Capitolo 167 - Il leone usa tutta la sua forza anche per uccidere un coniglio -
Vicenza, 10 settembre
- Altro che morto, quel dannato di Wurmser è vivo e vegeto! - gridò furente il generale Bonaparte, sbattendo rabbioso il rapporto che aveva tra le mani: le informazioni che aveva intercettato dalle spie e prigionieri non erano incomplete, ma addirittura false! Gli avevano riferito che, per la vergogna, il feldmaresciallo asburgico si fosse suicidato e che il suo esercito, quasi sbandato, si stesse dirigendo verso Trieste.
Gli ufficiali dello Stato Maggiore, presenti al quartier generale, vedendolo tanto infuriato, rimasero in silenzio, sopportando la marea di insulti, imprecazioni e bestemmie che uscivano dalla bocca del giovane corso. Sapevano che in quello stato era impossibile farlo ragionare, dovevano attendere che si calmasse e riacquistasse la lucidità, anche se comprendevano la sua ira. Augereau e Masséna, pur non essendo presenti, erano coloro che, più di altri, venivano strapazzati da ogni parte dal comandante: il parigino nelle vicinanze di Padova, il nizzardo proprio a Vicenza.
Lo scopo era di prendere alle spalle il corpo di armata di Mészàros, stanziato nei pressi di Montebello e che sarebbe stato rafforzato dalle armate provenienti dal Brenta, per poi lanciarle contro il nemico francese. Invece era stato il comandante austriaco in persona a raggiungere tali truppe e con esse, anziché puntare su Trieste, raggiungere Legnago e superare l'Adige - Con il chiaro intento di arrivare a Mantova, il suo obiettivo, il suo chiodo fisso è quella dannata fortezza! - emise Napoleone riacquistando il controllo, si massaggiò il sottile mento - In questo modo rafforzando il presidio crede che sia inespugnabile! - scattò verso la cartina: probabilmente non tutto era ancora perduto.
Ci sarebbero stati un cambio di programma e nuovi ordini: il generale Augereau avrebbe dovuto interrompere la marcia su Padova, nonostante fosse quasi arrivato e dirigersi alla massima velocità verso Legnago; Masséna avrebbe guadato l'Adige, altresì Legnago e Verona. Entrambi avrebbero dovuto intercettare e impedire al comandante Wurmser di raggiungere Mantova - Mentre Sahuguet dovrà predisporre gli uomini all'assedio della fortezza, nel nord della città - aggiunse alla fine, mentre il generale Berthier riportava con precisione ogni ordine sul rapporto, spedendolo immediatamente.
"Ne approfitterò per scrivere alla mia adorata moglie" pensò, per ingannare il tempo e non restare con le mani in mano, ma soprattutto con l'intento di calmare definitivamente il suo spirito inquieto e tormentato. Si armò di carta, penna e calamaio, si sedette composto, vincendo lo sforzo e dopo aver appuntato le classiche credenziali, iniziò: 'Mia cara amica, l'inimico ha perduti diciottomila uomini prigionieri; il resto uccisi o feriti. Wurmser con una colonna di millecinquecento cavalli e cinquemila uomini di fanteria, non ha altra risorsa che di chiudersi in Mantova'.
Naturalmente Bonaparte cercava di ribaltare la situazione, per rassicurare innanzitutto Joséphine e anche la corte milanese, nel caso in cui avesse voluto far leggere loro la missiva. 'Giammai non abbiamo avuti successi così costanti e grandi. L'Italia, il Friuli, il Tirolo, sono assicurati alla Repubblica. Bisogna che l'imperatore formi una seconda armata; artiglieria, equipaggi da ponti, bagagli, tutto e preso!' Aveva aggiunto sarcastico, al fine di celare i problemi che erano grandi e ingombranti. Non poteva permettere che un accenno di debolezza compromettesse la stabilità delle zone conquistate e tenute sotto controllo. Eppure aveva la sensazione che stavolta non sarebbe stato così semplice.
'Fra pochi giorni ci rivedremo; questa è la più dolce ricompensa alle mie fatiche, alle mie pene. Mille ardenti e amorossisimi baci. Bonaparte'. Posò la penna d'oca ed emise un profondo sospiro, aveva davvero un grande bisogno di riabbracciare la sua amata e sperava di concludere in fretta questa parte di Campagna, di sconfiggere definitivamente Wurmser; lo stava davvero mettendo in difficoltà, era comunque un militare di grande esperienza e con anni di carriera alle spalle. Non poteva aspettarsi qualcosa di diverso.
Ronco all'Adige, 12 settembre
'Sono qui, mia cara Joséphine, da due giorni, male alloggiato, mal cibato e contrariato per essere lontano da te'. Il comandante aveva dovuto raggiungere un punto più vicino ai due eserciti che aveva mandato, in modo da poter essere informato subitamente e perciò intervenire per ogni evenienza. In quella piccola cittadina veneta, tuttavia, non vi era quasi nulla che potesse stimolare un individuo come Bonaparte, specialmente se paragonata alla vicina Verona, vi erano principalmente chiese.
'Wurmser è circondato; ed ha seco mille uomini di cavalleria e cinquemila di infanteria. Egli è a Porto Legnago e cerca di ritirarsi a Mantova, ma ciò gli è quasi impossibile'. Come nella precedente lettera, ancora una volta Napoleone cercava di rassicurare la moglie, essendo più sicuro, rispetto alle scorse giornate, dell'esito a lui favorevole: erano le 10 del mattino e non aveva ricevuto alcun aggiornamento. 'Appena che questo affare sarà terminato, io sarò fra le tue braccia. Ti abbraccio un milione di volte. Bonaparte'. Quel pensiero rese Milano più vicina al suo cuore, non vedeva l'ora di giacere con la sua donna, di ammirarla, di amarla con tutte le sue energie e la sua passione.
Consegnò la lettera al corriere, un po' rattristato dal fatto di non essere riuscito a scrivere di più, le battaglie, i continui spostamenti non gli permettevano di esternare completamente quanto aveva riservato nel suo animo più intimo, che teneva custodito e celato. Il dovere veniva sempre prima di ogni cosa: anche l'amore doveva essere accantonato, non poteva permettersi distrazioni prolungate. La guerra non perdonava e non concedeva riposo. Infatti non potè nemmeno tirare un respiro che vide entrare il fido Berthier dall'espressione preoccupata, sembrava portare notizie urgenti - Cosa succede? - domandò il corso allarmato.
- Comandante sono appena giunti aggiornamenti riguardo gli spostamenti delle truppe e non sono affatto positivi - riassunse il Capo di Stato Maggiore, allungando il foglio per farglielo leggere, temeva una sua reazione esagerata. Non poteva tenerlo all'oscuro.
Napoleone lo prese immediatamente e lo lesse, le pupille si strinsero e impallidì, erano delle notizie terribili - Non è possibile! Massèna è stato sconfitto a Cerea ieri!
Berthier non potè fare altro che confermare, per poi aggiungere - Nonostante avesse varcato l'Adige con un ponte improvvisato, si è spinto troppo oltre, sbagliando la strada...
- Quindi la sua avanguardia ha incontrato una parte dell'esercito, ma non sapendo come organizzarsi, è stata battuta, perdendo circa 400 soldati - Bonaparte riferì quanto aveva letto su quel dannato foglio, la rabbia prese a salirgli nuovamente, cominciava a sentirsi stanco di questo estenuante inseguimento.
- Perlomeno il cittadino Augereau è riuscito a liberare 500 prigionieri francesi a Legnago, dopo averla presa senza subire perdite - cercò di riferire un lievemente ottimista Berthier - Pur non avendo potuto battere gli austriaci che erano stanziati nella cittadina - aggiunse pignolo come al suo solito.
- Wurmser è riuscito a farmela! - sentenziò sconvolto Napoleone: Sahuguet non potè fermare l'avanzata del comandante austriaco a Mantova, poichè questi era riuscito ad entrare da sud, anziché a nord-est dove sostavano le truppe francesi e a piazzarsi fuori dalle mura della fortezza, tra La Favorita e San Giorgio - Dannazione, eravamo ad un passo dal vincere e invece gli abbiamo praticamente dato la possibilità di rifugiarsi... - si fermò bruscamente, quasi immobilizzato. Il generale Berthier istintivamente lo guardò, si era aspettato una reazione esplosiva; ma forse era ancora più spaventosa, perché non sapeva come interpretare questa sua improvvisa inerzia - Può darsi che non tutto sia ancora perduto, cittadino! - disse Bonaparte dopo quel prolungato silenzio - Wurmser ha fatto di tutto per arrivare a Mantova, ebbene, ora saremo noi a prolungarne il soggiorno - fissò intensamente il Capo di Stato Maggiore - Si pentirà amaramente di avermi beffato in tale maniera! - l'enfasi di tale espressione aumentò gravemente, per via della strana luce sinistra che aveva preso a brillare in quei grandi occhi grigi.
Nei pressi della Favorita e San Giorgio, 15 settembre
- Gli austriaci stanno dimostrando una grinta straordinaria in questi ultimi giorni - emise il comandante Bonaparte, tenendo tra le mani il prezioso cannocchiale, con il quale stava tenendo d'occhio la situazione. Il Capo di Stato Maggiore Berthier, che lo vide arrivare con la sua solita energia, non poteva fare altro che annuire - Probabilmente perché non hanno alcuna intenzione di cedere Mantova e al tempo stesso di rimanere bloccato tra le varie fortezze - aggiunse poi Napoleone.
- Quel Wurmser ha la pelle dura - constatò Berthier - Nonostante l'età non vuole darsi per vinto! - spostò lo sguardo dal campo di battaglia in lontananza al volto del comandante: era concentratissimo, nonostante la stanchezza.
- Almeno non si è dimostrato una tartaruga come Beaulieu! È un nemico formidabile! - Da una parte Napoleone era contento di poter combattere contro un asburgico che si era ridestato leggermente dalla confusione che lo aveva paralizzato nelle settimane precedenti; dall'altra, però, era allarmato dalla situazione creatasi dopo la sconfitta inflitta alle armate del Reno, grazie all'azione dell'arciduca Carlo: poteva calare anch'egli in Italia da un momento all'altro. A quel punto Bonaparte si sarebbe trovato tra due fuochi nemici. "Se non lui, sicuramente qualcun altro altrettanto abile" rifletteva sudando freddo. Per questo sperava quanto meno di tenere bloccato Wurmser, in modo da potersi concentrare sul prossimo obiettivo.
- Formidabile o no, il vostro piano deve comunque renderlo innocuo e isolarlo - gli ricordò Berthier, pur essendo consapevole del fatto che il comandante sapesse perfettamente della tattica che avrebbe messo in pratica - Come se non bastasse sta cercando di replicare un po' la vostra tattica rapida, il che è comunque ammirevole
Napoleone sorrise leggermente - Avrà compreso che finché si è vivi, si può sempre imparare qualcosa di nuovo o una diversa prospettiva da qualcuno, che sia alleato o nemico - disse con il suo solito tono mordace e tagliente, che dimostrava, però, la grande stima che provava nei confronti di quella vecchia volpe.
Il Capo di Stato Maggiore rimaneva sempre un po' colpito dalla sua capacità di riuscire a scherzare e sdrammatizzare, persino in un momento critico come quello, nel pieno della battaglia "Forse è segno che sta andando tutto bene, come aveva previsto, non dovrei allarmarmi oppure è l'esatto contrario e sta cercando di non far precipitare gli eventi". Infatti si accorse della poderosa speronata che il corso diede al suo arabo destriero, successivamente lo aveva salutato veloce e si era allontanato in direzione del campo di battaglia, al pari di un fulmine - Di questo passo farà morire il quarto cavallo nel giro di due giorni, infatti stava già schiumando quella povera bestia... - Se Bonaparte continuava con quel ritmo, sarebbe stata davvero dura per Berthier procurarsene altri, in poco tempo e di ottima costituzione fisica.
"Il generale Sahuguet sta seguendo alla perfezione i comandi imposti" riscontrava il comandante, controllando lo svolgersi del conflitto, il sottoposto stava avanzando sulla destra, come ordinatogli. "Non ha voluto fare di testa propria, come Masséna, il cui attacco a sorpresa, non ha portato ai risultati sperati: i soldati erano troppo stanchi e demotivati, il suo piano avrebbe potuto funzionare, ma ha peccato di presunzione e l'ambizione gli si è rivolta contro". Erano stati due giorni particolarmente intensi, la spossatezza alla fine aveva comunque prevalso anche sul morale. "Ma sotto la mia guida, avrà modo di riscattare il proprio onore e dimostrare il suo enorme coraggio, è questione di minuti, se non addirittura secondi".
Degli spari concitati tra francesi ed austriaci, lo ridestarono dai suoi pensieri, rivolse la sua attenzione nella zona denominata La Favorita, la brigata del generale Ott non stava mostrando alcuna indulgenza nei riguardi dei rivoluzionari, non appena aveva ritrovato l'energia in grado di mettere in difficoltà quei miscredenti. Eppure i francesi non avevano alcuna intenzione di cedere, erano disposti a tutto, pur di vincere. Nel frattempo, il generale Bon, che guidava provvisoriamente la divisione di Augereau, stava avanzando lungo il Mincio, per deviare il fianco destro nemico, scorse le riserve che Wurmser stava mandando dal centro, per rafforzare entrambi i fianchi.
- Ora! - gridò Masséna ai suoi uomini, sfoderando la spada e mandandoli all'attacco di fronte al nemico, dopo essere rimasti nascosti per un'intera notte, in modo che l'effetto sorpresa fosse ancora più devastante. Aveva atteso che i generali Victor e Rampon gli aprissero la strada, come era voluto dall'astuto comandante corso. Il nizzardo si chiedeva come Bonaparte riuscisse a far funzionare sempre le sue tattiche, nonostante le condizioni degli uomini non fosse mutata di molto, rispetto a qualche giorno prima. Era davvero accompagnato dalla dea della Fortuna! Persino nell'istante di grande pericolo e di massimo allarme, con estrema lucidità e razionalità, riusciva ad arrivare alla risoluzione di qualsiasi problema, attacco e contrattacco. - Vive la France! Vive la Révolution! - udiva provenire dalle proprie file, accompagnate dal giovane tamburino che stava suonando con paura e, al tempo stesso, fervore, era esposto come loro pari, non voleva essere da meno di quei uomini coraggiosi, ovvero gli impavidi soldati della 32° semibrigata.
"Finalmente, dopo ore di tentennamenti, Wurmser ha deciso di cadere dritto nella mia trappola" sogghignò Napoleone, era da quella mattina, ancora prima che sorgesse il sole, che attendeva il madornale errore che il nemico avrebbe compiuto prima o poi "L'insistenza posta sulla fortezza di San Giorgio lo ha convinto ad agire come volevo io ed una battaglia è vinta anche quando si riesce a far muovere il nemico come più si desidera". Ora doveva soltanto attendere un altro po' e presto la sua vendetta sul feldmaresciallo si sarebbe compiuta in modo soddisfacente.
Le artiglierie si restituivano i colpi, erano, però, i francesi a riacquistare terreno ed energia; fu la cavalleria rivoluzionaria a dare il meglio di sé: tra gli ufficiali spiccò il mulatto generale Dumas, originario di Saint-Domingue, l'odierna Haiti, noto per la sua incredibile audacia, oltre al suo aspetto mastodontico e forzuto. E un individuo con un tale aspetto non poté non suscitare terrore puro tra le file nemiche, la cavalleria asburgica venne respinta violentemente; in quella giornata ci furono, per gran parte, degli scontri sanguinolenti e violenti.
Nel tardo pomeriggio l'ostinazione dei francesi portò alla conquista del Forte di San Giorgio e, di conseguenza, allo sfascio della linea austriaca, la sua ala destra era ormai stata allontanata, non c'era più possibilità di ricostruirla. I soldati asburgici andarono nel panico, spaventati dalla prospettiva di venire uccisi brutalmente dal nemico, si gettarono nelle fredde acque del lago adiacente. Si erano, dunque, arresi, sperando che questo atto potesse salvare le loro vite. Il generale Bonaparte, non infierì, aveva ottenuto il risultato a cui ambiva: Wurmser si era ritirato, per non dire barricato, nella cittadella di Mantova.
Ciò avrebbe portato ad ulteriori problemi alle armate asburgiche, soprattutto per quanto riguardava le risorse, sarebbero diminuite esponenzialmente con un numero maggiore di soldati da sfamare "Le truppe rimanenti a fare da guardia, dovranno impedire agli austriaci qualsiasi rifornimento dall'esterno". Era deciso a sfiancarli attraverso ogni mezzo, per questo non si era accanito oltre il necessario, si erano condannati con le loro stesse azioni; presto sarebbe giunto il freddo e in quelle zone le temperature scendevano drasticamente in poco tempo. A quel punto, sfibrati e affamati, avrebbero bramato, desiderato, quella morte a cui erano sfuggiti con tanta lena.
Le perdite austriache si attestarono sulle 2.500 unità, escludendo i prigionieri, quelle francesi arrivarono a malapena sul migliaio, mentre un numero maggiore era costituito da feriti - Possibile che ogni volta che mi procuro uno sfregio, ci sei anche tu a disturbare la quiete! - sbraitò il burrascoso ventisettenne Lannes, rivolgendo un ringhio sordo al suo rivale riccioluto Murat.
- Dovrei essere io a chiedertelo! - rispose con altrettanto vigore, spostando della polvere sui capelli - Stavolta non sono stato colpito da una malattia venerea, mi sono procurato questi segni con onore, combattendo! - controbatté gonfiando il petto orgoglioso, quelle cicatrici avrebbero attestato ancora una volta il suo valore e sarebbero diventate ricordi da raccontare con vanto ai bivacchi.
- Non hai fatto nulla di sbalorditivo! È compito e dovere di ogni militare combattere e venire ferito! - Lannes era a braccia conserte, dopo essersi messo ritto sul letto, anche le sue parole erano guidate dall'orgoglio - Perciò se speravi di strapparmi un complimento, ti sbagli di grosso, anche perché ne ho molte più di te!
Murat sbuffò innervosito, quel ragazzetto diventava sempre più insopportabile, al pari del suo tono che cercava di rendere feroce e temibile - Non siamo ad una gara, dannazione! - emise un gemito di dolore, si era sbilanciato un po' troppo, il corpo non si era ancora ripreso del tutto, sia dalle ferite, sia dalla stanchezza accumulata in quel breve periodo di combattimenti continui.
- Cittadini - emise una voce profonda, ma armoniosa, non molto lontana da loro: era del generale Victor - Non sforzatevi troppo, altrimenti non vi riprenderete mai del tutto! - si augurava di poterli tranquillizzare un po' con il suo atteggiamento gioviale e sereno - Per il comandante Bonaparte siamo tutti indispensabili, non c'è qualcuno più importante dell'altro, dal soldato più umile al Capo di Stato Maggiore, nell'Armata d'Italia vige l'uguaglianza repubblicana!
- Finalmente qualcuno che fa discorsi sensati e intelligenti! - si intromise Murat, assentiva convinto, condivideva ogni singola parola di quel breve e sintetico discorso - Poi voi lo conoscete da molto più tempo di noi, cittadino, perciò mi fido della vostra parola, al pari del cittadino Muiron o del cittadino Junot!
Il generale Victor si limitò a sorridere, era onorato di questa considerazione che molti gli riservavano. Ma la sua gioia durò poco, i due avevano ripreso a litigare e rinfacciarsi ogni stupidaggine - Sono senza speranze! - sospirò infine il Beau Soleil, grattandosi i capelli castani. Doveva mantenere il controllo e la pazienza, un suo scoppio d'ira improvviso non avrebbe giovato a nessuno, in primis a sé stesso.
Al quartier generale Napoleone poté riprendere fiato, la situazione non era del tutto risolta: Wurmser, anche se rinchiuso a Mantova, non era stato battuto definitivamente e dai confini gli austriaci sarebbero nuovamente calati. Eppure Bonaparte era impaziente di riposarsi, similmente alle sue armate, non avrebbero sopportato un nuovo imminente scontro, già molti di essi erano ancora occupati nella zona del Trentino, dovevano mantenere il più possibile la posizione - Prossima destinazione, Milano! - Immediatamente diede ordine di sistemare le valigie, avrebbe rivisto la sua meravigliosa moglie, il solo pensiero gli aveva rinnovato le energie - Joséphine, aspettami, sto arrivando da te! - sussurrò commosso, quasi alle lacrime, le lettere non erano più sufficienti a saziare il suo cuore e il suo bisogno viscerale di amore e affetto.
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