Capitolo 49 - L'amicizia non è che un nome -
20 giugno
Napoleone aveva avuto modo di conoscere e visitare la capitale francese in quei giorni, anche se, molte volte, aveva dovuto mescolarsi tra la folla per potersi allontanare discretamente dai vari disordini. La situazione stava precipitando e nessuno, al momento, aveva sufficientemente potere per fermare l'anarchia sempre più dilagante e riportare la Rivoluzione sotto controllo.
Il giovane corso era sempre più disgustato dalla svolta degli eventi, credendo di incontrare in Francia uomini valorosi, pronti a difendere la Rivoluzione. Invece aveva trovato solo miseri individui, ufficiali impauriti dal popolo e il re barricato nel suo palazzo a Parigi, che delegava il suo compito ad altri, opponendo divieti a gran parte dei decreti rivoluzionari, in modo da allungare i tempi e sperare in una sconfitta francese. L'11 giugno aveva posto il veto a due decreti, già firmati dall'Assemblea, elaborati per contrastare e prevenire una controrivoluzione.
Tale atteggiamento scatenò la feroce reazione delle folle in ogni angolo della nazione, alimentando panico e distruzione. Uno dopo l'altro i simboli del vecchio regime venivano abbattuti, incoraggiati dai capi rivoluzionari più estremisti e burrascosi. Napoleone si teneva alla larga il più possibile, evitando di esprimere, per lo meno a voce, giudizi personali. Restava aggiornato sullo svolgersi della rivoluzione il minimo indispensabile per capire come agire in Corsica, una volta tornato lì, e per proteggere la sorella in caso di attacco.
Sovrappensiero, vagava per la città, quando sbucò in rue Saint-Honoré, una delle strade più affollate e rumorose, essendo una via percorsa dagli uomini più ricchi e influenti del Paese, quel giorno stranamente silenziosa e vuota, scovò immediatamente un ristorante. Non avendo mangiato da molte ore, vinto dai morsi della fame, decise di entrarvi e placare, così, i crampi allo stomaco. Bussò delicatamente e il proprietario stupito, non aspettandosi un cliente a quell'ora, lo fece accomodare - Siete un temerario, nonostante la vostra giovane età - esordì ridacchiando al ragazzo dall'aria trasandata e macilenta.
Napoleone lo guardò rapidamente, sospettando, dalla sua dichiarazione, qualcosa circa il tetro silenzio che avvolgeva la zona. Si avvicinò al tavolo, si tolse il bicorno, poggiandolo sulla sedia accanto - Portatemi la specialità della casa, cittadino - emise freddamente, accomodandosi.
Il proprietario, lievemente intimorito dalla sua inaspettata severità, annuì e subito lo riferì al cameriere. In seguito accolse un altro cliente, giovane anch'egli, allo stesso modo dello strano ufficiale. - Non so nemmeno io come sono ancora vivo - gli rispose quello, affamato e stanco.
- Di questi tempi, avete ragione, cittadino - ricambiò il proprietario affabile, sfregando le mani energicamente - Prego, prendete pure posto, anche se dovete attendere un po', non abbiamo molti clienti ultimamente, la crisi ha colpito anche noi
- Comprendo perfettamente - pronunciò il ragazzo avanzando verso il tavolo già occupato, incuriosito dal ragazzo seduto: un ufficiale magrissimo a braccia conserte, talmente assorto nei suoi pensieri da non accorgersi del piatto che gli aveva appena servito il cameriere. Gli ricordò un suo compagno d'accademia - Cittadino tenente - sussurrò quest'ultimo scuotendolo leggermente, riconoscendo il suo grado dalle mostrine - Il vostro piatto si sta raffreddando...
Napoleone si ridestò e ruotando la testa lo guardò intensamente, la sua figura alta e robusta, il volto, rotondo e paffuto, gli erano familiari, seppur fossero diversi da come li ricordava. Si accorse del piatto e lo ringraziò gentilmente.
"Quell'accento..." disse fra sè l'altro ragazzo, spalancando gli occhi, osservò i suoi movimenti bruschi e rapidi - Buo... Buonaparte... - sbottò di getto, incredulo.
- Bourienne? - fece a sua volta Napoleone, alzandosi improvvisamente in piedi. I loro sguardi si incrociarono e quando l'amico vide quegli occhi grigi, grandi, espressivi,
non ebbe più dubbi. Quello sguardo poteva appartenere solamente a lui.
- Sì, Napoleone sono io - annuì ancora scosso Bourienne.
- Louis Antoine, amico mio - lo abbracciò energico - Quanti anni sono passati? - domandò retoricamente.
- Un bel po', ma mi paiono un'eternità - ammise sorridendo Louis Antoine, meravigliato dalla sua reazione, più che dalla sua presenza. Quel giovane uomo che lo stava stringendo forte e che lo aveva chiamato amico era lo stesso rude ragazzino che il giorno del loro primo incontro lo aveva quasi assalito davanti a tutti? La sua diffidenza era scomparsa? Oppure si era aperto solo con lui?
Napoleone sciolse l'abbraccio, tolse il cappello dalla sedia e gli indicò il posto, dopo essersi seduto scomposto - Ecco qua! - esclamò gioioso come un ragazzino, persino il suo viso, quasi sempre tenebroso e pensierioso, si era illuminato - Avanti, su, non stare imbambolato, siediti
Louis Antoine obbedì, intanto Napoleone discuteva con il cameriere - Anche il mio amico desidera lo stesso piatto - riferì gesticolando. Bourienne non oppose resistenza, accettò che Buonaparte scegliesse al posto suo, era così emozionato nel averlo rivisto dopo così tanti anni, non ci sperava neppure, da lasciar fare tutto a lui.
Napoleone posò la forchetta e il coltello nel piatto e attese che arrivasse quello di Louis Antoine - Puoi anche cominciare a mangiare, non mi crea disturbo, Napoleone - comunicò l'amico.
- No, posso aspettare - insistette il corso - Se non penso al cibo, lo stomaco non si lamenta più di tanto - ammiccò convinto.
Louis Antoine ridacchiò - Sei sempre il solito corso testardo che conoscevo
Finalmente arrivò il piatto di Louise Antoine, e subito cominciò a mangiare con foga - Pago io per entrambi - asserì Napoleone, anticipando la domanda del cameriere, il quale annuì e se ne andò.
- Ti sono riconoscente, ma non c'era bisogno - ringraziò gentilmente Bourienne.
- Lo so, ma volevo mostrarmi grato con te - confessò Napoleone abbassando lo sguardo sulla carne di vitello - Per tutte le volte che mi hai sopportato e poi perché i miei colleghi hanno sempre pagato al posto mio, quando non avevo denaro, mi piacerebbe ripagarli e siccome sono impossibilitato per via della distanza, lo faccio con te, che sei il mio primo amico - alzò lo sguardo e gli sorrise dolcemente.
Bourienne rivide la malinconia stampata sul suo volto e comprese che Napoleone era cambiato solo d'aspetto. Tuttavia non riusciva a intendere se quelle parole fossero sincere o meno. Era sempre stato particolarmente ambiguo nei suoi discorsi, per cui non sapeva fino a che punto credere alle sue parole - Grazie - effuse solamente con profonda gratitudine.
- Gli amici fanno questo, non lo dicevi sempre? - ridacchiò, alzando il sopracciglio. Riprese le posate e tagliò un pezzo di carne che assaporò, era davvero sostanzioso e speziato. Il sughetto dei pomodori rendeva il tutto ancora più gustoso.
- Hai ragione - confermò lui ridendo a sua volta, dopo aver bevuto un bicchiere di vino - Quindi hai cambiato opinione sull'amicizia... - aggiunse speranzoso l'amico.
- Assolutamente no, per me l'amicizia resta sempre un'illusione - ribadì Napoleone mostrandosi nuovamente serio, agitando la forchetta gocciolante - Tu sei un'eccezione, Louis Antoine
- Capisco - sospirò, allungando la bottiglia verso il bicchiere del compagno, versandogli poco vino - Come mai sei a Parigi? Non volevi tornare in Corsica per seguire le orme del tuo eroe Paoli? - cambiò discorso.
Napoleone sospirò a sua volta e si rabbuiò, il poco appetito che aveva, passò - Ex eroe, Louis Antoine, purtroppo il Patriota che mi hanno sempre descritto non corrisponde per nulla alla realtà, questo succede quando si idealizza un uomo mediocre...
Bourienne non credeva alle sue orecchie, lui, Napoleone, il corso che aveva sempre difeso a spada tratta il suo conterraneo, di cui non aveva mai dubitato, ne parlava così, come fosse un omuncolo qualsiasi, di quelli che egli stesso aveva incontrato nella sua vita - Sei scappato anche tu?
- Come anche tu? Non mi dire che sei un fuggiasco? - scattò Napoleone. Bourienne non rispondeva, probabilmente era vero - Parla! - tuonò imperioso il corso - O non ti fidi di me?
Louis Antoine pensò che fosse meglio parlarne con Napoleone, forse era l'unico che lo avrebbe capito, nemmeno la sua famiglia sapeva della sua fuga dai territori del Sacro Romano Impero. Si fece coraggio e alzando la testa, scorse l'incrollabile energia del suo amico, nascosta in quel corpo apparentemente malaticcio e gracile. D'altronde era sempre stato una forza della natura - Come puoi vedere non indosso l'uniforme, Napoleone - incominciò mostrandogli i suoi abiti raffinati e borghesi - Dopo che te ne andasti da Brienne ho continuato e completato gli studi militari, entrai persino nell'esercito e per un paio di anni vi prestai servizio...
Napoleone lo ascoltava, concentrato sulle sue parole, neanche lo stomaco si lamentava più, ciò che contava era prestare attenzione al suo amico. Louis Antoine giocherellava con il bicchiere, proseguendo nella narrazione - Con il tempo, però, mi resi conto che la carriera militare non era adatta a me e mi dedicai alla diplomazia, viaggiando per varie città europee, in particolare a Vienna e a Lipsia, dove mi applicai nello studio, infine venni nominato segretario della Legazione a Stoccarda, che fu la mia ultima tappa...
- Da lì sei scappato e ora sei nella lista degli emigrati giusto? - ipotizzò Napoleone riprendendo a mangiare voracemente. Prese il vino e lo allungò con l'acqua, per evitare fastidi alla testa.
- Non ti sfugge proprio nulla - ridacchiò Louis Antoine, affondando la forchetta nel pezzo di carne, vedere il suo amico mangiare gli aveva fatto tornare l'appetito - Adesso tocca a te dirmi il perché della tua presenza a Parigi...
Napoleone accontentò la sua richiesta e gli narrò la sua storia da quando se n'era andato da Brienne, Louis Antoine gli prestava ascolto, rapito dal suo modo carismatico e coinvolgente di parlare: era addirittura più diplomatico di lui, seppur sbagliasse qualche pronuncia e avesse ancora quell'inconfondibile e spiccato accento corso.
Gli stava descrivendo della situazione drammatica in Corsica, paragonava la sua isola ad una madre sofferente che assisteva al massacro tra fratelli, senza poterlo impedire. Da quelle parole Louis Antoine percepiva il dolore che Napoleone provava, specialmente quando riferiva frasi del tipo "Ho dovuto farlo, per il bene comune" "Per arrivare alla pace si deve necessitare anche del male".
Bourienne si era convinto di essere diventato un uomo rispettabile rinunciando alle armi, lottando civilmente, invece si rese conto che persone come Napoleone erano rare, persino in un'epoca in cui tutti si professavano rivoluzionari. Lui apparteneva a quel mondo di uomini, di eroi, capaci di sacrificare tutto in nome di un sogno, ambizioni, energie e vite.
Napoleone leggeva tutto questo negli occhi scuri dell'amico e scorgere quel senso di sconforto, frustrazione non lo rendeva felice. Si considerava un egoista, lo ammetteva a sé stesso, a volte opportunista, cinico e sfrenatamente ambizioso. Per questo non voleva che le persone più care lo idealizzassero, come lui aveva fatto con Paoli - Louis Antoine - disse Napoleone - Non rendermi la persona che non sono...
- Co...Come? - balbettò l'amico guardandolo, non comprendendo le parole dell'amico - In che senso?
- Il lavoro che svolgi è più nobile del mio, credimi - chiarì freddandolo con lo sguardo - Risolvere i conflitti con il dialogo è ciò che di più elevato possa esistere, combattere per il proprio paese adoperando l'arma più potente di tutte, la parola, questo dono prezioso concessosi dal Destino, assieme alla matematica e alla scienza, che ci rendono superiori alle bestie - non affermava questo per compiacerlo, ma perché ne era pienamente convinto.
Stava intraprendendo la carriera militare ed era certo che sarebbe arrivato alla gloria, eppure era altrettanto sicuro che la sua sarebbe stata effimera. - L'esempio di un uomo di lettere sarà sempre più elevato di quello di un uomo d'armi, perché il primo dà o restituisce la voce a chi non ha potuto parlare, mentre il secondo ne avrà così tante attorno a sé da generare confusione e menzogne... - Sperava, comunque, di essere ricordato per qualcos'altro, come Giulio Cesare, narratore delle sue stesse gesta.
Bourienne riconobbe a stento l'amico in quelle parole, era maturato così tanto? I testi che aveva letto con ardore, con passione lo avevano reso così diverso? Quelle parole parevano presagire un destino crudele, oscuro ai più, non a lui che lo aveva compreso e accettato. La gola gli si fece secca e bevve del vino.
La riflessione fu bruscamente interrotta dalla marcia armata della massa popolare, la quale si stava furiosamente dirigendo al palazzo delle Tuileries, gridando confusamente. Napoleone voltò rapace il viso scavato, su cui spiccava il naso aquilino, balzò in piedi, esordendo - Seguiamo la plebaglia - Louis Antoine annuì, alzandosi a sua volta, mentre Buonaparte lasciava il conto sul tavolo. Quest'ultimo quasi volò verso l'uscita, divorato dalla curiosità, Bourienne salutò, ringraziò i proprietari, anche a nome dell'amico e lo seguì.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top