Capitolo 164 - Non ti perdere nei dettagli. Guarda l'insieme -
17 agosto
Se gran parte dei soldati poterono rifocillarsi leggermente in quei giorni di preparativi, prima del prossimo attacco, il comandante Bonaparte non si era concesso un solo giorno di riposo, nonostante non fosse del tutto in forma, con la scabbia che si risvegliava di tanto in tanto e lievemente febbricitante. Purtroppo le zanzare e il caldo erano implacabili anche nei confronti del corso.
Ma se il fisico del giovane comandante era spossato, il suo animo era instancabile, la mente lucidissima, come al suo solito: l'obiettivo che si era posto, ovvero la vittoria definitiva, gli donava e gli rinnovava le energie.
L'ambizione cresceva e non poche volte lo rendeva impaziente, smanioso di saziarla il prima possibile, la razionalità, però, riusciva a tenerla a bada. Gli ricordava quanto fosse necessario aspettare il momento opportuno, il frutto non era ancora del tutto maturo.
"Anche se a Parigi mi temono sempre di più, lo faranno maggiormente quando sapranno delle mie ultime vittorie" diceva tra sé il da poco ventisettenne, essendo consapevole di star surclassando i generali e comandanti dell'armata del Reno, attraverso i suoi risultati. "È soprattutto una rivincita personale, così imparano a sottovalutare i fronti secondari e a puntare la pallina sul numero considerato vincente ed ottenere, invece, un rien au numèro" il riferimento al gioco della roulette gli fece sorridere.
Inoltre, in seguito alla calata di Wurmser, le potenze italiane si erano ringalluzzite nel vedere i francesi in difficoltà, e ne avevano approffitato per poter riprendere a fare nuovamente quello che volevano: il papa aveva mandato delle delegazioni a Ferrara per riprenderne il controllo e alimentava movimenti sediziosi anti-rivoluzionari in nome di Dio. A Firenze il Granduca, come se avesse dimenticato completamente il loro pacifico incontro, non soltanto aveva ripreso i rapporti con gli inglesi, ma aveva permesso loro di sbarcare a Portoferraio, sull'isola d'Elba.
Napoleone aveva dovuto rimembrare loro che gli Oltralpe non erano ancora stati sconfitti e che avrebbe agito con durezza se tali attività rivoltose si fossero perpetrate ancora, specie nelle retrovie, presso gli Appennini liguri, fomentati da austriaci e chierici locali. Dimostrava tolleranza e comprensione, ma dovevano essere reciproci e ricambiati, altrimenti non si sarebbe fermato nemmeno tramite accordi. Pensavano davvero di poterlo prendere in giro in quella maniera?! Bonaparte non aveva paura nemmeno della morte, consapevole del fatto che si poteva cadere in battaglia da un momento all'altro. Per questa ragione non poteva averne nei riguardi di simile gentaglia, doveva evitare, però, che i suoi uomini subissero tali atti barbari e si spaventassero al punto da demoralizzarsi.
"Mi aspettavo un atteggiamento decisamente più maturo da parte loro, ma in fondo sono la Santa Sede e gli Asburgo, convinti di poter agire come padroni, appellandosi al nome di Dio". Sorrideva amaramente nel pensare alla miseria di quel pensiero: usare l'Altissimo, che esistesse o meno, non per raggiungere scopi nobili, capaci di elevare l'umanità, ma per giustificare le loro nefandezze e bassezze, alimentando l'insita cattiveria umana e il fanatismo. "Ovviamente non sarebbe conveniente per loro affermare di dover distinguere la fede personale dall'istituzione religiosa, ovvero la Chiesa".
Erano così lontani dal messaggio cristiano, ma Bonaparte era stato perentorio: un altro passo falso e sarebbe perfino calato con le sue truppe fino a Roma, se necessario. "Anche perché il Governo di Parigi non aspetta altro, ma se lo farò non sarà di certo per compiacerli". Non voleva allontanarsi troppo da quelle zone, almeno fino alla disfatta totale dell'esercito austriaco. La prudenza non era mai troppa: aveva trascritto ai membri del Direttorio che gli asburgici si erano dissolti, sapeva, tuttavia, che non era affatto finita. Wurmser era anziano, ma restava ancora una vecchia volpe, un uomo di grandissima esperienza militare, che stimava e che doveva battere ad ogni costo.
Dal 10 agosto, inoltre, Bonaparte aveva ripreso l'assedio di Mantova, pur essendo preoccupato per la salute di Sérurier e di Sauret e chiedeva continue informazioni sul loro stato - Se non dovessero riprendersi, sarò costretto a rimpiazzarli - aveva riferito al fido Berthier, il quale si era messo all'opera per informarli. "Li farò mandare a Parigi, dove avranno cure lunghe e migliori, così potranno tornare a combattere al massimo del loro potenziale" sospirò tristemente, erano tra i migliori generali di cui disponeva. Non appena seppe delle loro condizioni nominò dei sostituti: il generale Claude-Henri de Vaubois, artigliere esperto e il da poco promosso generale Jean-Joseph de Sahuguet, entrambi molto più anziani del comandante. Era stata proprio l'età, oltre alla competenza e alla fortuna, il criterio di scelta, senza troppi ripensamenti.
"Purtroppo le paludi diventano più pericolose di qualsiasi arma, quando c'è un clima del genere". Non ne poteva più di quel caldo soffocante, insopportabile, asfissiante, tanto differente da quello corso, che era mitigato dal mare. Per un attimo fu pervaso dalla nostalgia, che dovette ricacciare, ormai il passato apparteneva al passato: quelle esperienze lo avevano forgiato e reso l'uomo che era diventato, più cinico e disilluso riguardo a certi ideali che lo avevano influenzato in passato. La cacciata dall'indimenticata Corsica fu necessaria affinché acquisisse la piena consapevolezza del mondo, non più come un isolano strappato dal proprio contesto e gettato su un continente sconfinato e sconosciuto, ma come uomo formato e completo. Eppure, nel profondo della sua anima, era conscio di aver perduto una parte di sé, la malinconia onnipresente nel suo sguardo ne era la tacita prova.
Uscito, al pari di un lampo, dalla tenda, allungò il collo per scorgere qualcuno in lontananza, a parte gli aiutanti di campo, alcuni ufficiali dello Stato Maggiore e qualche soldato, però, non c'era la persona che stava cercando - Joséphine, dove ti trovi adesso? - si chiedeva a bassa voce; quando aveva scritto l'ultima lettera, il 23 fruttidoro, sempre il 10 agosto, era convinto che avesse raggiunto Milano e, invece, quando aveva chiesto maggiori informazioni, ebbe come risposta: "Non lo sappiamo con precisione, comandante, ha scorrazzato per l'Italia, probabilmente si trova nel Granducato di Toscana, tra Firenze e Livorno".
- La lettera che ti ho inviato non arriverà mai a te? Oppure lo farà ma quando sarà ormai tardi? - si chiedeva tristemente, ricordava ancora le parole che aveva scritto. Rispetto alla norma, era stata una lettera breve, anche perché aveva dovuto raggiungere velocemente Brescia per tenere d'occhio la situazione sia dell'esercito, sia della città. 'Appena giunto, adorabile amica, il mio pensiero è di scriverti. La tua salute, l'immagine tua non sono esciti un solo istante dalla mia memoria durante la via'. Ed era vero, era come se il suo istinto avesse voluto indirizzarlo verso qualcos'altro per distrarsi un po' e allontanare la desolazione della guerra, della morte che allegiavano e rendevano lugubre il campo di battaglia.
'Non sarò tranquillo che allorquando avrò ricevuto tue lettere. Ne aspetto con impazienza. Non è possibile che tu ti possa figurare la mia inquietudine. Ti ho lasciata trista, melanconica e mezza malata'. Quando c'era stato quell'attacco austriaco proprio a Brescia, fu una situazione critica, per entrambi, però immaginava quanto fosse stato terribile per una donna, la paura che aveva avuto nel trovarsi impotente e sola, pur essendo stata già moglie di un generale rivoluzionario. Per questo sperava di avere sue notizie 'Se l'amore il più profondo, il più tenero potesse farti felice, dovresti esserlo... Sono oppresso dagli affari'. Almeno lei doveva essere lontana dai problemi, sperava che si stesse divertendo vagando lungo la Penisola.
'Addio mia dolce Joséphine, amami, sta bene e pensa spesso ma spesso a me' aveva concluso, si augurava che questo semplice desiderio fosse realizzato comunque, anche se Joséphine non avesse ricevuto la lettera o non l'avesse letta. Strinse quel ritratto scheggiato che non aveva voluto cambiare, illudendosi di averla vicino in questo modo. La solitudine diventava decisamente insostenibile, eppure non era del tutto scoraggiato. La mancanza, tuttavia, cominciava a farsi sentire sul suo umore.
"Come se non bastasse ci pensa anche Luciano a complicare la situazione con i suoi spostamenti improvvisi" rientrò in tenda e si sedette scomposto, una gamba fuori dalla scrivania e l'altra accavallata sopra "C'è una guerra in corso, nessun posto è sicuro e lui invece di restare a Marsiglia, città in cui gli avevo trovato un lavoro stabile, come commissario militare, che fa? Se ne va a Parigi! Senza dirmi nulla, per giunta!" Si massaggiò le tempie "Vorrei sapere da chi diavolo ha preso!" Il lungo respiro che seguì fu molto eloquente "Ma per sua sfortuna non mi può sfuggire e ho scritto al Direttorio, specificando il suo carattere notevolmente vivace, ma anche caparbio, in modo che sappiano come approcciarsi a quello zuccone, di spedirlo presso l'Armata del Nord, se lo troveranno nel giro di ventiquattro ore, cosa che sicuramente succederà! Così impara a fare di testa sua senza prima consultarmi e avere la mia approvazione!"
Bonaparte era certo che i membri del Direttorio avrebbero fatto quanto comandato loro, nonostante l'ordine fosse celato dietro la richiesta di favore. Al momento era il generale più popolare di Francia, ma ci aveva tenuto a rassicurare i potenti, soprattutto Carnot e Barras. 'Se in Francia a un solo uomo candido e onesto venisse in mente di avere dei sospetti sulle mie intenzioni politiche, rinuncerei subito alla felicità di servire il mio paese'. Una simile menzogna serviva soprattutto per ribadire la questione dei generali da surrogare in completa libertà, in quanto era necessario il permesso del Governo per poterli cambiare. Molte volte si era dovuto impuntare per ottenerlo, da quando stava ottenendo successi continui, le interferenze erano ridotte al minimo. E Napoleone amava avere il totale potere decisionale, non poteva esserci niente di meglio per una persona incline al comando assoluto e al voler agire in maniera, il più possibile, autonoma.
Avrebbe tanto voluto vedere i loro volti terrorizzati all'idea di non poterlo controllare come avrebbero voluto, era per il giovane, una sensazione appagante - Peccato, li immaginerò soltanto, mi dovrò accontentare per il momento - disse sarcastico, sottovoce, convinto che prima o poi avrebbe avuto soddisfatto questo suo piacere - E li ringrazierò volentieri per l'opportunità che mi hanno offerto, mandandomi in Italia - Doveva continuare a vincere in questo modo e chissà, la Campagna d'Italia sarebbe finita molto prima di quanto aveva immaginato Bonaparte stesso - Ora basterà capire e prevedere le prossime mosse di Wurmser... - e si mise a studiare le carte, in attesa di informazioni più precise. Anche perché aveva assicurato il Governo sulla capacità di riprendere l'attacco verso il Trentino, nonostante la perdita di quasi 6000 uomini e alcuni problemi logistici.
Brescia, 31 agosto
Napoleone doveva ringraziare le spie assoldate, in quelle settimane non avevano fatto altro che dargli informazioni vitali circa le manovre del nemico. Il comandante austriaco era deciso più che mai a tornare a Mantova, in particolare presso la fortezza. L'intuizione di Bonaparte si era rivelata esatta: doveva agire il prima possibile e impedirglielo. Stava preparando i propri bagagli, motivato più che mai, ma prima di mettersi in marcia, aveva voluto concedersi qualche minuto per scrivere nuovamente alla sua amata moglie, sperando di avere più notizie da parte sua e sapere i suoi itinerari. 'Parto nel momento per Verona. Avevo sperato di ricevere una tua lettera, cossichè il non averla mi mette in una spaventevole inquietudine. Eri malata allora che partii; te ne prego non lasciarmi in simile inquietudine'. Il suo cuore esigeva pace e serenità, c'era già la guerra ad agitarlo.
'Mi avevi promesso più esattezza e la tua lingua allora era ben d'accordo con il tuo cuore. Te, a cui la natura ha fornito dolcezza, soavità e tutto ciò che piace, come puoi tu obliare colui che ti ama con tanto ardore?' Esagerava volutamente in alcuni punti, proprio per smuoverla nell'anima e invogliarla a scrivere, aumentava la drammaticità ogni volta che Joséphine non gli rispondeva. 'Tre giorni senza tue lettere, mentre io ne ho scritte parecchie. La lontananza è orribile, le notti sono lunghe, noiose ed insipide, il giorno è monotono. Oggi, solo coi pensieri, i travagli, gli scritti, gli uomini e i loro fastosi progetti, non ho nemmeno un tuo biglietto da poter premere contro il mio cuore'. Gli restava sempre e solo quel piccolo ritratto da baciare e accarezzare: quello sconforto era reale. Stava vincendo, eppure vi era un'insoddisfazione perenne nel suo animo, che lei riusciva a far dimenticare momentaneamente.
'Il quartier generale è partito, io lo seguo fra un'ora. Questa notte ho ricevuto un espresso da Parigi e non eravi per te che qui la acclusa lettera che ti recherà piacere'. Dopo queste brevi informazioni puramente formali, tornò nuovamente ad usare un linguaggio più confidenziale ed intimo. 'Pensa a me, vivi per me, sii sempre con il tuo amatissimo e credi che non vi è per lui che una sola sventura che lo spaventi e sarebbe quella di non essere amato dalla sua cara Joséphine. Mille dolci teneri baci teneri ed esclusivamente per te'. Quella gelosia viscerale che lo tormentava e gli instillava dubbi sulla fedeltà della sua amata! Avrebbe tanto voluto essere meno turbato e riuscire a godersi ciò che aveva e che stava ottenendo. Ma gli risultava quasi impossibile, non era nato per accontentarsi.
'Fa partire subito il signor Monclas per Verona; lo impiegherò, ma bisogna che sia giunto prima del 18' (2 settembre). Dopodiché firmò come al suo solito e la consegnò immediatamente al corriere, questi già era pronto per la corrispondenza, ormai non si lagnava nemmeno più dei viaggi infiniti, sarebbe stato inutile. Bonaparte raggiunse il suo destriero e, data una speronata, lo mandò subito al galoppo, rapido al pari del vento. Gli aiutanti di campo, rimasti indietro, avevano notato il suo prolungato silenzio e compresero che fosse immerso nei suoi pensieri: infatti il comandante stava riflettendo sulle discussioni avute negli ultimi giorni, con alcuni divisionali.
Ultimamente non facevano altro che lamentarsi, specialmente il generale Masséna, prima chiedendogli un breve congedo, con la scusa di rimettersi in forze e prontamente gliel'avevo negato, in quanto ufficiale chiave per la conduzione della guerra. In seguito il nizzardo gli aveva mandato persino una missiva nella quale vi era un elenco su quanto mancasse ai suoi uomini, tra cappotti, abiti, brache e scarpe. Come se Bonaparte non fosse al corrente delle carenze che affliggevano l'armata e a cui stava cercando di porre rimedio con una gran quantità di derrate alimentari: brandy, farina, foraggio, gallette e persino munizioni. Masséna si permetteva pure di fare la voce grossa, soltanto perché era stato protagonista delle vittorie recenti. - Vittorie che non avrebbe raggiunto senza i miei ordini - ribadì Napoleone quel giorno, appallotolando quello stupido e inutile foglio. Non aveva alcuna intenzione di farsi mettere i piedi in testa! - A quanto pare qualcuno si sta allargando! Meglio ricordargli chi comanda qui!
Gli rispose fermamente, subito dopo aver sbollito la rabbia, ricordando che sia lui che gli altri generali sottovalutavano un fattore fondamentale in battaglia, capace di ribaltare il risultato in positivo o in negativo: il morale dei soldati. 'In guerra il morale sta al fisico in un rapporto di tre a uno': Bonaparte lo aveva constatato di persona e quello presente tra i suoi uomini era molto buono. Possibile che ufficiali con tale esperienza bellica non lo avessero ancora capito? Eppure erano sotto il suo comando da un bel po' di mesi, il corso aveva come l'impressione che fosse davvero l'unico ad avere larghe vedute, non soltanto riguardo la Campagna nella Penisola Italiana, ma su ogni cosa, dalla vita sentimentale alla politica sia estera, sia francese.
A questi generali sembrava premere soltanto il bottino, i politicanti si prefissavano come unico scopo un'amministrazione statale volta al puro interesse e guadagno personale, calpestando deliberatamente l'accettabile compromesso. Per non parlare dei legati pontifici, i quali non del tutto spaventati dalle intimidazioni rivolte loro, perseverarono nel loro peccato: uno di loro, in particolare, il cardinale Alessandro Mattei, era quasi riuscito lentamente a restituire Ferrara nelle mani dell'autorità papale, giovato dalla morsa francese più debole. Punto sul vivo, il generale corso lo aveva convocato tra il 18 e il 19 agosto al quartier generale, che era ubicato ancora nel bresciano, e dopo un breve colloquio, che appariva più un duro e inesorabile rimprovero, lo fece imprigionare. Imperò che fosse trasportato rapidamente e confinato a Milano, tenuto come ostaggio e come monito per chiunque: il generale Bonaparte non scherzava e puniva severamente chiunque non rispettasse i patti.
In simili situazioni, quel senso di straniamento che aveva vissuto abbastanza spesso sulla propria pelle, lo travolgeva senza posa e lo faceva sentire distante e incompreso. Forse era ancora un irriducibile idealista, ma non voleva ammetterlo in primis a sé stesso. Era difficile trovare, in quei tempi decadenti, veri uomini, suoi pari: erano quasi tutti sepolti oppure decrepiti. Quel mondo di eroi, di capi di stato eccezionali, di figure leggendarie, apparentemente immortali, che amava e ammirava sin da bambino, pareva morto per sempre: si rammaricava di esser venuto al mondo troppo tardi.
Per fortuna, il generale Masséna non aveva più replicato da allora e aveva proseguito ammansito la marcia, con i suoi 13.000, come gli aveva ordinato, accompagnati da Augereau e 9000 soldati, posizionandosi tra Verona e Rivoli: avrebbero costituito la massa di manovra centrale. Kilmaine, alla testa della cavalleria e di 1200 fanti, era stato inviato a sorvegliare gli accessi orientali, Vaubois e ben 11.000 uomini lungo la parte orientale del Garda. Bonaparte aveva scelto questi punti strategici, in quanto non sapeva con precisione quale delle tre strade avrebbe percorso Wurmser. Perciò non appena avesse intuito quale tragitto avrebbe intrapreso il nemico o nel frattempo avesse ricevuto dettagli da parte di spie e popolazioni locali pro-rivoluzione, il ventisettenne avrebbe fatto concentrare le divisioni adatte o vicine.
"Sahuguet ha ben 10.000 soldati a Mantova, sono un po' meno rispetto agli austriaci, che hanno recuperato anche l'artiglieria nascosta da Sérurier, ma sono convinto che riusciranno a resistere comunque, hanno ancora energia e grinta da vendere" sorrise al pensiero che non lo avrebbero deluso "E altri 6000 sorvegliano Cremona, con l'intento di soffocare ogni insurrezione anti-francese" rallentò un po' l'andatura del cavallo, stava già mostrando segni di stanchezza e Bonaparte non poteva permettersi che stramazzasse al suolo, in mezzo al nulla - Anche perché mi servi - lo accarezzò leggermente sul manto grigio - Devo spostarmi più volte tra Verona e Legnago, dove mi aspetta una riserva di 3500 soldati, resisti il più possibile, amico mio - l'arabo nitrì e obbediente, proseguiva a passo di trotto, con in sella il suo tenace e irrequieto padrone.
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