4. Mentire
Immagini in movimento
Sul tavolo ci sono quattro coperti e una lucerna accesa. La donna chiamata Marianne serve per primo suo marito, fasciato sui fianchi da un telo nero, poi le bambine dall'età apparente di tre e due risvegli, sedute composte, vestite come principesse delle favole elfiche: con vaporosi abiti rosa e coroncine d'edera; i capelli sono cascate d'oro sulle loro spalle. Li bacia con amore e per ultimo, con quanto è avanzato, insozza il suo piatto.
A un cenno del capofamiglia i cucchiai attraversano ghirigori di fumo, si immergono nella zuppa e risalgono verso le bocche, da cui entra cibo e non escono suoni.
Le scodelle di madre e figlie sono presto svuotate; non resta una briciola di pane ammollato né una scia di pomodoro bollito. Posano i cucchiai alla loro destra, i polsi sulle cosce, lo sguardo sulle mani.
La voce dell'uomo chiamato Bruthold si fa strada tra clap clap di elogio e burp di flatulenza.
«Guardatemi. Tutte. Sono state ubbidienti, Marianne?»
«Sì, amore mio. Sono state ubbidienti, ferme nello stipo in cui le hai riposte tu questa mattina, e non hanno usato il verbo né i gesti. Ho dato loro del pane e del latte, hanno mangiato senza far rumore e hanno trattenuto i bisogni fino a quando le ho portate nella porcilaia.»
«Brave, bambine. Ora potete andare a sedervi sul canapè nel tinello. Gooccia, puoi ringraziarmi a nome tuo e di tua sorella.»
«Grazie, Padre Egregio e Misericordioso; grazie a nome mio e di Brinna», risponde la più grande; prende la sorella per mano; escono dalla cucina.
«Vieni qua, Marianne.»
L'uomo guarda con cupidigia la donna che gli si pone di rimpetto.
«Ti è costata cara l'aberrazione, ma hai sopperito con due prodotti di lusso, dalla costituzione robusta e l'indole debole, e la scatola cranica vuota, in cui poter inculcare qualsiasi fandonia. Saranno le nostre pepite. Ti darò un premio, Marianne: un figlio maschio. Adesso.»
«Adesso? Qui? Le bambine-»
«Se le hai istruite secondo le mie direttive, staranno buone e zitte e non ci daranno fastidio.»
«Le ho istruite secondo le tue direttive, non ci disturberanno.»
«Svestiti con Lentezza.»
La donna sfila le spalline del vestito bianco sfrangiato che la fascia fin sotto i glutei; sul davanti è stampato un fiore rosaceo, ma senza spine. Lascia scivolare la viscosa sulla pelle, a scoprire il seno, il ventre, il pube, le cosce, i polpacci, le caviglie. La fa passare sotto i piedi scalzi e la scarta di lato sul pavimento composto da intagli screziati di madreperla: tipico delle Domus dell'Alta Antichità, è notoriamente freddo al tatto.
L'uomo si libera delle vesti. La Zona Proibita sa cosa deve fare.
«Sei la mia gattina della steppa, Marianne?»
La donna si volta, si mette a quattro zampe.
«Sì, Bruthold, sono la tua gattina della steppa. Miao! Ti amo, Bruthold! Ti imploro di accoppiarti con me, sarò lieta di incubare un figlio maschio.»
L'uomo si fa pregare, la sculaccia e dà avvio all'accoppiamento.
La donna miagola e si morde le labbra, simula Orgasmo, reprime Vilipendio.
Non appena lui la libera delle sue grinfie, si accascia a terra.
«Grazie, Bruthold.»
«Ora puoi alzarti e aiutarmi a prepararmi per la Riunione Notturna. Spero di rincasare in tempo cosicché il sole non mi accechi durante la guida. Non sono sazio, Marianne, la tua carne non mi sazia mai. Forse dovrei mangiarla.»
La donna alza la testa e il busto; poggia a terra le piante dei piedi, allunga in su il collo e si porta in posizione eretta. Aiuta il marito a lavarsi e vestirsi, gli bacia le labbra sulla porta di casa, si affaccia alla finestra per salutarlo. Il buio della notte cela le ecchimosi.
Chiude la finestra, tira la tenda e va dalle figlie. Sono sedute sul canapè; hanno gli occhi chiusi e le testoline reclinate suoi braccioli. Una alla volta le prende in braccio e le depone nel suo letto. Si siede, toglie dall'alluce sinistro l'unghia posticcia e guarda la parete davanti a sé.
La donna con il pendente a saetta ha i capelli corvini raccolti in una crocchia; indossa una vestaglietta a pois e un paio di sabot. Sta cullando un'amaca tra due alberi, su cui riposa il piccolo Leone. Non è cresciuto molto; è poco più lungo della sorella minore. Uno scampolo azzurrognolo ne copre la Zona proibita. La sua criniera è stata spazzolata e rifulge sotto i deboli raggi solari.
Le querce non hanno germogli, ma nei campi si è risvegliato qualche fiore.
Due braccia più in là, nel prato, il giovane uomo e il giovinetto sono sdraiati, si scambiano carezze e baci, ridono e succhiano foglie di origano.
Il muro si colora d'invidia e di speranza: una polla smeraldina tracima sulla donna chiamata Marianne.
La piccola Gooccia si stropiccia gli occhi che si sgranano curiosi.
«Mamma, chi sono quelli?»
«Amici.»
«C'è anche il mio fratello Amore Mio Bello Uno?»
«Sì, Amore Mio Bello Due. Sta dormendo.»
«Ma poi si sveglia?»
«Sì, si sveglia.»
«Ma poi viene qui?»
La donna schiaccia l'unghia posticcia; le immagini si sfilacciano in pixel microscopici.
«Basta. Ricordi? "Non chiedere, non riportare".»
«Sì, mamma, ricordo: "Non chiedere, non riportare".»
«Sei stata brava, ieri. Non devi mai dimenticare: non dire a tuo padre quel che succede quando lui non c'è. Stai zitta; se lui domanda, tu non sai.»
«Sto zitta. Se lui domanda, io non so. Sono brava.»
La donna fa aderire l'unghia posticcia sull'alluce sinistro.
«Gooccia, che hai visto sulla parete?»
«Niente, mamma.»
«Sì, sei brava. Ora fammi vedere come balli.»
La bambina scende dal letto, trottola sul tappeto di pelle di cavallo, levita.
«Quando andremo via, potremo volare con altri bambini?»
«Sì, Amore Mio Bello Due, però nessuno deve sapere che andremo via, neanche tua sorella.»
«Non dico a nessuno, mamma. Io sono brava.»
«Ora resta qui, mentre sistemo la casa e cucino per tuo padre.»
L'uomo torna. La tavola è apparecchiata, il cibo è cotto. Il vetro netto della finestra, liberato da tende bianche tirate sui lati, si lascia trapassare da una luce viva, che contrasta con il mesto quadretto familiare e fa presupporre che sta per essere consumato il pasto di mezza giornata.
Le bambine non alzano mai lo sguardo dal piatto. Rispondono a poche domande del padre senza guardarlo negli occhi. Lo ringraziano per il cibo, gli abiti di boutique, il canapè su cui possono riposare, e lasciano la stanza.
L'uomo ha la bocca piena di semi di girasole.
«Marianne, ho un lavoro per te. Siediti sulle mie gambe, voglio arrecarti piacere mentre ti dico.»
La donna obbedisce. Indossa lo stesso vestito della sera precedente; lui le sfila una bretella e le accarezza l'incavo tra le mammelle.
«Posso fidarmi di te, Marianne?»
«Puoi fidarti di me, Bruthold.»
«Conosci il Querceto dei Malfattori, Marianne?»
«Ne ho sentito parlare, Bruthold.»
Lei resta immobile, lui le infila l'altra mano tra le cosce e le allarga.
«Ogni mezza stagione o due le Truppe Unite per l'Ordine Sociale vi danno una rastrellata, bruciacchiano qua e là, saccheggiano, per tenere buona la feccia del volgo che piange micragna pur di non versare le Cifre Dovute. Le Autorità si adoperano per la loro Sicurezza e i meschini sono più munifici nel saldare.»
La risata che rimarca le ultime parole dell'uomo chiamato Bruthold è grassa di Crudeltà.
«Non è esilarante Marianne?»
«Sì Bruthold, lo è.»
«Questo è stato un buon giorno per fare incursione tra quei balordi. Alcuni erano già putrefatti, altri li abbiamo uccisi nell'operazione. Pochi si sono sparigliati nella foresta.»
La donna chiamata Marianne rabbrividisce, inarca la schiena.
«Mi piace quando rispondi così al tocco delle mie dita. Ma ora ascoltami bene. Tra gli ammanettati ci sono figli di Cittadini Privilegiati d'Alto Rango. Imprudente farli scomparire come zotici di Razza Infima. Dovremo mistificare la loro memoria.»
Le mani dell'uomo si fanno più incalzanti nel palpeggiarne le Zone Proibite, a cui, di diritto, ha libero accesso.
«Si possono cancellare i ricordi?» chiede lei, per dissociare la mente dal corpo.
«No, ma si possono nascondere tanto da farli confondere con i sogni», sibila lui.
«L'Alto Comitato di Scienza ha dato il Nullaosta?»
«Sono degli inetti! I test non sono significativi. Ma questa è matematica, è teoresi, una perdita di tempo. All'Antico Demone con il forcone il Comitato e il Nullaosta!»
«Che potrei fare io per voi?»
«Per la Comunità.»
«Che potrei fare per la Comunità?»
Le mani dell'uomo si fermano. Gli occhi sono quelli di un invasato.
«Assicurarti che funzioni. Tira fuori le tue competenze e organizza delle sessioni di Auto Mutuo Aiuto. Dirai che, come loro, hai perduto una persona cara, hai processato il Lutto lontana dalla tua famiglia, ma non ricordi dove e come, e sei tornata segnata dal sangue impuro.»
«Sangue impuro? Com'è possibile?»
«Meno ne sai e più sarai credibile.»
«Bruthold, non capisco. Se avessi perso la memoria, come potrei sapere chi sono?»
«Troveranno dei volantini: "Metodo innovativo per l'elaborazione del trauma". Useremo messaggi subliminali e linguaggio ipnotico. Abboccheranno.»
«Poi, che dovrò fare?»
«Incitarli a riferire i loro pensieri.»
«Se dovessero ricordare?»
«Hai mio Solenne Voto che non soffriranno. Sei la mia puttana, Marianne?»
«Sono la tua puttana, Bruthold.»
La donna chiamata Marianne si prosterna davanti all'uomo, gli scopre la Zona Proibita e vi avvicina la bocca.
Il soffitto torna a essere una parete orizzontale, piatta, grigia.
La donna chiamata Marianne riporta la poltroncina nella posizione iniziale. Sul viso magro compaiono delle rughe.
Fuori campo si odono passi, poi una voce:
«Come va, Marianne?»
«Non ricordano, Bruthold.»
«Quell'uomo, Felìpen, sta andando in giro a fare domande.»
«Ci sto lavorando.»
«Devi annientarlo.»
«Se tutto andrà secondo i piani, lo farà da solo.»
«Ben fatto, Marianne. Andiamo a casa, da nostro figlio.»
«Bruthold.»
«Marianne?»
«Gooccia e Brinna.»
«Sono cicciottelle e la gabbia è capiente. Come hai suggerito, ho comandato che la mattina sia aperto l'abbaino per far entrare aria salubre; è in alto, non potranno uscire, ammenoché non sappiano volare.»
L'uomo ride della sua battuta, la donna resta imperturbabile.
«La loro educazione è impeccabile. Saranno mogli pregevoli, e redditizie.»
«Potrò vederle, Bruthold?»
«Se farai una cosa per me.»
«Questo lavoro⁃»
«Questo lavoro è per la Comunità.»
«Che devo fare, Bruthold?»
«Sai quanto ambisco avere una promozione, Marianne.»
«Lo so, Bruthold.»
«Il Direttore del mio Reparto ha la moglie malata, ricoverata in un Sanatorio. Di notte il suo letto è freddo. Voglio fargli un regalo.»
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