La casa del mare
«Questa è la villetta dell'architetto» disse il responsabile dell'agenzia che li aveva seguiti personalmente con le chiavi.
Si trovavano in via Maremonti a Lido degli Estensi. Dall'esterno un edificio abbastanza ordinario: l'appartamento era stato ricavato dal piano terra di una vecchia casa multifamiliare degli anni Sessanta che sul prospetto, antistante la via, ospitava alcuni negozi. Quando oltrepassarono la cancellata si trovarono in un giardino nascosto, dal taglio elegante, curato nei minimi dettagli. Seguirono il lastricato che girava attorno allo stabile. Il muro esterno era stato ricoperto da uno strato di mattoni di recupero dalle forme irregolari e mutevoli, così sbiancato dava allo stabile un aspetto più rustico e meno industriale, quasi ci si trovasse in un vecchio casale di campagna invece che in una villetta sotto la pineta a due passi dal mare. Piante rampicanti nascondevano l'entrata all'ombra di un pergolato in legno. Le goccioline di pioggia scivolavano sulle foglie d'edera attorno a loro. Il profumo delle piante verdi era molto forte e si spandeva nell'aria.
«Dopo che vi si è trasferito ha fatto un restyling fantastico, a mio gusto» disse quasi dovesse venderla anche a loro. «Non abbiamo tante case come questa da dare in affitto, ma l'architetto ci ha sempre chiesto di scegliere persone oculate che trattino il suo gioiellino come si deve. Il giardino è notevole; questa pioggia non gli rende giustizia. Il gioco di ombre del gazebo lascia sempre i nostri ospiti meravigliati.» Li invitò a seguirlo chiudendo il suo ombrello. «Mi sembra impossibile quelle che è successo.»
«Lo conosceva bene?» chiese Lanciani.
«Insomma, non avevamo rapporti molto continuativi, ogni tanto chiamava e diceva che sarebbe stato via un mese e ci chiedeva di affittare l'appartamento. Avevamo i nostri accordi. Mandavamo la ditta di pulizie quando partiva e quando tornava. Lui spostava gli effetti personali in uno scantinato. Non gli piaceva che gli ospiti vedessero le sue foto con la famiglia. Anche io non ho mai visto la casa come la vedremo oggi.»
Lanciani annuì seguendolo all'interno. Giusy si fermò allibita appena entrata. Quello era lo stile che si aspettava da un architetto! Rimase incantata a guardare il salotto chiaro e minimalista. C'era qualcosa di molto diverso dalla casa del brigadiere: era viva. Colori. Istantanee di vita. Giornali. Biancheria stesa. Un copri divano coi fiori tutto allegro.
«Questa è di suo gradimento, Parisi?»
Giusy arrossì. Non c'era nulla di freddo o finto: l'arredamento era caldo, accogliente e delicato. Tutto il contrario della barcaccia. Era vero che non l'aveva ristrutturata per sé stesso, ma continuava a non tornarle qualcosa.
Lanciani si immerse nella zona notte, mentre lei rimase nel soggiorno e si perse a guardare le foto. L'ex moglie era la grande assente: c'erano molte immagini di viaggi, di cantieri. Alcuni sospettava che fossero in Africa o in zone tropicali. Non poté fare a meno di accarezzare coi guanti quel copri divano tutto colorato, anche quello pareva etnico. Aveva un che di femminile con quei fiori. L'altra donna?
Nelle foto Ferrer era spesso in compagnia, ma non riconosceva volti ricorrenti. In un angolo della sala c'era un vecchio tavolo da disegno: un blocco era ancora appeso all'asse; una matita e alcuni pastelli a cera erano appoggiati sul tavolino a fianco. Le sembrò un po' strano per un architetto. Ne prese uno, lo rivoltò e cominciò a riempire il foglio facendo comparire le linee sottostanti. Si distingueva abbastanza facilmente un ombrellone stilizzato, il sole alto nel cielo, forse le onde del mare in lontananza e una barca. Sotto l'ombrellone c'era un omino seduto e a fianco altri due giocavano a palla.
«Parisi, non ti sembra esagerata questa indole da arredatrice? Non è che ti stai immedesimando troppo con Ferrer?» Lanciani era appena rientrato in salotto e ora la fissava con un'espressione divertita sul viso. «Di là, comunque, ci sono tutti i suoi effetti personali, chiamerò la scientifica per fare un sopralluogo.»
Giusy studiava ancora quelle linee dal tratto incerto. In particolare, la firma in basso a destra nel foglio; purtroppo non era leggibile. «Non è stato Ferrer a disegnare su questa lavagna per ultimo: queste linee sembrano essere state tracciate da un bambino.»
Lanciani la guardò stupita. Si allontanò di qualche passo e poi vide anche lui il tratto. Sapeva bene quanto materiale artistico producessero i bambini, ma Ferrer non aveva figli. Chi aveva fatto quel disegno?
«Cerca un bambino in tutte le foto, potrebbe essere il figlio della donna che stiamo cercando. Se veniva qui, avrà lasciato qualche segno della sua presenza.» Lanciani, pensieroso, le indicò la cucina aperta in un angolo del salotto e si perse invece a studiare le immagini incorniciate nella libreria.
«La cucina è più quella di un single» Giusy stava ispezionando il piccolo piano in marmo.
«Non sarai anche una cuoca, Parisi?»
«Mia madre e mia nonna mi hanno insegnato qualcosa.»
Pensava di cavarsela bene: aveva preparato il pranzo per anni a casa per sé e il fratello una volta tornati da scuola, mentre la madre era al lavoro. In realtà la sua testa stava esaminando le istantanee appese sul frigo. Ne prese in mano una che sembrava vissuta, aveva tutti gli angoli sbeccati. C'era Ferrer insieme a una donna africana, quasi più alta di lui, molto bella e un bambino con loro, color cioccolato, chiaramente meticcio, se Ferrer fosse il padre o meno era difficile da dire.
«Forse ho trovato qualcosa»
Lanciani la raggiunse curioso. Dato lo spazio stretto osservò semplicemente da dietro le spalle prendendola per la vita.
Giusy ebbe un fremito, ma finse indifferenza. «Sembrano felici» Girò l'immagine. «Costa d'Avorio, 2014, Antonio, Yatima e Thomas.»
«Potrebbe essere la donna. Certo una così in giro per Lido degli Estensi non passerebbe inosservata» ammise Lanciani. Percepì gli occhi dell'appuntata su di sé. «Che c'è? È oggettivamente bellissima.»
Giusy annuì cercando di mascherare il proprio disappunto.
Lanciani prese solo la foto e si allontanò. Lei rimase lì a fissare le altre immagini appese al frigo: Ferrer sembrava felice di quei viaggi all'estero. Era come se avesse trovato uno suo fine, un suo posto nel mondo. Aiutando quelle persone forse si sentiva di aver contributo, di aver lasciato un segno duraturo. Più di un figlio? Giusy si era domandata spesso come fosse averne. Il suo orologio biologico cominciava a ticchettare, ogni tanto si sentiva, ma doveva trovare la persona giusta, qualcuno di molto diverso da Lanciani: una sicurezza, non una montagna russa.
«Parisi» la chiamò qualche istante dopo il brigadiere: era nell'ingresso con il responsabile dell'agenzia immobiliare.
Giusy per un attimo si chiese se avesse il dono di leggere nel pensiero. In effetti poteva essere molto utile a un carabiniere.
«Prendi questa per il fascicolo» Lanciani le passò la foto. «L'architetto, quindi, non ha mai lasciato le generalità di questa donna?»
«No, mi dispiace, noi chiediamo i documenti solo per il titolare e gli affittuari, gli ospiti non sono ovviamente censiti. Soltanto un dettaglio, ricordo, non so se possa esservi di aiuto» L'uomo sembrava incerto se continuare o meno.
«Noi verificheremo soltanto, con discrezione» promise Lanciani.
«L'architetto mi aveva chiesto se ci servisse un'impiegata. Gli avevo detto di inviarci il curriculum, ma alla fine non l'ha mai portato. Forse questa donna ha trovato un altro lavoro qui a Lido.»
Il Brigadiere lo ringraziò e gli chiese di rimanere a disposizione. Salirono entrambi in macchina. La pioggia batteva sul parabrezza.
«È triste: lasciamo così poco di noi, di quello che siamo stati. Penso che Ferrer fosse davvero una brava persona, aveva trovato la sua seconda chance. Non è giusto sia finito così!»
«Credo che nessuno meriti un destino del genere.» Lanciani mise in moto.
«Che fine ha fatto quella donna? E il bambino? E se fossero in pericolo?» Giusy stringeva ancora quella foto tra le dita preoccupata.
«È quello che cercheremo di scoprire adesso, oltre a trovare Carsi.» A quel nome il silenziò calò nell'auto. Fabio accelerò lungo le strade che lasciavano i Lidi.
I fantasmi esistono, l'aveva imparato a sue spese e in un certo senso non aveva potuto che tirare il fiato uscito da quella casa. Ciò che quel trafficante avrebbe fatto, ciò che probabilmente aveva già causato, era colpa sua: non intendeva girarci attorno o darsi delle attenuanti. Per un attimo tra l'acqua che grondava sul parabrezza vide comparire i suoi occhi gialli, infossati, le vene in rilievo, l'espressione di assoluto disprezzo disegnata sulla faccia. Odiava e temeva quell'uomo con ogni punta del suo essere: eppure era lì. Eppure, non aveva chiamato il maresciallo Salzi facendo un passo indietro. Era personale, era irrisolto, era decisamente un tuffo nelle sue più grandi paure, ma in tutta coscienza, come poteva dormire la notte sapendo che quell'uomo stava ancora spacciando e seminando morte nei lidi? Come poteva perdonare sé stesso di non essere riuscito a dare giustizia a quella povera donna anziana? Carsi era la sua colpa e l'unico modo di espiarla era assicurare quel pazzo alla giustizia, una volta per tutte.
Giusy non notò l'espressione corrucciata e pallida del brigadiere, era troppo persa a fissare l'orizzonte coperto da un cielo plumbeo. Quando pioveva le mancava sempre casa sua, quel pennacchio che gettava lava e fumo contro il cielo, quasi a cercare di difendere la sua terra dall'attacco delle forze celesti. In pianura si sentiva più esposta, quasi non ci fosse nulla a combattere l'energia dirompente della tempesta. L'acqua cadeva nei canali, scivolava sui bilancieri e si perdeva nel mare, che sussultava nel vento. Le saline fissavano immobili l'orizzonte nero coperto di lampi e fulmini.
"Yatima" pensava Giusy guardando quella foto. Aveva gli occhi spenti di chi ha vissuto troppe vite. Le mani strette tra quelle dell'architetto, con un braccio cingeva suo figlio, come se avesse paura di perderlo. "Cosa temevi? Cosa può arrivare a fare una madre per proteggere il suo bambino?" pensò Giusy. Un figlio non si cancella, rimane un timbro indelebile, testimone di un amore che a volte scompare nel vento. Anche Lanciani era già padre. Per quanto potesse aver dimenticato la sua ex, rimaneva prima un genitore e qualsiasi altra donna sarebbe venuta dopo. Era questo che voleva? Essere una seconda occasione?
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