, un regalo di un ragazzo che bazzicava nella zona punk. Un tale di nome Sid Vicious. Anche a lui piacevano molto i Sex Pistols.

***
La serata era proseguita abbastanza bene. Eravamo rimasti in coda alla festante folla di giovani ragazzi, seguendo mano a mano il carnevale. Il nostro tempo era passato fumando e facendo la gara a chi le sparava più grosse con altre persone. Anthony era addirittura passato a prendere un po' delle sue merci per allietare ulteriormente la situazione.
Ad un certo punto, saranno state le 5 di mattina, uno di quei cops, quei poveri uomini senza una vita sociale, con la testa rivolta solo al lavoro e con una moglie che era stufa di loro, iniziò ad insultare un ragazzo.
Gli disse delle cose veramente orrende. E come non accadeva per noi londinesi bianchi, i coloured avevano un vero senso del gruppo. In breve iniziarono a rivoltarsi, i cops iniziarono a respingerli e a picchiare con i manganelli. L'odio nei loro volti si vedeva lontano un miglio. Di colpo sassi e sputi iniziarono a farsi sentire nelle strade. Di sfuggita mi parve di vedere Paul e Joe, due semplici casinari che avevano una band. Paul aveva appena lanciato un mattone contro un camioncino dei nostri antagonisti.

"Andiamo anche noi!" Gridò Jean, lanciando un paio di sassi. Anthony diede un martellata su un altro furgoncino, per poi consegnarmi l'arma.

"Dobbiamo fare quello per cui siamo venuti qui!" Strillò, trascinandoci fuori dalla ressa. Eravamo capitati in un vicolo strettissimo, traboccante di immondizia; l'unica fortuna era che non vi era nessuno. Corremmo per un paio di strade, cercando di nasconderci il più possibile dalla lotta che infuriava.

"Eccolo qui!" Dissi quasi bisbigliando. Un identico ghigno malefico era dipinto sui nostri tre volti.

Grazie al frastuono infernale, sollevai la mazza e distrussi la vetrina del negozio. Migliaia di piccole schegge di vetro caddero sul lastricato della viuzza e all'interno della bottega stessa. Jean si introdusse nel piccolo spazio che avevo creato, mentre Anthony rimase sull'entrata. Il proprietario lo conoscevamo bene: era certo che non c'era alcun tipo di allarme.

"Trovata!" Bisbigliò la rossa, sollevando una Mosrite bianca e nera. Ma in quel momento i nostri obiettivi erano decisamente più alti.

"Jean, molla la Mosrite" La invitò il biondo. "Prendi una Les Paul, quella nera laggiù."

"Sei uscito di testa??" Sbottò la ragazza, camminando chinata come per proteggere la chitarra. 

"Anthony ha ragione, ragiona con quel cavolo di cervello che madre natura ti ha fornito" Ribattei io "Già che siamo qui, tanto vale prenderci qualcosa di decente, no?"

Anthony annuì vigorosamente. "Muoviti!" Sibilò all'amica, mentre questa gli passava la Les Paul attraverso la vetrina. Le diede una mano ad uscire e se la mise a tracolla sulla schiena.

"Beh, ci conviene correre!"

Tornammo alla zona della rivolta, dove la pazza lotta ancora imperversava: veniva lanciato di tutti e la ferocia dei colpi era massacrante. Un cop mi afferrò per le maniche della camicia.

"Mollami!" Gridai divincolandomi, finché non riuscì ad assestargli una gomitata sul naso. Quello mi lasciò andare, e per concludere i miei compagni gli lanciarono contro un sasso enorme, che lui parò con il suo scudo protettivo. Nonostante tutto con una spallata di un altro tizio l'uomo cadde per terra.

"Andiamo a casa" Scossi la testa. "Questa non è rivolta per noi. Non facciamo parte di questo casino!" Gridai nel buio della notte.

Non ne facevamo parte. O perlomeno, avevamo solo rubato una Gibson Les Paul da un negozio di chitarre durante una rivolta violenta.

"Black man gotta lot a problems
But they don't mind throwing a brick
White people go to school
Where they teach you how to be thick [...]

All the power's in the hands
Of people rich enough to buy it"

White Riot, The Clash (1977)

◾Spazio Autrice◾

Anche oggi una nuova storia tratta da una canzone!
E stavolta si tratta di White Riot dei Clash, canzone che personalmente adoro.

Inizialmente avevo pensato ad Anarchy in the UK, ma la vicenda di Notting Hill mi ha costretto a portare i Clash. È carino il fatto che si vedano loro stessi durante la rivolta?

Comunque sì, se avete bisogno di una chitarra fate come loro, rubatela.

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