L'ex moglie
Era la prima volta che entrambi guardavano Ferrer riconoscendo l'uomo che era stato. Il suo viso era stato ripulito dal sangue e ora davanti a loro c'era un individuo di quarantasette anni, coi capelli grigiastri e lunghi fin quasi alle spalle. Giusy rabbrividì. Non era il suo primo cadavere, su questo non aveva mentito, ma era certamente nuova alle autopsie. Non era in grado di capire cosa la terrorizzasse di più: l'ambiente freddo e asettico o forse il metallo che rifrangeva la luce della lampada puntata sul corpo o il lenzuolo bianco che non riusciva a nascondere lo sterno aperto del cadavere. L'odore forte di disinfettante, nonostante tutto, non riusciva a coprire il tanfo emanato dal corpo. Si concentrò sui capelli: unico dettaglio che non le facesse accapponare la pelle. Nella foto della carta di identità li portava molto più corti o forse raccolti. Nonostante il pallore e le luci puntate riusciva ancora a distinguere la pelle abbronzata: quei segni a livello delle maniche le ricordavano il padre quando lavorava nei cantieri in Sicilia.
«Ho estratto il proiettile dal cranio. Si tratta di un calibro 22» iniziò a dire loro il medico legale, il dottor Manenti.
Giusy fissò la pallottola nella bacinella metallica: era un calibro piccolo, che poteva essere utilizzato sia in una pistola che in un fucile, non dilaniante, ma capace comunque di uccidere nel momento in cui raggiungeva parti vitali e il cervello certamente era una di queste.
«Un professionista?» chiese Lanciani.
«Non credo, di per sé la pallottola è abbastanza potente da bucare il cranio, ma se avesse sparato con la canna rivolta verso l'alto, avrebbe bruciato la calotta e seguito l'interno della curvatura della volta cranica e, certamente, il soggetto non avrebbe avuto speranza. Il foro d'entrata, tuttavia, non ha praticamente inclinazione e ha leso direttamente solo zone non letali. È stata l'emorragia conseguente a ucciderlo. Temo che Ferrer sia rimasto agonizzante per diversi minuti» ipotizzò il medico.
«A parte il foro d'entrata del proiettile, ha altri segni sul corpo?» insistette il brigadiere.
«Ha diversi lividi, ma sono tutti compatibili con la caduta sul bilanciere» L'anatomopatologo mostrò loro alcuni segni sulla schiena e sul retro delle braccia. In effetti ricordavano le assi della balconata o i pali del bilanciere.
«Non ha lottato?» Giusy era stupita.
«Non ritengo ci sia stato contatto fisico. Non ho trovato alcuna traccia né sulle mani, né sulle braccia. L'assassino deve averlo sorpreso con lo sparo o forse portava guanti.»
Giusy notò che nei lineamenti ricordava un po' il fratello, anche se le era sembrato più giovane di alcuni anni. Erano entrambi veramente alti: non certo uomini facili da aggredire. Doveva aver avuto molta forza l'assassino per gettarlo sul bilanciere.
«A quando risale la morte?» domandò invece Lanciani.
«Sabato notte tra le 22 e le 24.» L'umidità della serata ormai estiva e la vicinanza all'acqua forse avevano accelerato il processo di decomposizione.
Lanciani voltò lo sguardo, colpito, verso la sua sottoposta: Giusy aveva fatto centro con la sua ipotesi iniziale. La fortuna del principiante o era davvero portata? Poi si mise a pensare: Carsi non era un killer professionista e poteva benissimo aver ammazzato quell'uomo. Avevano i bicchieri ed erano in grado di dimostrare che aveva brindato con la vittima. Cos'era successo dopo su quella barcaccia? E dov'era Carsi adesso?
«Il contenuto dello stomaco?»
«Tramezzini e alcool, credo non abbia fatto una vera e propria cena. Forse un aperitivo...» tentò il medico legale alzando le spalle.
«D'accordo, aspetto la sua relazione ufficiale, grazie» disse Lanciani congedandosi. Non aggiunse una sola parola mentre uscivano dall'ospedale.
Giusy si chiese se lo avesse sconvolto l'autopsia o quello che l'anatomopatologo aveva rivelato loro. Visto che il brigadiere non diceva nulla decise di fare la domanda che le frullava in testa.
«Carsi com'è?»
Lanciani la guardò stupita.
«Intendo di corporatura.»
«È più basso di me di una quindicina di centimetri, per il resto è un uomo normale, a prima vista. Un po' grassottello...stempiato. Perché?»
«Scaraventare Ferrer al di là della ringhiera non deve essere stato facile, soprattutto a peso morto» spiegò il suo dubbio Giusy.
Lanciani si bloccò a quella precisazione; in effetti, la differenza di stazza tra i due era notevole. «Forse si è fatto aiutare. Cerca nei fascicoli se, oltre a Lo Cascio, è mai stato vicino a qualcuno: un compagno di prigione, ipoteticamente tornato in libertà di recente dalla casa circondariale di Ferrara, che potrebbe averlo aiutato. Io faccio un salto alla barcaccia. Nel tardo pomeriggio abbiamo convocato l'ex moglie.»
«Vuole che assista, brigadiere?»
«No, no, faremo io e Catalano. Non credo che parlerebbe di più a una donna, ma vorrei che ascoltassi l'interrogatorio dietro lo specchio» disse lui riflettendo a voce alta. Pochi minuti dopo la scaricò davanti alla caserma e partì sgommando.
Giusy inspirò a fondo, si fece coraggio e rientrò nell'edificio: l'aspettavano almeno altre tre ore di ricerche al computer su vecchi fascicoli.
Quando Fabio giunse nel luogo del delitto, Catalano gli venne incontro. Constatò che la scientifica aveva proceduto spedita nei lavori, forse temendo l'imminente temporale che stava per scatenarsi sulle loro teste.
«Come andiamo?»
«Abbiamo rinvenuto il cellulare della vittima dragando la riva e ho terminato la lista completa dei segni di pneumatici nella zona. Escludendo ambulanze e soccorsi, rimangono due sole tracce fresche. Due coppie di offroad quattro per quattro e due di Pirelli da diciotto pollici: dal disegno mi paiono P-zero Rosso, un modello abbastanza particolare ad alte prestazioni» descrisse Catalano.
«Quindi un Suv e una macchina sportiva?» riepilogò pregustando la sua vittoria nella scommessa con Giusy. Il sottoposto confermò. Lanciani gli batté sulla spalla per complimentarsi per il lavoro svolto; quindi, rientrò nella barcaccia e si guardò attorno. L'idea di Giusy era un po' stiracchiata, a suo parere, ma forse qualcosa poteva venirne comunque fuori. Uscì di nuovo sul lato della barcaccia che costeggiava il fiume. Aveva l'impressione di vedere ancora quel cadavere appollaiato sulla rete del bilanciere che giaceva divelta nel fiume. Quel morto lo tormentava! Guardò il cielo scuro sopra la sua testa, quindi invitò Catalano a seguirlo in caserma per l'interrogatorio.
Quando giunsero, l'ex signora Ferrer era in sala d'attesa. Giulia le aveva offerto un caffè e aveva riferito che all'apparenza sembrava molto nervosa. Prima di presentarsi, Fabio la studiò oltre la vetrata: portava un completo gessato con gonna e giacca, occhiali scuri e una collana di diversi carati. Per un attimo si chiese come si sarebbe presentata la sua ex in un'occasione simile. Poi si impose di concentrarsi, quella era la storia di Ferrer, non la sua. Si presentò alla signora Tagliani e la fece accomodare in una sala interrogatori al piano terra. Catalano entrò poco dopo con alcuni bicchieri e una bottiglia d'acqua.
Giusy fremeva dietro lo specchio. Una parte di lei avrebbe tanto voluto poter assistere in prima persona. Doveva imparare, questo le era chiaro, ma si sentiva comunque esclusa.
«Signora Tagliani, la ringrazio molto per essere passata oggi» iniziò Lanciani.
La donna non si scompose. Era perfettamente truccata, nessun segnale che avesse pianto. Le sembrava una statua di cera: faceva quasi impressione. Come poteva essere così fredda davanti alla morte dell'uomo che un tempo aveva amato? Era una facciata o nascondeva dei risentimenti? Giusy faceva ghirigori su un piccolo blocco aspettando di aver qualcosa da appuntare.
«Le faccio le mie condoglianze» continuò il brigadiere. La donna piegò la testa verso il basso, per un attimo sembrò cedere al peso della situazione, poi si schiarì la voce e tornò a fissare l'ufficiale dritto negli occhi. Giusy notò che aveva la messa in piega fresca. Era un caso? Lo scrisse sul foglio, poi lo cancellò, poi lo riscrisse. Lanciani voleva il suo parere: quindi doveva essere sincera.
Vide con stupore che il brigadiere sembrava nervoso; non capiva esattamente il perché, non era da lui. Non era il primo interrogatorio che Giusy osservava: lei pensava fosse molto bravo. Perché cadeva su quel colloquio specifico?
«Signora Tagliani, lei e Ferrer eravate divorziati, giusto?» Fabio si accorse che la sua voce tentennava mentre lo chiedeva. Cercò di mascherarlo, ma non vi riuscì completamente. Lei confermò che erano divorziati da quattro anni.
«Avete figli?»
Giusy si stupì: non aveva letto il fascicolo?
«Nessuno.»
«Qui leggo che Ferrer le paga ancora gli alimenti e che le ha lasciato la villetta di sua proprietà.»
"Infido, ma efficace" pensò Giusy.
La signora accusò il colpo. «Ad Antonio non è mai piaciuta, preferiva la casa del mare. Era lì che viveva ora»
«Potrebbe scriverci l'indirizzo?» le chiese Catalano, passandole un foglio. Compilò quanto richiesto in silenzio.
«Non è strano che il suo ex marito avesse messo la residenza allo studio Ferrer?»
«Oh, non voleva sguardi indiscreti.»
«Cosa intende?» insistette Lanciani, colpito.
«Non sono affari miei, ovviamente, ma amici comuni mi hanno detto che ospitava una donna in quella casa.»
Giusy saltò sull'attenti.
«Antonio aveva questo pallino per il volontariato, io gli ho sempre detto che prima o poi si sarebbe fatto fregare a furia di aiutare quei poveracci!»
Vide Lanciani inspirare a fondo. Giusy lo capiva, l'ex moglie le aveva dato sui nervi dal primo istante in cui l'aveva vista.
«Lei aveva ancora una chiave della residenza del mare?»
Giusy si chiese se non stesse cercando di convincere più sé stessa che loro di non soffrire alla notizia. Sembrava importarle fin troppo cosa facesse l'ex marito della sua vita e della sua casa.
«Non più, ma le aveva un'agenzia: alcuni mesi all'anno, quando andava via per i suoi viaggi umanitari, Antonio l'affittava.»
«Ci potrebbe dare il nome dell'agenzia?» chiese Catalano. La signora aprì la borsa e prese un grosso portafoglio, iniziando a scorrere i biglietti da visita finché non diede loro uno di questi.
«È stata molto utile, Signora Tagliani, purtroppo ho ancora un'ultima domanda da farle. Lei se la sentirebbe di fare il riconoscimento di suo marito?» aggiunse Lanciani.
«In realtà sono più di due anni che non lo vedo. Mi paga la sua quota puntuale, quanto pattuito ogni mese, per aiutarmi con le spese della casa. Penso di non essere la persona più adatta al riconoscimento. Chiedete al fratello. Credete sia stata quella donna?»
Lanciani alzò gli occhi verso di lei stupito. Fino a poco prima nemmeno sospettavano che Ferrer si vedesse con qualcuno. Di certo una donna non poteva aver gettato il cadavere sul bilanciere. «Per ora stiamo battendo ogni pista possibile, la terremo informata.»
L'ex moglie si alzò e gli strinse la mano, fece altrettanto con Catalano e uscì dalla sala. Giusy aspettò di vederla scomparire nel corridoio, quindi li raggiunse.
Lanciani sembrava provato fisicamente da quel colloquio. Era pallido come se avesse visto un fantasma. Giusy non sapeva se chiedergli qualcosa, ma decise per l'indifferenza e la professionalità.
«Bella personcina la signora Tagliani, eh!» commentò Catalano dopo che Giusy si era seduta accanto a loro.
«Secondo te era andata dal parrucchiere per venire qua?» gli chiese Giusy ignorando Lanciani. Catalano la guardò sconcertato.
«Cosa te lo fa pensare?»
«Aveva la piega fresca. Una donna lo vede. Se non fosse che il lunedì i parrucchieri sono chiusi, giurerei che l'ha fatto apposta.»
«Piega a parte, come ti è sembrata?» li interruppe Lanciani.
«Falsamente indifferente e molto gelosa» confessò Giusy.
Il brigadiere la guardò accigliato, poi annuì soddisfatto. «Dobbiamo capire chi è quest'altra donna. Catalano, controlla che auto ha la signora Tagliani. Io e Parisi, la nostra esperta di arredamento, sfideremo la bufera e andremo a cercare di farci aprire questa casa del mare»
Catalano si mise sull'attenti, li salutò e lasciò la stanza.
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