Capitolo 162 - Astuzie e millanterie -

Tra Lonato e Montichiari, 3 agosto

Le due giornate precedenti erano state davvero molto intense per l'esercito francese: l'ultimo giorno di luglio, all'alba, si era svolto un duro scontro, protratto per ben quattro ore, durante il quale le truppe di Sauret erano riuscite a sottrarre Lonato al generale austriaco Ott. Masséna, che era a capo della 32a semibrigata, si era schierato alla sinistra del collega, tra la stessa Lonato e Desenzano del Garda. Il nemico, constatando l'inferiorità numerica evidente, aveva preso la decisione di arretrare, dimostrando prudenza.

Nel frattempo Augereau, motivato enormemente dalla decisione presa dal comandante, aveva guidato i suoi 30.000 uomini con incredibile energia, nonostante questi non si fossero ancora ripresi del tutto dalla stanchezza, non volevano deludere il loro generale e, soprattutto, il loro amato comandante. E Quasdanovich si trovò costretto a retrocedere dalle sue posizioni. Ma Napoleone voleva essere completamente sicuro che le proprie linee di comunicazione fossero completamente libere, perciò aveva lasciato Roverbella e si era unito ad Augereau.

Raggiunsero la città di Brescia il 1° agosto, verso le dieci del mattino. Ciò costituì un sollievo per il giovane comandante, dopo ore ed ore di apprensione costante, che lo avevano fatto sembrare perplesso e sfiduciato. In realtà era semplicemente nervoso e, quando Bonaparte si lasciava travolgere dall'ansia, diventava ancora più puntiglioso, assillante di quanto lo fosse già. Per fortuna la situazione stava volgendo a suo favore, aveva portato al sicuro nuovamente la moglie e i feriti. In questo modo aveva potuto allontanare una parte delle preoccupazioni. Poteva dedicarsi anima e corpo alla riuscita del suo piano e attuare una delle tattiche più complesse da gestire: la posizione centrale.

Bonaparte era sempre all'erta, vagliando ogni informazione che gli giungeva, sia da parte delle sentinelle, sia dalle spie e ufficiali prezzolati, i quali si stavano mostrando decisamente motivati nel recupero di informazioni: odiavano a tal punto i loro ex capi e colleghi? Oppure probabilmente volevano ottenere qualche vantaggio schierandosi dalla sua parte? Non erano affari che lo riguardavano, al momento: il suo pensiero era unicamente rivolto alla strategia, che avrebbe voluto mettere in pratica.

"E così Wurmser si sta concentrando prevalentemente su Mantova" aveva riflettuto tra sé, soddisfatto "Ma purtroppo per lui non troverà nessuno, Sérurier ha già evacuato la cittadina". L'aver fatto abbandonare mortai e cannoni aveva permesso all'anziano generale di potersi allontanare con estrema velocità, non avendo intralci che avrebbero potuto ostacolarlo. "E con molta probabilità Wurmser crederà di essere in vantaggio, i suoi spostamenti ci stanno facendo guadagnare del tempo prezioso". E in guerra anche solo un minuto poteva decidere le sorti non solo di una battaglia, ma perfino di un'intera campagna militare "Ed era ciò che volevo, i suoi informatori non riescono a districarsi bene nel marasma dei nostri spostamenti".

Doveva impedire che le truppe di Wurmser e di Quasdanovich si ricongiungessero e lo stringessero in una morsa che gli sarebbe costata caro; doveva combatterli separatamente, soltanto in questa maniera avrebbe potuto riottenere il vantaggio perduto e ribaltare completamente la situazione, sfruttando qualsiasi mezzo, corretto o meno. In guerra la moralità era un concetto da evitare: si doveva essere leone e volpe, avere forza e astuzia.

E infatti il comandante austriaco era giunto alle porte di Mantova, per comprendere la faccenda e dare un'occhiata alle linee appostate, che avevano dato prova di grande esperienza - Ma qui non c'è più nessuno - aveva emesso sbigottito, non immaginava di certo un simile esito, una volta giunto alle porte della fortezza incustodita - A quanto pare quel ragazzo è scappato a gambe levate - aveva dato una speronata al cavallo e si era incamminato, assieme ai suoi aiutanti di campo. Soltanto il sibilo del vento caldo rompeva quel silenzio desolato - Quasdanovich è riuscito a confonderlo per bene e a sconfiggerlo senza troppi problemi

- Comandante i francesi hanno davvero lasciato l'artiglieria! - esclamò una delle guardie mandate a controllare la zona, riferendogli quanto aveva visto.

- Se volevano allontanarsi rapidamente hanno dovuto farlo - aveva constatato Wurmser evidentemente colpito, non si era aspettato minimamente una fuga tanto repentina e precitosa. Forse a Vienna avevano sopravvalutato le capacità di quel ragazzino, affidandosi al giudizio di Beaulieu, il quale non aveva più la lucidità di una volta. Doveva ritornare indietro e cercare di ricongiungersi con il resto delle armate, per assestare la sconfitta definitiva allo sbarbatello francese; c'era ancora del tempo prima di tornare da Quasdanovich, perciò aveva concesso ai propri soldati di rifocillarsi e dato ordine di riconquistare quanto possibile dalle armate nemiche.

Solamente il 2 agosto avrebbe saputo come stavano realmente le cose e in fretta e furia si era messo in marcia per tentare di riacquistare superiorità sul territorio, ma era troppo tardi, Bonaparte aveva la fortuna dalla sua e stava sistemando le truppe come voleva. Napoleone, tuttavia, aveva temuto il peggio quando venne a sapere, da parte di una staffetta, che gli austriaci si erano stanziati a Castiglione delle Stiviere, per fortuna, però, era solo l'avanguardia di Wurmser, guidata dal generale Lipthay, che era riuscita ad impossessarsene, a causa della fuga del generale Lavalette. Appena lo venne a sapere, Napoleone lo destituì senza pensarci due volte di fronte ai suoi uomini, ai suoi occhi i vigliacchi non meritavano alcuna considerazione, la vergogna e l'umiliazione era il destino che spettava loro. "Non tutto è ancora perduto, però, ora più che mai è necessaria un'accelerata e sfruttare l'occasione, le due armate non devono riunirsi per nessun motivo!".

- Il contingente del generale Despinoy partirà da Brescia per raggiungere Gavardo, dove ora è acquartierato Quasdanovich con lo scopo di accerchiarne il fianco destro, mentre il generale Sauret, con i suoi uomini ed eventuali rinforzi, lo attaccheranno sul fronte sinistro a Salò e la brigata di Dallemagne farà da collegamento per entrambi - fece diramare immediatamente l'ordine ai diretti interessati e convocò il generale Augereau, il quale senza esitare si recò dal comandante in un lampo - Tempismo perfetto cittadino generale - il tono di Napoleone cadde sulle ultime due parole, era al corrente del fatto che Augereau, uomo di bassa estrazione sociale, ci tenesse particolarmente alle sue origini plebee - Ebbene, vi recherete a Castiglione per liberarla e riprenderla, entro domattina, dalle truppe austriache presenti ed altre eventuali minacce, il gesto codardo e stupido di Lavalette ci espone ad un grosso pericolo, che può essere ancora evitato...

- Consideratelo già fatto cittadino comandante - rispose determinato il trentottenne, mettendosi in posizione, cogliendo la serietà nello sguardo tagliente di Napoleone. Il corso non aveva avuto un attimo di tregua, pur non avendo condotto attacchi, rispetto a tutti loro. Aveva una resistenza e una forza d'animo decisamente fuori dal comune, chiunque sarebbe impazzito o avrebbe ceduto, com'era avvenuto pochi giorni prima, quando avevano rischiato di ritirarsi. La stima nei suoi riguardi era notevolmente aumentata dal momento in cui aveva deciso di mettersi in gioco, avrebbe dato il massimo e lo avrebbe preteso dai soldati e ufficiali sotto il suo comando. E corse al pari di un fulmine ad eseguire l'ordine.

Napoleone non ebbe neppure il tempo di sedersi per riprendere un po' di fiato che venne immediatamente informato di una brigata francese che era riuscita a scivolare verso Salò, attraversando la boscaglia, senza scontrarsi con gli austriaci, che si erano sentiti disorientati e non avevano preso iniziativa - Ultimamente si stanno verificando situazioni veramente bizzarre! - esclamò il corso, si grattò la testa; probabilmente era il caldo intenso, accompagnata dall'umidità persistente, di quelle zone, a creare tutto questo scompiglio tra gli eserciti. C'era da perdere la testa, persino per un isolano come lui quel clima era difficile da sopportare, prese la giacca, che aveva lasciato sulla brandina e la indossò, la teneva soltanto quando doveva spostarsi e mostrarsi sul campo di battaglia, altrimenti teneva indosso la semplice camicia - È ora di fare la mia parte!

- Abbiamo marciato tanto, stiamo combattendo tanto e abbiamo tanta fame - si lamentavano i soldati sotto il comando di Sauret, esausti per gli ultimi scontri; erano stati tra quelli più esposti al pericolo e stavano resistendo ancora agli attacchi degli austriaci, che non sembravano finire mai - Allons citoyens! - si sgolava il loro generale, mandandoli continuamente all'attacco; era consapevole del limite delle loro forze, ma dovevano riuscire a respingere quel maledetto Quasdanovich che stava tenendo testa anche gli altri due attacchi che gli provenivano verso Gavardo: pareva imbattibile e imprendibile.

E il nemico, in effetti, stava avendo la meglio nella cittadina di Lonato, non solo aveva respinto la brigata di Pijon, lo aveva persino catturato; forse era tutto davvero perduto? Nonostante l'ardore e il coraggio dimostrato la campagna era destinata al fallimento e i francesi alla sconfitta? Una simile notizia era capace di scoraggiare anche i più coraggiosi. Tuttavia, come un raggio di sole che sbuca dalle nuvole, donando speranza e gioia alla fine di un terribile temporale, in lontananza, si udivano i passi di una marcia serrata e di canti rivoluzionari gridati a squarciagola.

Alla testa di questi soldati baffuti e indomiti vi era un giovane uomo in divisa su di un cavallo arabo grigio: era Bonaparte in persona - Siete arrivato comandante! - esclamò Masséna con entusiasmo ritrovato - Una tempestività perfetta comandante, stavo giustappunto preparando un contrattacco...

- L'energia dei vostri uomini mi ha permesso di essere qui, cittadino generale - disse il giovane, guardando il suo sottoposto nizzardo, era tutto impolverato e scompigliato, aveva combattuto, come al suo solito, in modo irruente e deciso - E ci serve questa grinta per indebolire Quasdanovich!

- Quell'austriaco è tenace, cittadino comandante - confermò l'altro annuendo rapidamente, sospirò - Nonostante i suoi uomini siano esausti al pari dei nostri, riesce comunque a restare in vantaggio...inoltre la cattura di Pijon ha demoralizzato molti... - si ammutolì quando si accorse che Bonaparte lo stava ascoltando attentamente, non si era minimamente scomposto: aveva in mente cosa fare, ne era sicuro, ormai lo conosceva bene, quella calma stava ad indicare che tutto stava procedendo come voleva lui.

Napoleone era tranquillo perché stava agendo con razionalità, era rassicurante e appagante affidarsi alla ragione. Ora doveva soltanto adoperarsi, il tempo della riflessione era finito - Bisogna incoraggiare il resto della semibrigata - riferì con una sicurezza che rinfrancò anche Masséna, si sentì immediatamente pronto ad eseguire qualsiasi ordine, persino a morire. Quel piccolo uomo aveva una forza gigantesca e una volontà granitica. Napoleone prese le briglie, diede un leggero colpo al cavallo e avanzò pacato - Ci penserò io, cittadino

- Capisco, volete adoperare l'eloquenza per smuoverli un po', davvero una mossa degna della vostra intelligenza, comandante - disse quasi ridacchiando Masséna. Doveva aspettarselo un simile atteggiamento da parte sua, quel corso era sempre stato abile con le parole e con i discorsi.

- Non soltanto con le parole, Masséna - ci tenne a precisare Napoleone - Ma anche con l'azione!

- Cosa? - chiese di getto il nizzardo, per poco non fece imbizzarrire il destriero - Vo-volete condurre l'azione di persona, comandante? - Non era la prima volta che si esponeva al pericolo di petto, eppure rimaneva sempre sorpreso di fronte ad un coraggio del genere, che poteva provocare eventi nefasti e tragici - Può essere pericoloso...

- Non siate in pena per la mia sorte, ci sono i vostri uomini a proteggermi, sapete meglio di me che farebbero qualsiasi cosa pur di tutelare la vita del loro comandante - rispose tranquillamente Bonaparte, quell'assurda sicurezza fece sorridere il generale Masséna: era davvero un uomo con le palle, l'impressione che aveva avuto nei suoi confronti, sin dalla prima volta in cui si erano incrociati, fu più che azzeccata - Perciò non perdiamo altri minuti, il tempo è dalla nostra parte!

Non appena il resto della brigata notò il comandante, la stanchezza abbandonò i loro corpi e si alzarono in piedi, la sua sola presenza era capace di ritemprarli. Napoleone era soddisfatto dell'accoglienza ricevuta, scorgeva nei loro occhi stanchi e gonfi il desiderio di combattere per lui, oltre che per la Francia - Soldati della 32a brigata - incominciò quasi tuonando - Sarò io a condurvi verso l'assalto finale! - quelli si guardarono emozionati, nessuno avrebbe voluto sfigurare, erano determinati ancora di più a vincere, a costo di qualsivoglia sacrificio - Desiderate la vittoria?

- Sì comandante la desideriamo! - risposero in coro, sventolando bandiere e sollevando fucili, pronti ad eseguire quanto il Piccolo Caporale avrebbe comandato loro. Bonaparte li mise in colonne di plotoni, poi gridò - Tamburi! Trombe! Suonate senza sosta! - l'impressione doveva diventare tremenda agli occhi del nemico, incutere loro timore, anche ciò era necessario per ottenere la vittoria. La carica iniziò: un'orda di soldati francesi si lanciò all'attacco, accompagnati dai canti rivoluzionari. Avevano paura, ma non li fermava, al contrario dava loro più carica, perché c'era Napoleone alla guida, occasione più unica che rara, congiuntamente a Masséna, Sauret ed altri ufficiali e sottoufficiali che coordinavano i movimenti delle truppe, intensionati nel voler dimostrare di essere la temibile 32a semibrigata, orgogliosa, tenace e vincente.

Castiglione delle Stiviere

La sicurezza di Napoleone era dovuta alla fiducia che questi nutriva nei confronti del generale Augereau, stava dando prova di un enorme audacia, prodezza, al pari dei suoi uomini, che come leoni, si battevano per spingere l'avanguardia di Lipthay nella direzione di Solferino; i continui rifornimenti dell'austriaco non furono sufficienti ad intimorire i francesi - Come possono essere così folli? - si chiedeva il generale di origine ungherese, nel mentre osservava il combattimento in retroguardia. Non aveva mai visto tanta ferocia come quella a cui stava assistendo in quei mesi, nonostante fossero in una circostanza pericolosa.

- Non fatevi spaventare dalla cavalleria nemica! - ripeteva incessantemente il generale parigino, nel momento in cui venne informato di una parte della cavalleria austriaca che era diretta verso la loro ala sinistra, ma questi non sembravano intenzionati ad attaccarli, perciò fu Augereau a tenere ancora l'iniziativa - Vive la Révolution! Vive la France! Vive Bonaparte! - udiva fieramente tra le fila. Nel mentre riprendeva fiato, pensava al comandante, si augurava che stesse facendo la sua parte, portando a termine la posizione centrale.

"Meglio non perdere la concentrazione" si disse tra sé, riprendendosi, la pausa era finita "Il comandante sa cosa fare, ormai non devo più dubitare della sua competenza e preparazione, l'età non conta, quando si possiede un'intelligenza superiore" sorrise divertito, quel piccolo bastardo era riuscito a sottometterlo senza il minimo sforzo e a ridurre all'obbedienza un individuo libero e indipendente come lui. Era consapevole, però, della propria importanza, all'interno dell'armata, Bonaparte non gli faceva mistero della stima che gli rivolgeva, era sincera, schietta e onesta; per questo non doveva deluderlo: aveva scorto più volte l'implacabilità di Napoleone nei confronti di chi tradiva la sua fiducia. Quel moto di disprezzo, di disgusto, nel mentre accennava al comportamento di Lavallette non gli era sfuggito affatto "È pur sempre un corso, dopotutto". Pretendeva il massimo dagli altri e da sé stesso.

Lonato

I soldati della 32a semibrigata non esitavano affatto nell'infilzare quanti più nemici possibili, soprattutto dopo aver utilizzato tutti i colpi, i fucili diventavano praticamente inutilizzabili e i cannoni non erano sufficientemente potenti per spazzarne il più possibile. Anche gli austriaci si stavano dimostrando combattivi, sebbene molti di loro fossero praticamente stranieri al servizio di un sovrano che non amavano.

- Perfetto, Quasdanovich sta arretrando esattamente nel punto che desideravo - emise soddisfatto Bonaparte, nel mentre controllava la situazione con il cannocchiale: il generale austriaco stava finendo nelle mani dei suoi cavalieri della scorta, del 15° reggimento dei dragoni e del 4° di fanteria leggera - Ora è letteralmente circondato, può solo arrendersi o combattere fino all'ultimo uomo - passò il cannocchiale a Masséna, affinché vedesse con i propri occhi quanto stava avvenendo - Sarebbe meglio per lui la prima soluzione, per onorare quei soldati che hanno perso la vita combattendo, sia francesi, sia nemici - disse rispettoso e franco.

Malgrado la velocità dell'azione, entrambi gli schieramenti ebbero perdite abbastanza considerevoli: vi erano cadaveri di uomini e cavalli dappertutto, tra questi anche alcuni arabi di Bonaparte, sfiancati dai continui spostamenti e movimenti del corso. Il terreno, pregno di sangue, attestava la cruenta battaglia che si stava svolgendo ancora, seppur fosse alle ultime fasi, l'esito era oramai scontato. Lo comprese anche il generale Quasdanovich: si rese conto che non valeva la pena continuare, temporaneamente, i francesi avevano dimostrato la loro superiorità "È giusto così, insistere in tale maniera porterebbe ad una vera e propria carneficina, avremo altre occasioni per sconfiggerli".

L'intrepido Junot, che era stato ferito per ben sei volte ed era uscito da poco dall'infermeria, accettò la resa del generale Quasdanovich a nome del comandante, ricordò le parole di Bonaparte a Tolone, subito dopo l'assedio "Quando la battaglia finisce non si è più nemici, ma uomini", per questo non aveva infierito subito dopo aver ottenuto il documento, ma lasciò che si ritirassero tranquillamente. Riferì le esatte parole di Napoleone a quei colleghi che erano rimasti decisamente stupiti del suo atteggiamento - Bisogna rispettare la volontà del comandante! - aggiunse ammiccando, ancora dolorante.

Dopo 16 ore, la brigata guidata da Augereau era riuscita ad allontanare definitivamente la minaccia del generale Lipthay e di Wurmser da Castiglione - Hanno compiuto un autentico miracolo - disse Napoleone non appena venne a sapere di quella straordinaria impresa; senza un simile intervento la sua posizione centrale sarebbe stata meno efficace e la minaccia nemica molto più vicina e terribile. Invece, attraverso tale mossa, la campagna poteva proseguire con maggiore sicurezza. Bonaparte fece un lungo respiro: non lo avrebbe mai dimenticato.

4 agosto

- Alla fine quando si segue la logica, la soluzione ai problemi si trova sempre - enunciò Napoleone che, intanto, si era lavato per bene e sistemato. Aveva dormito pochissimo, però si sentiva energico e doveva esserlo, perché non era ancora finita con Wurmser e il resto dell'armata austriaca.

Berthier, efficente come al suo solito, gli prestava attenzione e lo approvava sinceramente - Certamente comandante, l'istinto può provocare grande danno se non supportato dalla razionalità tipicamente umana... - venne interrotto da una sentinella preoccupata, che chiese di essere ricevuta urgentemente.

- Cosa è accaduto di così terribile, cittadino? - domandò Bonaparte, non vi era turbamento nella sua voce. Berthier si sedette alla scrivania apposita, pronto a trascrivere qualsiasi indicazione del comandante. Venne comunicato loro che un reparto austriaco, composto da circa 3000-4000 uomini, si era staccato dal corpo principale di Quasdanovich ed era piombato in città e chiedeva che i francesi lì presenti si arrendessero. Con tutta probabilità non aveva idea di come fossero andate le cose, essendo rimasto isolato dal resto del gruppo.

Napoleone guardò il Capo di Stato Maggiore, questi intuì che aveva in mente qualcosa e annuì - Non dovete temere, la situazione è perfettamente sotto il nostro controllo - sogghignò leggermente Bonaparte - Cittadino Berthier, tra non molto avrete la dimostrazione di quanto la parola e un approccio teatrale possano influire sugli eventi - il generale più anziano piegò le labbra sottili all'insù, scattò in piedi, per accompagnare il comandante dal diretto interessato.

Il colonnello Knorr, l'ufficiale a capo di quel reggimento, poco dopo, si trovò davanti il giovanissimo generale Bonaparte, scortato dal capo di Stato Maggiore e dalla guardia del corpo, i quali erano pronti a difendere il loro comandante in caso di pericolo, seppur Napoleone avesse riferito loro che sarebbe andato tutto bene e che avrebbero dovuto risparmiare quell'energia per le prossime battaglie. Era la prima volta che l'austriaco poteva osservare da vicino quel ragazzo, era più giovane e magro di quanto si aspettasse.

- Ebbene colonnello Knorr?! - iniziò Napoleone, con le braccia dietro la schiena - Siete venuto a chiedere la mia resa proprio qui? Nella tana del lupo? - continuò arrogante, senza dargli nemmeno il tempo di replicare - Capo di Stato Maggiore Berthier, dato che costui non ha compreso completamente la faccenda, potete far richiamare il resto della mia armata che si trova accampati qui?! - proseguiva agitando teatralmente la mano sinistra per invogliarlo ad andare immediatamente ad avvisare le truppe - Se nel giro di dieci minuti non deporrete le armi, non risparmierò un solo uomo!

I soldati austriaci alle spalle del colonnello sussultarono per la paura, addirittura Knorr non riuscì a trattenere un moto di paura "Un'intera armata! Non avremo alcuna possibilità!" Ingoiò la saliva, l'intimidazione velata era mutata improvvisamente in minaccia - Io...io credevo che...le armate fossero distanti... - Il tremore si fece incessante, soprattutto nel sentire le continue direttive da mandare a interi reggimenti di granatieri e di artiglieri di Bonaparte, che l'altro francese stava trascrivendo senza battere ciglio.

A quel punto Knorr non potè fare altro che arrendersi, i francesi confiscarono le loro armi, per poi farli andare via, spaventati e sfiduciati. Una volta distanti, l'austriaco si rese conto che da quelle parti non fosse presente alcun reggimento tra quelli elencati dal comandante francese: erano stati praticamente beffati sotto il naso, non potevano neanche tornare indietro per sfidarli, poiché disarmati.

- Si saranno resi conto del vostro inganno, comandante - emise Berthier sorridendo leggermente; soltanto Bonaparte poteva riuscire a moltiplicare sulla carta, in modo esagerato, il numero degli uomini presenti a Lonato, ovvero poco più di 1200.

- Eh già, anche se un po' pena mi fanno - ridacchiò a sua volta - Mi rendo conto di aver esagerato un po', ma era l'unico sistema per far abbassare la cresta a quel Knorr - si stiracchiò un po' - Be' ora riprendiamo, il lavoro ci aspetta e ora che abbiamo ottenuto vantaggio dobbiamo sfruttarlo finché possiamo - lo spronò, motivato e volenteroso.

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