Capitolo 50 - Le tigri dell'ira sono più sagge dei cavalli della sapienza -
Louis Antoine seguiva faticosamente il passo svelto e concitato di Napoleone, che si lasciava guidare dalla curiosità di assistere alla scena e vedere la reazione del re di Francia. Più e più volte Bourienne gli aveva detto di rallentare, il suo amico non lo aveva sentito, era talmente preso dalla vicenda da non dare retta a niente e nessuno.
Rimaneva colpito dall'energia inesauribile di Napoleone, era come lo ricordava: magrissimo, dall'aspetto macilento, persino il suo pallore giallognolo dava l'idea di un ragazzo malaticcio, chiunque direbbe che fosse sempre sul punto di morire. Mentre lui era robusto e prestante, per non dire rotondetto, leggermente più alto, eppure non riusciva a stargli dietro. "Come fa?" Chiese tra sè, affannato "Qual è il suo segreto?" Continuò a porsi nuovamente quelle domande che lo tormentavano fin da ragazzino.
- Louis Antoine... - esordì Napoleone quasi imperioso, voltando leggermente il viso.
- Sì? - fece Bourienne ridestandosi dai suoi pensieri.
- Manca... poco - riferì il corso affannosamente - Tra non...non molto potrai... riposare...
Louis Antoine annuì sorridendo, non avendo il coraggio di riferirgli quelle domande, quasi certamente lo avrebbe guardato stralunato e sarebbe scoppiato a ridere, considerando i suoi quesiti stupidi. Avevano percorso molta strada dal ristorante, il francese avrebbe tanto voluto raggiungere la destinazione, ossia il palazzo delle Tuileries, a cavallo, ma Napoleone gli aveva detto di proseguire a piedi - Per non destare sospetti, amico, la folla è agitata e basta un niente per far esplodere la sua furia contro di noi, dobbiamo restare discreti, ne va della nostra vita...
Quelle parole gli rimasero impresse, non ricordava che il suo amico fosse tanto prudente, poi, però, rimembrò la chiacchierata avuta prima con lui e capì che sopravviveva per la famiglia. Pur non essendo il primogenito, ma solo il cadetto, aveva l'istinto del capofamiglia e parlava come se lo fosse davvero. Louis Antoine spostò lo sguardo dalla strada a Napoleone, che non fiatava, scrutava l'ambiente con circospezione e attenzione, dando l'impressione di conoscere ogni angolo di Parigi.
- Di qua! - strillò il tenente svoltando nella direzione adocchiata, accelerando. Si voltò all'indietro, non scorse l'amico, udì solamente il suo respiro affannato, era appoggiato ad un muretto di un vicolo per ritemprarsi. Il corso avanzò verso di lui, sbucando dalla penombra, Bourienne fu invaso da un brivido di terrore nel vederlo arrivare in quel modo, le ombre sul suo viso scavato, sugli occhi incavati e sul fisico sottile lo rendevano cadaverico - Louis Antoine - lo chiamò poggiando le mani sui fianchi - Non mi dire che sei già stanco? - insinuò con tono di rimprovero.
- Scusami - fece Louis Antoine riprendendo colorito - Ma non sono più abituato a correre tanto, la vita militare non fa proprio per me - ridacchiò sperando di smorzare l'atmosfera plumbea che li circondava.
Tuttavia Buonaparte non era del suo stesso avviso, anzi, trattenne un fremito di rabbia che si riflettè nei suoi occhi gelidi al pari di un lampo - Non è una giustificazione! - sbottò nervoso, incrociando le braccia al petto - Il fatto di non essere più un soldato non giustifica affatto il tuo atteggiamento da inetto aristocratico! - continuò scosso dalla rabbia.
Bourienne tremò di paura, lo conosceva abbastanza bene da intuire che stava per avere uno scoppio d'ira non indifferente e doveva assolutamente calmarlo, altrimenti davvero la folla li avrebbe travolti. Avrebbe potuto tranquillamente scambiare Napoleone per un nobile, a causa dell'uniforme e sarebbero stati guai, per non parlare dei suoi stessi abiti suntuosi. Si avvicinò a lui e posò le mani grandi e cicciotte sulle spalle scheletriche, evidenziate dalle spalline - Hai ragione amico mio, ti chiedo scusa - sussurrò dispiaciuto.
Napoleone sussultò e lo guardò dritto negli occhi scuri, era sincero e ciò bastò per calmarlo - Sei perdonato - emise velocemente - Ora andiamo, il popolo non aspetta di certo noi - tolse le mani dalle sue spalle e riprese la corsa. Bourienne lo seguì, pensando al fatto che nonostante i duri addestramenti e gli sforzi per autocontrollarsi, Napoleone non aveva mai imparato a padroneggiare quell'ira, quella furia, che albergava nel suo cuore da sempre. La reprimeva solamente, non facendo altro che alimentarla.
Napoleone si sentì in colpa per essersela presa con lui, per un motivo così insulso: nell'istante in cui lo aveva visto stanco e sentito ridacchiare in quel modo, qualcosa dentro di lui era scoppiato, perdendo lucidità e controllo. Strinse i pugni e ringhiò sottovoce, si vergognava di mostrare quella rabbia che non si addiceva ad un ufficiale, s'impegnava per soffocarla, senza grandi risultati. "Prima o poi riuscirò ad eliminarla definitivamente" si diceva ogni volta.
Dalle informazioni sulla sua vita che Napoleone stesso gli aveva riferito, Bourienne poté risalire alla causa della sua indole iraconda: il dolore era l'origine di tutto. Fin dal suo primo incontro il corso aveva celato la parte più sensibile della sua anima, dietro una corazza di freddezza, diffidenza e rabbia, per non dover soffrire l'allontanamento dalla sua isola, dalla sua famiglia, la sua diversità non era solo culturale e linguistica, ma pure fisica.
Probabilmente quello scatto d'ira era sorto dal fatto che Buonaparte invidiava l'aspetto robusto e possente di Bourienne, che aveva gettato alle ortiche per dedicarsi alla diplomazia, una disciplina che non necessitava di un determinato tipo di esteriorità. "Un ragionamento contorto" pensò "Per un uomo qualunque, non per Napoleone" precisò ancora, tenendo lo sguardo fisso sul suo amico, che si era ammutolito e incupito. Anche Louis Antoine venne invaso dai sensi di colpa.
Restando in silenzio, guidati dal vociare sempre più intenso e furibondo della folla, armata di picche, asce, spade, pistole, spiedi, bastoni appuntiti, che reclamava la presenza del re, Napoleone e Louis Antoine giunsero sulla riva destra della Senna, dov'era ubicato il Palazzo delle Tuileries.
I due non si mescolarono al gruppo di circa 5000 popolani, che si definivano sanculotti a causa dei lunghi calzoni che portavano con fierezza, piuttosto puntarono in direzione di una piccola terrazza vicino alla riva, per poter assistere alla scena senza doversi nascondere e, al tempo stesso, mostrarsi troppo. Il corso si sporse spavaldo, l'amico lo fece lievemente, temendo l'evoluzione dell'evento che si stava verificando sotto i suoi occhi.
I giardini delle Tuileries erano chiusi e sorvegliati da circa 15.000 uomini della guardia nazionale. Nonostante ciò la loro presenza fu del tutto inutile, seppur dotati di armi nessuno sparò un colpo, sia per volere del re, che non voleva inutili spargimenti di sangue, sia per timore dei militari stessi di essere considerati agli occhi del popolo dei traditori e divenire, quindi, bersaglio della loro vendetta. Lasciarono che la marmaglia abbattesse i cancelli e s'impossessasse di un cannone.
Louis Antoine guardava il tutto a bocca aperta, mentre Napoleone tentava in tutti i modi di non perdere la calma, indignato da tale atto di remissività - Che pazzia! Come hanno potuto permettere alla plebaglia di entrare? Perché non ne hanno falciati 400 o 500 con i cannoni? Gli altri si sarebbero tolti di torno molto in fretta - bonfonchiò tra i denti, battendo i pugni sul muro, resistendo alla tentazione di raggiungere i giardini e trucidare le guardie senza ritegno.
Bourienne lo fissò e alla figura dell'amico adulto si sovrappose la sua immagine da ragazzino, all'accademia, che non esitava nel manifestare a voce o a gesti, pensieri veementi e vendicativi, sfidando tutto e tutti. Quella deriva violenta ed estrema lo impensieriva, sapeva che quando si lasciava guidare dalla rabbia e dal risentimento era impossibile discutere o dialogare con lui.
Intanto la folla si era riversata nel palazzo e lo aveva assaltato, piombando nella stanza del re, dopo aver buttato giù ben quattro porte. Il re decise di affrontarli pacificamente, un confronto diretto con il popolo per dimostrargli di avere coraggio - Fuori! Fuori! - urlavano minacciosi un gruppo di popolani all'esterno delle mura del palazzo, per tenere sotto scacco il sovrano nel caso in cui avesse voluto scappare.
Napoleone e Louis Antoine osservavano la scena attraverso il vano della finestra, la confusione era tale che se si fossero comunque rivelati, il popolo non avrebbe badato loro. L'obiettivo era solo uno: Luigi XVI. Buonaparte cercava di restare calmo il più possibile e di mantenere la mente lucida e fredda.
- Scegliete! - esclamò un membro dei giacobini, unitosi al gruppo di rivoltosi, al sovrano porgendogli due coccarde: una bianca, il colore della casata d'appartenenza, l'altra tricolore - Se volete regnare qui o a Coblenza!
Il re prese saggiamente la coccarda tricolore e la mise sul petto, dimostrandosi orgoglioso di una simile scelta. In realtà era solo un diversivo per ammansirli, se lo avessero visto pacato, privo di rancore e disprezzo nei loro confronti, si sarebbero calmati e avrebbe potuto continuare ad agire come voleva, seppur limitatamente. Indossò perfino il berretto frigio rosso, uno dei simboli chiave della Rivoluzione. Li accontentò nuovamente, uscendo fuori, al balcone; si affiancarono la regina e il principe reale.
- Perché? - fece Napoleone disgustato da un simile spettacolo. Non era un gesto di forza quello che stava vedendo con i suoi occhi, era l'umiliazione totale: un re che accettava il tutto passivamente, senza muovere un dito per risolvere la situazione - Perché umiliarsi in questo modo? - Domandò ancora.
- Probabilmente è una tattica per dimostrare la sua integrità al popolo - ipotizzò Bourienne senza pensarci troppo, massaggiandosi il mento rotondo.
- Spero tu stia scherzando, Louis Antoine - esplose Napoleone mostrandogli i pugni - È solamente vigliaccheria, come può pensare di salvarsi così? Si sta ripetendo ciò che è accaduto in Inghilterra, ai tempi di Carlo I - rifletté spaventato, iniziando a camminare freneticamente nel poco spazio che aveva a disposizione, agitando le braccia - Tutto ciò è incostituzionale e assurdo, la Francia sta per cadere in mano a gente incapace di controllarsi
Bourienne sospirò profondamente, rendendosi conto di quanto Napoleone avesse ragione, la piega che stava prendendo la Rivoluzione non era affatto positiva: all'estero aveva avuto modo di toccare con mano la reazione, pochissimi volevano abbracciare la Rivoluzione, anche coloro che inizialmente l'avevano sostenuta. Gli eserciti nemici premevano da ogni parte del Paese e se i francesi avessero perso, tutto ciò che avevano costruito sarebbe stato spazzato via.
- Andiamocene, non ho più voglia di contemplare questo squallore - sbraitò Napoleone, dopo aver visto il re rientrare per discutere con la marmaglia, afferrando Bourienne per il braccio, quest'ultimo si riscosse ed annuì. Il suo amico era sconvolto, non si aspettava un simile atteggiamento da parte del re, forse credeva che avrebbe resistito e reagito, come dovrebbe fare un qualsiasi sovrano "A volte per arrivare al bene bisogna adoperare il male" rimbombò nelle orecchie di Louis Antoine. Buonaparte era come una pentola che ribolliva.
- Napoleone, calmati ora - provò Louis Antoine cercando di liberarsi dalla morsa dell'amico al braccio che gli stava facendo male - Non serve a nulla adirarsi in questo modo, so come ti senti, ma non possiamo fare nulla...
- Appunto Louis Antoine è questo che mi fa innervosire, il non poter fare nulla per cambiare le circostanze - rivelò tutto d'un fiato, rosso in viso, mollando la presa sull'amico, il quale si massaggiò il braccio dolorante, colpito dalla sua forza - Starsene qui con le mani in mano, mentre si compie il destino, senza potersi ribellare - Bourienne sospirò nuovamente, come poteva dargli torto? - Inoltre quegli imbecilli della guardia si lasciano intimorire da gentaglia senza onore, fosse per me li avrei fatti fucilare senza nemmeno pensarci due volte, ufficiali e soldati che non sono in grado di tutelare la sicurezza e mantenere alto l'onore e il nome del Paese non hanno il diritto di vivere! - quando emise ciò, i due stavano già ripercorrendo la strada.
Napoleone già nutriva scarsa fiducia e considerazione per la famiglia reale, in particolare per il re Borbone, la fuga a Varennes aveva dimostrato alla Francia intera, non solo a lui, la sua incapacità, quanto era accaduto quel giorno confermava il suo disprezzo e la sua approvazione per una sempre più probabile e vicina destituzione.
- A questo punto non posso pensare che ad un gesto di resa - continuò ad ipotizzare Bourienne, vedendo l'amico in attesa di una sua constatazione riguardo la vicenda.
- Resa? - chiese stupito - Pensi che sia il suo ultimo atto di resistenza?
- Sì - annuì l'amico - Probabilmente il re si è reso conto che non gli resta più molto tempo per regnare...
- Be' io al posto suo combatterei fino all'ultimo uomo - confessò Napoleone infervorato "E se dovessi perdere tutto mi toglierei la vita, non darei il privilegio di uccidermi ai miei nemici, specie se spregevoli" aggiunse tra sé.
"Il re non ha la tua mentalità e la tempra del guerriero" sospirò per l'ennesima volta l'amico "Non credo che lo capirai mai, cocciuto come sei...".
- Io me ne torno in albergo - fece poi Napoleone respirando profondamente per rilassare i nervi e i muscoli tesi - Ci si vede amico, nonostante tutto è stato bello rivederti e passare del tempo assieme - gli sorrise e lo salutò.
- Lo stesso vale per me, amico mio, spero di rivederti presto - ricambiò Louis Antoine salutandolo anch'egli, dividendosi e prendendo strade diverse.
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