Capitolo 47 - Ciò che è affermato senza prova, può essere negato senza prova -

Corte, 21 aprile

- Signor Paoli - esordì il servo dall’altra parte della porta, bussando agitato.

- Avanti - tuonò il Patriota alzando la testa. 

Il servo aprì la porta delicatamente e s’inchinò con reverenza, esclamando - È arrivato Buonaparte!

- Di già? - sbottò incredulo Paoli, non aspettandosi la sua visita per quella giornata. L'altro annuì. Il Patriota aveva saputo di ciò che il giovane aveva combinato ad Ajaccio, non avrebbe mai pensato che si sarebbe spinto fino a tanto, con i francesi che lui stesso sosteneva. Quando seppe del rapporto del colonnello Maillard, si era schierato dalla sua parte solamente per destabilizzare il ragazzo, ordinandogli di lasciare la sua città e andare a Corte per essere interrogato sull'accaduto. Rimase spiazzato nel sapere del suo rapido arrivo, incurante di quello che gli aspettava, non riusciva ad inquadrarlo.

L'uomo stava ancora attendendo una risposta e bussò per risvegliarlo dai pensieri che attraversavano la sua mente - Signor Paoli, lo faccio entrare? - Pasquale si ridestò spaesato e lo fissò senza ricordare cosa avesse detto un secondo prima - Allora? - chiese nuovamente il servo.

- Sì, sì fallo entrare - annuì infine, sventolando stancamente la mano destra.

- Come volete signore - obbedì il servo facendo qualche passo indietro.

Napoleone era appoggiato al muro del breve corridoio, a braccia conserte, rimembrando l'ultima discussione avuta successivamente alla battaglia di Ajaccio. Se ne sarebbe andato subito dopo quell'udienza, il tempo di tornare a casa, aggiustarsi un po', sistemare la sua roba e partire alla volta di Parigi. Inoltre aveva già pensato a come convincere sua madre se si fosse opposta nuovamente.

- Il signor Paoli ha acconsentito alla richiesta di ricevervi, cittadino Buonaparte! - gli riferì il servo gentilmente, interrompendo la sua riflessione. Napoleone si scostò dal muro, abbassò le braccia e si volse verso di lui, pacato, lo guardò intensamente per un istante, gli sorrise lievemente, ricambiando l’inchino. Nel momento in cui gli passò di fianco e si allontanò, l'uomo riprese fiato e il colorito naturale della pelle, si asciugò il sudore con il fazzoletto e se la svignò; quell'occhiata penetrante lo aveva scombussolato nel profondo.

- Tenente colonnello Buonaparte - esordì sorridente Paoli a braccia aperte, volendo alludere ad un abbraccio affettuoso tra amici, conoscenti fidati, un modo sottinteso per fare intendere a Napoleone che non doveva esserci ostilità tra loro. Il ragazzo entrò, s'inchinò seppur in cuor suo non volesse assolutamente farlo, per via del disprezzo che ormai provava per quell'uomo e sfuggì al suo abbraccio. Il patriota nel vedere tale diffidenza si avvicinò e posò la mano sulla spalla - Prego, accomodati pure - gli consigliò gentilmente indicando due comode poltrone e un tavolino in legno poco distanti dalla scrivania.  

- Vi ringrazio, cittadino Paoli, anche se non credo che la nostra chiacchierata durerà molto - enunciò freddamente, togliendo gentilmente quella mano. Si sedette comodamente e pose il bicorno sul tavolino accanto al servizio da tè.

- Dipenderà dalla lunghezza del discorso - affermò Paoli massaggiandosi il mento liscio e il collo, si accomodò lentamente su di essa, poggiando le braccia sulla poltrona - Scusate è l'età che avanza e mi si indolenzisce il corpo dopo pochi minuti di sforzo, ah la gioventù! - si autocommiserò sospirando, rimpiangendo i tempi andati.

- Immagino che non possa comprenderlo - sentenziò Napoleone composto e controllato, scrutandolo - D'altronde me lo avete fatto intendere chiaramente, sono troppo giovane per sapere e capire - Paoli capì perfettamente l'allusione di Napoleone, quella ripicca che gli rinfacciò, nei confronti della storia sulla Corsica che aveva scritto e che aveva criticato, non l'aveva dimenticata. Probabilmente, fu la causa del suo atteggiamento ostile.

- Non...non vuoi del tè? - gli propose Paoli goffamente, cambiando argomento.

- No grazie, non lo prendo a quest’ora - rispose semplicemente il tenente colonnello - Piuttosto, passiamo subito al sodo, volete sapere, dunque, ciò che ho ideato ad Ajaccio? Non vi bastava Maillard? - lo interrogò poggiando i gomiti sulle gambe, facendo combaciare le dita involontariamente a triangolo.

- Be' sì, ma mi piacerebbe sentire la tua versione - asserì Paoli mordendosi le labbra. Quel ragazzo riusciva ad arrivare al nocciolo della questione senza girarci troppo intorno, era sveglio e acuto, forse anche troppo per i suoi gusti, conoscendo l'origine familiare. Una spina nel fianco. Era sempre più certo che avesse ereditato carattere e capacità dal lato materno più che da quello paterno. Ciò lo preoccupò non poco.

Tuttavia Napoleone fu accondiscendente, riferendogli solamente la versione che aveva esposto ai suoi uomini. Nessuno doveva essere a conoscenza delle sue intenzioni, delle sue ambizioni. Preferiva che Paoli avesse un dubbio, anziché dargli la certezza della verità, soddisfacendolo.

Il Patriota lo ascoltava accorto e man mano che il ragazzo gli esponeva le sue ragioni, si rendeva conto che gli anni passati in Francia lo avevano inesorabilmente cambiato e mostrato il mondo da una prospettiva differente rispetto a quella che aveva prima di sbarcare nel Continente. Lo stesso che era avvenuto a lui, durante il suo esilio in Inghilterra. Non poteva sapere, però, che all'Accademia militare, Napoleone lo aveva difeso con le unghie e con i denti, subendo pesanti umiliazioni, facendo acuire enormemente l'odio verso i francesi, che ora sembrava scemato.

Buonaparte lesse i turbamenti stampati sul volto rugoso e cadente del Babbu a Patria e pronunciò - Troppe cose sono cambiate da allora, da quella sconfitta, non è mutato solo il popolo corso, è mutata l’isola stessa, sono mutato io senza volerlo...

Paoli spalancò gli occhi e lo guardò: perché gli stava parlando di quella maledetta battaglia del Ponte Nuovo? L'inizio di tutti i guai, se solo non ci fosse stata, ora sarebbe il capo dell'isola, senza doversi affidare agli inglesi, di cui si fidava, ma che pure temeva, poiché era informato sul loro malcelato desiderio di conquista del Mediterraneo. Nonostante questo, li preferiva ai francesi - Non rimproveri il mio improvviso schieramento a favore dei francesi, pur sapendo della mia alleanza con gli inglesi? - gli chiese, tentando di usare la voce grossa al fine di spaventarlo un po'.

- Perché mi fate una domanda di cui sapete già la risposta, cittadino? - lo sollecitò a sua volta Napoleone, stando un po' scomposto sulla poltrona, le mani poggiate sulle gambe, per nulla intimorito - Il nemico per voi, in questo momento, sono io - imperò severo, certo della sua affermazione - Ed io lo accetto, seppur non condivida affatto la scarsa considerazione che avete di me, però vi avverto - il suo sguardo diventò tagliente al pari di una spada - Se torcerete un solo capello alla mia famiglia la pagherete cara non solo voi, ma anche i vostri alleati

- O giovane tu sei fatto all'antica, tu sei degli uomini di Plutarco - dichiarò Paoli dopo un lungo silenzio, sapendo della sua passione per i grandi uomini del passato. Ravvisò in lui un carattere iperprotettivo nei confronti della famiglia, quasi come se fosse lui il capofamiglia e non Giuseppe, del resto lo aveva più volte dimostrato. Scorgeva inoltre tratti, movenze, atteggiamenti, espressioni e modi di parlare provenienti da quel mondo così lontano, mai veramente dimenticato nei secoli.

A Napoleone, nel profondo, colpì quella frase pronunciata proprio dal suo ex mito. Era per lui lui, un complimento: corrispondeva al suo sogno più recondito e più folle, non gli importava del pensiero della gente, aveva imparato a non dargli credito da parecchi anni. "Peccato che me lo abbiate detto solo adesso" disse tra sé il tenente colonnello "Se lo aveste fatto fin da subito, probabilmente le nostre famiglie sarebbero ancora alleate, onorando l'amicizia tra voi e mio padre, invece vi siete lasciato ingannare dalla mia giovane età, pensando che sia uno sconsiderato, privo di ogni controllo, un sognatore incapace di guardare la realtà, non sono stato io a rovinare tutto Paoli..."

Il Patriota lo stava osservando curioso e al tempo stesso impaurito, Napoleone lo  fissava senza pronunciare una parola, con il suo sguardo inquietante. Ingoiò la saliva e spostò le iridi azzurre, pur di non incrociare quegli occhi dello stesso colore del compianto Carlo, eppure totalmente diversi.

Per evitare di alimentare l'evidente disagio del Patriota, Napoleone si alzò - Ed ora se mi è concesso, vorrei congedarmi dal colloquio

- Ma...ma come? Non abbiamo ancora finito... - borbottò ridestandosi, alzandosi a sua volta.

- Invece sì, cittadino, quello che volevate sapere ve l'ho riferito, per cui posso tranquillamente andarmene - lo interruppe Napoleone senza specificare la destinazione, se lo avesse fatto non era così sicuro che l'avrebbe lasciato partire per la Francia così facilmente. Stava avanzando verso la porta quando improvvisamente si fermò - Ho un'ultima cosa da dirvi, cittadino - finse di ricordare, ruotando le iridi nella sua direzione, vide nell'anziano uomo accendersi la voglia di sapere - Se i nostri rapporti non si fossero rovinati in tale modo, chissà, forse adesso starei nelle file inglesi, per servirvi al meglio, invece di farvi la lotta - Dopodiché, senza nemmeno dargli il tempo di ribattere, Napoleone aprì la porta ed uscì sicuro.

Il servo, trovando la porta aperta, entrò preoccupato per il suo signore: era seduto, la mano che copriva la fronte.

- Non si bussa prima di entrare?! - sbraitò Paoli adirato e nervoso. Si era illuso di poter finalmente avere tra le mani quel maledetto Napoleone, invece se lo era fatto scappare senza nemmeno rendersene conto. Sbatté il pugno violentemente contro il braccio della sedia, facendo sussultare il povero servo, il quale credette di essere la causa della sua agitazione.

- Perdonatemi... ma ho visto il ragazzo uscire in fretta e furia... e mi sono allarmato… - si scusò abbozzando un inchino tremolante.  

- No, no scusami tu - sospirò, si stropicciò gli occhi e gli ordinò - Portami qualcosa di forte, ne ho bisogno

- Come desiderate! - eseguì immediatamente.

Una volta fuori dal palazzo Napoleone saltò sul cavallo e prese il largo per tornare il prima possibile ad Ajaccio. Mentre attraversava le strade scoscese e ripide, si voltò, ammirando il profilo di quella cittadina davvero suggestiva, il castello quasi scolpito sulla roccia, le case che parevano un tutt'uno con i monti dalle cime dolci e fitte di vegetazione, l'uomo dominava la natura ed era capace di modellare l'ambiente a suo piacimento. Adesso aveva i mezzi necessari per conoscere il mondo adoperando la ragione, il tempo dell'oscurantismo stava per terminare. Fu questo desiderio di voler emergere a scuoterlo e a riprendere il cammino verso sud, verso la sua città natale.

Ajaccio, 28 aprile

Non appena piombò in casa, Napoleone fu invaso di domande circa il suo discorso con Paoli, sinceramente impensieriti per ciò che stava facendo, sperando che alla fine si risolvesse tutto per il meglio. A suddette questioni il giovane tenente colonnello ribatteva semplicemente - Voleva sapere alcuni dettagli sulla battaglia dal sottoscritto

Si diresse verso la sua stanza e si tolse gli stivali e parte della divisa. Poi diede disposizioni al servo di preparare la vasca, non vedeva l'ora di farsi un bel bagno per rigenerarsi e riprendere le forze, l'inserviente ubbidì e gliela fece preparare in poco tempo.  Napoleone immediatamente vi si infilò e si rilassò completamente tra i vapori dell'acqua bollente e il profumo dei sali da bagno, poggiò la testa sul bordo della vasca e chiuse gli occhi.

Stava ripensando alle parole che avrebbe rivolto a sua madre per rassicurarla: Parigi era più pericolosa che mai, tuttavia era curioso di vedere con i propri occhi l'evoluzione degli eventi rivoluzionari, era attratto dal pericolo. E poi avrebbe recuperato la sorella Elisa, ancora ospite a Saint-Cyr, temeva che potessero occupare e saccheggiare la struttura da un momento all'altro e si augurava che nessuno avesse ancora osato farle qualcosa, altrimenti non sapeva nemmeno lui come avrebbe reagito in una simile circostanza.

Si rigirava nella vasca, massaggiando accuratamente le articolazioni, beandosi di tale trattamento, ancora non riusciva a capacitarsi di come i francesi, nell'epoca dei lumi, potessero dare conferma a sciocchezze elaborate in secoli pregni di stupidi pregiudizi, come il fatto che l'acqua facesse male alla pelle. Si alzò e, gocciolante, si affrettò nel prendere un panno e asciugarsi prima di venire scosso dagli odiosi brividi di freddo.

Si rivestì con cura e legò i capelli, lunghi fino alle spalle, secondo la moda dell'epoca - Dovresti tagliarteli, Nabulio, per comodità e poi saresti meglio - gli consigliò la madre quando lo vide aggiustarsi dei ciuffi davanti gli occhi, afferrando alcune ciocche. 

- Non li tengo lunghi per seguire una moda di cui non m'importa nulla, quanto per ribellione, per evitare di indossare quelle ridicole e orribili parrucche - controbattè subitamente Napoleone, evidentemente disgustato.

- Meno male che Carlo non è qui, se ti sentisse ci resterebbe malissimo, lo sai che ci teneva a queste bizzarrie - rise Letizia nel constatare quanto lui e suo padre fossero opposti in tutto e per tutto.

- Per fortuna i tempi stanno cambiando e presto accadrà alla moda che sicuramente subirà un processo di semplificazione - confermò Napoleone, non volendo entrare troppo in discorsi spinosi - Li accorcerò non appena vedrò che il mondo sarà pronto per la nuova era che nascerà dopo la rivoluzione - promise il ragazzo accarezzando dolcemente il viso della madre. Letizia poté ritenersi soddisfatta per quella promessa che era riuscita a strappare, anche se non aveva ben capito le sue parole.

Subito dopo l'irruente figlio si staccò da lei e sistemò il tutto per il viaggio, la donna sospirò e gli ricordò di non esagerare come al suo solito - La Francia non è la Corsica, figlio mio, per cui cerca di stare il più lontano possibile dai guai, se ti perdessi io non... -

Napoleone gli diede un bacio sulla fronte, per rassicurarla - Non dovete preoccuparvi, madre, resterò il tempo necessario per far calmare le acque qui, accertarmi delle condizioni di Elisa e ritornare con lei - le sorrise dolcemente, come faceva da bambino. Si avviò verso l'uscita e aggiunse - Ricordate agli altri che vi terrò aggiornati... - per poi scomparire all'orizzonte.



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