1. Nel cerchio. Ritorno

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Metà mattino. Un'anonima sala quadrata, irraggiata dal sole che filtra dalla vetrata trasparente posta lungo il lato che dà verso l'esterno; tre pareti bianche tinteggiate di fresco; pavimento in legno chiaro, forse di frassino.

Nell'angolo a sud un cachepot in gres smaltato e invetriato, con un arcobaleno in rilievo, contiene un rigoglioso papiro dalle foglie rosse.

Al centro della sala, collocate in cerchio: dieci poltroncine nere occupate da umani adulti, sei uomini e quattro donne, non più giovani di trenta Risvegli, non più anziani di settantacinque.

L'uno dirimpetto all'altra, un uomo e una donna, occhi negli occhi e bocche aperte, stanno protesi in avanti come intenti in un dialogo.

Lei, filiforme, indossa una larga gonna marrone che le arriva al polpaccio e una camicetta bianca a maniche corte; ai piedi calza sandali di cuoio. I lunghi capelli bronde sono legati a coda di pony. Se ne vede il profilo magro, dal naso sottile, ma non il colore degli occhi, sotto lenti spesse in una massiccia montatura gialla.

Lui è inquadrato di fronte. Normale di corporatura, è molto alto. I suoi occhi sono castani, grandi, tristi, forse rassegnati. Ha i capelli mogano anch'essi legati a coda di pony. Indossa pantaloni denim e una t-shirt scollata a V dello stesso colore; ai piedi calza sandali in corda neri.


Immagini in movimento

Con il braccio sinistro piegato e il palmo della mano rivolto in su, la donna chiamata Marianne indica l'uomo dinanzi a sé e compie un gesto d'incitamento.

«La tua poltrona è stata vuota per molti cicli lunari. Stamani sei entrato in punta di piedi e col capo chino. Ti sei seduto e hai ascoltato i tuoi Congregati. Dopo hai alzato la mano. Il tuo corpo è plasmato dalla sofferenza dello spirito. Ti concedo quanto ti occorre.»

L'uomo si appoggia allo schienale con tutta la colonna vertebrale; chiude e riapre gli occhi; inspira e sospira. Non si odono altri rumori.

«Grazie, Marianne. Che dire? Un'ennesima Stagione Calda si è conclusa e sono qua: mi sembra di essere al punto di partenza.»

«Sai che puoi tornare quando vuoi. Come loro.»

Tutti annuiscono. Un uomo attempato si guarda le scarpe da trekking; una donna procace si raschia vernice verde fluò dall'unghia di un mignolo; un titano di mezza età scrolla nervoso una gamba.

«Non mi consola: è l'aver bisogno di tornare a farmi star male.»

«Hai voglia di dirci perché sei qui, adesso?»

«Niente di nuovo: ho il cuore a pezzi; ma questa volta l'ho deciso io.»


La donna sta qualche respiro in silenzio, poi raccoglie le mani al grembo, con i pugni chiusi in segno di richiesta:

«Ci autorizzi a visualizzare i tuoi pensieri sul soffitto mentre procedi con il resoconto?»

«Io, Felìpen Jayxis, vi autorizzo.»

Tutte le poltroncine si reclinano all'indietro e un coro intona una formula rituale:

«Facciamo Solenne Voto di approcciare con Urbanità i pensieri e i sentimenti che mostrerai e di non farne menzione al di là di questo cerchio».

L'uomo chiamato Felìpen comincia a verbalizzare.

L'inquadratura si sposta sul soffitto grigio ove prendono forma immagini colorate.


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Spazio autrice&lettori

Questo primo capitolo, che potrebbe essere considerato una sorta di secondo prologo, introduce la storia vera e propria, raccontata da Felìpen così come Yo ce la mostra.

In che contesto siamo? Cosa prova Felìpen? Provate a immaginare... Qualche sentimento risuona nei vostri cuori?

Dal web: L'arcobaleno è associato a un significato molto benevolo e positivo per l'uomo.

Grazie per essere qui e buona lettura!


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