Parte 56
Avete a presente quando tornate a casa dopo avere passato tutta la giornata a lavorare, senza pause? E che il vostro corpo vi supplica il riposo?
È esattamente quello che mi sta succedendo.
Ho le ossa e muscoli che non riescono più a sorreggere il peso del mio corpo e quello della mia colpevolezza che fa il triplo di quello del mio ammasso di cellule.
Ma non posso lasciarmi andare, devo essere ancora per un po' forte.
Esco dall'ospedale per prendere aria.
Mi siedo sulla scalinata e lascio le mie lacrime colare.
Gli impedisco di andarsene, non si ricorda di quello che aveva detto?
Di quei "vivremo momenti migliori"?
Mi ricordo di quando cantavamo insieme in macchina.
Di quando l'ho rincontrato.
«Eccola!» gridano alcune persone, alzo lo sguardo e una marea di giornalisti corrono verso di me.
Mi alzo impaurita pronta per scappare ma mi hanno già circondata, con le loro telecamere.
«Signorina Ander, cosa può dirci dell'omicidio del signor Ian Smith?»
«È vero che Cederic Thomson è il responsabile?»
«E per l'affare dello stupro? Molti dicono che state mentendo?»
«Dov'è successo? »
«Era davvero il vostro ragazzo?»
«È vero che avete tentato il suicidio?» chiedono tutti insieme.
Flash di qui, flash di la!
Microfoni.
Domande su Domande.
Tutti si spingono per essere più vicini ed io sono lì nel centro di questa confusione.
«Lasciatemi in pace! Non ho niente da dire!» le due guardie dell'ospedale cercano di allontanare la gente da me, ma loro non si arrendono!.
Poi lo vedo, Cederic Thomson, lo vedo nella sua macchina che mi guarda, ci scambiamo sguardi.
Mi fa un sorriso di sfida.
Che mi fa abbassare lo sguardo.
Ma penso a Ian, in questo momento sarebbe qui, dietro di me, mi terrebbe la mano, mi proteggerebbe da tutti.
Così lo alzo.
Lo guardo dritto negli occhi.
E mi sento così forte in questo momento.
«Volete tutta la verità?» chiedo con le lacrime agli occhi.
«Cederic Thomson è colpevole, mi ha distrutto la vita, ha fatto di me la persona la più acida che possa esistere, mi ha picchiata, insultata, è entrato in me senza un minimo di dolcezza, mi ha obbligata a fare ciò che non volevo, mi ha lasciata mezza morta in una stanza.
Ed io sono scappata.
Cederic Thomson è uno stupratore, un'animale ed ora mente per salvarsi dalla prigione.
Ma io non lo permetterò, non lo farò perché lui non lo merita, deve pagare quello che mi ha fatto e voglio evitare altre sue vittime.
Voi credete che sia facile vivere così, giudicate senza sapere quello che la persona sta vivendo.
Volete sapere cosa? Potete andare benissimo a fanculo.
Ma voi, donne di tutto il mondo fate attenzione, ci sono troppi porchi, dei senza palle, dei perversi che approfittano della nostre debolezze credendosi forti allora che infondo non lo sono, non sanno nemmeno controllarsi.
Cederic Thomson andrà in prigione.
Voi donne che state zitte, voi che non osate parlare, voi che avete quella paura che mangia anche me, alzate la voce, non restate in silenzio, guardate il nemico negli occhi e poi dite la verità!» detto il mio discorso torno all'interno, scappando, trovo mio fratello e la ragazza di prima seduti sulle sedie.
«L'ho fatto!» dico a mio fratello.
Lui mi guarda con le lacrime agli occhi.
«Cosa?» chiedo guardando mio fratello preoccupata.
«Ian, lui è...» non finisce la frase perché un singhiozzo lo blocca.
E la paura sale.
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