6 - Nero
AVVERTENZA: QUESTO CAPITOLO CONTIENE ALCUNE SCENE CHE POTREBBERO IMPRESSIONARE GLI ANIMI PIù SENSIBILI.
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* Vedo una porta rossa e la voglio dipingere di nero
Niente più colori, voglio che diventi tutto nero
Vedo ragazze camminare con i loro abiti estivi
Devo voltare la testa finché la mia oscurità non se ne va
Vedo una fila di macchine e sono tutte dipinte di nero
Con i fiori e il mio amore che mai ritorneranno indietro.
trad. Rolling Stones - Painted Black
La casa era un completo caos quando rientrai. Lily mi corse incontro con un sorriso felice, saltando sul posto per l'eccitazione del momento. "Stiamo andando dalla nonna, stiamo andando dalla nonna!" gridò, abbracciandomi la gamba. "Papà stiamo andando dalla nonna!" Sorrisi facendo un enorme sforzo per non farle percepire ciò che stava realmente accadendo.
"Si, cucciola," dissi, poggiando la mia fronte sulla sua, "papà è tornato prima, apposta per accompagnarvi." Lily sorrise felice, "ma ora, piccola, prendi il tuo tablet e guarda i cartoni, così posso aiutare la mamma a preparare le valige."
Gli occhi di mia figlia si illuminarono di gioia, poiché erano rari i momenti in cui le davamo il permesso di guardare il tablet o il computer; mi illuminò il volto con il suo sorriso tenero e trotterellò nella sua stanza lasciandomi solo coi miei rimorsi. Mi avvicinai al tavolino dei liquori, dalla nostra stanza da letto i rumori di una vita che veniva messa in una valigia, non importava quanto capiente fosse, stava pur sempre per essere racchiusa e portata via, lontano dal mio cuore. Mi guardai attorno, sconcertato e triste e ingollai in un solo sorso il liquido bruciante e dolciastro. Avevo un disperato bisogno di farmi, non sarei riuscito a reggere il peso del distacco, altrimenti. Andai in bagno e mi preparai una striscia, la tirai fino all'ultima microscopica briciola e poi mi diressi, con passo incerto verso l'origine dei rumori. Sarah era intenta a preparare i bagagli e non si avvide immediatamente di me. La guardai, era bellissima come la prima volta che l'avevo vista. Il suo profilo dolce era sempre affascinante e qualche anno in più aveva solo contribuito a renderla più bella, più donna. Mi avvicinai alle sue spalle abbracciandola e baciandole il collo con delicatezza. Dio, il suo profumo mi aveva sempre mandato in tilt il cervello.
"Daniel..." la sua voce allarmata e tesa, alle mie orecchie insensibili. "Che fai, lasciami!" Non ascoltai la sua implorazione, non rispettai il suo allontanarsi da me. Volevo solo abbracciarla, volevo che capisse che nonostante ciò che Stella le aveva mostrato, io l'amavo con tutta la mia anima. Ero stato uno stupido, è vero, ma questo non significava che i miei sentimenti per lei erano cambiati. L'amavo, e sarebbe sempre stato così.
"Sarah, ti prego, non allontanarmi. Perdonami, amore mio, sono stato un debole, ho ceduto, ma io ti amo." Sussurrai sul suo collo, lasciandole baci umidi e voluttuosi.
"Daniel, non toccarmi!" si dimenò alla ricerca di una via di fuga dal cerchio delle mie braccia.
"Sarah, io ti voglio ancora. non puoi lasciarmi così." Sussurrai, mentre le mie braccia la tenevano ferma, mentre la mia mano le voltava il viso con forza e le labbra si impossessavano delle sue in un bacio colmo di desiderio e prepotenza. "Voglio sentire il tuo sapore sulla mia bocca, il tuo corpo stretto al mio." Mia moglie si dibatté, cercando invano di allontanarmi. "Sei ubriaco!" affermò spintonandomi via, ma le mie membra e la mia mente sovreccitate dall'alcol e dalla coca, sembravano totalmente insensibili alle sue proteste. Non riuscivo a fermarmi, non volevo fermarmi. Lei era la mia donna. Non poteva davvero pensare di lasciarmi solo. Era ancora mia moglie, cazzo! E io la volevo ora. Le mie dita si infilarono sotto la maglietta a strizzarle un seno mentre l'altra mano cercava di introdursi tra le sue cosce serrate, alla ricerca di ciò che ritenevo mio di diritto.
"Daniel, lasciami, ti prego!" disse con un tono terrorizzato di fronte al mio ferreo rifiuto, cercò di dibattersi, di allontanarsi da me ,mentre mi slacciavo la cintura, mentre tiravo giù la zip per liberare il mio pene già dolorosamente eretto.
Voleva fuggire, scappare via da me! Perché?
"Ssh, piccola, andrà tutto bene, sarà bellissimo, come sempre, E' solo amore." la baciai ancora, con forza, mentre le strappavo le mutandine ed entravo in lei senza il minimo riguardo, perdendomi nel suo calore, nel suo caldo dolore. La vidi dilatare gli occhi alla mia intrusione, non era pronta, ma in quel momento non mi interessava niente altro che fare l'amore con mia moglie. Mi spinsi dentro di lei con la forza della disperazione, con la rabbia di un uomo che stava vedendo la sua vita sfuggirgli via come sabbia fra le dita. Mi spinsi in lei, con il dolore di un'anima che non vedeva nessuna soluzione e nessuna via d'uscita.
Lei non me ne aveva lasciate.
Sarah si dibatteva sotto di me, cercando con tutte le sue forze di allontanarmi da lei, ma le sue forze erano di molto inferiori alle mie, moltiplicate dalla disperazione. Le misi una mano sulla bocca per impedirle di urlare, non volevo che Lily entrasse in quel momento, spinta dalla curiosità e che vedesse i suoi genitori fare l'amore. Un'ultima spinta e mi riversai nel suo corpo, soddisfatto e appagato, poi la guardai con un sorriso ebete; Sarah aveva gli occhi spalancati e colmi di lacrime, il labbro spaccato, la gonna arrotolata sul bacino, mentre il suo intimo penzolava da una gamba, lacero e irreparabile, proprio come ciò che avevo appena fatto.
"Sarah!" la chiamai allontanandomi da lei e abbassandole il vestito sulle gambe nude e tremanti, realizzando solo in quel momento la portata devastante del mio operato.
Dio mio, cosa le avevo fatto!
"Sarah, perdonami," sussurrai con la voce rotta dal pianto e da un senso di nausea che tentava di risalirmi per l'esofago. Ero un mostro. Un mostro che non meritava altro dalla vita che essere lasciato solo a marcire in una cella. Ero un mostro, che aveva ferito la donna che diceva di amare nel modo più ignobile e bieco.
Cosa le avevo fatto!
Ero un mostro.
Una lacrima scese sul mio volto, mentre mi rivestivo guardando il suo corpo immobile, il suo labbro sanguinante, i lividi sul collo e sulle braccia.
Ero un mostro.
"Giuro che mai più ti farò una cosa del genere!" Sussurrai al suo volto, ai suoi occhi vacui, allo sguardo spento, come quello di un manichino senza più un'anima.
Ero un mostro.
"Sarah, ti prego, guardami!" dissi tra le lacrime avvicinandomi a lei. Allungai una mano per carezzarle il viso, ma la vidi tremare e poi guardarmi con occhi lucidi e colmi di paura.
"Cos'altro vuoi farmi, Daniel!" sussurrò con un tono che non era più il suo.
§§§§§
Apro di scatto gli occhi, il corpo tremante, ancora in preda all'orrore di un incubo terribilmente reale. Il ricordo di quella maledetta giornata tortura tutti i miei giorni e le mie notti. Ho sbagliato tutto e la vita mi ha presentato il conto pesante, facendomi pagare duramente per i miei errori.
L'avevo persa, le avevo perse entrambi.
Mi alzo barcollante, davanti agli occhi ancora appannati da brandelli di sogno, il ricordo dell'orrore impresso nei suoi occhi colmi di pianto, delle sue labbra tremanti di paura, delle ultime parole che mi rivolse prima di alzarsi da quel letto e andare in bagno per lavarsi via la memoria del mio corpo sopra il suo, dell'orrore, della violenza, del dolore...
"Cos'altro vuoi farmi, Daniel!"
Se il dolore si potesse lavare via con un colpo di spugna, mi sarei strofinato la pelle fino a farla sanguinare.
"Cos'altro vuoi farmi, Daniel!"
Esco sul patio di casa, la pioggia fredda di ottobre cade ancora senza sosta. La pioggia come lacrime dal cielo, lacrime che io non riuscivo più a versare.
"Cos'altro vuoi farmi, Daniel!"
"Ti prego, perdonami, Sarah." Sussurro rivolto alla volta celeste, ora tempestosa e scura. "Perdonami, amore mio." Continuo, mentre la pioggia bagna il mio corpo esausto senza lavare via le mie colpe.
Mi accascio a terra lasciando che l'acqua mi bagni, che il fango mi ricopra, che la terra mi inghiotta, non lasciando nulla di questo corpo infame che era sopravvissuto nonostante tutto. Voglio morire, ma non ho il coraggio di farlo da solo e allora mi affido al cielo, alla sorte, a Dio, perché allevino questa sofferenza logorante. Sono solo un vigliacco, come lo ero stato con lei; un mostro e nulla sarebbe mai cambiato. Io non sarei mai stato migliore.
* Vedo una porta rossa e la voglio dipingere di nero
Nera come la notte, nero come il carbone
Voglio vedere il sole uscire fuori dal cielo
Lo voglio vedere dipinto, dipinto, dipinto, dipinto di nero
*Paint it Black _ Rolling Stones
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Eccomi, questo capitolo è molto duro, lo immagino, Daniel raggiunge uno dei punti più bassi della sua vita. La violenza che compie è orrenda e non ci sono giustificazioni per il suo comportamento. Come avrete capito quest'uomo non è perfetto, è un personaggio dai tratti molto negativi che cerca con tutte le sue forze una redenzione che non è sicuro di riuscire ad ottenere.
Cosa pensate di lui ora che quasi tutte le carte sono state messe in tavola?
*Paint It, Black è un singolo del gruppo musicale britannico The Rolling Stones pubblicato il 7 maggio 1966 canzone citata in moltissimi film o programmi televisivi tra cui: Full metal Jacket, L'avvocato del diavolo. Nella scena iniziale del film Turnè di Gabriele Salvatores, Fabrizio Bentivoglio cita la traduzione italiana di alcuni versi di questa canzone
https://youtu.be/uwmvIfD_Mxs
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