Capitolo 98 - Tolone: Secondo Atto -
"Siete stato fortunato colonnello" risuonava nelle orecchie del giovane comandante dell'artiglieria, mentre si apprestava a ritornare dai suoi uomini, sul destriero che gli avevano procurato. La gamba gli doleva ancora, per fortuna riusciva a camminare e a stare nuovamente in piedi. "Un minuto di ritardo e forse non avremmo potuto fare niente per voi" rimembrava gli sguardi perplessi e allarmati dei chirurghi e dei medici che lo avevano visitando.
Napoleone, sdraiato sulla brandina della sua tenda, aveva distolto lo sguardo da loro, non li sopportava affatto, così disfattisti ed esagerati nelle loro parole, nei loro discorsi. Era solo un taglio dopotutto, nulla di tanto grave da destare reale afflizione. Si era soffermato sulla grossa macchia formatasi sulla stoffa, un tempo blu, annerita. Fu tentato, per un attimo, di andarsene, ma aveva 'promesso' a Junot di farsi curare, era preoccupato per lui, al pari dei suoi uomini. Inoltre non poteva buttare tutti i suoi progetti all'aria, per colpa di una stupida ferita, erano troppo importanti, non poteva rinunciarvi; aveva sopportato la lontananza della sua terra, che ingrata, lo aveva cacciato, tollerato i compagni di accademia e il duro addestramento militare, per poter arrivare a quel livello. Sarebbe stata una follia abbandonare i suoi sogni.
Il flusso dei pensieri fu interrotto dal tocco sulla ferita del dottore Hernandez, emise un gridolino di dolore, che trattenne a fatica, si morse le labbra screpolate. Al fango e all'acqua, sulla fronte, si aggiunsero gocce di sudore. Per evitare di peggiorare la ferita, assieme ai suoi assistenti, il dottore gli tolse la cintura e parte dei calzoni, già logori e sporchi: videro il profondo segno che attraversava quasi interamente la coscia sinistra. Poi si accorsero delle strane macchie rossastre sulla pelle pallida e lorda di sangue - Ma questa... questa è scabbia! Come...mai non me ne avete parlato colonnello? - gli aveva chiesto, stupito dalla stranezza di quel giovane.
- Non è un male che mi impedisce di combattere - aveva ribadito Napoleone, un po' nervoso, a denti stretti. Non avrebbe voluto che scoprissero quella malattia, era certo che sicuramente avrebbe inventato qualsiasi scusa per somministrargli qualche strana medicina o intruglio inutile.
- Penseremo dopo ad essa - il medico lo aveva guardato con aria di rimprovero. Era la prima volta che qualcuno nascondeva un male del genere, di solito si aproffittava di ogni occasione per prendersi dei giorni e non lavorare. A Napoleone non piacque affatto quell'occhiataccia che gli aveva rivolto, c'era sempre qualcuno che lo giudicava o lo criticava. "Nessuno che si fa gli affari suoi" aveva riflettuto, a braccia conserte. Dopodiché il medico aveva tastato di nuovo la ferita che suscitò la medesima reazione di poco prima - Vi fa ancora male, dunque? - si massaggiò il mento e pensieroso lanciò un'occhiata ai suoi colleghi di lavoro, che compresero al volo.
- Non vorrete mica amputarmi la gamba? - domandò il giovane, aggrottò le sopracciglia, leggendo il tentennamento dipinto sui loro volti. Dubitava che un graffietto comportasse ciò, avrebbe impedito loro, a qualunque costo, di prendere anche solo uno strumento per l'intervento. Gli unici segni che voleva sul suo corpo sarebbero state le cicatrici che testimoniavano il suo coraggio in battaglia, come doveva essere per ogni uomo d'armi.
- Dovremmo controllare bene la ferita, colonnello - gli riferì un altro, lordo di sangue dalla testa ai piedi, era tornato da poco dall'ennesima amputazione della giornata, di un soldato colpito in pieno da una palla di cannone, che gli aveva, oltrettutto, sfregiato irrimediabilmente il viso e reso cieco ad un occhio - Ma ci auguriamo che non fossimo costretti a farlo... colonnello...
- Lo spero anche io - fu la rapida risposta di Napoleone, era il suo primo vero incarico, ci teneva ad arrivare fino in fondo con le proprie forze e in perfetta forma. Senza dimenticare la fiducia di Dugommier, il quale aveva riposto tutte le speranze in lui e nel piano. Il Destino non poteva essere tanto crudele nei suoi confronti, non poteva farsi beffa del giovane, ogniqualvolta che questi si avvicinava alla gloria. Per sua fortuna, allontanato l'iniziale timore, i dottori concordarono che con una fasciatura ben trattata, la ferita sarebbe guarita presto, anche se avrebbe lasciato il segno, era davvero profonda.
A Buonaparte non dispiaceva, al contrario, sarebbe stata la prova della sua prima esperienza, del suo valore sul campo, un vanto per la sua giovane vita, una fonte di orgoglio. Pulendogliela delicatamente, i dottori arrotolarono attorno la coscia, vincendo la resistenza del ragazzo, molto restio a farsi toccare da sconosciuti, delle bende intrise di medicamenti. Di tanto in tanto il colonnello si lamentava per il dolore, che nonostante tutto, era pungente e si diffondeva come una scarica lungo tutta la gamba.
I minuti divennero ore, che passavano inesorabili e Napoleone era sempre più impaziente di tornare in battaglia, sentiva che stava sprecando del tempo prezioso, perdendo delle occasioni uniche, che non si sarebbero ripresentate mai più. Maledisse quell'inglese che gli aveva procurato ciò, giurando che se lo avesse avuto nuovamente al suo cospetto, gliela avrebbe fatta pagare cara - Quanto ci vuole ancora? Possibile che ci state mettendo un'eternità per un graffio? - sbottò d'un tratto, spazientito. Bruciava dal desiderio di essere protagonista della presa di Tolone e non una delle comparse o degli aiutanti.
- Abbiamo finito colonnello - gli riferirono quelli, spaventati dal suo tono minaccioso. Era stato un paziente abbastanza inusuale, poco collaborativo, ansioso di andarsene il prima possibile, come se gli risultasse impossibile stare fermo, tormentato da una fame che nessun alimento avrebbe potuto placare - Tuttavia vi raccomandiamo di non esporvi troppo al pericolo - lo avvertirono, avendo notato la sua smania di riprendere il suo ruolo nella pugna, nell'istante in cui era balzato in piedi e cominciato ad incamminarsi per riattivare i muscoli e sgranchire le ossa.
- Non vi dovete preoccupare - emise Napoleone occhieggiando la coscia per un attimo, doveva ammettere che avevano fatto un buon lavoro. Gliel'avevano fasciata all'interno, ma lo strappo dei calzoni vi mostrava una parte, tuttavia non rappresentava un problema, era quasi del tutto invisibile. Provò ad alzare ed abbassare la gamba sinistra, controllando che la bendatura non fosse troppo stretta, ma come aveva previsto e inteso nel mentre gliela stavano mettendo, gli pareva non avere niente "Ora capisco il tempo impiegato" disse fra sé. Afferrò la cintura e la mise attorno alla vita sottile assieme alla pistola, alla spada e al cannocchiale - Farò il minimo indispensabile per restare accanto ai miei uomini - aveva mentito spudoratamente. Non si sarebbe risparmiato neppure stavolta, era inconcepibile per lui solamente ipotizzarlo.
Stava per uscire fuori quando il medico gli ricordò di non sottovalutare la scabbia e di curarla, poggiando sul tavolo alcune boccette e qualche barattolino di vetro, al cui interno vi erano farmaci speciali che avrebbero fatto scomparire del tutto ogni singolo acaro, responsabile della malattia, dalla pelle. Napoleone, per toglierselo dai piedi, annuì e promise che lo avrebbe fatto non appena si sarebbe risolta la faccenda di Tolone. Il dottore, seppur scettico, gli credette.
A quel punto, il colonnello, non perse tempo e recuperato un altro destriero, corse per ritornare dai suoi uomini. Aveva la sensazione che avessero bisogno della sua presenza per continuare, quel discorso fatto da Junot, lo aveva fatto riflettere non poco e gli aveva dato la certezza del ragionamento, che aveva elaborato durante quel lungo periodo di preparazione. "Anzi, mi piacerebbe sapere dove sia ora" muoveva gli occhi rapidi attraversando l'intera zona, che diventava sempre più caotica e pericolosa man mano che vi si appresava.
La battaglia proseguiva furiosa, ed entrambe le fazioni non si risparmiavano, entrambe erano determinate a vincere, sapendo che si stavano giocando il tutto per tutto. Quella battaglia avrebbe decretato i vincitori e i vinti e di conseguenza i destini di ogni singolo individuo delle due fazioni. Dugommier, che intanto era calato sui nemici e li stava sconfiggendo, si era tenuto informato circa il ferimento di uno dei sottoposti più fidati e chiedeva continuamente se ci fossero novità sulle sue condizioni - Mi hanno riferito che sia già al lavoro per recuperare il tempo perduto
- Ma è un fulmine o una cosa del genere? - scoppiò a ridere Dugommier, nel momento in cui si era fermato per ricevere la notizia - Ed io che mi ero impensierito per la sua sorte... - il suo ritorno era stato propizio, i soldati cominciavano ad essere stanchi. Era sicuro che l'artiglieria avrebbe svolto un ruolo determinante nel conflitto, per questo motivo aveva scommesso sul promettente e ambizioso ragazzo.
- Junot! Marmont! - gridò Napoleone non appena li adocchiò, combattevano contro un paio di ufficiali nemici agguerriti ed estremamente abili. Anche loro erano feriti e insanguinati, tuttavia parevano felici di combattere, come se stessero aspettando quel momento con trepidazione. Il colonnello aveva pensato bene di raggiungerli a piedi, il cavallo sarebbe stato un impiccio e, sinceramente, più utile per trascinare l'artiglieria di riserva - Junot! Marmont! - urlò di nuovo, stavolta più vicino. I due udendo i loro nomi si voltarono quasi simultaneamente: lo videro avanzare nella loro direzione, correndo, nonostante l'andatura lievemente claudicante. I due non poterono trattenere la gioia nel riaverlo nuovamente fra loro e gli corsero incontro, liberandosi da alcuni soldati nemici e rifugiandosi dietro una trincea, in modo che potessero parlare più tranquillamente.
- Comandante! - emisero i due scrutandolo interamente, non si era nemmeno cambiato la divisa, indossava ancora quella che portava prima del ferimento - La gamba?
- Fa ancora un po' male, ma riesco a camminare di nuovo e a correre - rispose tranquillamente Napoleone, dando dei colpetti sulla coscia, contento del fatto che qualcuno stesse pensando alle sue condizioni, poteva contare sulla lealtà dei suoi aiutanti di campo - E voi? Come sta procedendo l'assalto? - cambiò immediatamente il discorso.
- Abbiamo abbattuto quasi tutta la difesa dell'Éguilette, colonnello - riferì puntuale Marmont, mettendosi ritto in posizione - Grazie all'intervento di Muiron, che sta dando il meglio di sé, persino in vostra assenza
- Ancora un po' e cederanno - precisò Junot, scattando - Ci prenderemo il forte e li faremo andare via dal porto a gambe levate! - batté il pugno sul ampio petto, lo sguardo fiero e indomabile.
- Questi sono i discorsi che voglio sentire dai miei uomini! - ammise orgoglioso Napoleone, tirando il lobo delle orecchie ad entrambi - Ora andiamo - e si incamminò per primo, seguito dai suoi aiutanti di campo, che si sentivano più rassicurati, il loro comandante, avrebbe riacceso nuovamente l'entusiasmo ai soldati, infiacchiti e debilitati. Come si era ripromesso, Napoleone non si risparmiò e combattè nuovamente, dimostrando questa volta maggior prudenza, più che altro perché aveva intenzione di riprendere ciò a cui aveva dato inizio: non gli piaceva lasciare il lavoro a metà, il principio doveva avere una fine, felice o tragica che fosse.
Al porto, intanto, gli anglo-spagnoli stavano pensando a cosa portare con sé, prima dell'imminente attacco che ci sarebbe stato. L'ammiraglio Hood rimuginava allarmato, osservando, con grossa difficoltà a causa del temporale, che non accennava a placarsi, il fumo delle baionette e l'accozzaglia indistinta di uomini che si massacrava fra loro. I francesi stavano avanzando, recuperando terreno ad una velocità impressionante, in poco meno di una giornata, erano inarrestabili, sebbene quel clima infernale non permettesse di distinguere il giorno dalla notte. Era pressoché impossibile.
- I forti di Faron e di Malbousquet sono in mani francesi! - avvertì una sentinella, giunta di corsa, affannata, portando notizie non proprio allettanti.
- Dannazione - soffocò un'imprecazione - Eravamo così vicini, come se non bastasse, fra non molto cadrà anche l'Eguilette che abbiamo conquistato con tanta fatica e a quel punto non ci resterà che la fuga - dovette ammettere a sé stesso. Si torturava le mani dietro la schiena, sforzandosi di non farsi prendere dal panico, se fosse rimasto lucido non avrebbe commesso errori.
Non tutti, però, erano d'accordo con il suo ragionamento, in molti c'era la voglia di combattere fino all'ultima risorsa, senza passare per i vigliacchi che non erano - Non possiamo ritirarci come codardi! - una voce spiccò sulle altre.
- Avete ragione, ma non possiamo nemmeno permettere che saccheggino la nostra flotta - ribadì l'ammiraglio Hood. Nelson non lo aveva mai visto così agitato, la situazione doveva essere davvero drastica se persino un uomo come Hood aveva perso le staffe, ma concordava con l'ammiraglio, la fuga avrebbe salvato il salvabile, anche se l'onore sarebbe stato compromesso "Bastardi francesi".
Un giovane ufficiale inglese, d'origine irlandese, dal viso allungato e corrucciato, precocemente invecchiato, nonostante i suoi 24 anni, stava rispondendo all'attacco di due francesi contemporaneamente, deciso nel distruggere quanti più nemici possibili, specialmente dopo esser venuto a conoscenza della triste fatalità capitata al suo comandante O'Hara, l'unico nell'esercito, con il quale aveva stretto un rapporto d'amicizia speciale - State attento! Un altro soldato sta per attaccarvi alle spalle! - lo avvertì un suo collega, mosso da lealtà più che dalla simpatia. Infatti Hudson Lowe, questo era il nome del silenzioso e ligio militare, non era particolarmente amato dai suoi colleghi, rigido mentalmente e soprattutto privo di empatia, in quanto eseguiva gli ordini meccanicamente. Ricordava una macchina dalle fattezze umane piuttosto che un essere umano vero e proprio.
- Vi ringrazio - sussurrò laconico, senza mostrare gratitudine, ruotò il corpo e infilzò, a sangue freddo, con la baionetta, il francese che stava per sferrargli un colpo alla schiena. Avrebbe vendicato il suo superiore, mettendoci tutto l'impegno possibile, pur non essendo un ufficiale particolarmente brillante sul campo, era un uomo da scrivania o da infermeria, essendo specializzato in quel campo. Inoltre sperava di incontrare colui che aveva catturato il superiore, solo per fargli rivivere la stessa sventura. Non poteva immaginare che il Destino, molti anni più tardi, avrebbe esaudito questo desiderio.
Tuttavia la determinazione degli alleati non li salvò, oramai Buonaparte, supportato dai suoi uomini, aveva annientato l'ultima resistenza. Tra questi vi era pure Lowe, il quale dovette, alla fine, arrendersi, per ordine di un suo superiore. "Un militare di qualsiasi grado, non è altro che un mero esecutore di ordini, senza discuterli" ripetè tra sé. S'incrociarono per un istante, non prestando minimamente attenzione l'uno all'altro, immersi nei propri pensieri di vittoria e di sconfitta, di entusiasmo e di apatia, di ambizione e di obbedienza. L'uno il sole nascente, l'altro la luna calante, che si sarebbero incontrati nuovamente per l'eclissi definitiva di quell'astro splendente.
- Forza! - gridò infine Napoleone, che pareva brillare tanto era grande e intenso il suo ardore, la sua audacia - È ora di abbattere quella flotta che disonora la nostra Rivoluzione e la nostra Patria! - si misero subito all'opera, il temporale aveva perso la sua forza, la pioggia diminuì, permettendo a Buonaparte di avere la visuale completa della zona circostante - Domani o al più tardi domani l'altro, noi ceneremo a Tolone - esclamò poi, similmente ad un profeta, riprendendo le parole del generale. Era sicuro che si sarebbero avverate. Barras, che si trovava poco distante da lì, al coperto, col cannocchiale tra le mani, curioso di vederlo in maniera nitida, in azione.
Se poche ore prima quel tempaccio aveva impenserito Napoleone, ora appariva ai suoi occhi l'atmosfera perfetta per concludere quell'avventura e consegnarla ai posteri, al pari di una leggenda, come le battaglie dell'Epica che amava leggere e immaginare fin da bambino o quelle magistralmente descritte da Ossian, che erano scolpite nella mente e nel cuore. Sarebbe stato anch'egli un eroe, agli occhi dei rivoluzionari. Fremendo dall'emozione, dettava i suoi ordini con grande precisione e competenza, indicava ogni cosa, dalla posizione all'altezza. Quei dieci cannoni sarebbero stati il suo trampolino di lancio nella Storia: aveva sottotiro l'intera Royal Navy.
Puntigliosi e attenti gli artiglieri misero la polvere da sparo, evitando di farla bagnare e le palle di cannone, accesero la miccia e attesero l'ordine di sparare - Fuoco! - riecheggiò nell'aria l'aspra voce dell'ufficiale corso. Le palle di piombo roventi si riversarono, assieme alla pioggia, sulla flotta inglese. Gli ufficiali cominciarono ad evacuare, i colpi si avvicinarono paurosamente. Molti vascelli ondularono, a causa delle colonne di acqua createsi.
In realtà Hood aveva in mente di accostarsi il più possibile alla flotta realista francese, in modo che subisse danni maggiori, rispetto alla loro. "In fondo sono dei traditori, chi più di costoro merita la fine, noi li abbiamo supportati finché potevamo". Diede l'ordine al capitano Sydney Smith, giunto da pochissimo in suo soccorso e di conseguenza il più fresco tra tutti, di eseguirlo. Un violento boato li scosse, rivolsero lo sguardo in direzione dello schianto e ciò che videro li sconvolse: una della navi spagnole, cariche di polvere pirica era esplosa davanti ai loro occhi. A questa ne seguì un'altra, poco distante.
Napoleone contemplava la scena come se avesse dinanzi uno spettacolo di fuochi d'artificio: le fiamme e il fumo che provenivano dall'arsenale rassomigliavano ad un vulcano che eruttava furioso. L'acqua si mescolava al fuoco, le navi sembravano sempre più simili a sagome piatte che a delle imbarcazioni. L'esile figura del colonnello Buonaparte si disegnava contro quella luce intensa, emergeva prepotente, vi si stagliava. La notte fu più chiara del giorno, ad indicare il suo avvenire luminoso, quasi accecante. Mai avrebbe dimenticato quest'attimo ineguagliabile e meraviglioso, si rifletteva nei suoi occhi chiari, che avevano assorbito l'ignea sfumatura. Lo screpitio delle fiamme, affamate di legno e polvere da sparo, e la pioggia scrosciante, rompevano il silenzio assordante creatosi.
Il resto dell'esercito era attonito; i commissari e i deputati della Convenzione, Barras in particolare, il quale non si aspettava una cosa del genere, si complimentarono con il comandante dell'artiglieria, piacevolmente sorpresi delle sue capacità "Quel ragazzo può essermi utile" pensò tra sé il deputato "Se lo accontenterò, diventerà più docile e facile da controllare, Dugommier aveva ragione sul fatto che tali persone, dotate di un talento e di un carisma straordinario, devono avere la possibilità di coltivare le loro qualità" riflettè ghignando "Per altri".
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