Capitolo 28 - Ricordi di un'infanzia ormai lontana -

I fratelli Buonaparte e Carlo Andrea si erano inoltrati in una piccola e fitta foresta carica di umidità. I beagle correvano liberi sul tappeto di foglie, erba ed escrementi, abbaiando di tanto in tanto quando avvistavano una preda terrestre.

- Ascoltate - esordì Napoleone voltandosi verso Giuseppe e l’amico - Tu e Carlo Andrea andrete a caccia di animali terrestri più in profondità mentre io e Luciano ci dirigeremo verso la periferia a caccia di volatili

- Va bene - annuì Giuseppe - Ti avverto però che Luciano non sa usare ancora bene il fucile

Napoleone ghignò leggermente - Non preoccuparti Giuseppe, ci sono io al suo fianco - lo osservava con la coda dell’occhio, tentando di soffocare i suoi istinti.  

- Insomma Giuseppe, non sono più un bambino, ho 14 anni! - sbuffò Luciano. Giuseppe era fin troppo protettivo verso quel fratello turbolento, facendo acuire il suo carattere ribelle e rivoluzionario - Ti ricordo che mi sono iscritto al club Società della Rivoluzione da quando è stato istituito ad Ajaccio! - gli rinfacciò con arroganza Luciano.

"La Società della Rivoluzione?!" si disse Napoleone spalancando gli occhi "È uguale alla Société de la Revolution con sede principale a Parigi! Ne facevo parte anch'io, seppur ad Auxonne si facesse chiamare Société des amis de la Constitution, è incredibile!"

- Va bene, va bene, calmati ora, era solo per dire, e poi c’è Nabulio con te quindi non devo preoccuparmi - lo rassicurò Giuseppe con un sorriso teso - Ci vediamo!

- Luciano seguimi come se fossi la mia ombra - gli consigliò Napoleone.

- Agli ordini! - Si accodò al fratello che aveva rallentato il passo e con l’occhio attento osservava ogni angolo con estrema meticolosità - Ti muovi con molta sicurezza, Nabulio, conosci questo posto? - chiese incuriosito.

- Come le mie tasche, fratello, questo piccolo bosco è una seconda casa per me - gli rispose Napoleone senza distogliere lo sguardo dall’ambiente circostante, poi girò lievemente la testa verso di lui - Seguimi voglio portarti in un luogo speciale  

Luciano annuì un po’ preoccupato, ma aumentò il suo galoppo quando vide il fratello fare altrettanto. S’inoltrarono nel fitto della foresta, provava una leggera paura perché era la prima volta che attraversava quell’angolo, anche il cavallo percepì il suo stato d’animo.

Quel luogo gli provocava sensazioni contrastanti, timore, stupore per la sua imponenza, persino i suoi sensi erano sollecitati al massimo, la luce che filtrava tra le fronde creava degli effetti ottici spettacolari, la fresca umidità gli penetrava nelle ossa facendolo rabbrividire, inspirava a pieno petto quell’aria carica di suggestione. Alcuni uccelli cinguettavano allegramente altri svolazzavano da un ramo all’altro alla ricerca del proprio nido o per conquistare la femmina, mentre le cicale frinivano nell’ombra.

- Siamo quasi arrivati! - esclamò Napoleone - Va tutto bene? Ti sei ammutolito

- Sì, fratello, stavo ammirando il panorama in silenzio - rispose controllando il suo imbarazzo.

- Allora preparati - annunciò Napoleone alzando le sopracciglia.

- Per cosa?

- Tra un paio di minuti lo scoprirai

Dopo aver attraverso un lunghissimo tragitto in mezzo al bosco, improvvisamente Napoleone svoltò in una direzione ben precisa, verso la zona denominata U Casone e ciò che Luciano vide con i propri occhi lo lasciò a bocca aperta. Su di un’aspra e piccola grotta c'erano degli alberi bassi che crearono un surreale antro naturale. All’esterno della roccia vi era un tappeto verde che ricopriva l’antica asfalto calcareo.

- Pure io ebbi la tua stessa espressione la prima volta che scoprii questo posto! - lo tranquillizzò il fratello che scese da cavallo.

- L’hai scoperto da solo?!

- Sì, e sappi che tu sei la prima persona a cui mostro il mio angolo delle letture!

- A-angolo delle letture?!

- Quando ero bambino venivo quasi tutti i giorni qui, era l’unico posto in cui potevo essere me stesso senza creare disturbo e senza che nessuno mi giudicasse o criticasse - disse con un pizzico di malinconia - Nonostante siano passati tanti anni, non è cambiato molto

- Non sapevo della sua esistenza! - esclamò scendendo anch'egli dal destriero.

- Non lo seppe mai nessuno, neanche  Giuseppe, almeno qui volevo che mi lasciassero in pace - aggiunse.

1776

- Giuseppe vediamo se riesci a prendermi! - gli urlava contro Napoleone correndo - Anche se so già che non ci riuscirai

- Nabulio...ti prego...non fare sempre lo scellerato...io...sono responsabile di te... - gli ricordò Giuseppe inseguendolo quasi senza fiato.

- Ma se lo sono più di te - lo canzonò Napoleone arrivando in cima alla collinetta, che segnava la vittoria - E ho vinto...di nuovo...

Giuseppe si chiedeva il come facesse suo fratello a non mostrare mai un minimo di stanchezza o di cedimento, era sempre energico, veloce...cos'era in realtà?

- Ed ora mantieni la promessa fratello - gli fece presente Napoleone serio - Posso inoltrarmi nella foresta senza che tu me lo impedisca, aspettami qui, mi raccomando

- ‎Sì, fratello, almeno mi riposo un po' - rise sedendosi sull'erba.

- ‎Il solito pigrone - disse ridacchiando e scomparve nella foresta. "Chissà se maturerà un giorno..."

1789

Si avvicinò alla grotta e toccò la sua superficie ricoperta di muschio.

Quella grotta lo conosceva meglio di chiunque altro, quante volte dovette sorbirsi le sue lamentele, i suoi pianti senza poterlo consolare. E quante altrettante volte aveva letto con lui un buon libro scoprendo il suo più sincero sorriso, il suo lato più ingenuo, più sognatore, le sue emozioni più profonde e inaccessibili. Se solo avesse potuto parlare…

1777

Nel giorno del suo ottavo compleanno, oltre alla spada di legno si ricordò del piccolo tamburo militare che la madre gli aveva regalato. Traboccava di gioia per quel presente e cominciò a suonarlo per quasi tutti i borghi, non senza subire lamentele e ramanzine, anche da parte della madre e del fratello - Non ti ho regalato quello strumento per andare in giro a disturbare la gente!

- Nabulio, vai da un’altra parte a suonare non vedi che sto leggendo!

- Andate al diavolo tutti! - sbottò a sua volta Napoleone - Non posso mai fare nulla che mi aggrada, devo sempre sottostare ai più grandi! Non vi sopporto più! - gli aveva urlato contro prima di scappare via.

- Nabulio come osi parlare così a tua madre! Quando tornerai ti aspettano delle belle scaloppine! - aveva urlato a vuoto perchè Napoleone era già fuggito via.

Così in preda alla rabbia e alla delusione il bambino era corso a rifugiarsi nel suo antro, nel suo angolo delle letture, lì il suo animo diventava più leggero, lì nessuno avrebbe potuto lamentarsi. Riprese a suonare il tamburo girando più volte intorno al suo piccolo mondo. Poi prese una pietra scheggiata, scostò il muschio secco e vi disegnò sopra un plotone di soldati, o meglio quelli che ai suoi occhi sembravano soldati.

Ma lì nessuno lo avrebbe criticato o giudicato.

Una volta finito il capolavoro, si posizionò  dinanzi a loro, suonò una lunga marcia e, dopo aver estratto la spada di legno, urlò - Soldati! Il nemico è davanti i nostri occhi! Noi siamo inferiori numericamente a loro, ma non dobbiamo temere perché il coraggio moltiplica la nostra forza! Inoltre noi conosciamo il posto e possiamo muoverci a nostro piacimento! Quindi vi ordino di attaccare, però state tranquilli, non vi lascerò da soli vi accompagnerò fino alle bocche degli invasori! Soldati con me! All’attacco!

La fila di soldati immaginari si lanciò sull’esercito nemico e lui combatteva al suo fianco fino alla fine. E celebrò la vittoria immaginaria suonando nuovamente il tamburo fino al tramonto. Quando tornò a casa era tutto ricoperto di polvere e la madre come al suo fare lo rimproverò, e lo punì mandandolo a letto senza cena.

Camilla cercò di schierarsi dalla sua parte, dicendo che gli sembrava una punizione troppo severa per un po’ di polvere, fu Napoleone stesso a fermarla - Non devi rattristarti per me - gli riferì allegro come non mai - Se oggi non mangerò il mio corpo non ne risentirà, perché quest’oggi ho vinto la mia prima battaglia e ciò basta per colmare il mio animo - aggiunse mentre si dirigeva in camera sua sempre più contento.

- Una battaglia?! Ma cosa gli è preso?! - chiese preoccupata la balia-serva.

- Niente - intervenne Giuseppe con un largo sorriso e gli occhi chiusi - Sicuramente avrà simulato una battaglia immaginaria nei dintorni vincendo, so che sembra strano, ma lui è fatto così - spiegò poi con lo sguardo rivolto alla donna che si tranquillizzò nel vedere tutta quella fiducia e serenità.

- Sono contenta per lui, allora

1789

"Già da allora avevo capito quale sarebbe stato il mio destino: condurre un esercito sul campo di battaglia, in prima linea, senza alcun remore e paura".

- Nabulio, Nabulio - ripetè Luciano al fratello che era rimasto immobile davanti la roccia con la mano sul muschio - Nabulio, Nabulio - continuò con insistenza.

Napoleone si ridestò udendo la sua voce e scosse la testa verso di lui - Pardon, Luciano, mi ero perso nei miei pensieri - si scusò mentre saltò nuovamente sul cavallo - Andiamo? - domandò.

- Certamente - rispose il fratello emulandolo.

- Ah, un'ultima cosa Luciano - si ricordò Napoleone - Non fare parola con nessuno di questo posto, devi giurarmelo - lo ammonì con un sguardo gelido. Uno sguardo che non ammetteva tradimenti.

Luciano ebbe paura dell’ombra scesa sui suoi occhi, che fino a qualche istante prima erano immersi in ricordi ormai distanti, che improvvisamente mostrarono tutta la freddezza della vita. Era la prima volta che incrociava quel tipo di sguardo di cui Giuseppe gli aveva sempre raccontato.

- S-sì, te lo giuro, fratello - rispose timoroso con la mano sul petto - Dalla mia bocca non uscirà alcuna parola riguardante questo nostro segreto. Ingoiò la saliva.

- Perfetto ed ora proseguiamo

- Agli ordini!

Non giunsero molto lontano da dove si trovavano. Oltre al cinguettio degli uccelli più piccoli, si udivano anche quelli di esemplari ben più grossi e pregiati - Sono nibbi reali! - esclamò Napoleone, Luciano estrasse con foga il fucile, ma il fratello lo bloccò con la mano - No!

- Come no? - fece Luciano con il fucile tra le mani.

Uno dei rapaci volava basso e quasi riuscirono a vederlo. Era superbo, dal piumaggio ramato, le ali, immense e stupende, di un marrone più scuro, alle cui estremità alcune piume erano bianche, gli artigli alle estremità delle possenti zampe, erano affilati, quasi luccicavano. Si appoloiò su di un ramo e rivolse lo sguardo penetrante verso di loro.

- No, i rapaci non dovrebbero essere cacciati per essere mangiati, sono troppo nobili per subire questa fine - emise lui guardandolo. A Luciano quello sguardo parve simile a quello del nibbio, tanto era acuto, severo, freddo. Ebbe un altro brivido, comprese, per un attimo, il perché del timore, della reverenza che Giuseppe mostrava nei suoi confronti.

- Va bene fratello - annuì Luciano - Quindi che cacciamo? - chiese ancora.
- Qualche preda piccola, Luciano, in modo che tu possa imparare ad usare perfettamente il fucile

Il terzogenito annuì ancora, si avviarono verso la parte più profonda del bosco.

Napoleone udì un grugnito e sussurrò, scendendo silenziosamente da cavallo - Cinghiali! - con un gesto della mano fece avvicinare il fratello, ubbidente ripeté i suoi gesti e si fece avanti - Guarda come si fa, dopo dovrai provarci - riferì il maggiore. Si nascosero per bene, senza fare troppo rumore.

Afferrò il fucile rapidamente, chiuse l' occhio destro, posò la mano destra sotto la canna e l’altra al grilletto, puntò verso il cinghiale più grosso, dal pelo scuro, molto lentamente premette il grilletto e sparò. La preda cadde sul terreno al primo colpo.

- Eccolo! Vado io! - urlò Luciano indicando con il dito la preda colpita per poi avvicinarsi, tentando di afferrarla - L’hai colpito proprio al cuore! Incredibile!

Napoleone rise e l'aiutò a caricare il cinghiale nella sacca - Non credere che sia così facile, mi ci sono voluti anni e anni di pratica per migliorare la mira, comunque se ti impegnerai anche tu ne sarai capace! E chissà diventerai più bravo del sottoscritto - confessò ridendo - Adesso provaci tu, Luciano

- Va bene, però questa è la mia prima volta! - rivelò Luciano che eseguì gli stessi movimenti del fratello.

Napoleone notò che lo aveva ben osservato ed era dotato di grande intelligenza, si somigliavano davvero tanto. Uno sparo interruppe i suoi pensieri e si ridestò solamente dopo aver visto Luciano che amareggiato si lamentava di non aveva preso nulla.

- Sei stato bravo ma il piccolo cinghiale è stato più veloce, non scoraggiarti e riprova di nuovo, forza!
Luciano ripetè più e più volte tanto da far scaricare il fucile e si fece prestare quello del fratello "Forse questo mi porterà fortuna!" si disse speranzoso. Ma anche con quello di Napoleone non riuscì a prenderne.

Con rabbia lanciò il fucile al suolo che inaspettatamente fece partire un colpo indirizzato ad un povero coniglio che si era nascosto tra i cespugli.

- Oggi mangeremo anche coniglio! - esclamò Napoleone divertito.

- Ma non è la stessa cosa! - sbuffò Luciano a braccia conserte.

- È vero ma la tua mira è migliorata moltissimo - lo rinfrancò con sincerità - Ora però lascia fare a me, d’accordo?
- D’accordo - rispose mestamente il fratello.

Si sedette sull’erba mentre osservava Napoleone che colpiva un altro paio di cinghiali, questa volta però non li aveva presi in pieno, ci riuscì dopo qualche tentativo ed essersi rilassato. Luciano, era rimasto comunque affascinato dalle abilità del fratello Napoleone, decise che si sarebbe allenato per migliorare la sua mira e arrivare se non addirittura superare il fratello, erano entrambi molto orgogliosi.

Altri pensieri animavano la sempre sveglia mente di Napoleone che già aveva rivolto il suo sguardo ad un obiettivo molto promettente - Luciano - esordì dopo un lungo silenzio - Con Giuseppe hai parlato di una Società della Rivoluzione, ecco sarei curioso di scoprire di cosa si tratta - disse con tono curioso pur sapendo di cosa fosse.

- È una associazione che promuove gli ideali liberali della Rivoluzione scoppiata in Francia per poterli estendere anche qui, in Corsica allo scopo di arrivare all’indipendenza con l’aiuto di Parigi - disse concitato - Pensavo che la conoscessi, non ce ne erano dove presti servizio?

- Sì, certo ed io aderii anche di uno che aprirono ad Auxonne, tuttavia…- si fermò per poi continuare - Sarei onorato di partecipare a questa di Ajaccio per capire come vorrebbero agire

- Allora non c'é nessun problema, Nabulio, chiunque sia animato dal desiderio di mutare la situazione attuale può aderirvi

Napoleone spalancò gli occhi invaso dall’eccitazione per l’occasione che si profilava davanti gli occhi, il fratello notò il cambiamento fulmineo della sua espressione che associò alla voglia di sostenere la Rivoluzione di cui si era sempre dichiarato favorevole.

Poco dopo si ricongiunsero con Carlo Andrea e Giuseppe stremati e sudati, anch’essi avevano catturato dell’ottima selvaggina: cervi, altri cinghiali e persino un muflone; probabilmente si erano spinti fino a piedi di qualche monte vicino. Mostrarono le loro pregiate prede. Il sole era quasi sull’orizzonte.

- È stato un vero piacere trascorrere questa giornata di caccia con voi Buonaparte - disse Carlo Andrea con un breve inchino - Anche se avrei preferito una presenza maggiore di Napoleone

- Potresti averne domani - rispose Napoleone a braccia conserte

- Domani? - chiese confuso Carlo Andrea - Non andiamo a caccia domani!

- Non sto parlando di caccia - lo corresse il secondogenito - Ma della Società della Rivoluzione!

- Quella a cui aderisce Luciano

- Esattamente! - confermò Napoleone lanciando un’occhiata compiaciuta - Siccome devo recarmi alla sede domani mattina con lui desidererei che anche tu lo faccia

- Be’... non saprei...la politica non è il mio maggior interesse - esitò Carlo Andrea grattandosi il mento.

Seppur conoscesse la situazione politica estremamente frammentata dell’isola aveva deciso di non farne mai parte per evitare ritorsioni sulla sua famiglia.

- Non voglio obbligarti però ti consiglio di pensarci su, amico, perché è una buona occasione per tutti - disse Napoleone che aveva notato il disagio dell’amico; afferrò il coniglio preso da Luciano e glielo porse - Accettalo come segno di amicizia, Carlo Andrea

L’amico e Giuseppe furono spiazzati dal suo gesto così spontaneo - G-grazie mille, Napoleone, c-che pensiero gentile - balbettò confuso finché non notò una luce che brillava intensamente nei suoi occhi e comprese tutto. Comprese che quello era un patto di lealtà tra le due famiglie ed annuì sorridendo. Strinse il coniglio che lanciò nel sacco, poi afferrò i guinzagli, salì sul suo cavallo e li salutò alzando la mano

- Saluta tua madre e i tuoi parenti da parte nostra - disse infine Napoleone

- Lo farò - confermò - Anche voi mandate i miei alla vostra, arrivederci

Dopo aver detto questo si allontanò con il bottino nel sacco mentre i dubbi affollavano la mente di Giuseppe. Conosceva il carattere del fratello che sembrava, però, essere cambiato da quando era tornato in Corsica. Almeno così voleva far credere a tutti. Che piano aveva escogitato suo fratello?

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