Capitolo 30 - Alla pari degli invasori -
10 ottobre
Il governatore dell'isola, venuto a conoscenza del circolo rivoluzionario ad Ajaccio, creato molti mesi addietro e rinnovato in toto da un giovanissimo ufficiale francese, da poco tornato nella terra natia, con l’aggiunta di una milizia di volontari che giorno dopo giorno aumentava di componenti, temendo per la sua vita, ordinò di chiudere quel maledettisimo circolo, di bandire uno per uno i volontari, in particolar modo la mente che era dietro a tutto questo: il sottotenente Napoleone Buonaparte, il cui nome era in cima alla lista di petizione inviata all'Assemblée Nationale di Parigi.
Non appena ebbe il foglio tra le mani, Napoleone, colto da uno dei suoi tremendi e frequenti scatti d’ira, l’appallotolò e la schiacciò sotto lo stivale immaginando che quella fosse la testa dell’odioso governatore. Se solo fosse passato di lì per caso non sapeva cosa gli avrebbe fatto...
Ciò che lo aveva fatto infuriare non era tanto la cattiva reputazione che avrebbe avuto agli occhi dei colleghi francesi, sapendolo malato - Per quello mi basterà mandare una lettera in cui elenco tutte le calunnie di quel maledetto - Era la sua codardia ad avergli fatto perdere le staffe - Quel vigliacco! - sussurrò furioso - Non ha neanche avuto il coraggio di affrontare me e il mio piccolo esercito di volontari di persona, da vero uomo - digrignò i denti, poi sollevò la mano sinistra chiusa a pugno e la strinse con maggior forza - Ha dimostrato di essere solo un verme!
Lanciò contro il muro quel che era rimasto del foglio, poi emise un profondo respiro, spostò alcuni ciuffi sulla fronte e si calmò. Ritornato lucido pensò che fosse meglio denunciare la tirannia del governatore con le parole anziché con le baionette.
Perciò dopo essersi chiuso a chiave nella sua stanza scrisse un libello contro il governatore e comandante, accusandolo di non adoperare un governo rivoluzionario adeguato ai tempi e di essere un ottuso tiranno.
Ma Napoleone non era l’unico a sostenere la causa francese…
Bastia, 15 ottobre
Un giovane avvocato, di appena 32 anni, si aggirava, con aria tranquilla, per una delle tante vie secondarie della città. Era tornato da poco dalla Francia, in cui era approdato in veste di deputato del Terzo Stato agli Stati Generali prima, dell’Assemblée Nationale poi.
In quel momento ardeva dal desiderio di portare l’esempio francese nella città più grande e popolosa dell’isola, Bastia, lacerata, come quasi tutte le contrade corse, da lotte intestine tra fazioni opposte che non riuscirono a trovare un accordo: si chiamava Antonio Cristofano Saliceti, francesizzato Antoine-Christophe.
- Antonio, da quanto tempo vecchio mio! - esclamò un suo amico non appena lo vide passare di lì per caso e che riconobbe dal suo profilo allungato e spigoloso.
- Salve a te, cittadino! - lo salutò con un seducente sorriso e la mano alzata. Sapeva che lo avrebbe trovato lì, poiché quel compagno frequentava sempre il quartiere nell’ora pomeridiana, per questo si era diretto lì con l’intenzione di far sembrare il loro incontro del tutto casuale - Eh sì, da quando sono partito per Parigi! Come stai? Ti vedo in forma!
Ogni volta gli faceva uno strano effetto sentire il suo nome nella sua lingua natia, e soprattutto di tornare a parlarla dopo mesi e mesi di ostentato francese.
- Il tuo occhio di falco non sbaglia mai, Antonio, ora però devi raccontarmi per filo e per segno i particolari della vicenda - gli fece presente l’amico.
Saliceti gli rivolse uno sguardo penetrante come i suoi occhi scuri, profondi come pozzi e gli disse con voce suadente - Seguimi e ti dirò qualsiasi cosa tu vorrai amico
Il compagno, che ben conosceva la sua arguzia, la sua straordinaria oralità e il suo fare un po’ losco e misterioso, rendendolo per certi versi affascinante, gli lanciò un sorrisetto malizioso chiedendogli - Cosa hai in mente stavolta, vecchia volpe?
- Qualcosa di grosso, che verrà ricordato dai posteri! - rispose con entusiasmo Saliceti; indossò il cappello e si avviò verso una strada quasi disabitata, accompagnato dall’amico curioso di sapere cosa diavolo avesse progettato la sua macchinosa e brillante mente - Ci siete già tutti, cari amici! - disse dopo essere entrato e gli rivolse un inchino.
- Mancavate solo voi, cittadino Saliceti - gli risposero in coro il gruppo di seguaci che era riuscito a racimolare qua e là negli ultimi giorni.
Si tolse il cilindro dalla testa e la giacca pesante che appoggiò sulla sedia, pose le braccia sul tavolo e attese che il piccolo gruppo si fosse seduto attorno a lui come una mini tavola rotonda.
- Vi ho fatto riunire qui al fine di creare un’assemblèe nationale corsa, amici, so che potrei sembrare un traditore, ma ormai credo che non sia più il tempo di guerreggiare con la Francia che vuole un sostegno decisivo e concreto da parte nostra, che vuole renderci i più prestigiosi tra i suoi pari, che conosce le nostre potenzialità e che potrebbe far sprigionare al massimo se solo noi le concedessimo una possibilità, amici - si interruppe per vedere le reazioni dei presenti che non erano proprio rosee e accoglienti come avrebbe sperato.
- Scusate cittadino, ma non credo che la Francia farebbe questo, da quando ci ha conquistato non fa altro che richiedere tasse senza interessarsi minimamente a noi! - gli ricordò uno dei suoi compagni che mal digeriva questa sua apertura agli oppressori.
- Ciò che state dicendo è esatto, ma antiquato - gli rispose Saliceti ancora ardente di speranza - È anche vero, però, che abbiano iniziato a conoscerci veramente da poco tempo, non dimenticatevi che io faccio parte dell’Assemblée parigina e avendo tale prestigioso ruolo ho potuto parlare, a nome di tutti i corsi, delle nostre condizioni spiegando che li avremmo sostenuto solamente se ci avrebbero considerato come loro pari
- Davvero? - si domandarono l’un l’altro increduli - E cosa vi hanno detto?
- Che sono disposti ad aprirsi totalmente alle nostre richieste ed esigenze - espose con un ovvietà tanto calcolata da apparire spontanea - A patto di riuscire a diffondere in tutta l’isola i valori della Rivoluzione, non dimenticate che la Francia si è dotata di una Costituzione finalmente, la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino
- Ma…ma è impossibile, riusciremmo a farlo a malapena qui, a Bastia che è la più popolosa, figuriamoci in tutta Corsica e poi c’è quel maledetto governatore che non fa altro che opprimerci con le sue reclute mercenarie! - esclamò l’amico che batté la mano sul tavolo con rabbia. Così fecero anche gli altri che improvvisamente ebbero paura di quell’idea di cui all’inizio avevano apprezzato senza rifletterci ponderatamente.
- Non capite! - emise alla fine Saliceti tentando di non perdere le staffe - Se riusciamo nel nostro intento qui, nella città più abitata, gli altri sarebbero spronati nell’imitarci e alla fine potremmo muoverci tutti insieme contro il governatore e cacciarlo una volta per tutte - Li guardò intensamente uno ad uno - Non avete idea di quello che può fare la massa, amici, qualche giorno fa, alcune donne sono riuscite a far spostare la corte e i sovrani da Versailles a Parigi presso le Tuileries, perché noi non dovremmo riuscire a diffondere la Rivoluzione sulla nostra isola? Inoltre mi è giunta voce che ad Ajaccio e nella stessa Corte qualcuno ci ha anticipati ed ha intenzione di agire esattamente come il sottoscritto
- State dicendo il vero?
- Perché dovrei mentirvi, amici? - gli disse scrutandoli attentamente - Anzi per esserne davvero certo ho deciso in seduta stante di recarmi di persona nelle città citate per constatare se effettivamente si stia muovendo qualcosa, quando il tempo ci sarà favorevole - gli rispose con tono convincente per convincerli.
- Ci sembra un’ottima idea!
- Se poi desiderate unirvi a me, fatelo pure senza esitazioni, la compagnia è sempre ben gradita - aggiunse infine prima di tacere e di concedere la parola ai suoi compagni che sembravano cedere alla sua proposta e accettarono di creare l’assemblea. "Bene, ora manca un ultimo tassello ed è fatta!" si disse Saliceti con gli occhi illuminati da una strana luce.
Ajaccio, 10 gennaio 1790
Come di consueto ormai in casa Buonaparte, l’ora di cena era diventato il momento ideale per discutere animatamente di politica e di attualità, specialmente dopo aver ricevuto una notizia davvero sensazionale.
- Da questo momento in poi non siamo più una colonia francese, ma un dipartimento a tutti gli effetti e di conseguenza siamo alla pari ai nostri ormai ex invasori - esclamò Luciano con un entusiasmo che invase tutto il suo corpo in maniera irrefrenabile. Era proprio fiero di poter essere considerato un cittadino a tutti gli effetti di fronte ai francesi e non più un semplice colone come era stato sempre considerato.
Napoleone osservava silenzioso, con una mano sul mento, il cupo cielo invernale carico di nuvole scure come presagio di un’imminente temporale. Quella notizia lo aveva lasciato indifferente. Il suo iniziale desiderio era quello di liberare la Corsica da ogni forma di tirannia creando uno stato unico, come desiderava Paoli, tuttavia si rese conto che, per il momento, era meglio così.
I corsi non erano ancora pronti per uno scontro, la Francia era molto più debole di prima con la Rivoluzione, anche loro, però, si erano sfiancati negli ultimi tempi a cause dalle lotte intestine che non si sarebbero risolte in quattro e quattr’otto e che avevano dimezzato risorse umane.
- Pare che tutto ciò sia dovuto ad un tale di nome Saliceti che ha approvato il decreto apposito - aggiunse Giuseppe alla fine di un discorso di cui Napoleone aveva udito solamente l’ultima parola - Era un membro dell’Assemblée Nationale e lì è riuscito a farsi un buon nome e una posizione sicura
"Saliceti..." ripeté tra sé il sottotenente "È meglio che mi stampi questo nome, uno come lui è più sicuro averlo come alleato che come nemico, in futuro potrebbe anche aiutare me e gli altri a scalare le vette in fretta"
- Ma se dovesse tornare Paoli dall’esilio cosa accadrebbe? - chiese incuriosito Luigi che si era intromesso nel discorso.
- Si scatenerebbe l’inferno, Luigi! - sentenziò Napoleone senza girarci troppo intorno, rimanendo in quella posizione. Poi si voltò verso di loro e aggiunse con tono perentorio, quasi fosse un ordine - Ma dobbiamo sostenerlo comunque e fargli capire le nostre ragioni, poiché è l’unico uomo che riuscirebbe a mettere tutti d’accordo - si interruppe per poi aggiungere con espressione disgustata - Sempre che non si sia alleato con gli inglesi
A quelle parole Giuseppe, Luciano e Luigi sbiancarono e si fissarono timorosi.
"Sarebbe una delusione" ammise sospirando Napoleone "Oltre che l'inizio della fine".
Londra, 15 febbraio
Sebbene fossero passati più di vent’anni dall’esilio, Pasquale Paoli era riuscito ad adattarsi in poco tempo ai costumi e alla mentalità inglese che coincideva con i propri ideali. Nonostante le privazioni formali, il Patriota era trattato con molto riguardo e rispetto nella capitale del regno, gli fu addirittura permesso di tenere d’occhio la situazione della Corsica, seppur a debita distanza.
La notizia dello scoppio della Rivoluzione arrivò a gran voce anche nelle isole Britanniche, le quali inizialmente accolsero con gioia e ammirazione l’azione dei loro acerrimi nemici, tanto da mettere da parte, almeno superficialmente, la propria ostilità nei confronti dei francesi.
Ad eccezione di Paoli che aveva intuito il pericolo nascosto di quell’evento che prima o poi avrebbe mostrato il suo lato più macabro e caotico. Era seriamente preoccupato per la sua isola: attratta da quei illusori ideali di libertà e di uguaglianza sarebbe stata sicuramente inghiottita nel buco nero della Francia senza aver più possibilità di uscirne fuori.
"Come se non bastasse adesso la Francia l’ha resa effettivamente un suo dipartimento, un’ottima strategia per avvicinarla sempre più nella sua morsa, se solo potessi recarmi nella mia terra, mi renderei conto di persona della faccenda e tenterei di riportare il mio amato popolo nella giusta direzione, ovvero verso la liberazione!" si disse mentre girovagava nervoso per la stanza con il passo sempre più pesante a causa dell’età che, inesorabilmente, avanzava.
Era poco più che quarantenne quando aveva messo piede in Inghilterra come esiliato, ora aveva più di sessanta anni e, anche se era rimasto sempre attivo e sveglio sapeva che non gli restava più molto tempo per realizzare i suoi desideri.
"Se continuerò a mostrarmi cordiale con questo popolo forse riuscirò a smuoverli a farmi partire, ho già il piano giusto per convincerli, devo solo attendere che l’entusiasmo si freni un po'" si disse mentre osservava la neve che continuava a cadere lentamente sulla capitale del Regno, lungo il Tamigi, completamente ghiacciato, su cui si stava svolgendo il mercato con vivacità ed allegria.
Improvvisamente bussarono alla porta.
- Avanti! - esclamò il corso pacatamente.
- Mr Paoli - disse un gentiluomo inglese vedendolo concentrato a guardare dalla finestra - Cosa vi attira così tanto da essere totalmente ipnotizzato? - chiese avvicinandosi lentamente.
- Il mondo, ser - effuse semplicemente in un perfetto inglese che imparò in pochi anni - Nonostante vi soggiorni da tempo, non riesco ancora ad abituarmi ad alcuni vostri atteggiamenti, come quello di uscire allegramente a fare compere con questo tempo
L’inglese rise di gusto e lo guardò con aria stupefatta - Ma guarda un po’! Un italiano che fa la predica ad un inglese, voi che siete il popolo di bizzarro, più affascinante, più stravagante, più folle che il mondo conosca! Avete ragione a dire che fa freddo però è accettabile, mr Paoli
- Dimenticate ser - sbottò il corso con una risatina - Che io provengo da una delle isole più calde del Mediterraneo, se per voi il caldo di fine primavera in Corsica è considerato caldo bestiale, il mio corpo la percepisce come temperatura media, lo stesso dicasi per il freddo londinese, lo percepisco con maggiore intensità rispetto a voi, poiché per voi è naturale - gli fece presente alla fine con un malinconico sorriso. Gli mancava il caldo torrido, afoso ed opprimente della sua isola, l’accoglienza del suo popolo energico e inarrestabile come un fiume in piena a cui stavano incominciando a costruire argini di contenimento.
- Ecco cosa intendo per bizzarro e affascinante, mr Paoli, siete un popolo di viaggiatori, di poeti, di artisti vagabondi, di intelletuali, privi di una vera patria, vera nazione, eppure riuscite a provare un nostalgico attaccamento alla vostra terra madre che supera quello di qualsiasi altro popolo che abbia conosciuto - rispose con ammirazione l’inglese - E nonostante la vostra terra vi abbia rifiutato oppure incompreso, avete scolpito nell’anima il suo nome che mai potrete eliminare, avete un filo invisibile che si lega ad essa, mi piacerebbe davvero provare questo profondo sentimento
- Se avrete modo di assaggiare l’amaro sapore dell’esilio forse potreste comprenderlo appieno, seppur non auguri a nessuno di provare tale esperienza - gli rispose il corso fissandolo dritto negli occhi. Rimasero in silenzio per vari minuti, il vento aveva acquistato forza e la neve cadeva in quantità sempre maggiori, andando a posarsi a strati sulla finestra.
L’inglese chiuse gli occhi e si avviò verso la porta - Avete perfettamente ragione mr Paoli - ammise prima di uscire.
"Lo so" rispose tra sè lanciando un’ultima, acuta occhiata alla porta.
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